
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 24 aprile 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 24 aprile 2025.
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PASQUALE CIACCIARELLI

Roma si prepara ad accogliere centinaia di migliaia di fedeli, capi di Stato e delegazioni da tutto il mondo per dare l’ultimo saluto a Papa Francesco. In mezzo a questo straordinario dispositivo logistico e organizzativo, i riflettori sono puntati sulla Protezione Civile del Lazio, chiamata a giocare un ruolo chiave. Ma non è l’unica sotto osservazione: lo è anche Pasquale Ciacciarelli, neo assessore regionale alla Protezione Civile, che affronta proprio in questi giorni il suo primo vero banco di prova nella nuova veste.
Dopo essere stato uno degli uomini di punta nel campo dell’Urbanistica — delega che ha saputo interpretare con visione strategica — Ciacciarelli ha ceduto quel campo minato (ma anche fecondo) in nome degli equilibri politici di coalizione. Un sacrificio? Forse. Ma ora l’assessore si ritrova in mano una delega che, con l’organizzazione delle esequie papali, è tutt’altro che “di ripiego”.
Un’operazione senza precedenti

La Protezione Civile del Lazio ha messo in campo centinaia di volontari, mezzi, punti informativi e squadre di supporto medico e logistico, in stretto coordinamento con il Dipartimento nazionale, le forze dell’ordine e il Vaticano. Il loro compito: gestire i flussi di pellegrini, garantire l’assistenza a chi arriverà da ogni angolo del globo e assicurare che tutto fili liscio in uno degli eventi più delicati e seguiti del decennio.
“Non possiamo permetterci errori”, ha dichiarato uno dei responsabili operativi regionali. E in effetti, ogni dettaglio è sotto lente: dall’allestimento dei varchi di accesso, al presidio delle aree sensibili, fino al coordinamento con le colonne mobili delle altre regioni.
Occhi puntati, ma anche mani al lavoro
In questo contesto, il debutto di Pasquale Ciacciarelli alla guida della Protezione Civile regionale assume i tratti di un piccolo “G8 romano”: grande esposizione mediatica, alta posta in gioco e la possibilità di segnare un punto importante nella propria parabola politica.

“È un’occasione per dimostrare che la competenza non si ferma all’Urbanistica”, avrebbe confidato a chi lo conosce bene. E in effetti, l’assessore non si è limitato a fare da spettatore affidando tutto l’aspetto operativo ai tecnici: al contrario, ha tenuto riunioni a tappeto, sopralluoghi in zona San Pietro, contatti costanti con il Governo e il Campidoglio. L’obiettivo è uno solo: far sì che il Lazio risponda all’appello con prontezza ed efficienza.
D’altronde, la Protezione Civile non è fatta solo di piani d’emergenza e logistica: è anche un banco di umanità, di coordinamento silenzioso, di presenza nei momenti chiave. E Ciacciarelli lo sa bene: questo non è solo un funerale. È un momento storico — e per lui, forse, anche l’inizio di un nuovo capitolo.
Battesimo del fuoco.
FABRIZIA ABBATE

Ci sono nomi che il mainstream politico in un certo senso “oscura”. Nomi che per lo più fanno riferimento a formazioni, movimenti e scuole di pensiero organizzate che non godono del privilegio della visibilità. Ovviamente – questo è palese – non ne godono soprattutto perché si tratta di micro sistemi complessi che nel grande e cinico gioco della democrazia rappresentativa hanno scarso peso. Eppure uno dei paradossi della democrazia e della visibilità che i media danno alle sue dinamiche è proprio questo.
Quello per il quale le cosiddette “minoranze delle minoranze” spesso semplicemente non esistono. E accade spesso che a traino “non esistano” neanche idee, concetti ed analisi che invece meriterebbero un rango ben maggiore. Analisi come quella di Fabrizia Abbate. “Carneade, chi era costui?”. La citazione manzoniana di Don Abbondio è al maschile, ma il format è lo stesso.
Fabrizia Abbate è la portavoce di “Tempi Nuovi”, una formazione che ha fatto della misura il suo cardine. E che lo ha dimostrato con affermazioni come queste a seguire. “Noi non confondiamo la funzione critica dell’opposizione con il senso di responsabilità verso il Paese”. Che significa?
Anti polarizzazione

Che al di là “degli aspetti mediatici, e più in generale di immagine, ciò che conta saranno i fatti che seguiranno all’incontro tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Presidente Donald Trump“.
Il guaio è che l’Italia odierna è polarizzata, ed ognuno vede le cose come le vede la sua bottega, non sempre come dovrebbe vederle il buon senso. “Tra il bianco di chi vede solo luce e trionfo e il nero di chi vede solo buio e disfatta, c’è un grigio pieno di sfumature e tutte possono essere molto importanti in questa fase complicata dei rapporti economici e politici in seno all’Occidente, tra l’Europa e gli Stati Uniti”.
E, attenzione, il girgio non è mai roba “cattiva”. Perché “in questo grigio ancora tutto da definire l’opportunità di un lavoro proficuo che l’Italia può compiere, al fianco degli altri paesi e delle istituzioni europee”.
Sforzo corale

“L’impegno del governo sul versante dei rapporti con l’amministrazione Trump vale se accompagnato da uno sforzo generale di attenzione e compostezza, anche al di là dei confini dell’attuale maggioranza“.
La chiosa è tra le cose migliori che avremo letto in questo concitato aprile 2025. “Se si ragiona con equilibrio, si tiene il buono della determinazione italiana nello scacchiere internazionale e, allo stesso tempo, si dà una direzione alle critiche che hanno giusta consistenza”.
L’elogio del grigio.
UN PO’ TOP, UN PO’ FLOP
ANTONELLO IANNARILLI

