Top e Flop, i protagonisti del giorno: 2 aprile 2021

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

CARLO CALENDA

È in campo dal 12 ottobre, giorno in cui ha annunciato la candidatura a sindaco di Roma. Non la ritirerà. Più passano i giorni, più Carlo Calenda lancia questo messaggio subliminale a tutto il centrosinistra e ai suoi elettori: “ma possibile che nessuno, tranne me, consideri un onore avere la possibilità di governare Roma?”.

In effetti la difficoltà del Pd di trovare un candidato è emblematica: no di Enrico Letta, no di David Sassoli, designazioni lanciate e poi ritirate. Alla fine anche l’ipotesi di Nicola Zingaretti appare francamente lontanissima, perché il presidente della Regione Lazio non vuole lasciare la Pisana con un anno e mezzo di anticipo. Sarebbe una brutta uscita.

Calenda è un ancoraggio del centrosinistra, anche se a tanti non è simpatico. E lo è tanto di più perché è l’unico che rimane a contrastare l’altra candidata che non intende fare passi indietro: la sindaca Virginia Raggi. Alla fine Carlo Calenda potrebbe perfino trasformarsi nel candidato sindaco ideale per i Democrat. Se perdesse, infatti, avrebbe perso lui più che il Partito. Ma se dovesse vincere, allora inizierebbe una nuova fase per l’intero centrosinistra.

In… Azione

ENRICO LETTA

Nel salotto di Bruna Vespa ha preso tutti in contropiede, anche il potentissimo e navigato conduttore. Ha detto di dover ringraziare Matteo Renzi. Sì, proprio quel Matteo Renzi, che lo mandò a casa per poter arrivare lui a Palazzo Chigi.

Enrico Letta da Bruno Vespa

Ma  Enrico Letta ha spiegato che senza quell’episodio lì non avrebbe mai avuto la possibilità di vivere i sei anni più belli della sua vita. Gli anni della permanenza a Parigi, degli studi, dell’autorevolezza e di tutto il resto.

Il segretario del Partito Democratico sembra un’altra persona rispetto al 2014. Non nelle competenze e nella preparazione, ma nella serenità con la quale affronta anche i passaggi più difficili e spigolosi. Come il cambio dei capigruppo di Camera e Senato e la scelta della squadra. Ma oggi ha pure spiegato che per togliere peso alle correnti c’è un solo modo: far votare gli iscritti.

Dà la sensazione di poter cambiare davvero il Partito. Non avrebbe potuto farlo senza quell’ormai celebre “Enrico stai sereno”.

Formidabili quegli anni.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Lo avevamo lasciato con le immagini della “caccia” ai volenterosi, ai costruttori e a chiunque passasse per Montecitorio o Palazzo Madama. Basta che fosse disposto a sostenere il suo Governo numero due, quello dell’alleanza con il Pd di Nicola Zingaretti dopo essere stato sostenuto dalla Lega di Matteo Salvini.

A Palazzo Chigi lo abbiamo visto parlare per ore con dei voli pindarici che si faceva davvero fatica a capire dove stava l’arrosto oltre il fumo. Lo abbiamo ritrovato nelle ore scorse in un ruolo diverso, quello di capo del Movimento Cinque Stelle. Che lui dovrà e vuole rifondare.

Giuseppe Conte

L’atteggiamento era lo stesso di quando un anno fa irrompeva nelle case degli italiani per annunciare il lockdown e tutto il resto: eloquio fluviale e sofistico, lontano dal pianeta Terra. Ha detto che il Movimento sarà accogliente e intransigente al tempo stesso, che deve essere orgoglioso di quello che ha saputo fare ma che ore deve cambiare tutto.

Ha citato il fondatore Gianroberto Casaleggio ma non ha nominato il figlio Davide Casaleggio. E ormai è quasi certo che tra il Movimento di Conte e la piattaforma Rousseau finirà a carte bollate. Insomma, il solito Giuseppe Conte che tenta di tenere insieme (a parole) tutto e il contrario di tutto. In realtà il Movimento Cinque Stelle non potrà più essere quello che è stato finora. Né nella sua versione da “vaffa day” né in quella di custode massimo del sistema. Presto Giuseppe Conte scoprirà che in confronto a quelle del Movimento, le correnti del Pd sono un capolavoro di unità.

Pifferaio (poco) magico.

LUCA ZAIA

Il Governatore del Veneto, assoluto dominatore della prima lunga fase del contrasto alla pandemia da Covid-19, sembra aver terminato la benzina politica. Non amministrativa, politica.

LUCA ZAIA. FOTO: CANIO ROMANIELLO / IMAGOECONOMICA

Con la Lega all’opposizione del Governo nazionale Luca Zaia ha potuto far emergere tutta la sua vocazione governativa sul territorio. Adesso però la musica è cambiata, perché quel ruolo lì lo ha assunto Giancarlo Giorgetti, formidabile ministro dello Sviluppo Economico del Governo di Mario Draghi. È Giorgetti adesso il punto di riferimento di quella Lega (ancora Nord) che vuole risposte concrete e rapide.

Il presidente della Regione Veneto fatica a riadattarsi ad un ruolo che non potrà essere come prima. Scavalcato a sinistra (da Giorgetti) e a destra (da Salvini).