Top e Flop, i protagonisti del giorno: 26 luglio 2021

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di lunedì 26 luglio 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di lunedì 26 luglio 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

LUCIO MIGLIORELLI

Lucio Migliorelli

L’assemblea dei soci della Saf ha approvato a stragrande maggioranza (50 voti favorevoli e 5 contrari) il bilancio. Un bilancio che si chiude con una perdita di 650.000 euro. I motivi li ha spiegati il presidente Lucio Migliorelli. Innanzitutto il calo di fatturato, legato essenzialmente alla pandemia da Covid-19. Nel senso che il lockdown e le altre limitazioni delle zone rosse e arancioni hanno determinato la chiusura di negozi, ristoranti e attività di ogni tipo. Quindi non si è prodotta immondizia. Senza considerare i costi per il contenimento del virus.

Sul Bilancio hanno influito anche altri due eventi maturati nel 2020. Il primo: la tariffa per il trattamento dei rifiuti organici è salita. Saf è intervenuta di tasca sua per calmierare il costo per gli avanzi di cucina che mandiamo in Veneto anziché farci noi in casa il bio metano. “La perdita è stata coperta con il patrimonio della Saf e non avrà conseguenza sulla tariffa né sui soci”.

Al di là dei numeri e dei tecnicismi: Lucio Migliorelli sta guidando Saf nella sua transizione ecologica. Sta facendo in modo che i rifiuti smettano di essere un problema anche per la provincia di Frosinone. E che diventino una risorsa. Esattamente come accade a Nord di Roma in tutta l’Europa.

Ha avviato la trasformazione del vecchio stabilimento di Colfelice per farlo diventare una moderna Fabbrica dei Materiali: capace di riciclare fino al 90% dei rifiuti in ingresso, mandando in discarica molto meno del 10%; oggi ci va circa il 40%. È ad un passo dalla realizzazione del biodigestore provinciale con il quale smettere di regalare al Veneto gli avanzi delle cucine ciociare e trattarli qui facendoci il metano green.

Soprattutto è riuscito a convincere i sindaci che è la rivoluzione green la strada sulla quale spingere la provincia di Frosinone. In 50 votano a favore. Solo 5 no votano: Arpino (per una questione tecnica di bilancio), Frosinone, Ceccano, Ripi, Patrica. Questi ultimi quattro Comuni sono a guida centrodestra. Quindi ha prevalso il giudizio politico. Per Migliorelli una vittoria amministrativa evidente.

La Transizione di Lucio

ANGELO CAMILLI

ANGELO CAMILLI. FOTO © SARA MINELLI / IMAGOECONOMICA

Il presidente di Unindustria interviene con il contagocce. Soltanto quando la posta in palio è altissima. Ha affermato: “Il rilancio dell’economia, della competitività ed attrattività della nostra Regione da oggi ha un’arma in più, grazie al via libera in via definitivo alla misura della fiscalità di vantaggio arrivato dal Senato, con 135 milioni di euro di risorse nei prossimi tre anni. Un incentivo importante che permetterà alle imprese che operano in provincia di Frosinone, Latina e Rieti di beneficiare di risorse ad esse destinate, rendendo, così, questi territori più attrattivi per chi vuole investire”. (Leggi qui Un tesoretto a De Angelis per tentare Stellantis).

Molto più di un semaforo verde. Vuol dire che la fiscalità di vantaggio rappresenta un’opportunità irripetibile per le imprese del Lazio. Angelo Camilli ha voluto sottolineare il ruolo di tutti. Del commissario del Consorzio unico del Lazio Francesco De Angelis, dei deputati Fabio Melilli e Claudio Mancini, del ministro Mara Carfagna, del sottosegretario Claudio Durigon.

Quindi ha citato il vicepresidente della Regione Daniele Leodori.  “Un percorso che dalla fine della Cassa del Mezzogiorno non vedeva un simile impegno, per contrastare fenomeni di impoverimento del tessuto produttivo, soprattutto del manifatturiero a più alto valore aggiunto”.

Ha soppesato ogni parola Angelo Camilli. La ripartenza può nascere da questo tipo di svolta.

Gran nocchiero

FLOP

CHIARA COLOSIMO

Chiara Colosimo (Foto: Stefano Carofei / Imagoeconomica)

Ha compiuto con scrupolo e puntualità un lavoro ineccepibile. La sua relazione finale sui fatti di Allumiere ricostruisce in ogni particolare i passaggi del concorso finito al centro dell’attenzione mediatica. E per realizzare quelle 90 pagine di relazione, la presidente della commissione Trasparenza Chiara Colosimo ha tenuto 8 audizioni ascoltando tutti i protagonisti della vicenda.

Non ha fatto un banale copia 6 incolla: è andata oltre il parere pro veritate chiesto dal Comune di Allumiere ad un insigne giurista. Che aveva consigliato di annullare il concorso in quanto viziato da errori all’origine che avrebbero reso nullo, a suo parere, tutto il resto. Chiara Colosimo ha seguito quella traccia ma individuato anche altri punti di illegittimità. E li ha messi in evidenza. (Leggi qui Allumiere, ecco la relazione Colosimo).

