
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 10 dicembre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 10 dicembre 2024.
TOP
ENZO SALERA

La prima telefonata l’ha fatta al Segretario Pd del Lazio Daniele Leodori, la seconda l’ha ricevuta l’ex presidente della Provincia di Frosinone Antonio Pompeo. Agli altri chiamerà oggi. Enzo Salera sta provando a prendere le redini del dibattito politico interno al Partito Democratico che si avvia al Congresso provinciale. Vuole evitare la conta. Soprattutto vuole fare in modo che non ci siano le lacerazioni e le cicatrici che spesso le conte lasciano. Come in questo caso. (Leggi qui: Salera, cinque telefonate per un Congresso).
Il grande limite del Partito Democratico in questi anni è stato quello di chiudersi all’interno di un dibattito infinito. Nel quale alle tesi non ha fatto seguito la sintesi e la sua trasformazione in azione politica: si è rimasti fermi al punto di partenza mentre il resto del mondo andava avanti, si evolveva, cambiava le sue emergenze e le priorità. Ed il Pd invece restava a fissarsi l’ombellico e discuterne.

A Frosinone questo significherebbe un Congresso tirato all’ultimo voto. Su un fronte Francesco De Angelis e l’ala storica del Partito Democratico che gli è rimasta fedele. Sull’altro, il Segretario uscente Luca Fantini sostenuto da Sara Battisti e l’ala dei Circoli radicalmente rinnovati nel corso del suo mandato. Su un altro ancora l’ex assessore di Cassino Danilo Grossi forte solo del suo legame con il Segretario Elly Schlein ma senza i voti per poter ambire ad alcunchè. Alla finestra c’è Antonio Pompeo: che spera di fare come accadde fra i tre litiganti dove alla fine a godere fu il quarto.
Manca chi faccia la sintesi. E spieghi a Grossi che se vuole i voti deve essere in grado di fornire un adeguato ristoro a De Angelis o Fantini: altrimenti perché cedergli il loro consenso e quella carica? Serve chi sappia ricostruire un equilibrio tra De Angelis e Battisti dopo che si sono lasciati al termine di un lungo e fruttuoso matrimonio politico. Chi sia in grado di giustificare le mancanze emerse durante la recente Direzione in cui molti nodi sono venuti al pettine. (Leggi qui: Pd, la Direzione vara la Commissione: scintille De Angelis – Battisti).
Enzo Salera non ha la fama del diplomatico. Semmai il contrario. È come l’esercito Israeliano quando deve affrontare qualcuno dei confinanti: si muovo solo con i corazzati e l’artiglieria pesante, solo dopo avere sbriciolato tutto mette in campo la fanteria. Ma questa volta il Pd è avviato su una rotta che lascia pochissimi margini se nessuno interviene: conta, muscolare, all’ultimo voto. Il che finisce per dividere e mai per unire.
Il mediatore di ultima istanza.
EDMONDO CIRIELLI

I segnali ci sono tutti e da tempo. Solo che sono segnali che stanno facendo massa critica giusto in queste ore. Perché e su cosa? Perché Edmondo Cirielli è un centellinatore di razza e sa fare strategia politica, e sulle Regionali in Campania la strategia politica non è un optional.
Non può esserlo, a tener conto del fatto che per l’appuntamento elettorale del 2025 bisognerà vedersela con Vincenzo De Luca. Cioè non solo con l’ultimo dei sultani territoriali di un’Italia che fu e che in parte ancora è, ma con la nemesi inside di Elly Schlein.
E c’è un altro fattore, altrettanto cruciale: sbaglierebbe chi pensasse che il format autocratico di “Vicienzo” sia un unicum in Campania. In quella Regione là i giochi per conquistare il vertice partono molto prima perché in ballo ci sono quasi sempre personalità fortissime.
Gli altri proconsoli in campo

Ed è esattamente il motivo per cui Cirielli, che è di Fratelli d’Italia, sta duettando (o forse duellando) da tempo con il suo, di antagonista “inside”. Cioè Fulvio Martuscello, potentissima quinta colonna “alla pummarola” di Forza Italia e proconsole a suo tempo di Silvio Berlusconi in Campania. Ed è questo il motivo per cui Cirielli, dopo aver alzato il velo dubitativo già qualche settimana fa, sta scoprendo nuove carte.
Perché lui gioca a logorare avversari potentissimi, e da che ogni volta che parla “mette ammuina” negli schieramenti e determina nuovi riposizionamenti, nuove strategie, nuovi incastri territoriali. Martuscello ad esempio è napoletano doc, mentre De Luca ha battage salernitano per ovvi motivo di curriculum amministrativo.
Martuscello e le “briscole” salernitane
Ma in Campania le elezioni si vincono soprattutto nell’aera aversana della provincia di Caserta. E Cirielli, che è di Nocera, cioè del Salernitano, punta a calare le sue briscole proprio “a casa sua” e nella terra delle “Mozzate” migliori del mondo. Perciò parla e dosa, dosa e sembra voler parlare ancora, ma poi tace.

