Top e Flop, i protagonisti di giovedì 6 giugno 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 6 giugno 2024

TOP

I TRE CANDIDATI SINDACO DI VEROLI

Accade che si va al voto amministrativo ed a traino accade che l’agonismo d’urna e il senso più profondo e sincero della democrazia pervadano un sistema complesso. Accade che nei giorni finali di una campagna elettorale concitata ognuno cali le sue briscole, affini le sue strategie. E metta a regime i metodi per trasformare la volata finale in un preambolo di vittoria. Con foga, determinazione, e declinando le logiche del consenso secondo i registri alti di una manciata di ore.

E’ l’universo periodico della volontà popolare che disegna il futuro, che premia o boccia il presente e che cassa-recupera il passato. Poi accade che la quiete scenografica di una cosa buona venga spezzata in due dalla sola cosa che può e deve far recedere la bellezza della democrazia e delle sue liturgie: il dolore. Dolore puro, inconcepibile anche solo da strutturare concettualmente, per la scomparsa di una ragazzina di soli 16 anni che era parte integrante di quella società che tutti vorrebbero migliorare. Accade che nessuno può sentirsi escluso da quel dolore e dalla partecipazione allo stesso.

Il silenzio ed il sipario calato

E accade il silenzio, il sipario calato su cose divenute in un attimo troppo effimere di fronte ad una famiglia schiantata e ad una vita spezzata quando avrebbe potuto spezzare essa ogni ostacolo. E quando accade questo il candidato si interroga, arretra e dietro il suo ruolo appaiono uomini e donne. Persone, verolani a cui neanche devi chiederglielo, il da farsi. Un da farsi che Cristiano Papetti, Patrizia Viglianti e Germano Caperna hanno deciso assieme in una breve riunione ieri pomeriggio. Una giovanissima concittadina non c’è più e non ci sono più motivi per sovrapporre a quello strazio la rutilanza nevrile e gioiosa di un comizio, di un incontro, di uno step elettorale.

Perciò i tre decidono. E fanno sapere: “Nel rispetto della terribile tragedia che ha colpito la comunità di Veroli, i candidati a sindaco Cristiano Papetti, Patrizia Viglianti e Germano Caperna, esprimendo profonda vicinanza alla famiglia, hanno scelto congiuntamente il silenzio elettorale. Fino alle esequie della giovane concittadina.

La scelta giusta
Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica

Silenzio. Elettorale. Rispetto. Parole che se vissute col cuore non stridono. Con tutte le liste tutte in perfetto e lancinante accordo. A tre giorni dal voto che sono diventati tre inutili millenni di fronte all’unico, agghiacciante momento in cui la vita di Elisa è sfuggita dalla sua bellezza e si è fatta buio pesto. Nessuno si aspettava niente di diverso, ma sapere che si è scelto di rispettare la morte invece che seguire l’usta del consenso un po’ lenisce il dolore.

Solo un po’ ma quel tanto che basta per riconoscere tre brave persone dietro tre aspiranti sindaci. E questo è un refolo di bene in un mare di strazio che ad Elisa piacerà. Magari dal posto dove sta guardando la sua belluina, incazzosa ma immensamente umana Vergli. Più forte delle sue tragedie, più unita delle sue divisioni.

Partecipazione, non dovere.

MASSIMILIANO RICCI

Massimiliano Ricci, direttore generale di Unindustria

È per quell’immotivato senso di superiorità. Basato sul nulla se non sulla collocazione geografica: come se essere di Bergamo Sopra sia più onorevole che essere di Bergamo Sotto e la differenza non la facessero ben altri dati. Come la capacità di analisi, l’abilità nel trovare soluzioni, la propensione al dialogo ed alla mediazione. Ma i romani sono così. Esattamente come li descriveva un inarrivabile Vittorio Gassman nei panni del principe Torquato rivolto al falegname Checco Puricelli ‘il Conte Tacchia’ (Enrico Montesano): “Tu nun lo sai chi era il nonno der nonno der nonno der nonno de tu nonno. Io invece lo so, perché io so’ come queste pietre. Io a Roma ce stavo da prima, io c’ho er prijus, stavo da prima”.

È per questa mentalità che i romani sono corporativi, pronti ad accoltellarsi alla schiena alla prima esigenza ma altrettanto rapidi nel fare squadra quando bisogna respingere qualcuno che non venga dall’Urbe. Ed è proprio per questo a far capire quanto deve essere dannatamente bravo l’ingegnere Massimiliano Ricci di Frosinone. È il nuovo Direttore Generale di Unindustria. La nomina è stata proposta ieri dal Presidente Angelo Camilli ed approvata all’unanimità dal Consiglio Generale.

Il fatto che nessuno abbia votato contro è indicativo delle abilità dell’ingegner Ricci. Più ancora lo è il fatto che vada a prendere il posto di un mostro sacro quale è l’uscente Maurizio Tarquini.

Massimiliano Ricci si era messo in evidenza nel Palmer, il Parco Scientifico e Tecnologico del Lazio Meridionale. Poi era passato al Consorzio Industriale Asi di Frosinone dove l’aveva voluto con convinzione il presidente Francesco De Angelis. Dopo poco Unindustria gli aveva fatto un’offerta alla quale non si poteva dire no facendolo direttore della territoriale di Frosinone. Ma la Ciociaria sta stretta ad una persona con tanta capacità. Infatti a gennaio 2021 Ricci diventa direttore Attività e Progetti per l’Impresa di Unindustria per poi assumere l’incarico di Vicedirettore generale dell’Associazione l’anno successivo.

Toppo bravo.

