I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 17 settembre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 17 settembre 2024.
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PIZZUTI E SAVO
Uno è direttore generale del principale quotidiano locale della provincia di Frosinone, l’altra è presidente della Commissione Sanità del Lazio eletta in Ciociaria. Entrambi, senza mettersi d’accordo, hanno messo nello stesso giorno il dito su due piaghe strutturali del territorio, parallele e collegate. Così profonde da impedire da decenni la crescita di una fetta importante del Sud Lazio.
Alessia Savo nelle ore scorse ha deciso di togliere la foglia di fico davanti alla storia della nuova stazione ferroviaria sulla linea Alta Velocità a Frosinone. È un progetto che venne annunciato in pompa magna dall’allora Governatore regionale Nicola Zingaretti con l’amministratore delegato delle Ferrovie in carica a quel tempo Gianfranco Battisti di Fiuggi. Ci fu il sopralluogo, vennero esposti i rendering che mostravano come sarebbe stata la nuova stazione.
Strategica. Perché ‘in linea‘. per capire: oggi i Freccia Rossa fermano una volta al giorno a Cassino e Frosinone all’andata ed al ritorno: ma lo fanno uscendo dalla linea Tav e passando su quella ordinaria per poi tornare sul tracciato veloce. La stazione ‘in linea’ significa che non ci sarà più bisogno di uscire dal tracciato Tav ed i tempi di percorrenza verranno ulteriormente abbattuti. Con tutti i vantaggi che questo comporta per la crescita e lo sviluppo di un territorio che a quel punto si troverebbe a pochi minuti (e ad una fermata) da Roma.
L’aeroporto dei misteri
Che fine ha fatto quel progetto nessuno lo sa. E l’onorevole Savo lo ha chiesto alla Regione sollecitando una riunione di Commissione. Tanto quanto sta facendo il DG di Ciociaria Oggi Massimo Pizzuti con la conferenza che si terrà nelle prossime ore sul fantomatico Aeroporto di Frosinone.
Fantomatico perché fino ad oggi è stato chiaro solo che non fosse possibile farlo. Per lo stesso motivo per cui Ciampino va chiuso: troppo piccolo, troppo a ridosso delle case, impossibile da sviluppare perché mancano i terreni attorno ed i pochi voli tecnicamente possibili non ammortizzerebbero le spese. Non è un caso che Ryanair un tempo il principale player su Ciampino, si sia spostato su Fiumicino.
Contro ogni logica aeronautica ed economica si torna periodicamente a parlare di Frosinone come aeroporto civile. Massimo Pizzuti ha avuto la coerenza di mettere tutti intorno ad un tavolo obbligandoli ora a metterci la faccia. Ed a ribadire quel no o trasformarlo in un si stravolgendo tutti gli studi finora diffusi dall’ente dell’aviazione civile Enac.
Comunque vadano le due riunioni sarà un importante passo avanti per la Ciociaria. Perché se anche si dovesse scoprire che né stazione Tav né aeroporto si possono fare, finalmente il mondo economico finanziario ciociaro saprà su cosa deve investire e quale sarà l’assetto infrastrutturale del territorio nei prossimi anni. Regolandosi di conseguenza.
Portatori di chiarezza.
ROBERTO D’AGOSTINO
Geniale, con le sue intuizioni e le sue idee di prospettiva. Concreto, con la sua capacità di realizzare i propri guizzi mentre gli altri si limitano a parlare. Micidiale, per le sue entrature e l’abilità a non mangiare le polpette avvelenate che gli lasciano sul percorso. Roberto D’Agostino è il papà di Dagospia, il sito di indiscrezioni – analisi – anticipazioni che è un must per chiunque si occupi di politica, economia, informazione. Ed oggi ha rilasciato un’intervista a Concetto Vecchio di Repubblica.
Corrosivo. Ha dato la sua interpretazione sull’ultimo scoop di Dagospia: quello che ha portato alle dimissioni del ministro della Cultura. «Un uomo di sessant’anni che viene trafitto dall’euforia del potere può perdere la testa. Come un adolescente, il ministro si era innamorato» (…) «Avrà perso il controllo della ragione: come un qualsiasi Alberto Sordi si è pure tolto fede. Le avrà detto che il suo matrimonio era finito, le cose che dicono gli uomini in questi casi».
Per lui, «La verità è che al potere è arrivato un centrodestra di scappati dalla scuola Radio Elettra di Torino». In che senso? «Non sanno cos’è la cultura del potere». Cos’è la cultura del potere? «Dialogo, trattativa, compromesso. Non sanno come gestirla. Premier che con un tweet gettano sul marciapiede i compagni, ministri che fermano i treni, deputati che sparano a Capodanno». Dagospia perché è così feroce con il melonismo? «Perché hanno un concetto del potere a dir poco sudamericano».
Inarrivabile.
CLAUDIO BORGHI
“La locandina del congresso di Magistratura Democratica del 2019, anno in cui Salvini fermava le navi e per cui è sotto processo per il caso Open Arms, in effetti trasudava distacco e imparzialità”. Il tweet al veleno sulla vicenda del “suo” ministro per cui sono stati chiesti sei anni a processo è esemplare. C’è un problema costante, con esternazioni ed atteggiamenti di Claudio Borghi. E’ il problema di sempre di dover vedere persone con incarichi pubblici di rango o mainstream “condannate” dalle iperboli della loro collocazione partitica. Nel senso che Borghi è il più delle volte quintessenza di una certa Lega difficile da digerire perfino per alcuni leghisti, specie quelli più “soft” legati ormai all’ala governista del Carroccio.
