Top e Flop, i protagonisti di giovedì 8 maggio 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 8 maggio 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 8 maggio 2025.

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TOP

MARCO TULLIO CICERONE

L’arrivo dei concorrenti nel 2024

Memoria del passato ed energia del futuro. Il Certamen Ciceronianum Arpinas non è solo una gara di traduzione dal latino. È una sfida internazionale che coinvolge cervelli giovani, cuori accesi ed un’intera comunità che crede nella forza della cultura come atto politico, civile e umano.

Da oggi all’11 maggio 2025 oltre 321 tra studenti e accompagnatori animeranno le strade e le aule della città natale di Cicerone per la 44ma edizione del Certamen. Tra questi, 260 liceali provenienti da 13 nazioni — dal Belgio alla Bulgaria, dalla Germania alla Serbia — si confronteranno con un brano tratto dalle opere del più celebre oratore della classicità. L’Italia sarà presente con studenti da ben 18 regioni, a dimostrazione di un patrimonio culturale che è tanto locale quanto nazionale, tanto scolastico quanto universale.

Non è una lingua morta
Lo svolgimento della prova nel 2024

Il latino, si dice spesso, è una lingua morta. Ma è una bugia ripetuta così tante volte da sembrare verità. Perché se è vero che non si parla più quotidianamente, è altrettanto vero che ci parla continuamente: nelle radici delle parole, nella logica del pensiero, nel ritmo della nostra retorica quotidiana. È il semenzaio in cui è germogliata la nostra lingua. Senza latino, l’italiano — e gran parte dell’Europa — non esisterebbe.

E allora ben vengano gare come il Certamen, che non sono musei di vetro ma laboratori vivi. In un’epoca in cui si corre dietro all’effimero, questi ragazzi si fermano a riflettere su frasi che hanno attraversato i secoli. Le le restituiscono al presente con occhi nuovi. Il latino, qui, non è esercizio scolastico: è dialogo tra generazionistrumento di pace e conoscenza di sé.

Lo sottolinea con forza Renato Rea, presidente del Centro Studi Umanistici “Marco Tullio Cicerone”, che pone l’accento su un messaggio quanto mai attuale: “Celebriamo la pace come prerogativa dell’uomo, contro la guerra che è bestiale”. E non è retorica: in tempi segnati da conflitti e divisioni, il latino diventa il ponte tra i popoli, oltre le lingue, le religioni, i colori.

Forse si rivede vittorio
Renato Rea con Vittorio Sgarbi ed il vicesindaco Massimo Sera

A fare da cornice, il possibile ritorno in pubblico del sindaco Vittorio Sgarbi, dopo un lungo ricovero. Proprio lui, da sempre difensore delle radici culturali italiane, ha ricordato come il reinserimento del latino nelle scuole medie, sostenuto dal Ministro Valditara, renda ancora più significativo il ruolo del Certamen: “Il latino è una lingua vivissima nel patrimonio di pensiero, poesia, storia e cultura che ha formato l’Europa”.

Insomma, ad Arpino non si celebra un culto del passato, ma una festa del presente che guarda al domani. Il Certamen Ciceronianum non è un’operazione nostalgia: è una prova di vitalità. Perché le lingue non muoiono mai davvero. Semplicemente, si trasformano — e nel caso del latino, diventano fondamento, struttura, anima. E continuano a insegnarci chi siamo.

Il latino non è morto, è soltanto diventato immortale

LUCA DI STEFANO

Luca Di Stefano

In un’Italia che corre connessa, intermodale, 5G e alta velocità, la provincia di Frosinone rischia di restare un’oasi… nel deserto dei collegamenti. Mentre altrove si aprono cantieri e si accorciano distanze (Latina sta per avere la sua autostrada che la connetterà in un attimo con Roma, la Cisterna – Valmontone cambierà radicalmente la mobilità) in Ciociaria si viaggia su mappe stradali da museo.

Adesso qualcosa si muove. A battere finalmente un colpo è Luca Di Stefano, presidente della Provincia, che non si è limitato a denunciare l’arretratezza della rete viaria, ma ha deciso di passare all’azione. Con un’agenda chiara, obiettivi strategici e un pressing politico che punta dritto a Regione, Governo e Anas. (Leggi qui: Frosinone, la provincia che rischia di restare nel retrovisore).

