
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 13 febbraio 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 12 febbraio 2025.
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ANSELMO ROTONDO

Il concetto giusto è quello di “mediazione”. Intesa come attività di interscambio tra due poli, magari tra quello di un’autorità costituita ed una cittadinanza comprensibilmente esasperata. Ma non legittimamente autoizzata ad agire per conto proprio e, magari, esagerando. Per questo motivo il sindaco di Pontecorvo Anselmo Rotondo ha trovato la quadra. E lo ha fatto con una iniziative che di fatto mette in sinergia società e Prefettura.
Crimini reali e percezione
I ricordi sono noti e poco piacevoli. Un anno fa Pontecorvo venne travolta da un’ondata di furti e crimini. O almeno – così assicurarono i carabinieri – fu quella la percezione dei cittadini: perché i numeri dei reati erano assolutamente in linea con il passato, era solo il tam – tam sui social a moltiplicare l’impressione. Perciò partirono spontaneamente le ronde notturne. E ci furono più casini che soluzioni.
Perché bastava che qualcuno venisse a farti visita da fuori e la sua macchina non fosse conosciuta, per catapultare decine di chiamate d’allarme al centralino dei carabinieri. Intasandolo e togliendo forze dove effettivamente servivano.
Vera o percepita, quella recrudescenza criminale nelle zone periferiche aveva rischiato di mandare in tilt il sistema complesso dell’amministrazione sul fronte della sicurezza. Perciò serviva una soluzione, appunto, mediata. Rotondo l’ha trovata. Ed ha iniziato a cercarla esattamente quando il focus del problema era rovente, cioè da luglio scorso.
Il protocollo con la Prefettura
Da quando erano partiti gli incontri in Prefettura. Lo scopo era semplice e gigante al contempo: individuare il punto più vicino di equilibrio tra l’utilità della collaborazione da parte dei cittadini e la necessità di legalità e sicurezza, due cose cardinali, ma spesso confliggenti.
La notizia arriva perciò gradita, perché il Comune di Pontecorvo e la Prefettura di Frosinone hanno siglato un protocollo d’intesa per i “controlli di vicinato”. A Frosinone e sotto stretto “controllo” del prefetto Ernesto Liguori, dei vertici di polizia, carabinieri e finanza e dei rappresentanti del comune di Pontecorvo si è proceduto ad inaugurare un nuovo ed efficace format. Un protocollo a cui hanno messo usta ed impegno l’assessore alla Polizia Locale Michele Notaro e la delegata ai Servizi Sociali Vanessa Pretola. E cosa prevede quel documento?
La formazione di “gruppi di vicinato, cioè gruppi di cittadini che risiedono in determinate contrade”. Loro monitoreranno il territorio e segnaleranno persone o auto sospette, “oppure movimenti giudicati strani”. Ma nessuno agirà, se non dei rappresentanti di zona appositamente individuati.
I rappresentanti di quartiere

Che saranno i solo a poter allertare le Forze dell’Ordine ed a interagire con esse allo scopo di metterle sulla strada giusta. Il concetto è quello di “filtro”. Di un buoquet che avrà lo scopo di collegare gli istanti con carabinieri, polizia o polizia locale. Si tratta di un “importante strumento di collaborazione tra le forze dell’ordine ed i cittadini per la sicurezza e la legalità”. E Rotondo da questo punto di vista ha fatto centro.
Salomonico.
ALESSANDRO DE LEO

Alessandro De Leo sta conducendo da qualche settimana una battaglia “atipica” che proprio in queste ore pare abbia segnato un punto a favore della sua tesi. Quale punto e soprattutto: quale è la tesi di questo deputato di Forza Italia in forza al “parlamentino” siciliano?
Il “punto” pare sia rappresentato dal recepimento dell’istanza del parlamentare azzurro da parte di Renato Schifani, presidente della Regione Sicilia. E la tesi di De Leo? E’ quella che lo aveva portato a scrivere all’Assemblea regionale dell’isola, sottolineando come in giro ci sia un gioco da tavolo che ha come tema chiave la mafia siciliana. Una cosa a dire il vero di pessimo gusto, anche se come spiega Dire questo gioco “ha vinto recentemente l’As d’Or 2024 come miglior gioco per esperti”.
Il gioco pluripremiato

Non parliamo di “cotica”, ma di polpa assoluta di merito. Questo dato che “si tratta uno dei maggiori premi per i giochi da tavolo che viene assegnato ogni anno in Francia”.
Il gioco da tavolo in questione si chiama ‘La Famiglia – The Great Mafia War’. Da quanto si apprende “è prodotto dalla tedesca Boardgame Atelier. Recentemente tradotto in italiano e distribuito su diverse piattaforme di vendita online, il gioco invita i partecipanti a competere per il ‘controllo dei mandamenti delle famiglie mafiose siciliane’”. Ed a farlo “usando ‘strumenti di gioco’ come le autobombe, l’uccisione dei soldati, la costruzione di laboratori per la droga e le barche per il trasporto della droga e per il contrabbando”.
Insomma, tutto la starter pack degli orrori che hanno funestato il nostro Paese per decenni, orrori culminati con le uccisioni di giudici, forze dell’ordine, politici, sindacalisti, amministratori e vittime incolpevoli.
Usare le auto bomba da tavolo

