Top e Flop, i protagonisti di giovedì 3 luglio 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 3 luglio 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 3 luglio 2025.

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TOP

PAOLO CIANI

Paolo Ciani (Demos). Foto © Benvegnu’ e Guaitoli / Imagoeconomica

Ha saputo prima intercettare, poi far decantare ed alla fine squadernare due cose: il pacifismo militante e la potenza di fuoco di frange del Pd che oggi più che mai possono fare il gioco di Elly Schlein. O quanto meno della Schlein massimalista che al Nazareno sta dando un imprinting non molto riformista.

Attenzione però, perché la “furbizia buona” di Paolo Ciani è stata anche un’altra: quella di mettere Schlein direttamente in obbligo di interazione (se vuole contare) con il mondo cattolico ed indipendentista. “Rete Civica Solidale” è il nome e Marco Tarquinio è co-artefice. Tarquinio, che è europarlamentare, indipendente ma eletto nelle fle del Pd per il suo soggiorno a Bruxelles.

Insomma, questo nuovo soggetto politico pare il trait d’union perfetto per assecondare la Schlein ma al tempo stesso, con le sue fortissime ascendenze con la comunità di Sant’Egidio, è qualcosa di più.

Tarquinio tra i fondatori
Marco Tarquinio (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Un ponte “subdolo” verso quei soggetti politici che mettano il cristianesimo in spunta di agenda assieme all’europeismo, movimenti come Italia Viva di Matteo Renzi. Sì, ma non è una contraddizione? Nel senso di vedere una formazione che ha il pacifismo dei massimalisti (non che il pacifismo sia massimalista, ma c’è il contorno ovviamente) ed il cattolicesimo pop del riformisti alla boy scout?

Matteo Renzi (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

No, affatto, perché Ciani questo aveva in mente: creare una formazione che fosse lusingabile da molti e lusinghiera per tutti, cioè determinante, perché “Rete Civica Solidale” i numeri ce li ha e come. Quindi dovrà piacere per forza a tutti.

Libero definisce sardonicamente i suoi componenti come “pacifisti, solidali, contro il ‘dio mercato’, per una politica che punti al bene comune”, che è una cosa molto pop a ben vedere, ma pop al punto da non risultare ipoteticamente sgradita a nessuno.

Tutti i voti della Proietti
Stefania Proietti

Il progetto che Ciani di Demos ha impalcato, ha come pietra miliare de relato anche la vicinanza all’associazione che sta accanto alla Comunità di Sant’Egidio. Ed a corroborare il movimento c’è anche Stefania Proietti, presidente dell’Umbria. E attenzione: alla presentazione alla Camera del nuovo soggetto c’erano andati in tanti, tanti e variegati. Gente come Marta Bonafoni, braccio operativo di Elly Schlein, e Maria Elena Boschi, di Italia Viva.

Ciani ha spiegato che “siamo tutte persone che si sono già confrontate con le elezioni”. “Noi di Demos, Stefania Proietti, che ha fatto rivincere il centrosinistra ad Assisi e poi in Umbria, Angelo Chiorazzo che con la sua lista Basilicata Casa Comune si è misurato con le elezioni in Basilicata”. “E poi Per di Giuseppe Irace che ha eletto vari consiglieri nei comuni campani”.

Non sono nomi di sconosciuti e non hanno impronte digitali clamorose sul mainstream, ma è tutta gente che ha voti, una “fracca” di voti. Tanti da aver attirato come le mosche al miele soggetti politici e personaggi che in altre circostanze si sarebbero beatamente ignorati. Il che sa molto di mastice, o di progetto che promette bene.

Peace ed urna.

MAX RENDINA

L’arrivo di Matteo Salvini, accompagnato da Max Rendina, scortati da Mario Abbruzzese, Pasquale Ciacciarelli, Nicola Ottaviani, Riccardo Mastrangeli (Clicca per ingrandire)

Non c’è spazio per la nostalgia nel garage di Max Rendina. Nel mondo che fa brum brum e solleva nuvole di polvere ad ogni curva d’asfalto, una volta spento il motore ed appeso il casco al chiodo gli ex campioni si limitano a vivere di memorie. Non il pilota romano adottato dalla Ciociaria.

