
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 11 febbraio 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 11 febbraio 2025.
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ANGELO PIZZUTELLI

Salire sul treno del vincitore sarebbe stato comodo. Anche perché gli veniva offerto un posto in 1^ Classe con il rilascio della tessera vip da “Salvatore del capoluogo”. Angelo Pizzutelli, capogruppo dimissionario del Partito Democratico di Frosinone ha detto no. E domenica sera non è andato nello studio legale dell’ex sindaco Domenico Marzi per l’incontro con il sindaco in carica Riccardo Mastrangeli, civico ma di indicazione leghista, eletto alla guida di un Centrodestra che in mezzo mandato ha perso un terzo dei suoi effettivi.
Nel corso di quell’incontro sono state date le ultime limature ad un dialogo costruito poco alla volta a partire dalla scorsa estate. E che ha portato Marzi con il suo Gruppo a garantire l’appoggio a Mastrangeli: impedirà che lo sfiducino. A condizione che ci sia una corsia sicura per le grandi opere con cui trasformare Frosinone. (Leggi qui: Intesa Mastrangeli-Marzi: il Pulp fiction di Frosinone).

Il Partito Democratico era stato invitato al tavolo: nei fatti è l’avvio di un Patto di Fine Consiliatura che stravolge l’assetto politico uscito dalle urne. Comodissimo salire, agevole viaggiare, garanzia di stabilità sul percorso: perché i numeri ora sono blindati e perché ad imporre la marcia a tappe forzate per la realizzazione dei cantieri sono le regole del Pnrr con cui sono stati finanziati.
Ma Angelo Pizzutelli ha detto no. “Per coerenza politica” ha spiegato, ringraziando Marzi e Mastrangeli. Ai quali ha spiegato che non ci sono le condizioni.
Con le dovute distanze e proporzioni: ha fatto una scelta per molti versi simile a quella che fece Giorgia Meloni quando disse ‘No grazie‘ a Mario Draghi che voleva realizzare un Esecutivo di emergenza nazionale. Lei preferì rimanere fedele alle sue convinzioni politiche. E gli elettori l’hanno ripagata.
Nessuno sa se questa scelta sarà il trampolino o la fossa per Angelo Pizzutelli, come andranno le cose nei prossimi mesi e come verrà composta la crisi interna al Pd che ha portato al collasso della segreteria cittadina. Ma al di là di ogni cosa, a Pizzutelli va riconisciuto di avere fatto una scelta per nulla facila e soprattutto scomoda. La più difficile. Perchè di questi tempi rinunciare ad un posto in 1^ Classe può voler dire che si dovrà restare a piedi.
Avanti c’è posto.
ENZO SALERA

Ci sono snodi della Storia (sì, con la S maiuscola) che prendono due vie: la prima, quella del riconoscimento di un orrore a prescindere da chi quell’orrore lo nascose. La seconda: quella che riconosce solo gli orrori “suoi”.
Finiamola di dire che non è così: in Italia e per lungo tempo la Shoàh è stata appannaggio degli antifascisti con i post fascisti in upgrade se ammettevano mezza frase e le foibe sono state sempre roba di destra che a sinistra generava non pochi imbarazzi. Lo ha testimoniato ieri uno, per dire, come Sergio Mattarella.
Come come Capo dello Stato non ha avuto remore nel dire che “le vittime vanno onorate” e che ci fu “un occultamento della storia”. Chi avesse avuto interesse o grip ideologico ad “occultare” pare abbastanza chiaro.
Se si mettono a crasi tutti questi presupposti, oggi per fortuna stemperati da una politica prioritariamente più matura, la figura di Enzo Salera appare perfettamente in sintonia con questi tempi maturi. E civili.
Il sindaco “di sinistra”

Lui è di fatto un sindaco “di sinistra”, e attenzione: nessuno pensi che oggi questi distinguo in ambito di grandi faccende ideologiche non valgano e che cogliere il particolare sia fuffa giusto per amplificare.
L’Italia è un Paese miseramente polarizzato, banale nelle sue esternazioni di concetto ed ammalato di guelfo-ghibellinismo né più né meno che come ai tempi di un certo Fiorentino Massimo. Eppure lui non ci ha pensato due volte ed ha ricordato il sacrificio-olocausto dei martiri istriani con un preciso crisma.

