Top e Flop, i protagonisti di martedì 24 settembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 24 settembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 24 settembre 2024.

TOP

SABRINA PULVIRENTI

Sabrina Pulvirenti

“Prima di approdare dove sono io venivo professionalmente da altre realtà, e lì ho avuto conferma di una cosa: il medico deve curare anche l’anima del paziente, mentre si occupa con diligenza, dedizione e competenza al suo corpo”: la Commissaria della Asl di Frosinone Sabrina Pulvirenti ha messo a terra un concetto semplice, ma gigante.

Narrano le cronache ufficiose ma insistenti di queste ore che la Pulvirenti sarebbe scesa in prima persona in campo per sbrogliare la matassa di un ricovero allo “Spaziani” di Frosinone di un anziano della Ciociaria in condizioni critiche.

E interpellata direttamente sul merito del fatto la manager in camice bianco ha risposto: “Non ho fatto altro che il mio dovere. Che è ecumenico e non si innesca con i solleciti, ma per semplice mission dopo la giusta percezione diretta della delicatezza del problema. Il senso è che non esistono situazioni particolari, orari giusti e circostanze che ‘meritino’ endorsement più diretti: il paziente si cura e basta”.

“Questo è quello che ho scelto di essere”
L’ospedale Spaziani di Frosinone

“E lo si cura anche nella parte che, la sua ‘pazienza’, la mette più a dura prova: quella dell’empatia con i suoi bisogni, le sue paure, il suo vissuto. E dei i suoi affetti che patiscono con lui. Noi non siamo macchine: siamo professionisti deputati a lenire le sofferenze degli esseri umani”.

E ancora: “Alla persona che mi ha interpellato su una situazione critica e che aveva avuto una sorta di timore reverenziale di ‘disturbarmi’ ho spiegato che non aveva benevolmente capito nulla. Gli ho risposto quello che i medici rispondono per la più parte, o che a mio avviso dovrebbero rispondere nella loro totalità: ‘Non mi ha disturbato: questo è quello che ho scelto di essere’.

Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca aveva nominato la Pulvirenti commissario straordinario dell’Azienda sanitaria locale di Frosinone. Quell’incarico lei lo ricopre con decorrenza operativa dallo scorso primo novembre. Ed avrà pienezza operativa fino alla nomina del nuovo Direttore generale dell’Asl di Frosinone.

I Dg che spettano a 12 strutture
Francesco Rocca e Sabrina Pulvirenti

A marzo era stata commissariata la Asl di Latina, in un’ottica emergenziale, e sono 12 le Asl o strutture ospedaliere del Lazio ad essere guidate da un commissario straordinario su un totale di 18. Una stabilizzazione di mansioni rientra nel (lungo e farraginoso) processo di nomina dei Dg ordinari.

Tuttavia una cosa è certa: augurarsi che per la Sanità frusinate arrivi una professionalità capace di essere “sul pezzo” come Sabrina Pulvirenti non è peccato. E’ una legittima aspirazione su un comparto in cui le eccezioni virtuose sovrastano la “regola di approccio statico”. Basta solo cercarle.

Cuore. Testa. Dialogo.

NICOLA CALANDRINI

Il senatore Nicola Calandrini

Il paradosso è tutto lì, sotto la sottile patina che copre la superficie. Il collegio elettorale di Latina è tra i più blindati per i Fratelli d’Italia: non è un caso che lì si sia fatta eleggere Giorgia Meloni, nemmeno è un caso che lì abbia mandato a farsi eleggere la sua protégé Chiara Colosimo. E tutti a pensare che i pontini siano fascistissimi in orbace, pervasi dal senso di nostalgia per quel Ventennio che diede i natali alla loro città strappandola alle paludi. Balle. Come dimostra il senatore Nicola Calandrini.

Perché quel territorio ha eletto sindaci e senatori di sinistra. E quando ne ha avuto le scatole piene di centrosinistra e centrodestra che impiegavano il loro tempo ad infilarsi le dita negli occhi per cecarsi a vicenda invece di pensare ai problemi seri, quella stessa base elettorale ha eletto sindaco di Latina un medico né di destra, né di sinistra, né grillino.

Se oggi è maturata la (falsa) convinzione che quel collegio sia un’enclave tutta fez, olio di ricino ed Eja Eja Alalà, la ragione è un’altra. E per paradosso, lo si deve alla svolta imposta proprio da Giorgia Meloni che ha voluto per Fratelli d’Italia una direzione di Destra dura ma europea e senza troppi spazi per le nostalgie; con la furbizia tipicamente italiana di dirlo a bassa voce, così i nostalgici che non conoscono la differenza tra destra e fascismi continuano a votare pensando di essere ancora ai tempi del Msi.

Il punto di sintesi
La firma dell’Ente Provincia

La dimostrazione concreta sta nel senatore di Latina eletto nel Collegio che oggi unisce tutto il Lazio Sud, Nicola Calandrini. I suoi primi passi nell’amministrazione pubblica li ha compiuti quando il Movimento Sociale era già stato archiviato dalla svolta di Fiuggi e per di più lui stava con i liberali di Forza Italia, ritrovandosi nello stesso condominio politico allorquando Silvio Berlusconi fece la Casa delle Libertà.

