Top e Flop, i protagonisti del giorno: 24 febbraio 2021

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

SARA BATTISTI

È stata lei. Lei ha suonato la tromba lanciando il segnale che ha chiamato a raccolta e poi lanciato all’assalto di Cip e Ciop l’intero Consiglio Regionale del Lazio: maggioranza, opposizione, presidente Zingaretti Compreso.

Cosa c’entrano i due simpatici scoiattoli inventati dalla fantasia di Walt Disney, con la Regione Lazio ed una levata di scudi in massa come non si vedeva da anni?

I fatti. Il sindacato Fials ha inviato una nota all’assessore alla Sanità Alessio D’Amato invocandone l’intervento contro le tre manager della Asl di Frosinone. Fin qui tutto nella normalità delle cose. Ciò che non è normale sta nei toni utilizzati: del tutto fuori luogo, permeati soprattutto di sessismo becero, con il quale si dà per scontato il presupposto di un’inferiore capacità manageriale delle donne per loro natura. A completare il quadro è una scivolata di pessimo gusto: le tre nipotine di Paperina messe prima della lettera a raffigurare le tre direttrici. (Leggi qui Chiamateli Cip e Ciop, ma per carità posate il bazooka).

Sara Battisti

Sara Battisti si è attaccata al telefono ed ha preteso che l’intero Consiglio Regionale del Lazio assumesse una posizione netta, chiara, inequivocabile: di condanna. E così è avvenuto. Una dimostrazione di forza e capacità di mobilitazione unica. In una delle risposte, i due firmatari della nota sindacale, sono stati definiti, rimanendo tra i personaggi Disney, Cip e Ciop.

Ma c’era bisogno di muovere un’intera divisione corazzata? Non è stato un uso eccessivo della forza? Per comprendere cosa c’è dietro bisogna avere chiaro il sistema Fials: negli anni ha acquisito un largo credito ed un’ampia forza di iscritti; poca perdita di tempo, mediazione quanto basta, ricorso massiccio alla magistratura denunciando i dirigenti ogni volta che le cose escono dal seminato.

Legittimo. Ed anche efficace, dicono i numeri. Però tutti sanno che molte volte, in Italia si deve fare di necessità virtù: si cerca una soluzione pur di garantire l’assistenza, anche a costo di interpretare la norma. È lì che interviene in maniera immediata la sigla: se è fuori dalle regole scatta la carta bollata. Giuridicamente ineccepibile, politicamente discutibile.

Si comprende allora cosa c’è dietro la levata di scudi massiccia e corale. È stato un segnale contro quel metodo di lavoro. Della serie: sappiamo chi siete e non ci fate paura; altre volte non è stato fatto e questo vi ha portato a pensare di poter dileggiare tre manager solo perché donne. Ora basta.

Vandeana della parità.

MARIO DRAGHI

La partita dei sottosegretari si sta rivelando infinita e complicata. Ma ancora una volta l’occasione l’hanno persa i Partiti, incapaci di trovare un accordo. Dopo il fallimento delle trattative per il Conte ter, ancora una volta le forze politiche parlamentari dimostrano di non riuscire a farcela. E allora Draghi ha deciso di mettere a disposizione la scienza.

Mario Draghi

Lo racconta il quotidiano La Stampa: “Negli staff dei ministeri lo chiamano «algoritmo Draghi». È il meccanismo che risolverà l’equazione a più incognite dei sottosegretari. Operazione da sempre complessa, ma questa volta di più, tanto da rendere obsoleto persino il manuale Cencelli”.

Le ragioni sono diverse. Alcune generali (esiguità dei posti, molteplicità di partiti in maggioranza, presenza di ministri tecnici), altre specifiche di ciascun partito (quote rosa, equilibri tra correnti, rapporto tra deputati e senatori, rappresentanza geografica). Roba da intelligenza artificiale, se non fosse affidata a quella di Roberto Garofoli, braccio destro di Draghi a Palazzo Chigi oltre che capitano della legione di consiglieri di Stato che costituisce la retrovia giuridica del governo”.

