Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 28 settembre 2021

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di martedì 28 settembre 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di martedì 28 settembre 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

ALESSIO D’AMATO

Alessio D’Amato (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

L’assessore regionale alla Sanità lo ha detto con la consueta tranquillità: “Se raggiungiamo il 90% di copertura vaccinale in doppia dose, come sta avvenendo nel Lazio, possiamo pensare al 100% delle attività sia all’aperto che al chiuso”. In realtà è una notizia che aprirebbe una fase nuova nel contrasto al Covid in tutta Italia. E forse in Europa, che a quel punto potrebbe seguire l’esempio.

E l’esempio è il Lazio, dove in effetti sia viaggia verso quota 90%. Come in Danimarca. Dall’inizio della pandemia il Lazio si sta distinguendo e naturalmente Alessio D’Amato ha gran parte del merito. La creazione dei grandi hub vaccinali, la limitazione del contagio in una metropoli come Roma, quindi la campagna vaccinale sempre all’avanguardia. Senza mai perdere di vista l’obiettivo finale.

Ieri nella regione Lazio è iniziata, da Roma, la somministrazione della terza dose di vaccino agli over 80. D’Amato non si ferma un attimo e riesce ad anticipare sempre i tempi. Il 90% di copertura in doppia dose comporterebbe la riapertura al 100% di tutte le attività. Si tornerebbe alla vita di gennaio 2020. Prima del Covid. Una rivoluzione.

Costantemente un passo avanti.

GIOVANNI ACAMPORA

Giovanni Acampora e Lorenzo Tagliavanti (Foto su base Imagoeconomica)

Le diplomazie sono già al lavoro. Hanno spento i telefoni ed iniziato a lavorare nell’ombra il Capo di Gabinetto della Regione Lazio Albino Ruberti ed il neo presidente del Consorzio Industriale regionale Francesco De Angelis, cioè i due uomini che hanno costruito l’ente capace di rivoluzionare le politiche industriali sul territorio.

Sono all’opera per raffreddare il clima e ricucire lo stappo. Quello che si è consumato nelle ore scorse durante la riunione di Unioncamere. (Leggi qui Fumata nerissima, scontro con Roma per il controllo del Consorzio).

Giovanni Acampora, presidente della Camera di Commercio di Latina e Frosinone, ha fatto capire che il Consorzio industriale unico del Lazio non può essere un ente nel quale si ragiona con la testa girata dietro. Non si tratta di usare il manuale Cencelli per mantenere gli equilibri tra i diversi Consorzi industriali che hanno dato vita alla fusione. Neppure si può pensare di far recuperare la rappresentanza a chi non ha le percentuali azionarie per reclamarla. Il Consorzio unico ha un organigramma preciso dei nuovi assetti. Il socio di maggioranza relativo è la Camera di Commercio, con oltre il 10%. Poi il Comune di Frosinone con poco più del 4%. Via via tutti gli altri con percentuali da prefisso telefonico. Quindi perché Unioncamere dovrebbe designare nel consiglio di amministrazione un esponente di Unindustria o di Federlazio?

Evidentemente per mantenere equilibri all’interno del complesso mondo delle associazioni di categoria. Con un occhio rivolto a Roma, che nel Consorzio unico conta in proporzione alla sua capacità industriale. Cioè poco. Ma non è questo lo spirito del nuovo ente.

Per questo sono scesi in campo due campioni della mediazione ad oltranza, Albino Ruberti e Francesco De Angelis. Con la missione di individuare un punto di equilibrio: che soddisfi le giuste rivendicazioni di Acampora per il sud Lazio, vada incontro alle comprensibili aspirazioni romane, riconosca agli Industriali una naturale competenza sulla materia.

Non sarà semplice. Perché il buongiorno non è stato dei migliori. Giovanni Acampora si è alzato e ha detto che se Unioncamere voleva fare un “golpe”, potevano farlo. Ma lui non avrebbe partecipato. Fatto sta che in questo modo ha bloccato la costituzione del Consorzio stesso. Dimostrando di avere coraggio e capacità di andare fino in fondo. Anche alla rottura.Spalancando la porta ai mediatori.

Lucido e determinato.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte

Davvero: perché ha scelto di voler fare il capo politico del Movimento Cinque Stelle? Giuseppe Conte ha dato una sponda politica enorme a Giancarlo Giorgetti (lanciatissimo per prendersi la Lega) sul tema delle elezioni anticipate.

Ha provato a giocare d’astuzia (pensava lui), dicendo che se continua così Mario Draghi non arriverà al 2023. Con riferimento alle divisioni nella Lega. Ma nel Movimento Cinque Stelle la levata di scudi è stata rapida, perentoria, massiccia e incazzata. Perché in realtà anche Conte vedrebbe di buon occhio le elezioni anticipate.

Per due motivi: 1) l’interruzione del Governo di Mario Draghi, che proprio non riesce a digerire perché a Palazzo Chigi pensava di restarci lui a vita; 2) perché gli attuali gruppi parlamentari dei Cinque Stelle non rispondono tanto a lui, quanto a Luigi Di Maio. Ma il punto è proprio questo: il Movimento Cinque Stelle tutto vuole meno che le elezioni anticipate. E’ diventato il Partito del sistema più di chiunque altro. Un elemento che Giuseppe Conte non ha calcolato.

O forse vuole soltanto aumentare la pressione in vista di una sua possibile candidatura alla Camera: nel collegio romano che Roberto Gualtieri lascerebbe libero se diventasse sindaco di Roma. Ma non è che a quello stesso collegio, magari, sta pensando pure Virginia Raggi?

Corpo estraneo (ai Cinque Stelle).

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Le strategie di Giancarlo Giorgetti stanno innervosendo non poco la leader di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni ha detto: “Almeno Salvini gira l’Italia come una trottola, ci mette la faccia, ma sotto di lui niente: cosa vuole fare la Lega? Il nodo è politico”.

A mandare su tutte le furie la Meloni è stato l’endorsement fortissimo di Giancarlo Giorgetti a Carlo Calenda a Roma. Ma c’è un particolare che la Meloni salta completamente: è stata lei a scegliere Enrico Michetti, imponendolo agli alleati. Matteo Salvini e Antonio Tajani volevano Guido Bertolaso, bocciato proprio dalla Meloni. (Leggi qui Giorgetti, Calenda e il Pd del Lazio: l’incrocio è da brividi).

Adesso le cose stanno cambiando. Giorgia Meloni, da politica di razza vera, si rende conto che il disegno potrebbe essere questo: Mario Draghi al Quirinale, Giancarlo Giorgetti a Palazzo Chigi. Con magari Massimiliano Fedriga alla guida della Lega. Certamente con lo schema di Matteo Salvini segretario del Carroccio Fratelli d’Italia ha scalato ogni tipo di sondaggio, perché il Capitano oscilla tra piazza e governo. Con Giorgetti sarebbe un’altra musica.

La Lega potrebbe perdere qualche punto, ma certamente capitalizzerebbe la gestione governativa. Soprattutto per il Pnrr. Fratelli d’Italia potrebbe essere il primo Partito del centrodestra, ma farebbe fatica a guidare la coalizione. Perché Giancarlo Giorgetti non riconosce la leadership di Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia, però, non può prendersela con nessuno se Enrico Michetti non diventerà sindaco di Roma.

Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso.

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