Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di mercoledì 14 luglio 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore
Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di mercoledì 14 luglio 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore
TOP
ZINGARETTI-D’AMATO
Per la prima volta il Servizio Sanitario Regionale del Lazio ha superato i 200 punti nel ranking dei Livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti Lea. Il Ministero della Salute ha certificato il valore di 203 nella griglia Lea, vale a dire 13 punti in più rispetto alla rilevazione precedente.
Un record che fa effettuare al Lazio un balzo in avanti enorme, peraltro nell’anno caratterizzato dal contrasto al Coronavirus.
L’assessore Alessio D’Amato ha voluto sottolinearlo con l’evidenziatore, spiegando che “c’è stato un aumento della qualità dei servizi erogati dal Ssr ai propri cittadini”. E facendo anche notare che questo è un motivo di grande soddisfazione “che si coniuga anche con l’equilibrio di bilancio, che ha portato ieri il tavolo tecnico Mef e il ministero della Salute a sbloccare 45 milioni tra premialità e quote accantonate”.
Vale la pena ricordare sempre che Nicola Zingaretti ha ereditato una situazione fallimentare sulla Sanità. Riuscendo a centrare l’uscita dal commissariamento ma anche livelli essenziali di assistenza da primi della classe. E la gestione del Covid di Alessio D’Amato è stata magistrale.
Attenti a quei due.
DRAGHI-CARTABIA
E meno male che Mario Draghi doveva essere un premier soltanto “tecnico”. L’ex Governatore della Banca Centrale Europea si sta dimostrando ogni giorno di più un politico raffinato e coraggioso.
Il fatto di essersi recato, insieme al Guardasigilli Marta Cartabia, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere rappresenta un atto di rottura con gli schemi del passato.
Mario Draghi e Marta Cartabia hanno voluto metterci la faccia. Segnando una discontinuità enorme. Senza margini di ambiguità e al massimo della rappresentanza istituzionale, Draghi e Cartabia hanno voluto condannare senza se e senza ma i brutali pestaggi e gli assurdi abusi commessi contro i detenuti nell’aprile 2020. Per far capire al mondo intero che quanto successo tanti anni fa alla Diaz è il passato remoto del Paese.
Palazzo Chigi si è schierato dalla parte della Costituzione perché quegli episodi di indicibile violenza hanno calpestato il diritto e l’immagine dell’Italia all’estero. Non è un caso neppure che questa dimostrazione di condanna e di presa di distanza sia avvenuta in un momento politico nel quale Mario Draghi ha deciso di tirare dritto sulla riforma della giustizia, della quale il sistema penitenziario è parte integrante.
La convergenza dei giganti.
FLOP
AZZOLINA-BONAFEDE
Tutti e due ex ministri (alla Scuola e alla Giustizia) del precedente Governo di Giuseppe Conte (anche lui un ex). Tutti e due del Movimento Cinque Stelle, tutti e due con il dente avvelenato nei confronti dell’esecutivo di salvezza nazionale di Mario Draghi. Tutti e due sono diventati esponenti di riferimento dello stesso Giuseppe Conte, che sta cercando di mettere i suoi fedelissimi nei posti chiave del Movimento.
Insieme a Riccardo Ricciardi, Lucia Azzolina e Alfonso Bonafede sono in corsa per diventare capogruppo dei Cinque Stelle alla Camera. La strategia di Conte è quella di cercare un asse con Roberto Fico per iniziare l’opera di logoramento nei confronti del Governo Draghi. Sta già prendendo le distanze. Bisognerà vedere fin dove Beppe Grillo gli consentirà di arrivare.
Ma intanto Lucia Azzolina e Alfonso Bonafede sono in prima fila nelle strategie per cercare di mandare sotto la maggioranza. Dalla Giustizia a tutto il resto. Senza rendersi conto che sono i meno indicati proprio per il ruolo di “ex” ministri. Come Giuseppe Conte del resto.
Impossibile scrollarsi di dosso l’idea che stanno facendo tutto questo per “vendicarsi”. Ma loro vanno avanti e lo faranno ancora di più. Con quali prospettive politiche è difficile dire, visto che Draghi si sta dimostrando un carro armato. La vendetta in politica non porta mai risultati.
Sognando il ribaltone rischiano di essere ribaltati. Da Grillo e Di Maio.
SIMONE PILLON
Forse pensava di essere simpatico. O magari ha sognato di essere il protagonista delle notti magiche della Nazionale di Roberto Mancini. Certo che oggi il suo intervento al Senato sul ddl Zan ha lasciato a bocca aperta. Per la meraviglia naturalmente.
Ha detto l’esponente della Lega: “Tutti abbiamo esultato per la vittoria dell’Italia agli Europei. E’ stato interessante vedere quale è stata la prima reazione dei giocatori. Non hanno telefonato al genitore 1 o al genitore 2. Hanno chiamato la mamma”. Qualcuno ha riso? No.
Fermo restano che le definizioni “genitore 1” e “genitore 2” sono sinceramente grottesche, il punto è che le obiezioni al ddl Zan dovrebbero essere basate su altro. Parliamo di un disegno di legge sacrosanto, pensato per tutelare dei diritti. La Lega e il centrodestra vogliono affossare il ddl Zan e stanno cercando in ogni modo di rinviarne l’esame in aula. Ma ormai il punto non è più come andrà a finire, ma capire chi sta con chi. E’ questo che sfugge.
Inoltre il Carroccio ambisce ad essere classe dirigente del futuro. Forse sarebbe il caso di argomentare motivazioni più solide e robuste. Non è con le battute che si governa un grande Paese occidentale.
Notti tragiche. Anzi comiche. Ma non ride nessuno.