Top e Flop, i protagonisti di martedì 28 maggio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 28 maggio 2024.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 28 maggio 2024.

TOP

DANIELE LEODORI

Daniele Leodori

La diplomazia è arte sottile. Nella quale fondamentale è essere abili nel dire senza urtare, suggerire senza sollecitare, comporre senza indisporre. Il tutto, restando nel cono d’ombra immediatamente vicino ai riflettori che inquadrano i protagonisti, senza mai rubargli la scena. Gli osservatori della Prima Repubblica citavano Antonio Maccanico: “Capace di mettere d’accordo anche due sedie vuote”. Tra i democristiani, tanti erano capaci di passare tra due gocce d’acqua senza bagnarsi. Abilità, talento, arte.

Come quelle messi in luce l’altra sera da Daniele Leodori, Segretario regionale del Partito Democratico del Lazio. A Pico ha lanciato una serie di messaggi. Ma tutti tra le righe e nessuno nel modo che potesse suscitare orticarie nei destinatari. Lo ha fatto in presenza di tutte le sensibilità Dem del Lazio, riunite dal Segretario del circolo cittadino Marco Delle Cese.

Daniele Leodori ha difeso lo schema che ha pacificato per più di un anno il Partito nel Lazio, costruendo un’architettura politica basata sui numeri veri e non sugli accordi a tavolino: il Congresso che l’ha eletto (indicando poi Francesco De Angelis come Presidente regionale del Pd) è stata una conta reale, seppure su un candidato solo. Ora quell’equilibrio vacilla. Perché viene messo in discussione uno dei pilastri: Claudio Mancini non contempla la possibilità politica di mettere in discussione la ricandidatura del ‘suo‘ sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Mentre i rumors dicono che Elly Schlein potrebbe calare l’asso Nicola Zingaretti che nel frattempo si è caricato sulle spalle il Pd nel Centro Italia e lo sta trascinando verso le Europee.

I due messaggi

Il primo telegramma da Pico è per i vertici nazionali del Partito Democratico. Al quale il Segretario Regionale dice che deve ritrovare la sua capacità di sintonizzarsi sui territori. E specifica che è una debolezza il fatto che con la scomparsa del senatore Bruno Astore tutti i parlamentari Pd del Lazio siano di Roma e non delle province. Non lo dice ma è chiaro il riferimento alla mancata candidatura di un nome capace di essere condiviso da tutto il Lazio Sud: lui e Zingaretti avrebbero visto bene in campo Francesco De Angelis. Il riferimento però è valido per tutti i territori. (Leggi qui: I due messaggi di Leodori dal fresco di Pico).

Poi c’è il secondo telegramma da Pico. Daniele Leodori esorta il Pd a lavorare per un’unità vera e non di facciata. Applicando esattamente la stessa ricetta che lui e Zingaretti portarono nella cucina politica della Regione Lazio quando vinsero le elezioni ma senza avere la maggioranza in Aula.

Chiaro che ha messo nel mirino la candidatura con cui sfidare Francesco Rocca alle prossime Regionali, per provare a riprendere il Lazio. Ma sa che come primo atto occorre una solida pacificazione interna. Perché solo uniti c’è l possibilità di vincere. Ed in qursto momento il Partito non lo è.

Posta Diplomatica.

MARIO ABBRUZZESE

Matteo Salvini con Mario Abbruzzese

Sedie libere, nessuna. Posto in piedi, nemmeno. Mille persone all’Edra Palace di Cassino per vedere da vicino Matteo Salvini. È un altro pezzo di scommessa vinta da Mario Abbruzzese, l’ex presidente del Consiglio Regionale del Lazio chiamato dalla Lega a riunire il territorio del centro Italia per portare sul Carroccio quei voti che servono maledettamente per difendere i seggi a Bruxelles.

C’è un doppio segnale politico nell’evento dell’altra sera a Cassino. Il primo. La presenza di Matteo Salvini non era scontata. Il leader va solo alle iniziative dei battistrada: il fatto che fosse in provincia di Frosinone indica che Mario Abbruzzese a questo punto viene considerato tale e che la campagna elettorale di territorio e per i territori sta funzionando. Il secondo. La Ciociaria adesso è nell’agenda politica della Lega: lo dimostra uno dei passaggi dell’intervento fatto dal capitano, quando ha parlato di Automotive.

La sala dell’Edra durante la visita di Matteo Salvini

Ha detto che “i geni di Bruxelles, con il voto contrario della Lega, hanno approvato una norma che dice che dal 1 gennaio 2035 tutti i concessionari d’Italia non potranno vendere più auto diesel e benzina. Si potranno comprare solo auto elettriche. C’è un piccolissimo problema le auto diesel e benzina vengono prodotte in Italia e in Europa mentre quelle elettriche hanno le batterie prodotte in Cina. Oggi l’auto elettrica costa di più, consuma di più e inquina di più. Mandiamo a Bruxelles persone che fermino questo scempio“. E quindi l’invito al voto per Mario Abbruzzese

Quando Mario Abbruzzese perse il biglietto per Montecitorio a causa della miseria di 177 voti su 103.647 lo stabilimento Stellantis Cassino Plant uscì dalle agende politiche. Anzi: iniziarono le politiche e le scelte strategiche che portarono il comparto Automotive italiano sull’orlo del baratro obbligandolo alla fusione in Stellantis.