Max Rendina ha fatto una cosa rara, quasi impossibile: ha smesso di correre ma ha continuato a vincere. Non più sul sedile di sinistra ma dietro ad una scrivania. Non più con un casco in testa ma con idee, telefonate, budget da cucire e istituzioni da convincere. Il Rally di Roma Capitale, giunto all’edizione dei record, è la sua più riuscita impresa da manager. E la dimostrazione plastica che un pilota può anche diventare un fuoriclasse nella gestione se ha visione e coraggio.

La forza dei numeri
L’evento di Villa Miani

Perché ci vuole visione per portare 103 equipaggi da 26 nazioni a sfilare davanti al Colosseo. Ci vuole coraggio per dialogare con ministeri, forze dell’ordine, sponsor e broadcaster, tenendo insieme tutti — ma proprio tutti — nel nome di un progetto che parla di motori, ma al tempo stesso anche di cultura, turismo, sostenibilità, sicurezza.

Rendina ha costruito un evento unico nel panorama europeo, che ormai non è solo una gara, ma una piattaforma di relazioni istituzionali, sociali, sportive ed economiche.

Il suo capolavoro? Aver capito prima di altri che lo sport non può vivere in una bolla, ma deve stare nel cuore della città, farsi occasione di visibilità, confronto, business. E così Villa Miani è diventata la nuova Montecarlo, il Rally di Roma il biglietto da visita del motorsport italiano, il paddock un laboratorio permanente di dialogo tra politica e sport.

Non è semplice. Anzi: è difficilissimo. Ma Rendina ci riesce perché ha una dote fondamentale nel nostro Paesesa parlare con tutti, senza appartenere a nessuno. Ha costruito negli anni una rete trasversale, non fatta di tessere ma di credibilità personale. A destra e a sinistra, nei palazzi della politica e in quelli della federazione, ha sempre parlato da uomo di sport. Mai una polemica, mai una scorciatoia. Sempre un passo avanti.

La forza dell’esperienza

La sua forza sta nella professionalità radicata in un’esperienza vera, quella che viene dal fango delle prove speciali, dai pomeriggi passati a regolare il set-up sotto la pioggia, dagli errori fatti e pagati. Max non è un manager per caso: è uno che ha fatto la gavetta a 200 all’ora e ora sa che le traiettorie vincenti si disegnano con calma, precisione, e rispetto per chi lavora al tuo fianco.

È anche, e forse soprattutto, un costruttore. Di eventi, di squadre, di fiducia. Chi oggi visita il Rally di Roma non assiste solo a una gara, ma entra dentro un’idea di motorsport contemporaneo: più sostenibile, più aperto, più connesso al territorio. Un motorsport che dialoga con la città, che pianta alberi a Colle Oppio (uno per ogni pilota iscritto a questa edizione), che educa i bambini alla sicurezza stradale, che promuove l’Italia nel mondo.

Max Rendina ha dimostrato che la linea del traguardo non è la fine ma l’inizio di un’altra corsa. E che per vincere davvero, a volte, bisogna saper scendere dall’auto e prendere in mano l’organizzazione. Con la stessa grinta, la stessa testa, e — nel suo caso — lo stesso talento.

Il manager che corre più veloce del suo rally.

FRANCESCO SCALIA

Francesco Scalia

Torna a far parlare di sé. Questa volta non dai banchi del Consiglio regionale né dagli scranni del Senato ma dalle stanze di uno studio legale che punta dritto al cuore della nuova geografia professionale italiana. Dal primo luglio Francesco Scalia, l’ex presidente della Provincia di Frosinone, l’ultimo senatore del territorio ciociaro, ha assunto la responsabilità del coordinamento del Dipartimento di Diritto Amministrativo di Ferriani Partners, uno degli studi legali in più rapida ascesa nel panorama nazionale, con sedi a Roma, Milano, Genova e Venezia.

Un incarico di peso, che segna un punto fermo — e al tempo stesso di svolta — nella traiettoria professionale di Scalia. Non è un semplice passaggio di casella, ma l’inserimento strategico in un modello sempre più diffuso: quello degli studi associati multipartner, sullo stile dei grandi studi legali americani. Dove la specializzazione si unisce alla capillarità territoriale e alla visione globale.