Senza alcuna remora ha concluso dicendo a chiare lettere che “La maggioranza dei candidati” del concorso indetto dal Comune di Allumiere “è stata assunta senza avere i requisiti per l’assunzione“.

Manca solo un aspetto. Peccato che sia proprio quello per il quale la Commissione Trasparenza era stata costituita: ma le procedure seguite dalla Regione Lazio sono state corrette o no? I principi della correttezza e della trasparenza politica sono stati rispettati?

Perché per le indagini penali c’è la Procura della Repubblica: ben due stanno lavorando sul concorso di Allumiere e quello che ne è derivato. Chiara Colosimo non doveva fare un lavoro parallelo a quello della magistratura. Doveva rispondere su un punto diverso. Sul quale la magistratura non entrerà. E cioè: l‘Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio ha truccato le regole del gioco? Mauro Buschini ha usato in modo improprio il personale a disposizione nei suoi uffici per commettere qualcosa di non commendevole?

A queste domande la relazione Colosimo non fornisce risposta. Peccato sia stata messa su proprio per questo.

Bello ma fuori traccia

STEVE BANNON

Steve Bannon – Foto Imagoeconomica – Rocco Pettini

Alle 17 Benjamin Harnwell ha lasciato la Certosa. L’annuncio è arrivato con un messaggino su WhatsApp: “Partirò oggi da Trisulti per l’ultima volta alle 17, appena ho riconsegnato le chiavi a Mibact”. Al momento di andare via ha ribadito le sue convinzioni, sostenendo che lo hanno mandato via per un gioco politico, orchestrato dalla sinistra.

Contemporaneamente il direttore generale Musei del Ministero della Cultura Massimo Osanna sottolineava trionfante che  “la Certosa di Trisulti è tornata nelle mani dello Stato”. (Leggi qui La Certosa di Trisulti è nelle mani dello Stato).

Oltre alla decisione giudiziaria c’è anche un aspetto politico. Ed è la sconfitta storica di Steve Bannon, l’uomo che voleva fare della Certosa di Trisulti la scuola mondiale dei sovranisti. Ha scritto Alessioporcu.it: “Il Dignitatis Humanae Institute. È una realtà che intende difendere le radici giudaico cristiane dell’Europa. Che significa? Per capirlo basta riavvolgere il nastro nella cineteca di Teleuniverso ed ascoltare la prima intervista di Harnwell a Porte Aperte. Spiegò perché e quando nacque il Dignitatis: quando l’Europa disse no a Rocco Buttiglione come Commissario Europeo per le sue posizione ultra conservatrici in materia di omosessualità. Benjamin Harnwell quel giorno si sentì investito di una missione: creare una scuola nella quale formare i dirigenti della destra cattolica del nuovo millennio”.

Doveva nascere a Trisulti con l’appoggio di Steve Bannon, l’ultra sovranista che era stato tra i guru di Donald Trump nella sua scalata alla presidenza degli Usa. Fu lui a dire che nella Certosa doveva nascere l’accademia per i gladiatori mondiali del sovranismo.

Ecco, tutto questo disegno è miseramente fallito e l’addio di oggi sembrava un finale di commedia. Invece era un fallimento tragico sul piano politico. Steve Bannon è stato il guru di Donald Trump. Il sovranismo può trionfare sul piano elettorale, poi frana quando è chiamato ad amministrare. Basterebbe riflettere sulla gestione del Covid (da Trump a Bolsonaro).

La Certosa di Trisulti era un simbolo da rovesciare. Invece alla fine, con la sua storia, ha rovesciato i gladiatori del sovranismo, dei quali Steve Bannon è il capo indiscusso.

Sconfitto, perdente, ribaltato.

MARCO TRAVAGLIO

Marco Travaglio (Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Il direttore de Il Fatto Quotidiano pensa di essere investito di una missione “sacra”. Di fustigatore. In realtà le spara sempre più grosse per avere visibilità e per tentare di far credere agli italiani che il più grande politico della storia mondiale è Giuseppe Conte e che il Movimento Cinque Stelle si mette in tasca ogni tipo di Partito che il pianeta abbia mai conosciuto.

Ha definito Mario Draghi “un figlio di papà”. Il direttore del Fatto Quotidiano è intervenuto dal palco della festa di Articolo Uno a Bologna. Così: “Mi dispiace dirlo, non capisce un caz… né di giustizia, né di sociale, né di sanità. Capisce di finanza, ma non esiste l’onniscenza o la scienza infusa”.

L’obiettivo? Forse convincere gli italiani che Giuseppe Conte “mangia” Mario Draghi a colazione. Forse convincere gli italiani che come ministro della giustizia Alfonso Bonafede “asfalta” Marta Cartabia. Oppure che il reddito di cittadinanza neppure “vede” il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Ma Marco Travaglio uno sguardo al curriculum di Draghi lo ha dato? Anche di sfuggita? Detto questo, ma il ministro Roberto Speranza (difeso da Draghi contro tutti) ci ha pensato che Travaglio potesse alla Festa del suo Partito attaccare Draghi in questo modo? Evidentemente no. E per un politico non è il massimo.

Marco Travaglio però non si fermerà: la prossima volta proporrà Giuseppe Conte per il Nobel. O per l’Oscar.

Polvere (bagnata) di Cinque Stelle.