Top e Flop, i protagonisti di martedì 21 ottobre 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 21 ottobre 2025

*

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 21 ottobre 2025.

*

TOP

ALESSANDRO ONORATO

Alessandro Onorato (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

Non era un Congresso di Partito. Non era neppure un raduno elettorale. Eppure, nell’hotel romano del Parco dei Principi, nelle ore scorse si è vista una delle fotografie politiche più nitide degli ultimi mesi: una prima fila di sindaci e amministratori, più Giuseppe Conte che arriva a sorpresa, più Stefano Bonaccini che rilancia. L’epicentro? Alessandro Onorato, assessore romano ai grandi eventi ma oggi ben più di un tecnico capitolino.

Onorato ha lanciato ufficialmente i “Civici d’Italia”, una rete di sindaci, amministratori e movimenti locali che ha l’ambizione – e la forza – di ridefinire il perimetro del centrosinistra. Non nei salotti televisivi o nelle Ztl, ma in mezzo alle strade, dove un semaforo rotto può fare più danni di un tweet sbagliato. Lì dove la politica è ancora mestiere, ascolto, fatica quotidiana.

A sostenere Onorato c’erano il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, la collega di Genova Silvia Salis, il sindaco di Udine Alberto De Toni. E poi Roberto Gualtieri, Goffredo Bettini, Stefano Bonaccini. Una platea che rappresenta un’Italia operosa, concreta, meno ideologica e più affamata di soluzioni. “Basta gare a chi è più radicale o più puro”, ha detto Salis. È tempo di unità, ha spiegato. È tempo di parlare alla gente, ha rincarato Manfredi.

La centralità dei sindaci
Alessandro Onorato (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Ma soprattutto, è tempo di ridare centralità ai sindaci, veri anticorpi contro l’antipolitica. Sono loro che si prendono insulti e richieste di aiuto, che firmano ordinanze e salvano scuole, che costruiscono quel ponte invisibile tra lo Stato e i cittadini. Il progetto di Onorato non è (solo) un’operazione politica: è una ricucitura democratica. E il fatto che il presidente del M5s sia arrivato a salutare di persona, dopo le tensioni con la fronda interna, racconta quanto quel progetto sia ormai impossibile da ignorare.

Per battere la destra, certo. Ma anche per tornare a vincere dove si era smesso di ascoltare. Sul territorio. Tra la gente. Dove la politica è ancora necessaria.

LA politica nasce dal basso.

I DOLCEMASCOLO

In cucina, solitamente, si entra in punta di piedi. Se si entra. È lo spazio più intimo di uno chef: lì si creano gli equilibri, si sperimenta, si sbaglia e si ricomincia. È il cuore pulsante di ogni creazione ma anche il luogo dove l’errore diventa esperienza e il talento prende forma.

Per questo ha un peso speciale la scelta dei Dolcemascolo, la famiglia di maestri pasticceri tra i più premiati d’Italia, che a Frosinone ha deciso di fare qualcosa che pochi osano: aprire per una sera il loro laboratorio al pubblico, trasformando il Dolcemascolo Lab in una vetrina trasparente dell’eccellenza artigianale.

Non è stata solo una visita. È stata una dichiarazione d’identità. Perché aprire il proprio “dietro le quinte” significa mostrare non solo le tecniche ma anche il metodo, il rigore, l’umiltà del lavoro quotidiano. Lunedì sera, il laboratorio è diventato teatro di una delle tappe del Tour des Caves, rassegna itinerante dedicata alle bollicine. Panettoni e Champagne, lievitati d’autore e vini d’eccellenza, in un dialogo tra dolcezza e acidità, tra pazienza e precisione.

Il segreto in cucina

Simone Dolcemascolo con il fratello Matteo, il padre Massimo e la mamma Graziella non hanno solo mostrato un forno o una ricetta: hanno mostrato cosa significa credere nel territorio, nella qualità, nella condivisione di un sapere che è prima di tutto passione. Svelando così il segreto che li ha portati ad avere due punti vendita a Roma ed a Frosinone, dando lavoro ad una trentina di famiglie: la passione.

Una scelta particolare, fatta di pochissima comunicazione preferendo la verità dei gesti, aprendo la porta del luogo più sacro per uno chef. E lo ha fatto senza paura. Perché chi ha sostanza, non teme la trasparenza.