Per parlare subito dopo ancora un po’. “Io ho dato la disponibilità che mi è stata chiesta dal coordinatore regionale Iannone, ed è giusto che sia così, sono un uomo del territorio, ma sono anche un esponente di governo e sono uno che fa il suo dovere”. Perciò? “Quindi se necessario mi farebbe anche piacere, indubbiamente ho fatto un’esperienza anche di amministratore di territorio, amo la mia regione e ne sarei contento”.
Poi il viceministro degli Esteri chiosa in mood falso blando: “Sul candidato alle regionali in Campania l’anno prossimo. Non abbiamo ancora iniziato a parlare, ma sono convinto che quando lo faremo, dopo la fine di quest’anno, sicuramente saremo molto rapidi“.
Il che tradotto più o meno vuol dire: “Certo che ne abbiamo parlato e certo che saremo rapidi, proprio perché ne abbiamo già parlato. Parlato di me e con me“.
Ready? Go!
FLOP
BEPPE GRILLO

Il biscotto si chiama così perché, come rivela l’etimo, quando era galletta da soldati e marinai veniva “cotto due volte” per renderlo duro ma edibile anche dopo molto tempo. Si tratta cioè di un alimento che nel suo uso pratico è refrattario al solo primo trattamento e che abbisognava di una seconda passata in teglia per diventare cibo. Ecco, Beppe Grillo è il biscotto perfetto, e dire che lo avevamo detto non sarebbe neanche punti o merito particolari. Questo considerando che a “dirglielo” sono stati in molti.
Poche settimane fa la (Ri)Costituente pentastellata promossa, proposta e voluta da un sornione Giuseppe Conte aveva decretato a suon di quorum elettorale come la figura del Garante non dovesse avere più valore. E che soprattutto che le regole all’interno del “nuovo” M5s potevano essere cambiate.
Non conta il merito, ma il format
Attenzione: il merito importa poco, importa invece moltissimo il format. Quello per cui il Beppe Grillo che fu aveva contribuito a mettere in piedi una creatura politica movimentista in purezza. E che affidava alla democrazia diretta ogni suo volere. E cosa è accaduto? Che appena tra Grillo e Conte sono emersi gli screzi fortissimi degli ultimi mesi e si è arrivati a prova del 9 Grillo quella democrazia diretta l’ha scnfessata.

A suon di proclami da vecchio elefante “tusker” che non vuole mollare il dominio. Eppure era accaduto e si era tornati al volto con una cosultazione bis. Con questi esiti riassunti da AdnKronos: “La figura del garante sarà eliminata, a esprimersi a favore dell’opzione l’80,56% dei votanti”.
Numeri più chiari che a novembre
E neanche l’ex Garante e co fondatore può appellarsi a numeri bassissimi, a tener conto del range medio. “Alla consultazione hanno partecipato 58.029 persone, ovvero il 64,90% della base e circa 4mila in più rispetto alla prima consultazione del 21-24 novembre”.
Che sigifica? Che se prima molti avevano detto chiaramente no a Grillo e sì a Conte, ieri l’altro a dire no a Grillo e sì a Conte sono stati moltissimi. Più chiaro di così.
Comitato di garanzia, non garante
“Il ruolo del garante del Movimento 5 stelle, per il 38,81% dei votanti, non deve essere affidato a nessun altro organo. Per il 35,96%, invece, deve essere affidato al Comitato di Garanzia, per il 18,74 a un organo collegiale appositamente eletto e, ancora, il 6,49% si è astenuto”.

E ancora: La base del M5S conferma anche il voto sulla procedura “per la modifica del simbolo con l’84,91% dei favorevoli. In questa maniera, il presidente potrà proporre un cambiamento con l’approvazione del Consiglio nazionale e del voto degli iscritti”.
Beppe Grillo ci ha provato, a fare il toro nella cristalleria che aveva messo in piedi lui, e lo ha fatto per rovinare il lavoro del suo ex “garzone”. ma ha fallito, e non c’è niente di male, se non il fatto che il primo fallimento non gli è bastato. Perché in democrazia diretta un no non è un fallimento, ma solo un responso. Sacro.
Biscottato.