La viabilità: una sfida (non più) rimandabile

I numeri parlano chiaro. La provincia genera un’enorme quantità di traffico: oltre 80.000 spostamenti interni ogni giorno, a cui si sommano quelli in entrata e in uscita. Eppure, la rete non tiene. Le grandi direttrici sono insufficienti, scollegate, pericolose. Le strade statali sembrano ancora pensate per le Fiat 127, non per una mobilità moderna. Il Libro Bianco della Camera di Commercio ha certificato il declino: da trent’anni Frosinone si svuota, si frammenta, perde peso. Non attrae. Non trattiene. Non cresce.

E non è questione solo di buche. È un problema strutturale, sistemico, strategico. Se non si interviene ora, il rischio è che il sud del Lazio venga tagliato fuori dalle rotte dello sviluppo.

Il colpo di reni della Provincia
Luca Di Stefano

È qui che arriva lo scatto. Luca Di Stefano ha detto basta alle promesse e alle attese. E ha chiesto fatti. A partire dalla convocazione del Comitato per lo Sviluppo Sostenibile, il tavolo operativo dove, finalmente, si parlerà chiaro: quali interventi, con quali soldi, e quando. Niente più slogan, ma cronoprogrammi concreti. A rappresentare la Provincia, il delegato Andrea Amata, che già si è mosso nei giorni scorsi portando la questione direttamente sul tavolo del Ministro Matteo Salvini.

Il tavolo si terrà a breve nel Palazzo della Provincia. L’obiettivo è ridare fiato alla provincia partendo da tre opere chiave:

  1. Il raddoppio della Sora-Cassino: un’arteria fondamentale per collegare l’entroterra con il mare, oggi inadeguata a reggere flussi turistici e commerciali.
  2. Il completamento della Ferentino-Sora-Avezzano: un’infrastruttura che aprirebbe finalmente la porta verso l’Abruzzo, connettendo due aree oggi penalizzate.
  3. La riqualificazione della Monti Lepini-Terracina: adesso un imbuto per tir e bagnanti, domani potrebbe diventare un corridoio moderno e sicuro verso il litorale.
Il tempo dell’attesa è finito

“La Provincia non può permettersi un altro decennio di isolamento” ha detto Di Stefano. E ha ragione. Perché il rischio non è solo restare indietro, è scomparire dalle mappe economiche e strategiche del Paese. Serve una visione. E serve adesso. Le strade non sono solo asfalto: sono condizione per lo sviluppo, leva per trattenere giovani, attrarre investimenti, dare fiato a imprese e territori.

Il tavolo è pronto. Ma non bastano le sedie. Servono decisioni, impegni, progetti esecutivi. E serve che lo Stato, finalmente, guardi al sud del Lazio non come a una periferia da gestire, ma come a un’opportunità da valorizzare. Luca Di Stefano ha acceso il motore. Ora tocca a Roma rispondere: si marcia, o si resta in panne?

Ora o mai più.

FLOP

ARIANNA MELONI

Arianna Meloni (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Certo, dai tempi di Pinuccio Tatarella e Romano Misserville, tanto per citarne un paio random, molta acqua è passata sotto i ponti. E da allora la destra italiana e post missina ha sempre fatto i conti con la “questione culturale”.

E con un tema che in Italia, storicamente ha sempre avuto pulsioni di appannaggio di una certa sinistra saputona e sprezzante. Questo è il preambolo, poi però va detta anche un’altra cosa. Che la destra che oggi rappresenta Giorgia Meloni e che viene guidata a livello di truppe da sua sorella Arianna non ha fatto moltissimo per caratterizzarsi come ambito ideologico in cui la cultura, nelle sue infinite declinazioni, brillasse di luce propria.

La due giorni fiorentina

Tra ministri gaffeur e livelli di impostazione dialettica in modalità bettola i dati empirici su questa difficoltà si sprecano. E veniamo all’altro preambolo, quello di “polpa”.

Nessuno si sognerà mai di mettere in discussione la caratura degli ospiti dell’evento che partirà domani a Firenze sotto l’egida di Fratelli d’Italia. Piuttosto quello che un po’ perplime è la scelta di dover riesumare un tema che è un po’ “campo minato” proprio per far vedere che nel Partito ci sono ottimi sminatori.

Ed è esattamente quello il motivo per cui poi, alla fine, magari Arianna Meloni arriverà ad ottenere l’effetto contrario.

L’effetto contrario
Fabio Rampelli (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

Quello cioè per cui, essendo Fratelli d’Italia il Partito di Francesco Lollobrigida, alla fine si deve medagliare in un evento pubblico con Giulio Terzi di Sant’Agata. Ad ogni modo ed a partire da domani venerdì 9 maggio a Firenze nel Teatro Niccolini partirà “Spazio Cultura. Valorizzare il passato, immaginare il futuro”.