Non solo quello che deriva dal suo dovere istituzionale – un Sindaco è chiamato a partecipare di ogni orrore che lo Stato che rappresenta porti tatuato addosso – ma con un sincero entusiasmo. Enzo Salera oggi è schierato con la parte catto-dem del Pd, sta con Achille Migliorelli, che sta Con Francesco De Angelis, che sta con Daniele Leodori che sta con Dario Franceschini.
Che sta a sua volta con quella fetta di Nazareno che rappresenta il trait d’union tra cattolicesimo post Balena Bianca e comunismo post Bolognina. E nel fare una cosa doverosa, dovuta e congrua ha anche messo pepe sulla libbra di carne che, forse, tra qualche mese reclamerà.
Perché per essere un buon sindaco non basta solo ricordarsi di ogni orrore, ma anche ricordarsi di non commettere alcun errore. Etico. E tattico.
Non sbaglia un colpo.
GIUSEPPE CONTE

Si è preso il Movimento Cinque Stelle e lo ha plasmato, pezzo dopo pezzo, nella più difficile e tormentata delle metamorfosi: quella da movimento di pancia a partito con struttura ed appetiti “convenzionali”. Non era facile, ed a Giuseppe Conte si contesterà in eterno quel suo ruolo di traghettatore dalla fase Robin Hood a quella di abitante di Nottingham. Sul caso Almasri poi, è stato una vera “Furia”, ma senza mai trascendere da un linguaggio “ficcante” ma tutto sommato neutro.
Ma il dato è uno, anche se scomodo: Conte avrà pure demolito una mistica bella, ma non ha fatto nulla di più di quel che già il M5s era arrivato a voler essere di suo. Perciò dopo il duello con Beppe Grillo di inizio dicembre 2024 l’ex premier ha messo gli anfibi a terra ed ha iniziato a disegnare il “nuovo” partito che per ora lo vede leader.
Il nuovo Movimento 5 Stelle
Agile, più piccolo, determinante con il Rosatellum vigente e soprattutto senza fronde, tirate via una ad una con la schiumarola (metaforica, ovviamente) nella Costituente dell’otto dicembre scorso. E siccome Conte non è affatto uno stupido ha capito che oltre ai temi su cui si è dibattuto con l’ex Garante Grillo bisognava mettere a regime nuove faccende.

Roba che portasse il suo imprinting, che non puzzasse di lascito ereditato male. E nel Consiglio nazionale aveva promosso “l’apertura del riconoscimento formale del network dei giovani all’interno dello Statuto e il controllo del finanziamento ai gruppi territoriali”.
Le novità in arrivo
In più, Conte aveva sollecitato “una ricognizione tra le proposte di legge presentate dai pentastellati tra Camera e Senato e quelle che sono state davvero le indicazioni della base. Di temi all’ordine del giorno dell’Assemblea costituente ce ne erano ben 12, e anche su quelli il volere degli iscritti del Movimento 5 stelle sarà accontentato”.
Il segreto sta tutto in quella parola: “accontentato”. Così si rinasce senza spine immediate e ci si può concentrare sulla parte di merito messa in ufficialità nella Costituente ma non ancora a regime operativo. Ed in quella parte la parte del leone la fa il superamento del vincolo del doppio mandato.
Superare il doppio mandato
Perché non te la tieni, una base solida, se la assoggetti alla prospettiva di passare da ricco e famoso a poco abbiente e sconosciuto in pochi anni. Perciò Conte in questi ultimi giorni di gennaio vuole perfezionare la “leva perfetta” per attuare il suo disegno politico.
Quello per cui, magari tra qualche anno, con Meloni consumata dal suo stesso fuoco e con un Pd in rissa intestina perenne, lui potrà riaffacciarsi dove è sempre voluto tornare: dalle parti di Palazzo Chigi. Per adesso è un sogno, ma se ai sogni poi getti le basi alla fine, ove si realizzassero, tu sei pronto.
Brucia le tappe.
FLOP
MATTEO SALVINI

