Top e Flop, i protagonisti di martedì 24 giugno 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 24 giugno 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 24 giugno 2025.

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TOP

ALBINO RUBERTI

Albino Ruberti © Livio Anticoli / Imagoeconomica

In sordina. Come un conte di Montecristo. Albino Ruberti è tornato. Non lo ha fatto di straforo. È tornato da direttore generale di Roma Capitale con ordinanza firmata dal sindaco Roberto Gualtieri, con la stessa determinazione con cui in passato era entrato nei dossier più roventi della città. Il suo è un ritorno che ha il sapore della rivincita: non solo personale, ma anche politica.

Perché Ruberti, il “Mister Wolf” della Capitale per la sua attitudine a risolvere problemi complicati ed a tappare falle amministrative, era stato investito – e indotto alle dimissioni – da uno dei più chiacchierati casi di “dietro le quinte” degli ultimi tempi. È quello sul famoso video della discussione che ebbe a Frosinone: toni incandescenti fuori da un ristorante, rilanciato con clamore ma senza profili giudiziari a meno di non volergli rimproverare gli schiamazzi notturni.

Fu una vicenda più chiacchierata che esaminata, più politica che penale. Ci imbastirono su paginate di giornali, vennero allestite una decina di trasmissioni. A destra impastarono l’asfalto ed a sinistra convocarono i tribunali morali: nessuno ci ricavò una sola cosa disdicevole da rimproverargli se non di avere alzato la voce in piazza ad un’ora in cui quasi tutti dormono. Il tempo, come sempre, ha fatto il suo mestiere. E oggi Ruberti è di nuovo lì, in cima alla macchina amministrativa della Capitale.

Il ritorno di Mr Wolf
Albino Ruberti e Roberto Gualtieri (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il ritorno del “risolutore” coincide con un momento chiave per il Campidoglio. Il sindaco Roberto Gualtieri ha bisogno di consolidare il fronte interno e serrare le fila in vista del secondo rimpasto di giunta. La nomina di Ruberti, che segue di un soffio la delibera di giunta del 19 giugno, è molto più che un atto amministrativo: è un segnale di comando. L’amministrazione si prepara a cambiare assetto, ad aprire ad Area dem e ad un possibile ingresso in giunta di Pino Battaglia, nome che circola con insistenza e che nelle ultime ore ha fatto capolino nei corridoi di Palazzo Senatorio.

Segno che fuori da Frosinone la sintesi politica tra Area Dem (la componente del Segretario rgionale Daniele Leodori) e Rete Democratica (la componente cui fa riferimento il sindaco Roberto Gualtieri) si trova. Anche a Roma. Non in Ciociaria.

Effetto Domino

Ma Albino Ruberti è un nome ingombrante. Ogni sua mossa innesca un effetto Domino. Con Mr Wolf alla guida della macchina amministrativa si apre il gioco delle poltrone a valle: la sua precedente posizione, quella di capo della segreteria del sindaco, si libera. Giulio Bugarini, che l’aveva lasciata per sedere in giunta come assessore al Personale, potrebbe ora rientrare o – ed è l’ipotesi più accreditata – salire di un gradino e diventare vice capo di gabinetto. Sarebbe il classico rientro con promozione. Il sindaco Gualtieri sta sistemando le pedine e, con mosse da scacchista, disegna il perimetro della nuova stagione capitolina.

Quello di Ruberti, insomma, non è solo un ritorno. È la conferma che nella politica romana le capacità contano, ma anche le fedeltà, le cicatrici, le scommesse personali. È l’ennesima dimostrazione che un video virale può far male, ma se sei bravo, se sai leggere i faldoni e se hai un filo diretto con chi decide, se hai la pazienza di aspettare che le indagini accertino che solo di una strillata fuori orario si trattava, puoi sempre tornare. E persino più in alto di prima.

Mister Wolf è di nuovo in campo. E a Roma, questo, lo capiscono tutti.

La rivincita.

ROBERTA ANGELILLI

Roberta Angelilli

Viene dall’Europa. E in Europa sta facendo di tutto per portarci. Quasi a dispetto del Partito nel quale milita: Fratelli d’Italia ha gonfiato le vele grazie al vento dell’antieuropeismo. E invece Roberta Angelilli, europarlamentare per quattro mandati consecutivi e poi vicepresidente dell’Europarlamento, oggi assessore allo Sviluppo del Lazio e vicepresidente della Giunta, ha guidato la regione tra le prime 50 aree più avanzate del continente.