AdnKronos, che spinge sull’evento in virtù del fatto che avrà come moderatore il direttore Davide Desario, spiega di cosa si tratterà. Di una “due giorni sulla cultura organizzata dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia alla Camera ed al Senato”. Ed il parterre è vario.

“Ad aprire i lavori, alle ore 15, i saluti istituzionali di Chiara La Porta, deputata Fdi e vicepresidente di Gioventù Nazionale, di Vittorio Fantozzi, capogruppo Fdi Regione Toscana, Angela Sirello, capogruppo Fdi al Comune di Firenze, e Jacopo Cellai, coordinatore Fdi Firenze”.

“A seguire gli interventi di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati, di Federico Mollicone (quello della fatwa versus Peppa Pig troppo inclusiva), deputato Fdi, presidente della Commissione Cultura e responsabile dipartimento Cultura e Innovazione”.

Mollicone e Peppa Pig

Poi diGiovanni Donzelli, deputato Fdi e responsabile dipartimento Organizzazione ed Arianna Meloni, responsabile Segreteria politica e adesioni Fdi. Alle ore 16 il primo panel su “Cultura italiana: una ricchezza che genera ricchezza”.

Cioè il solito grimaldellone per cui la bussola del mondo sta solo nelle cose pratiche e non nella serena contemplazione della loro bellezza. L’intervento di Arianna Meloni è probabilmente il più atteso.

E non perché non abbia un’idea di cultura, ci mancherebbe, ma perché siamo tutti curiosi di verificare se avrà capito che la stessa è un ponte e non un muro.

Lode al coraggio.

SANDRO VISCA

Sandro Visca

Nel 2025, c’è ancora chi si oppone all’installazione di un’antenna per la telefonia mobile come se si trattasse di una minaccia nucleare. È il caso del consigliere comunale di Monte San Giovanni Campano, Sandro Visca, che si è fatto portavoce dell’ennesima crociata pseudo-ambientalista contro un’infrastruttura fondamentale per la vita quotidiana di ogni comunità moderna.

Visca ha inviato una PEC agli uffici del Comune per “scongiurare” — testuali parole — l’installazione di un’antenna in località Sione, nella frazione di Chiaiamari. Un gesto che, dietro la retorica del “dare voce ai cittadini preoccupati”, nasconde una logica regressiva e pericolosa: quella che rifiuta la scienza, i dati, la realtà.

Antenne: tecnologia, non minaccia

Le reti radiomobili esistono da decenni. I segnali che ci permettono di telefonare, navigare, geolocalizzarci, guardare un video o chiamare il 118 in caso di emergenza, passano tutti da quelle antenne. E no, non causano sciami di malati come nei peggiori deliri complottisti. Tutti gli studi scientifici seri, riconosciuti a livello nazionale e internazionale, sono concordi: se le emissioni restano nei limiti di legge — e in Italia sono tra i più restrittivi d’Europa — non esiste alcun rischio per la salute.

Tanto è vero che i telefoni cellulari sono ormai una protesi della nostra quotidianità: si usano per pagare, per orientarsi, per comunicare, persino per prenotare una pizza e passare a ritirarla calda. Ma senza antenne, semplicemente non funzionano. Allora che si fa, si vive offline per principio? Si rischia di non poter chiamare un’ambulanza perché a qualcuno dà fastidio vedere un traliccio all’orizzonte?

Il danno vero? Restare scollegati
Il celebre “Una telefonata allunga la vita”

A fare davvero danno, qui, non è l’antenna. È l’opposizione cieca al progresso, senza basi scientifiche, spesso alimentata da un mix di ignoranza e nostalgia per un mondo che non esiste più. Le aree senza segnale sono zone grigie, penalizzate non solo nei servizi ma anche nello sviluppo economico. Un Comune che rifiuta la connettività si autocondanna a restare indietro: scoraggia i giovani, allontana le imprese, blocca la crescita.

La richiesta di Sandro Visca non è un atto di prudenza, è una mossa politica a basso costo, che strizza l’occhio alla pancia del territorio ignorando i fatti. Non si proteggono i cittadini fomentando paure irrazionali, ma garantendo che le infrastrutture siano regolari, sicure e controllate. Ed è proprio quello che le norme italiane già prevedono.

Se c’è un pericolo, oggi, non è rappresentato dalle antenne. È l’analfabetismo tecnologico che ancora inquina il dibattito pubblico e blocca progetti necessari. E Monte San Giovanni Campano non ha bisogno di eroi del “no a prescindere”, ma di amministratori capaci di guardare avanti, non indietro. Serve connessione. Anche mentale.

Antenne sì, superstizioni no.