La cucina svelata.

FLOP

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli (Foto © Stefano Strani)

Ancora un passo indietro. Ancora una bocciatura. Ancora quella sensazione stanca di déjà-vu. Il rapporto Ecosistema Urbano 2025 firmato da Legambiente e pubblicato da Il Sole 24 Ore è una radiografia impietosa: Frosinone è 96esima su 106 città italiane. Ultima nel Lazio. Tra le peggiori d’Italia. (Leggi qui: Ecosistema, Frosinone agli ultimi posti in Italia nella classifica ambientale).

Mentre Trento, Mantova e Bergamo viaggiano su standard europei, qui si continua a viaggiare… in auto: Frosinone è penultima per tasso di motorizzazione. Ma non va meglio con il trasporto pubblico (99esima), il consumo di suolo (92esima) e l’uso dell’acqua (85esima). Anche quando migliora qualcosa — qualità dell’aria, raccolta differenziata, piste ciclabili — gli altri migliorano più in fretta.

La visione sistemica
(Foto: © DepositPhotos.com)

Il sindaco Mastrangeli parla di “stimolo” e di “visione sistemica”. Ceccarelli di Legambiente chiede “slancio e coesione”. Ma intanto, i numeri sono lì, fermi e scomodi. Ed è difficile credere in una vera transizione ecologica quando le abitudini restano ferme e le scelte coraggiose tardano ad essere comprese e soprattutto attuate. Si resta in un limbo che mostra i cittadino solo i disagi della transizione e non i benefici.

Frosinone continua a investire, sì, ma il risultato è che sembra inseguire sempre gli altri, senza mai prenderli. La modernità arriva, ma fuori dal finestrino dell’ennesimo SUV.

E se c’è una verità che questi dati gridano forte è che la sostenibilità non è solo un piano urbanistico: è una mentalità. Un abito da indossare ogni giorno. Ma qui si continua a rimandare il cambio d’abito. Con l’aria pesante e le scuse leggere.

Se l’Ambiente resta un optional.

CHIARA APPENDINO

Il sindaco di Torino Chiara Appendino con il premier Giuseppe Conte Foto © Filippo Attili / Imagoeconomica

Chiara Appendino cade, ma non si dimette davvero. Si fa da parte, ma resta dentro. Lascia la vicepresidenza del M5S, ma tiene il piede nel Movimento. Dice di voler cambiare il modo di fare politica, di volersi sganciare da logiche di appartenenza ma a leggerla bene, la sua è una sconfitta interna, politica, personale. E anche un po’ ideologica.

Perché nel Movimento 5 Stelle, le regole non scritte valgono finché fanno comodo. E quando non lo fanno più, si reinterpretano. Prendiamo proprio lei: sindaca per due mandati a Torino, oggi predica il ritorno allo spirito originario, quello delle origini, della coerenza, dei principi fondanti. Eppure, se quelle stesse regole oggi venissero applicate con rigore, proprio Chiara Appendino sarebbe la prima a dover farsi da parte per sempre, senza più ricoprire alcun incarico.

Invece no. Si dimette da vicepresidente, ma rimane centrale. Non lascia, si ritira in attesa. Magari del prossimo giro.

Cortocircuito.
Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica

Dice che il Movimento ha perso la sua forza propulsiva, che si è allontanato dai cittadini. Ma è figlia di quel sistema che oggi contesta, cresciuta politicamente sotto la bandiera del grillismo radicale. Ha vissuto e gestito il potere, ne ha assaggiato le contraddizioni, e ora vorrebbe rientrare dalla finestra, appellandosi a un rinnovamento che dovrebbe partire proprio da lei.

Il fatto è che Conte, piaccia o no, ha costruito una leadership personale, che ha bisogno di fedeltà più che di disobbedienze creative. E l’Appendino, con la sua linea da opposizione interna, con il suo “fastidiuccio” – come lo chiamano i contiani – è diventata un elemento di disturbo. Troppo PD, troppo in dissenso, troppo poco utile.

La politica, soprattutto quella a 5 Stelle, ha una memoria corta. Ma il messaggio che arriva è chiaro: chi vuole cambiare le regole, deve per primo rispettarle. E se si crede davvero nel limite dei due mandati, si dovrebbe accettare anche di restare fuori. Sul serio. Non a metà.

Coerenza a mezzo servizio.