Calandrini oggi rappresenta i Fratelli d’Italia. E c’è lui dietro alla legge che istituisce la Fondazione per celebrare il Centenario di Latina. Una norma per nostalgici durante la quale rievocare i fasti della Battaglia del Grano o della Terra strappata alle paludi? Proprio no. Perché Nicola Calandrini ha avuto la capacità di mettere a punto una legge in grado di fare l’esatto contrario del Ventennio: coinvolgere tutti e metterli insieme intorno ad un progetto. L’hanno emendata e votata tutti da destra a sinistra, grillini compresi. E nelle ore scorse l’ente Provincia a guida Italia Viva è stato il primo ad aderire . (Leggi qui: La Provincia primo ente a votare l’ingresso nella Fondazione Latina 2032).

La vera riflessione da fare è esattamente questa. Latina non è fascistissima ma ne fornisce l’impressione perché è l’esatto contrario. Grazie alla visione moderna dei suoi Calandrini.

Progressista di Destra.

PIERO SANSONETTI

Piero Sansonetti (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Il pezzo (ottimo) è a firma di Antonio Lamorte, ma porta le impronte digitali della linea editoriale di Piero Sansonetti, direttore de L’Unità. Una linea che da tempo aveva bisogno di rotte in endorsement con l’area politica storica di riferimento della testata, ma che avesse anche altro. Cioè la capacità di mettere a fuoco storie che non fossero solo totem della linea editoriale.

Ma che conservassero anche una polpa umana ed empatica tale da farle considerare storie “per tutti” e da tutti accoglibili nella loro tonda veste didattica. Storie come quella di Yasmin A. R., che in queste ore sta tornando di stretta ed emotiva attualità. Il format è quello che sappiano ormai da tempo: lo scenario politico attuale è quello per cui anche (o perfino?) Forza Italia sul tema dello jus scholae è nella nicchia di quelli a favore.

E Sansonetti da tempo ha sottolineato questo dato con una linea editoriale nella quale la figura di Antonio Tajani, primo fautore dell’iniziativa, risultava non più in “casella cattivi” (in senso figurato, ovvio). A questo punto Sansonetti ha deciso: ed ha inaugurato una nuova rotta che sembra paro paro quella delle possibili evoluzioni dello status quo politico.

Padre iraniano e madre inglese
Antonio Tajani (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Cioè con un governo Meloni tarlato dai suoi guai interni e con un “mezzo asse Pd-FI” pronto a raccogliere i cocci. Ecco perché la storia di Yasmin non è solo melanconicamente didattica, ma è anche mastice politico. Perché è bella e melanconica? Perché lei, Yasmin, “è nata e cresciuta in Italia, ha studiato e si è formata, si è laureata con lode in medicina e la specializzazione in medicina fisica e riabilitativa”.

“E a 34 anni non ha ancora la cittadinanza italiana. Perché figlia di padre iraniano e madre inglese. Perciò “risulta cittadina britannica”. Il Corriere del Veneto era stato la prima testata a dare menzione del fatto. Con al giovane donna che ha spiegato “di aver trascorso un breve periodo della sua vita a Londra, tra gli 8 e i 9 anni, prima di tornare a Treviso”.

“Al Corriere della Sera ha ricostruito tutto: la scuola materna a San Pelaio, le elementari a Ponzano, le medie a Santa Bona e il diploma al liceo Duca degli Abruzzi. Ha riprovato, dopo aver perso entrambi i genitori, a fare la domanda. Quando nel 2020 è entrata in vigore la Brexit è risultata cittadina extracomunitaria”.

E con la nota aggressività della Lega sul tema e gli arroccamenti dei “Fratelli” la storia di Yasmin è qualcosa in più di un paradosso etico. E’ l’evidenziatore sullo spartiacque tra i partiti della maggioranza. E Sansonetti lo ha capito: bene e prima di tutti.

Direttore nell’animo.

FLOP

CARLOS TAVARES

Carlos Tavares

Vasellina. Più sali e più ne gira. E quando se ne sente l’odore e non sei tu ad averne in mano il barattolo allora significa che si stanno preparando a farti il servizio con cui obbligarti a scendere. Deve averne sentito il profumo intenso, in queste ore, il Ceo Stellantis Carlos Tavares: l’uomo che ha tagliato finanche sulle pulizie dei pavimenti mentre il suo predecessore Sergio Marchionne risanò Fiat portandola a comprarsi Chrysler partendo dai gabinetti degli operai: “Se non ci sono bagni fatti per bene come pretendete che la gente venga qui con la voglia di lavorare?”. Altra pasta, altri risultati. E infatti ora in Stellantis stanno cercando il sostituto di Tavares.