Il Lazio è al 34° posto su quasi 250 regioni dell’Unione Europea. Un sorpasso silenzioso ma poderoso: ha scalato ben 15 posizioni in tre anni. E che ora certifica con dati alla mano quella trasformazione industriale, tecnologica e culturale che molti osservatori – sbagliando – continuavano a non vedere.

Il report

Il dato è contenuto nell’HinnoTech Report 2025, realizzato da The European House – Ambrosetti: un termometro attendibile e rigoroso dello stato dell’arte dell’innovazione in Europa. In Italia, solo la Lombardia fa meglio del Lazio. E non è poco. Ma la vera notizia è che la regione guidata da Francesco Rocca e con Roberta Angelilli al timone dello Sviluppo economico non si accontenta del podio nazionale: punta a diventare una vera e propria “valle dell’innovazione”, sulla scia di quanto già avvenuto in Olanda, Irlanda e Israele.

Il piano è chiaro, ambizioso e – soprattutto – finanziato. Oltre 100 milioni di euro verranno investiti in startup e PMI innovative, attraverso una strategia organica di Venture Capital che prevede interventi diretti, sostegno ai fondi dedicati, co-finanziamenti con acceleratori e la nascita, entro il 2025, di un nuovo polo Clean Deep-Tech.

Questione di mentalità
Roberta Angelilli e Francesco Rocca

Ma la vera leva del successo sta nella filosofia: non più bonus a pioggia, ma ecosistemi strutturati. Collegare ricerca, università, imprese e territori. Sostenere non solo la nascita, ma anche la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese ad alta intensità tecnologica. E soprattutto, azzerare la burocrazia: il voucher digitalizzazione con 20 milioni di dotazione ha avuto un boom di richieste anche perché – paradosso italiano – il bando era finalmente semplice.

È un cambio di passo profondo, che punta a liberare un potenziale che in tanti avevano sottovalutato. Per troppo tempo il Lazio è stato identificato solo con Roma e la sua burocrazia. Ma questa regione è molto di più: ha un tessuto industriale vivo, distretti tecnologici avanzati, università di alto profilo, e ora anche una regia strategica.

La sfida ora è quella di tenere il ritmo. Perché se il traguardo è ambizioso – diventare una “regione deep tech” a pieno titolo – il percorso resta accidentato. La competizione europea sarà sempre più dura, i capitali privati andranno attratti e non rincorsi, la semplificazione amministrativa dovrà passare dalla fase del bando a quella strutturale. Ma intanto il Lazio ha messo la freccia. Non è più la regione che arranca dietro ai colossi del Nord Europa, ma quella che prova a scrivere la prossima pagina della manifattura digitale, dell’intelligenza artificiale applicata e dell’energia pulita. Con i piedi ben piantati nella sua terra e lo sguardo puntato verso il futuro. Dove, questa volta, è di casa.

L’innovazione che batte i confini

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

«Pronto, Elly?». Non serve scomodare Kissinger per capire che le telefonate, in politica, valgono più di molti titoli di giornale. E se ad effettuare la chiamata è Giorgia Meloni, premier in carica, per chiamare proprio lei, Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, allora siamo già oltre il galateo istituzionale: siamo nel pieno riconoscimento politico.

Sì, perché quella chiamata – fatta in piena crisi internazionale, tra basi americane e droni iraniani – ha un valore simbolico enorme. Dice, senza bisogno di comunicati stampa, che per la premier esiste una sola interlocutrice sul fronte progressista. E che si chiama Elly Schlein. Tutto il resto – Giuseppe Conte compreso – è cronaca laterale. (Leggi qui: Meloni tra Trump e l’Iran: la guerra da evitare e l’alleanza da salvare. E leggi anche Meloni e la tempesta: più armi, meno polemiche ed un’Italia che prova contare).

Riconoscimento o utilità?
Giorgia Meloni

Naturalmente, i maliziosi già si sono fatti la domanda: Meloni ha chiamato Schlein perché la riconosce come figura credibile? O perché preferisce avere come controparte una leader considerata (erroneamente) battibile e non troppo “pericolosa”? Per la segretaria dem, paradossalmente, vanno bene entrambe le letture. Perché in entrambi i casi, lei è al centro del gioco.