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni

E’ vicino l’ultimo giorno indicato ex lege tra quelli in cui si possono trattare temi politici legati alla campagna elettorale per le Europee. Tra non troppe ore calerà un silenzio doveroso. E che oggi in casella Top ci sia Giorgia Meloni non è dato scontato perché oggi è lei “la più mejo der bigoncio”. No, la premier si prende il Top perché ha segnato un punto di propaganda politica in purezza. Lo ha fatto dopo una lunga stucchevole ed a volte discutibile assai sequela di “record”. Ieri sera da Mentana l’ha buttata in ironia, rimandando al mittente l’insinuazione di diventare “incontinente” come il conduttore a suo tempo accusato da Lilli Gruber. “Mi tengo il ‘nana’, ma quello glielo lascio…”.

Tutta roba enunciata da lei ed attribuita direttamente all’azione del suo governo. Ecco, oltre il 50% – a voler essere generosi – di quelle patenti di eccellenza a male pena tocca lo status di “fogli rosa di impegno”. Però ci sono ambiti sui quali quando Meloni mette la ceralacca a quel che accade e che un po’ anche lei fa accadere c’è poco da discutere. Cominciamo con il lessico trionfale. “Un altro risultato straordinario per l’Italia, frutto del lavoro sinergico tra istituzioni locali, governo centrale e Commissione europea”.

ST Microelectronics sotto l’Etna
(Foto © DepositPhotos.com)

A cosa si è riferita la premier? Al recente e robusto investimento di 5 miliardi di euro a Catania annunciato da ST Microelectronics. La società ha in progetto la realizzazione di chip di potenza di ultima generazione. “Uno stanziamento che si aggiunge a quello di Silicon Box per 3,2 miliardi nel Nord Italia”, come hanno commentato i media d’area. Il dato è che Hi-tech e transizione finalmente pare stiano mettendo radici al Sud.

In quel Sud coperto anche dalle Zes ed a volte benedetto da accordi che creano lavoro e presupposti di produzione. Insomma, tutta mercanzia che aiuta il Pil e le singole famiglie della filiera. Poteva mai Giorgia Meloni non salire in arcione ad un destriero così paludato?

Lessico trionfale
Palazzo Chigi

“L’Italia consolida la sua leadership in Europa nell’industria dei semiconduttori. Con entrambi gli investimenti e nuove iniziative in cantiere possiamo affermare di poter raggiungere l’obiettivo di 10 miliardi di euro sulla microelettronica entro l’anno. La chiosa è strusciona ma difficile da confutare.

“Con questo nuovo impianto, saranno generati 2.000 nuovi posti di lavoro tra ingegneri e tecnici altamente specializzati. Facendo dell’Etna Valley il luogo dell’innovazione nel Mediterraneo. Si tratta di uno dei più grandi investimenti in Europa nell’ambito del chips act. Un risultato straordinario per l’Italia”. Come una novella Ippolita, che però ha studiato gli appunti della Thatcher.

Amazzone.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte

“Giuseppi”: lo aveva apostrofato così, anni fa, un Donald Trump incapace di scandire le vocali finali italiane senza farle scivolare in quella massificante chiosa a dittongo. Una cosa però è certa: Giuseppi o Giuseppe, l’ex premier Conte da allora ha avuto modo di accorpare ben altro che la pronuncia sassone e quella italica. Da premier prima, da leader politico poi, Giuseppe Conte è riuscito a costruirsi un’immagine coerente e barricadera al contempo.

E con step precisi e fortissimi: la pandemia, i soldi del Pnrr, la caduta della leadership di Giggino Di Maio e dei Cinquestelle a trazione Beppe Grillo. E poi due governi, le crasi partitiche, la combo strana con la Lega salviniana e i ponti rotti apposta con il Pd. Il tutto con la morte di quel campo largo che poteva farlo vincere ma abdicare da un certo purismo protezionista che in questi anni Conte lo ha protetto come una corazza. Tutto bene o benino, a contare che Conte non è stato quasi mai preso in castagna a dire cose contraddittorie.

La trappola del “quasi”

Ecco, sul quasi ci cadono tutti, Conte incluso, che ha trovato la sua Contraddizione Suprema nel suo tallone di Achille storico: il Bonus ex 110%. Carlo Canepa di Pagella Politica ha fatto centro, in formato di testata e suo personale acume analitico. Il tema è quello noto, tema di campagna elettorale e si critiche sul Super Bonus. Sul tema l’attuale presidente del Movimento 5 Stelle ha messo su un disco che doveva essere pezza ma che, come accade spesso, è stato peggiore del buco.

Superbonus: a tempo o per sempre?
Foto: Alberto Lo Bianco / Imagoeconomica

Il mantra era “che questa misura, nelle sue intenzioni, sarebbe dovuta essere solo temporanea e non permanente”. Lo hanno confermato sue dichiarazioni rilasciate in loop fino ad oggi. “Vorrei chiarirlo: io non ho mai sostenuto che il Superbonus potesse essere una misura da mantenere nel tempo, duratura. E’ stata una misura per l’emergenza pandemica. Purtroppo per Conte non sembra sia così. Pagella Politica è andata infatti a spulciare nel programma del Movimento 5 stelle per le elezioni politiche del 25 settembre 2022.

E lì la “sorpresa”: “Il partito di Conte proponeva di rendere strutturale, e dunque permanente, il Superbonus”. E ancora: “il Movimento 5 Stelle presentò due programmi: uno breve, lungo una decina di pagine, e uno più lungo, composto da oltre 250 pagine”.

In entrambi il partito di Conte “chiedeva di rendere ‘strutturali’ il Superbonus e gli altri bonus edilizi”. Oggi che quella misura è indicata come super salasso insostenibile per casse dello Stato e tasche dei cittadini, Conte ha fatto retromarcia.

Ma nel farla si è infilato dritto in una cunetta.

Ahi ahi, Giuseppi.