Se ci fosse un premio per il coraggio istituzionale, Antonello Iannarilli avrebbe già fatto spazio sul caminetto per il trofeo. Da commissario straordinario dell’Ater di Frosinone, ha dichiarato guerra aperta alla morosità cronica che affligge l’edilizia popolare. Un’impresa che, già solo a pronunciarla, suona come un romanzo distopico: 44 milioni di euro di affitti non pagati, circa 4.500 posizioni da rimettere in riga, una valanga di debiti e una montagna di ipocrisie incastonate nella burocrazia italiana.
Eppure, Iannarilli ci ha provato. Ha preso in mano un ente in cui i conti traballano e ha deciso di fare quello che per decenni è stato rimandato, ignorato, coperto da una fitta nebbia di silenzi trasversali. Risultato? Qualcuno potrebbe dire: pochi risultati concreti, almeno finora. Addirittura, gli stipendi ai dipendenti sono slittati. Ma sarebbe troppo facile fermarsi qui.
Il velo dell’ipocrisia

Perché Iannarilli, nella peggiore delle ipotesi, ha avuto il merito di alzare il velo su un sistema inattuabile, figlio di decenni di convenienze politiche, amministrative e sociali. Ha squarciato il sipario su una finzione collettiva: quella secondo cui la legalità si può ripristinare con gli slogan e i buoni propositi, ma senza mai davvero scontentare nessuno.
I numeri sono da incubo: 44 milioni di crediti, di cui una grossa fetta ormai persa per sempre perché prescritta. Una battaglia impari, combattuta con le unghie e con strumenti nuovi, come la possibilità (ottenuta dal Ministero delle Finanze) di agire come ente riscossore, senza passare per il giudice. Sulla carta, un’accelerazione. Nella realtà, un salto nel vuoto.
Le prime 500 ingiunzioni partiranno a maggio, ma intanto i dipendenti restano appesi a un bonifico che non arriva. I sindacati protestano. I conti non tornano. E le malelingue parlano di nuovi dirigenti e spese lievitate. Ater risponde: senza rinforzi, gestire migliaia di morosi è impossibile. Ma la domanda resta: valeva la pena?
Ne valeva la pena?

Sì, se si guarda alla sostanza. No, se si guarda al consenso. E qui arriva il nodo politico. Perché solo a Frosinone? Perché Iannarilli e non altri? Perché questa guerra alla morosità non è esplosa anche nelle Ater di Latina, Rieti o Viterbo? Non avevano problemi simili? O forse Frosinone ha avuto solo il torto – o il merito – di non piegarsi alla solita recita?
La verità, probabilmente, è che la legalità è bella solo finché resta uno slogan. Quando diventa prassi, fa male. Crea nemici. Costa voti. E sposta l’equilibrio di un sistema che per anni ha preferito chiudere un occhio (o due) piuttosto che affrontare la realtà: che non si può vivere per decenni in un alloggio pubblico senza pagare, e poi pretendere che tutto funzioni come nulla fosse.
Alla fine, questa guerra di Iannarilli potrebbe anche non portare a una vittoria. Ma almeno avrà fatto saltare la maschera a un sistema che – a prescindere dal colore politico – ha funzionato solo finché nessuno provava davvero a cambiarlo. E questo, che piaccia o no, è già un risultato.
Arma a doppio taglio.
FLOP
LUCIANA CASTELINA

Premessa uno: il parere della grandi menti illuminate del Paese Laico sulla scomparsa di Papa Francesco è di assoluto rilievo ed importanza. Premessa due: non bisogna mai cadere nel tranello ideologico di considerare la linea di potere del Vaticano come una faccenda in cui possano innestarsi le talee delle speranze ideologiche dell’Italia e del mondo. In realtà la faccenda è più sottile, ed è per questo che a Luciana Castellina tocca un “Flop morbido”, di sfumatura diremmo.
Il dato di fondo è che spesso si commette l’errore di riporre in una monarchia assoluta ma dal grandissimo shining etico le speranze di ciò che la politica mondiale di una certa frangia non è riuscita di suo a realizzare.
Oppure a valorizzare al punto tale che, in un mondo occidentale laico, funzioni da sé: Ecco che dunque arrivano frotte di agnostici che “totemizzano” quello che sarà stato pure un Grande Papa Prog, ma che prima di tutto è stato un Papa. Cioè il capo di una Chiesa che sull’aborto, ad esempio, non scenderà mai a compromesso. E’ qui che si concretizza, in un certo senso, l’errore “di venia” di Luciana Castellina.
La “lucidità politica”

Cioè di una “storica intellettuale della sinistra italiana, deputata e tra i fondatori del Manifesto”. Così l’ha definita AdnKronos che l’ha intervistata ieri. Intellettuale che “non nasconde (‘da non credente’) il dispiacere per l’addio a chi è stato “uno dei migliori e più importanti dirigenti, impegnati a cambiare il mondo e non a conservarlo come è”.
“Ruolo – ha affermato la Castellina – che per un Papa è una cosa molto singolare e molto importante”. E ancora: “Il mio apprezzamento è per la lucidità politica che ha avuto. Una frase sola che voglio ripetere, quella che lui ha detto e ripetuto molte volte, ‘non serve una politica per i poveri’ – che questa è la beneficenza – ma serve ‘una politica dei poveri’”.
“Cioè ha riconosciuto che deve esserci una soggettività degli sfruttati per essere loro i protagonisti del cambiamento della storia“.
Speranza funzionalista
Poi la chiosa: “Spero che il prossimo pontefice somigli il più possibile a Papa Francesco…”.
Il Papa non ha avuto lucidità politica, ma solo coerenza etica, ed il fatto che le due cose abbiano coinciso, se non è casuale, è quanto meno strumentale ad invocarlo ex post.
Non arruolate Francesco.