L’algoritmo è tarato su 40-44 sottosegretari. Della maggioranza fanno parte Cinque Stelle, Lega, Pd, Forza Italia, Italia Viva, Leu e altre formazioni minori. A nessuno è chiaro un concetto semplice: Draghi non si spaventa, non va in ansia, lui è abituato a risolvere problemi. E ha a disposizione strumento che altri si sognano.

Manuale Cencelli 4.0.

MAURO BUSCHINI

Il presidente del consiglio regionale del Lazio dimostra di essere il più democristiano di tutti all’interno del Partito di Nicola Zingaretti, del quale è uno dei fedelissimi. A parte Francesco De Angelis, che però ormai fa parte della leggenda.

Mauro Buschini (Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica)

Oggi infatti Buschini presenta il libro di Francesco Scalia, sull’energia e sul cambiamento climatico. Un capolavoro di tattica, di strategia e di visione. Francesco Scalia nel Pd è stato un “mostro sacro”: senatore, assessore e consigliere regionale, presidente della Provincia, sindaco di Ferentino. E capo della corrente di quelli che provenivano dalla Margherita e dal Ppi.

Dalla politica attiva è uscito (almeno così dice), ma è evidente che uno come lui rappresenterà sempre un valore aggiunto. Con Buschini si è anche sfidato alle Regionali di qualche anno, ma tra i due è nato  un legame solido. E poi Scalia apprezza l’intelligenza e si silenzi. Non a caso tra i vari soprannomi che aveva quando furoreggiava in politica c’era proprio quello de “il muto”. Non scopriva mai le carte, arrivava a dama mentre gli altri ancora dovevano posizionare i pezzi sulla scacchiera.

Mauro Buschini ha come mentore Francesco De Angelis, ma su molti aspetti in effetti ricorda proprio Francesco Scalia.

Il silenzio è d’oro.

FLOP

ROCCO CASALINO

Il suo futuro è in politica. Lo si è capito benissimo in questi giorni, durante i quali ha presentato il suo libro in tutti i salotti televisivi che contano. Segno di una grande intelligenza ma anche della capacità di avere relazioni che contano. Negli anni di portavoce dell’ex premier Giuseppe Conte, Rocco Casalino ha dettato la linea stando in regia.

Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Ieri sera, intervistato da Mario Giordano su Rete4, ha piazzato due considerazioni che “incarnano” la quintessenza dei Cinque Stelle. Giordano gli ha mostrato un numero: 86. E’ quello dei parlamentari che hanno lasciato il Movimento in tre anni. Una cifra enorme. Ma Casalino ha continuato a parlare di casi isolati. Poi Giordano gli ha chiesto se non abbia un po’ ragione Alessandro Di Battista quando sostiene che i Cinque Stelle hanno smarrito l’anima.

Neppure per idea, ha affermato Casalino. In sostanza: se si è dovuto pagare il prezzo di governare con la Lega per aver approvato il reddito di cittadinanza, allora ne è valsa la pena. Ormai, nella difesa dell’indifendibile, Casalino è oltre Grillo e Davide Casaleggio. Fosse per lui, espellerebbe chiunque si smarchi pure da una virgola.

Un po’ Grande Fratello un po’ Epurator.

ANTONIO TAJANI

Sta puntando tutto su Francesco Battistoni sottosegretario all’Agricoltura nel complesso mosaico della composizione del Governo. E ci sta, considerando che il parlamentare di Viterbo è da sempre un fedelissimo del neo coordinatore nazionale di Forza Italia. Però gli “azzurri” esprimeranno anche altri sottosegretari. Ma tra i nomi che circolano non c’è nessun esponente della Ciociaria, terra di origine di Tajani.

Antonio Tajani a Fiuggi (Foto: Stefano Carofei / Imagoeconomica)

Il ragionamento però è politico. Siccome in provincia di Frosinone i rapporti con il senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone non sono idilliaci (è un eufemismo), perché non provare una giocata machiavellica? Tajani potrebbe nominare sottosegretario un esponente della provincia di Frosinone. Dando un segnale a Fazzone e ai fazzoniani. Oppure potrebbe spingere per l’ingresso nel Governo dello stesso Claudio Fazzone. Nell’ottica del “ti promuovo per rimuoverti”.

Invece Antonio Tajani non sta prendendo in considerazione nessuna di queste ipotesi.

Ennesima occasione persa.