Oggi, con la sua candidatura, è riuscito a riportare il tema al centro dell’attenzione politica di un Partito di Governo. Se dovesse centrare l’elezione, quel tema tornerebbe anche a Bruxelles. È anche per questo che Abbruzzese scommette sul ruolo della Ciociaria in questa corsa. I voti decisivi, capaci di fare la differenza, possono arrivare soprattutto da lì.

L’agenda di Mario.

LICIA RONZULLI

Licia Ronzulli (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Ne avevamo già parlato e il mainstream forse questa cosa l’ha fiutata poco: Licia Ronzulli è in gamba. E non è solo una ex perla del rosario che cingeva il collo gaudente del fu Cav, come molte testate non proprio in linea col centrodestra hanno fatto trapelare per anni. La vice Presidente del Senato e parlamentare di Forza Italia è prontissima a sciorinare ragionamenti “al bacioe con una dose di sincerità a volte burbera, ma mai sopra le righe, che spiazzano.

E non certo, ci mancherebbe, perché la vulgata negativa su di lei faccia anche solo per un attimo da contrappeso. Semplicemente perché la Ronzulli è una che sta una spanna sopra tant* parlamentar* con nomea più quotata. Le sue posizioni in merito a guerra in Ucraina e tasse sono state sempre coerenti e mai ideologiche. Adesso il tema chiave è un altro.

Chi finanzia i Partiti oggi
Giovanni Toti (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Ed è quello del finanziamento pubblico ai partiti riesumato dal caso giudiziario che ha visto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti finire nel mirino della magistratura. Per Ronzulli su quel tema spinoso “occorre aprire una riflessione. Mi pare ci sia una grande ipocrisia. A parole sono tutti contrari al finanziamento pubblico, ma in Parlamento parlo con molti esponenti di ogni Partito”.

Ed ecco cosa ne vien fuori a parere della numero due di Palazzo Madama. “Non ce n’è uno che, in camera caritatis, non sia favorevole a una qualche forma di finanziamento pubblico ai Partiti”. La chiosa è stata netta: “La bestia populista non è mai sazia. Ora si apra una riflessione. E tanti sono pentiti anche del taglio dei parlamentari”.

Lo storico è noto: i Partiti hanno casse vuote e dal 2013 il governo Letta aveva abolito i rimborsi elettorali. Il che vuol dire che c’è rimasto il solo 2×1000 a foraggiare ufficialmente le segreterie. Quello ed i privati, che però trasudano interesse da ogni poro. E’ vero, c’è il finanziamento dei gruppi parlamentari, ma quelle sono risorse legate all’attività istituzionale dei gruppi, non certo a quella settata dei Partiti.

Licia Ronzulli ha sollevato un franco problema, ed ha “baciato il serpente”, come si dice in Indonesia per indicare situazioni che richiedono coraggio.

Kiss me Licia.

FLOP

CARLO NORDIO

Il ministro Carlo Nordio (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Carlo Nordio è sempre stato un ministro atipico. Ex requirente in purezza che anche grazie alle intercettazioni che oggi mette all’indice sbrogliò la matassa del Mose. Poi ministro totem di una serie di riforme della Giustizia che si stanno perdendo tra la rotta dell’Esecutivo, che è fratta, e la necessità di non stravolgere troppo una cosa seria come la Legge.

In questi sempiterni derby Nordio ci si è trovato impelagato fin dal suo insediamento a via Arenula. Erede e prosecutor ideale della strana riforma Cartabia, ha fatto un po’ come fanno tutti quelli che si mettono in testa di fare la Storia avendone possibilità in quanto a capacità di manovra.

Il benedetto articolo 111
(Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Ha stravolto e sta stravolgendo, non sempre bene, l’impianto di una Giustizia che tutto sommato migliorerebbe del 70% se solo fosse più celere ed aderente all’articolo 111 della Costituzione. A ben vedere Davide Faraone esagera ma non troppo, nel citare gli ultimi sviluppi di questa lenta e “guttante” oepra di restyling dei Codici voluta da Nordio. “Lui è stato immobilizzato dalla Meloni. Questa legislatura non vedrà approvata alcuna riforma delle giustizia”.

C’è sì un dato, quello per cui i tempi per la presentazione della nuova riforma della Giustizia sono maturi, ma ne esiste anche un altro. Nordio non è tra i ministri che si sono maggiormente equalizzati con la premier, a sua volta costretta a reinventarsi da “manettara” a garantista oltranzista.

I media fanno sapere che quel provvedimento, quello sulla discussa separazione delle carriere, potrebbe essere presentato in Consiglio dei ministri domani, 29 maggio. Lo scopo è battere il ferro nella forgia di giorni che precedono il voto europeo, e per motivi più che ovvi. E Nordio? Ha spiegato che quel Ddl “conterrà anche importanti riforme su composizione e criterio di elezione del Csm insieme ad altri principi“.

Separare giudicanti e requirenti

Il tutto assieme alle nuove regole su quando, come e perché applicare la custodia cautelare, che pare “sarà devoluta a un giudice collegiale e all’interrogatorio di garanzia”. Ma il senso è un altro ed è tangibile: Nordio sembra una persona finita nella rete della sua stessa smania riformista e che nel finirci ha perso la bussola originaria.

Succede, quando non sai più ce passare alla storia o gestire doverosamente la cronaca.

Rompisigilli.