Una rete che parte da Frosinone
Francesco Scalia (Foto © Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

Ferriani Partners punta a consolidare la propria presenza nell’ambito del Diritto amministrativo ed è qui che entra in campo Scalia, forte di una carriera trentennale in cui l’esperienza nelle istituzioni ha sempre camminato accanto all’attività forense.

Questa nuova esperienza — ha spiegato Scalia — mi consentirà di consolidare la dimensione nazionale del mio impegno professionale e, al tempo stesso, porterà i miei studi di Frosinone e Sora dentro un network di professionisti di primo livello”. Un ponte, insomma, tra provincia e metropoli, tra competenza giuridica e capacità di tessere relazioni, tra centro decisionale e periferia attiva.

Un messaggio chiaro: non è più tempo di studi legali chiusi nel perimetro del proprio codice postale. Le grandi sfide amministrative, che si tratti di appalti, urbanistica o partenariati pubblico-privati, si giocano su scala nazionale. Ma si costruiscono con radici ben piantate nel territorio. Anche per questo Scalia ha voluto ringraziare i suoi collaboratori storici, “senza i quali nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile”.

In un tempo in cui il diritto amministrativo è diventato la vera arena della gestione pubblica — basti pensare a PNRR, infrastrutture, servizi locali — essere al centro di quel gioco significa avere ancora voce. E, spesso, anche indirizzo.

Una toga ciociara nel network nazionale

FLOP

LORENZO FALCHI

Lorenzo Falchi

Le guerre ideologiche non hanno mai avuto alcun valore, soprattutto in forma di ritorsione industriale e produttiva. Basti pensare a chi durante la seconda guerra mondiale produceva il Pervitin – l’amfetamina di guerra che rendeva i soldati nazisti delle irediddio – oppure alla IG Farben. Cioè all’azienda (poi processata in seconda fascia a Norimberga) che da fabbrica di vernici diventò prima conglomerato chimico e poi produttore unico dello Zyklon B con cui Hitler mise a regime la sua orribile soluzione finale.

Il senso e fuori di ogni iperbole o terreno minato è un altro: non è mai cosa buona boicottare indiscriminatamente le fabbriche di un Paese solo perché in un dato momento i vertici decisori di quel paese stanno facendo a cazzotti con l’etica della Storia.

Purtroppo questo concetto pare non essere minimamente passato in mente a Lorenzo Falchi, sindaco di Sesto Fiorentino, ospite ieri a L’Aria che Tira su La7 ironicamente “brutalizzato” da un Pietro Senaldi in forma splendida. Primo cittadino forse un po’ troppo ammal(i)ato di verve ideologica che ha invitato le farmacie a boicottare i prodotti che arrivano da Israele e quelli realizzati con capitale israeliano.

I farmaci generici
Lorenzo Falchi

Il mercato infatti è una cosa complessa, e non si va a colpire la politica (deprecabilissima e macellaia) di Benjamin Netanyahu andando a colpire tutto ciò che rimanda ad Israele. É sbagliato.

Ed il boicottaggio economico con sospensione di accordi commerciali coi fornitori israeliani partito ieri potrebbe fare più danni a noi che al truculento e barbaro modus operandi di Bibi. Innanzitutto perché Israele è leader mondiale nella produzione di farmaci generici, quelli che costano meno perché non sono brandizzati e che quindi vengono più incontro alle esigenze di famiglie con reddito basso. Famiglie dove magari c’è bisogno di medicine salvavita cruciali da un punto di vista terapeutico.

Basti pensare a Teva, la società leader di settore del paese con la Stella di David. E Teva è conosciuta per la mission commerciale molto particolare di farmaci che trattano patologie invalidanti, come la sclerosi multipla.

Anche antitumorali

Si parla quindi non solo di prodotti low cost, ma anche e soprattutto di farmaci significativi tra cui anche antitumorali.

Può il sindaco Falco, nel nome dell’ideologia, suggerire ai pazienti del suo territorio a comprare farmaci brandizzati o addirittura a rinunciare a farmaci irrinunciabili?

La risposta è semplicemente no. E Falchi per primo dovrebbe sapere che non basta avere ragione per esercitare ragioni parallele.

Crociato anacronistico.