Non ha colpito la sua decisione di andare in Spagna e ricalcare le orme di Giorgia Meloni a Marbella. Quel fatto di pancia di presentarsi a Madrid come per far capire che “la leader italiana è sotto scacco Ursula, quindi il vero leader tricolore della destra no-Ue sono io”. No, questa mossa in scacchiera di Matteo Salvini fa parte di ciò che Salvini è ormai dai tempi del Papeete. Da quando cioè, spesso non sempre e non solo per colpa sua, gli è praticamente andato tutto male.
E siccome gli è andato tutto male a lui la Lega, che era stata “Capitano-centrica”, adesso paga pegno e ribolle di fronde agguerrite. Quello che colpisce, immancabilmente, del segretario ministro è la sua attitudine a mettere il dito in ogni barattolo.
Il dito in ogni barattolo
Ad essere titolare dei Trasporti che sui tema che lo riguarda mette la pezza degli “agguati” ma a far capire a tutto ed a tutti che lui vuole dire-fare-baciare anche in Economia, Interno, Giustizia, Ambiente etc… Se esistesse un dicastero dei gelati alla nocciola Salvini si sentirebbe in dovere di aprire una campagna contro quelle turche, insomma.

E questa sua veste multitasking e pop spesso lo porta a cercare il consenso popolare facile. Come per esempio a proposito della sua nuova uscita. Quella sulla nuova rottamazione delle cartelle esattoriali che potrebbe essere in arrivo. Diciamola tutta: se ad un italiano che ha noie con Agenzia delle Entrate-Riscossione gli agiti sotto il grugno la banderuola del “paga poco, paga dopo e basta squilli truci ed agghiaccianti al campanello” te lo sei mezzo comprato.
Le maledette cartelle
E questo indipendentemente dal fatto che dietro ogni cartella esattoriale c’è sì e spesso una storia di difficoltà, ma comunque una violazione della norma. Salvini però se ne frega e parla di “priorità assoluta della Lega per questo 2025 in termini economici. Sarà una rottamazione seria, definitiva, equa, vantaggiosa per lo Stato e utile per milioni di italiani“.
Poi rincara la dose andando di pallottoliere e sperando che qualcosa tocchi anche a lui ed ai sondaggi miserelli del “suo” Carroccio. “E’ un tema che tocca circa 10 milioni di italiani”. Tradotto: “Magari a prenderne anche solo mezzo milione, di loro, così la Media Youtrend la finirà di dire che sono al de profundis”.
Tutto sotto controllo
Poi lo spiegone che lancia un doppio messaggio: Salvini fa gli interessi degli italian* comun* e Salvini ha tutto sotto controllo. Anche un ministro dell’Economia governista che politicamente non sta con lui. “Ho interloquito ieri con Giorgetti su questo tema e la vediamo alla stessa maniera, c’è piena sintonia. Leo – il vice ministro del Mef – ha approvato lo strumento del concordato, i risultati sono nei numeri, è stato uno strumento utile ma non risolutivo“.

Non è vero tra l’altro, visto che Le ha sollevato “un problema di coperture”. E la chiosa? Tonante, come solo quelli che vedono i temporali arrivare sanno confezionare. “Penso che la politica si dividerà su altro e l’abbiamo visto anche in questi giorni alla Camera e al Senato sull’aiuto a milioni di italiani, conto che la politica sia unita”.
“Prima di me, rottamazioni simili, anche se non definitive e quindi non risolutive ed efficaci, sono state adottate da governi di centrosinistra e di centrodestra”.
Ecumenico e saggio. Per non dire paraculo.
Besame pueblo.