I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 28 settembre 2022
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 28 settembre 2022
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ANTONIO POMPEO
Rompe gli indugi. E lancia la sua candidatura alle Regionali del Lazio che si terranno con ogni probabilità a febbraio. Lo fa chiedendo un cambiamento al Partito Democratico: cioè un Pd che sia basato sulla collegialità e non sui numeri. Evitando di toccare le recenti polemiche mediatiche: evaporate in un nulla di fatto nel giro di pochi giorni.
Nell’andare avanti pensa a ciò che si lascerà alle spalle: il Comune di Ferentino e la presidenza della provincia di Frosinone. Per entrambi ha sollecitato il Pd a guardare verso il futuro, scegliendo tra le giovani generazioni esattamente come avvenne per lui; soprattutto tenendo bene in vista il mondo civico e dell’associazionismo che si riconosce nel mondo progressista ma non nei Partiti.
È quasi una mozione congressuale. Lasciarsi alle spalle un Pd costruito solo sulla forza dei numeri e non su quella dell’inclusione. Cosa ben diversa da quello che avveniva nel Pci, dove il leader della mozione perdente diventava il capo della segreteria politica del nuovo Segretario; una scelta che metteva in chiaro una cosa: la pensiamo in maniera diversa ma all’interno dello stesso Partito. Non è così nel Pd, dove chi perde va a scavare pozzi in Africa o si occupa di crisi alimentari alla Fao, o si crea un nuovo Partito.
A testimoniare lo stato di confusione nel quale si trova il Partito Democratico è il fatto che a ricordarlo sia un ex margheritino ed ex renziano come Pompeo.
Orizzonti Dem
MASSIMO RUSPANDINI
Se ha stappato una bottiglia di champagne o un più autarchico Cesanese lo ha fatto di nascosto. E stando bene attento che non ci fossero né macchine fotografiche né obiettivi puntati. Eppure Massimo Ruspandini ne avrebbe avuto ampia ragione: sia di stappare casse intere di bollicine e sia di farlo sotto i riflettori.
Ne avrebbe avuto motivo perché domenica ha dimostrato di non essere un turista per caso in Parlamento ma di avere una base elettorale solidissima, radicata in anni di militanza convinta nella destra sociale, intatta nonostante le varie nuove sensibilità entrate a far parte di fratelli d’Italia.
L’input dato da Giorgia Meloni subito dopo la vittoria plebiscitaria alle elezioni Politiche è stato chiaro. Riassumibile in una sola parola: sobrietà. E così il senatore di Ceccano rieletto in Parlamento, ma a Montecitorio, ha lasciato nel frigo le bottiglie di spumante, inibito qualsiasi corteo e qualsiasi manifestazione di giubilo. Nonostante abbia centrato la più alta percentuale di votanti tra i candidati nel Lazio.
L’unica foto in circolazione è quella con i suoi fedelissimi, in una sezione: sorriso a 36 denti ed un solo bicchiere in vista: di plastica e vicino ad una bottiglietta di acqua minerale. La svolta è iniziata.
Festeggiamento Sociale
FLOP
MARTA FASCINA
È un peccato. È un peccato perché ancora una volta non sapremo quanto valga davvero Marta Fascina. E ancora una volta, proprio nei giorni in cui, piaccia o meno, una donna irrompe a Palazzo Chigi, un’altra si imbuca in Parlamento usando Marsala come varco e un tiktoker di 85 anni come grimaldello.
Sia chiaro, il rammarico per non avere ancora le coordinate etiche e progettuali dell’onorevole Fascina è sincero, ma altrettanto sinceramente c’è da rammaricarsi per quel ruolo stereotipato e mesto di “donna del capo” che ha sottratto un’altra intelligenza alla fiera ostentazione del se’.
Di Marta Fascina nessuno ha saputo mai nulla come di centinaia di altri candidati appollaiati sulla giostra infida ed alienante del Rosatellum, ma con una differenza. Mentre per questi ultimi la nebbia cognitiva era emendabile in tutto e per tutto nella forma bieca di una legge elettorale narcotica con la Fascina è stato più difficile farlo.
Lo è stato perché ogni ripresa, ogni fotogramma o summit ad Arcore o tavolata sciantosa sul Lungomare di Napoli urlavano del suo privilegio di essere la Compagna del Cav. Privilegio che non diventa peccato di buon gusto solo a non abusarne.
E quando l’onorevole Fascina pare abbia candidamente ammesso di non essere mai andata a Marsala, dove l’hanno patentata parlamentare, se non per una vacanza giovanile, un po’ di scoramento ci è venuto. Perché ogni donna dovrebbe essere molto di più dell’uomo che la abbraccia la notte. Ed ogni politico dovrebbe essere molto meglio di quello che la sua storia personale lascia intravedere.
Altrimenti ad ogni sfida della vita le giovani donne saranno sempre in bilico fra scegliere due modelli: Giorgia o Marta, e in Italia prediligere il secondo è sempre stato più facile.
Ci faccia contenti: legiferi.
ELSA FORNERO
L’ex ministra che ormai vegeta fra il famoso ed il famigerato per la riforma “lacrime e sangue” delle pensioni avrà magari tanti difetti e magari non tutti ascrivibili alla vulgata delle famose “lacrime di coccodrillo” di quando chiese agli italiani di patire assai. E tuttavia in quanto esperta di numeri dovrebbe essere persona pratica.
Una cioè che se deve fare la critica o esercitare il diritto della medesima ci impalca sopra cifre, dati e rigore. Ecco perché La Elsa Fornero che ha deciso di proclamarsi “sconfortata e rassegnata” per l’elezione di Giorgia Meloni con papabile premierato un po’ sconcerta. Del suo scritto, mirabilmente messo in loop prima si un editoriale de La Stampa e poi ripreso dai media italiani ha colpito il “taglio ideologico”.
Calma e gesso e proviamo a capire. La Fornero l’ha detta tonda come i numeri che ama: “Non gioisco per la vittoria di Giorgia Meloni. Provo sconforto e rassegnazione“. Ovviamente che ad una come la Fornero potesse non piacere una come la Meloni un po’ ci sta. Anche a fare la tara al fatto che sono entrambe donne e che quello della Meloni magari è un traguardo che dovrebbe far gioire (quasi) tutte.
Ma lei no. L’ex ministra non ha mollato quella bella immagine dello sconforto. Ed ha scritto: “Nel giorno in cui, come tantissime donne, avrei dovuto gioire per la fragorosa rottura, da parte di una donna, per di più giovane, di uno dei due più resistenti ‘soffitti di cristallo” italiani – quello della Presidenza del Consiglio – prevalgono invece in me lo sconforto e la preoccupazione”.
Ed il perché dello sconforto? “La Fiamma ci riporta direttamente a un periodo drammaticamente negativo per la storia italiana“. Non magari il timore che l’inesperta Meloni possa cileccare qualche passo cruciale per l’economia italiana. Non la paura che il debito cresca e che le cose non vadano acconce ma la Fiamma.
Cioè una cosa concettuale e un filino stantia. Su cui perfino uno studiato come Sergio Mattarella chiederà garanzie. Ma non porrà pregiudizi. Una cosa che grava senza che la storia abbia ancora detto se pesi. Perché la storia che giudicherà la Meloni è quella futura, non quella passata. E la Fornero, che del passato ancora patisce la sua, di gogna, avrebbe dovuto saperlo più di tutte.
Motivazione “choosy”.