De Leo non ha concesso sconti: “È inaccettabile che un fenomeno criminale con il suo carico di violenza e sofferenza venga trasformato in un gioco da tavolo”.
“Questo prodotto non solo offende la dignità dei siciliani, ma svilisce anche l’impegno quotidiano di milioni di cittadini che si battono per la legalità e la giustizia nella nostra regione”.
E ancora: “Ancora più grave, sotto ogni punto di vista, è la banalizzazione di elementi violenti come l’uso delle autobombe, ridotte a semplici strumenti di gioco”.
No alla banalizzazione della mafia
Esattamente per questi motivi il parlamentare siciliano ha chiesto al presidente Schifani “di valutare ogni possibile azione per contrastare la diffusione di questo gioco, seguendo l’esempio di quelle imprese e associazioni che già si sono mobilitate contro la commercializzazione di prodotti che banalizzano il fenomeno mafioso”.
Perché banalizzare la mafia significa darle forza. Nuova. Culturale prima che operativa. Terribile. E gettare magari le basi perché torni anche ad uccidere, oltre che agire in spregio alla legge.
Non è un gioco.
FLOP
ANTONIO BRANDI

Premessa d’obbligo: nelle faccende eticamente legate alla sensibilità di ognuno sul fine vita vale un principio cardinale. Quello per cui sono la coscienza del singolo, il suo vissuto e la sua visione prospettica dell’esistenza a far fede. E solo quelle. Comunque la si pensi quella sul fine vita è un’asseverazione delle massima libertà di pensiero dell’uomo di fronte al Dilemma Massimo: la morte. (Leggi qui: Il coraggio della Toscana che il Lazio non ha avuto).
Ribadito questo però c’è un problema, ed è quello della necessità di fare una norma che preveda la circostanza, questo perché spesso chi ha deciso ex ante che in date circostanze è meglio “andarsene” quando quelle circostanze arrivano non è in grado di decidere di farlo. Né di attuarlo.
Perciò, a quel punto interviene il sistema complesso di rango che ci contiene: lo Stato. E qui scattano le grane, perché lo Stato, nella sua espressione articolata, è la somma di un certo numero di idee che, attraverso la democrazia dei Partiti, decidono per noi. Tutto questo meccanismo, che è grandioso e terribile al contempo, pare essere sfuggito all’attenzione di Antonio Brandi, che è presidente di Pro Vita & Famiglia onlus.
La Legge, il Covid e il nulla

Sembra non aver capito la portata epocale della legge sul fine vita approvata dal Consiglio Regionale della Toscana. Legge che, finalmente, si mette in scia con la sentenza della Corte Costituzionale che aveva sancito principi netti con un giudicato, il numero 242 del 2019.
Poi però era arrivato il Covid e, come spesso accada da noi, le toghe di rango massimo avevano dovuto “anticipare” i legiferatori, tra l’altro cazziandoli ed esortandoli a colmare quel gap. Il dato tecnico è che la Toscana ha approvato una legge sul fine vita. Il Consiglio regionale della regione guidata da Eugenio Giani ha approvato la proposta di legge di iniziativa popolare.
Si tratta di quella su “procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 242/2019”. Come spiega AdnKronos “hanno votato a favore Pd, M5S, Italia Viva e gruppo Misto-Merito e Lealtà. Contrari Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega”. Dal canto suo la consigliera De Robertis del Pd liberamente non ha partecipato al voto. Attenzione: “La Toscana è la prima regione in Italia ad approvare una legge sul fine vita”. E Brandi?
Dove “ha sbagliato” Brandi

Ha reagito così: “La legge sul suicidio medicalmente assistito approvata oggi dal Consiglio Regionale della Toscana, oltre che barbara e disumana, perché spingerà alla ‘morte di Stato’ migliaia di malati, fragili, anziani, persone sole ed emarginate che si sentiranno un ‘peso’ per i familiari e la società, è anche palesemente incostituzionale”.
Questo, “perché pretende di legiferare su una materia che potrebbe essere affrontata solo dal legislatore nazionale“.
Non è vero, perché nella sua forma tecnica la legge dà per assunto il principio per cui un legiferato di rango superiore la vanificherebbe. Solo che un legiferato di rango superiore lo si sta aspettando da oltre 10 anni. E che proprio la Corte Costituzionale aveva indicato che bisognava legiferare. Indicando anche in quale senso. Perciò Brandi ha dato una risposta non tanto di parte, quanto incompleta. Ed inesatta.
Impreciso.