Tuttavia anche nel suo caso bisogna fare un bilanciamento, una tara diremmo. Tra cosa? Tra quello che il Borghi “superleghista” dice e quello che il Claudio Borghi della Lega… dice comunque ma senza incappare nel guadino de media. Rete che è ovviamente selettiva, e che sia da destra che da sinistra tende a pescare “solo” (o quasi soltanto) le affermazioni più dirimenti ed impattanti del parlamentare.
Non solo bordate secche
Accade quindi che i senatore salviniano non è solo uno che le spara a palle incatenate, ma è (anche) uno che a volte ne dice di sensatissime, solo che il suo background e la vulgata social su di lui lo condannano. A cosa? A passare sottotraccia quando si mette il logos come nocchiero, ed a schizzare sul palco quando invece Borghi si fa guidare dalla peggiore mastineria leghista.
Prendiamo il Borghi-pensiero in ordine ad uno dei sogni più attuali di Matteo Renzi, ad esempio. “Non capisco perché nei nostri giornali si dia per scontato che in caso di sostituzione di uno o più ministri ci debba essere una seconda fiducia”. Che significa, e dove vuole andare a parare il senatore? “Quindi un’interruzione del governo che diventerebbe un Meloni 2’”. In pratica Borghi ha fatto tana ad una delle tattiche renziane più collaudate.
La tattica di Matteo Renzi
Collaudate e letali, tanto che il rignanese ormai più che un ex rottamatore sembra Terminator. “Renzi sostituì 4 ministri e nulla di tutto ciò fu fatto”. A suo tempo l’Espresso fece una mirabile silloge del clima di quei mesi concitati che precedettero referen(z)dum. “Il giudizio negativo è destinato ad abbattersi su Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, e su Marianna Madia, ministro per la Pubblica amministrazione: sono accusate di non aver saputo gestire le riforme del loro settore”.
“I ministri dell’Agricoltura e della Giustizia Maurizio Martina e Andrea Orlando sono ex ds alleati con Renzi e dunque preziosi, ma potrebbero tornare utili per una vice-segreteria del Pd, al posto di Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani”.
Ebbene, lì non ci fu un “Renzi 2”, e se andò male ci andò per altri motivi. Referendari ed egotici.
Stavolta ha ragione.
FLOP
GIANCARLO GIORGETTI
Sta sempre in bilico tra graticola e sottopalco. Giancarlo Giorgetti è uno dei ministri dell’Economia più atipici della storia di un dicastero così cruciale. Tuttavia il fatto che sia risultato gradito a ben due esecutivi la dice lunga su un fatto. Quale? Giorgetti di per sé è competente, molto competente, però paga pegno più ancora di altri suoi predecessori per una serie di motivi.
Tra i quali ne spicca uno ridondante. Giorgetti è uno di quei ministri in cui maggiormente si va a significare l’ossimoro, la contraddizione tipica dei governi sovranisti. Quelli che “urlano i loro risultati” ma che spesso non hanno basi concrete per metterli a regime vero.
La contraddizione tra spot ed attuazione
Ecco perché, con il governo Meloni che ama gli spot più ancora del fatto di stare a Palazzo Chigi, Giorgetti sta nella casella di quelli che “non fanno”. Tuttavia lo stesso ministro avrebbe dovuto considerare questo strano format, e correre ai ripari. Ma non lo ha fatto, e per esempio i cittadini che si erano informati ad inizio anno pressi i Caf c sono rimasti male.
Mettiamola meglio: l’esclusione dei titoli di Stato e dei buoni fruttiferi postali fino a un valore di 50mila euro dall’Isee prevista dalla legge di Bilancio per il 2024, resta “una promessa inattuata”. Tutto sarebbe scattato al 2025 in virtù del fatto che l’Esecutivo non ha emendato il decreto di modifica del regolamento che risale ormai al 2013. In quel regolamento sono elencate “le componenti del patrimonio immobiliare e mobiliare di cui tener conto per il calcolo”.
E il sunto è che, per a fronte di 44 milioni di finanziamento per il 2024, cioè per l’anno in corso, non vi è alcuna misura esclusiva in vigore. Roba amara, per chi si ritrovasse in plafond economico familiare quei titoli che sono statali al 100%.
Roba amara per un Giorgetti che di questa “defaillance” è diventato uomo-totem. Anche perché l’assenza di questa misura frena i piccoli investimenti di scala proprio su quei titoli.
La conferma amara dell’Inps
“Dall’Inps confermano che, in attesa del provvedimento governativo, i possessori di titoli di debito pubblico italiano devono continuare a indicarli in Isee”. Lo ha spiegato Il Fatto Quotidiano citando anche Giovanni Angileri, presidente del CAF Uil e coordinatore della Consulta Nazionale dei Centri di assistenza fiscale.
Che al quotidiano ha confermato come “dopo una riunione al ministero del Lavoro che si è tenuta prima dell’estate” non si sia trovata traccia alcuna di “aggiornamenti sull’attuazione della norma”.
E con un Giorgetti che aggiunge una gatta da pelare nel gattile della Legge di Bilancio in via di approntamento.
Prima grana autunnale.