Non a caso, al Nazareno si brinda con discrezione: Schlein esce rafforzata, anche agli occhi dei Riformisti che da mesi la guardavano come un corpo estraneo. Bonaccini stavolta si allinea con fair play. Il Pd che bombardò la Serbia trova compattezza proprio sulla posizione più divisiva: la guerra. Pacifismo sì, ma responsabile. Apertura al dialogo con il Governo, ma “no” fermo all’uso delle basi italiane. E Conte? Spiazzato. Un po’ più ai margini, un po’ meno monopolista del campo antimilitarista.

Tutto questo mentre, complice lo scenario internazionale, il Congresso del Pd slitta. E pazienza se a qualcuno – vedi Pina Picierno – brillavano gli occhi al pensiero di candidarsi per contarsi, fondare una corrente, e farsi largo. Adesso la linea Schlein è dominante, e se nel voto del prossimo autunno il centrosinistra dovesse vincere cinque Regioni a una (le Marche sono l’osso duro ma non è detta l’ultima), per la segretaria si spalancherebbero spazi immensi. Altro che fuoco amico.

Questione di tempi
Elly Schlein (foto © Glauco Dattini)

La politica è anche una questione di timing. Schlein, per una volta, ha azzeccato il tempo, il tono, la misura. E anche se i suoi detrattori interni pensano che Meloni le abbia passato la palla perché tanto non segnerà, intanto la palla ce l’ha lei. E in politica, restare al centro del campo è già un successo.

Il riconoscimento (telefonico) della leadership.

MIRIAM DIURNI

Miriam Diurni

In poco tempo ha dimostrato che in Ciociaria ed in Italia i giovani non trovano lavoro perché frequentano scuole vecchie, concepite su modelli superati, del tutto fuori dalle traiettorie su cui passa il lavoro. A dare la risposta è stato l’ITS Meccatronico del Lazio, un’accademia tecnico-scientifica che, più che formare studenti, costruisce professionisti. E ora il Comune di Frosinone entra ufficialmente a farne parte, dando così una spinta istituzionale a una delle realtà più efficaci nel connettere formazione e occupazione.

La matematica, per una volta, non è opinione: quasi il 100% degli studenti del Meccatronico trova lavoro entro un anno dal diploma. Non lavoretti precari o stage malpagati, ma occupazioni vere, qualificate, stabili. Esattamente nei settori in cui le aziende – soprattutto quelle del manifatturiero e dell’automazione – gridano alla penuria di manodopera specializzata. Saldatori elettronici, tecnici della robotica, addetti alla progettazione meccatronica: oggi sono le professioni più ricercate e più difficili da reperire. Qui invece si formano, si diplomano, si assumono.

Strategia Mastrangeli
(Foto © Stefano Strani)

Il sindaco Riccardo Mastrangeli parla di “investimento strategico per i giovani del territorio” e ha ragione. L’adesione del Comune non è un passaggio formale, ma una scelta politica precisa: Frosinone si prende parte della responsabilità di sostenere un percorso che produce valore, competenze e reddito. Il Meccatronico, infatti, non è solo una scuola: è un ponte tra l’istruzione e il lavoro, costruito da una rete solida di università (come Cassino), imprese (sono oltre 70) e istituzioni.

Chi guida questo modello? Due figure simboliche: il presidente fondatore Maurizio Stirpe – che da sempre crede nella formazione professionalizzante – e la presidente in carica Miriam Diurni. Oggi nel solo polo di Frosinone ci sono 175 studenti, due corsi attivi (progettazione meccatronica e robotica industriale) e una prospettiva concreta: ampliarne l’offerta con un nuovo percorso nel settore scientifico. Non è un dettaglio: significa radicare il sapere tecnico nella città, trasformare il territorio in un incubatore di competenze, e dare una prospettiva occupazionale che non costringa i giovani a scappare.

Il Meccatronico è questo: non un’utopia, ma un laboratorio concreto dove si modella il futuro. Un futuro che non aspetta di essere sognato, ma va costruito con chiavi inglesi, sensori, progettazioni 3D e visione. Perché l’industria non si ferma: e i ragazzi formati qui, nemmeno.

La scuola che non crea disoccupati

FLOP

GIUSEPPE CONTE

(Leggi sopra ‘Elly Schlein).

QUELLI CHE INCASTRARONO RUBERTI

(Leggi sopra ‘Albino Ruberti)