Certamente, con adeguati tonnellaggi di vasellina. Come quello profuso in quantità industriale nel comunicato con cui ieri sera Stellantis ha confermato la notizia lanciata dall’agenzia di stampa internazionale Bloomberg. E cioè che sia in corso la ricerca del suo sostituto. Sostiene Stellantis che sia “prassi per un Consiglio di Amministrazione occuparsi con necessario anticipo della scadenza di un contratto della durata di 5 anni firmato a gennaio 2021, senza che questo abbia necessariamente un impatto sul futuro, poiché c’è sempre la possibilità che Carlos Tavares rimanga più a lungo”.

Cioè vorrebbero far credere che il manager portoghese, nel 2026, potrebbe pure restare. Perché quello avviato è “un naturale processo di selezione e Tavares farà parte di questo processo”.

Non di soli numeri…

La realtà dei fatti è che il mondo della Finanza e dell’Economia ha scoperto quanta ragione avesse un filosofo come Marchionne. Le rivoluzioni industriali non si fanno tagliando la signora delle pulizie che tirava a lucido il pavimento dell’officina a Cassino Plant. Si fanno realizzando un prodotto che trasudi l’orgoglio di chi quell’automobile l’ha montata e la vede uscire con soddisfazione dalle linee di produzione per andare verso il suo proprietario.

Questo aveva portato Marchionne, questo ha tagliato Tavares. Portando ai risultati catastrofici di uno stabilimento che a Cassino lavora su un turno soltanto ed in America sta ai minimi. Non esistono solo i numeri in Economia. E questo caso lo conferma. Infatti, le indiscrezioni dicono che si stiano facendo carte false per portare al timone di Stellantis Luca De Meo, manager milanese con trascorsi in Toyota, Fiat e Volkswagen, dal 2020 Ceo del gruppo Renault.

Stai sereno Carlos.

RAFFAELLA PAITA

Raffaella Paita (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

L’addio di Luigi Marattin ad Italia Viva era stato motivato abbastanza chiaramente: la possibilità di accorpare il partito con capitale La Leopolda a quelli con capitali Il Nazareno e soprattutto le postazioni Pc di Giuseppe Conte e(o) Beppe Grillo non era contemplabile. Perciò un lungo sodalizio con Matteo Renzi e con un certo centrismo era finito. Ecco, da Raffaella Paita, ex compagna di partito di Marattin, magari ci si sarebbe aspettata un’accettazione più serena di questo stato di fatto.

Non è che non si è più amici, semplicemente si scelgono strade diverse quando si arriva ad un bivio, una cosa che sta nel novero delle dinamiche politiche di ogni repubblica parlamentare.

La tesi che sa di malumore

La Paita invece sembra aver voluto costruire una tesi strana ed ambigua. Quella per cui lei è tanto democratica da aver accettato la cosa ma non abbastanza democratica da non costruirci sopra un velato ragionamento di “accusa”. E’ roba lieve eh? Roba in perfetto mood con i modi urbani di Paita, ma lascia comunque un mezzo segno che però un po’ rovina il tutto.

Spiega la parlamentare renziana: “Un documento firmato da Luigi Marattin e alcuni dirigenti territoriali chiedeva di ratificare la linea politica di Italia Viva dentro un congresso e non solo dentro l’Assemblea Nazionale dove i numeri sono schiaccianti a favore della linea del Presidente Nazionale. Cosa volevano Marattin ed i suoi? “Vogliamo un congresso perché vogliamo democrazia interna”.

Il congresso che doveva essere magnete
Luigi Marattin (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

Paita incalza: “Appena Renzi ha accettato la richiesta di fare un altro congresso, il secondo in meno di un anno, alcuni degli amici guidati da Marattin hanno preferito lasciare Italia Viva”. E ancora: “È una scelta legittima e rispettabile: poteva essere fatta senza aggrapparsi all’alibi del metodo. Sapevano benissimo come sarebbe finita in Assemblea il prossimo 28 settembre e come sarebbe finito il Congresso e purtroppo hanno preferito evitare la democrazia interna”.

Ma cosa c’è di così sacro nella democrazia interna che potrebbe sostituirsi ala democrazia delle scelte? Paita sembra non capirlo ed incalza: “Non è la prima volta che alcuni amici rinunciano a contarsi con i voti. Era accaduto anche nella formazione delle liste per le Europee dove purtroppo qualcuno ha rinunciato a dare una mano alla squadra. Peccato, sarà per la prossima”.

Come con De Amicis, o quasi…
Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Poi diventa deamicisiana ma con solo un piccolo sbuffo di nerofumo sulla penna rossa della “maestrina”. Così, e nelle ore in cui in Liguria Italia Viva ha deciso di far squadra con +Europa e Psi. “In bocca al lupo a chi se ne va e pieno rispetto per le scelte di tutti: anche le dimissioni di oggi confermano che la scelta di costruire un nuovo centrosinistra è faticosa per tanti di noi. Ma assolutamente necessaria perché battere questa destra è possibile”.

Magari bastava semplicemente dire addio ad un compagno di squadra ed arrivederci ad un amico. Senza pelosità di cui accusarlo e senza pelosità di cui essere accusata.

Incazzata.