Top e Flop, i protagonisti di martedì 28 ottobre 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 28 ottobre 2025.

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 28 ottobre 2025.

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TOP

CARLO CALENDA

Carlo Calenda davanti allo stabilimento Stellantis Cassino Plant

Carlo Calenda ha fatto ieri mattina quello che pochi, troppo pochi, hanno il coraggio di fare nella politica italiana di oggi: ha detto la verità. Nuda, cruda, scomoda. Senza pannicelli caldi, senza giri di parole. Ha alzato il velo su un fenomeno che tutti vedono ma pochi denunciano: la deindustrializzazione del Paese, il progressivo svuotamento delle nostre fabbriche, l’emorragia silenziosa del lavoro manifatturiero. (Leggi qui: Cassino, ultima chiamata: Stellantis va via in silenzio e nessuno grida).

Soprattutto ha aggiunto un dettaglio che suona come una bomba: questo processo non è solo colpa del mercato, degli investimenti sbagliati o dei vertici Stellantis troppo attenti al cash flow e poco alla produzione. No, è qualcosa di peggio. Calenda parla di un accordo sottobanco tra governo e azienda, un patto silenzioso che si consumerà dopo le elezioni del 2027. Uno scenario inquietante, in cui lo Stato, invece di difendere l’industria, l’accompagna verso l’uscita.

Dalla linea del fronte
Giulia e Stelvio Alfa Romeo prodotte a Cassino

La denuncia è arrivata a Cassino, proprio dove lo scheletro della ex gloriosa fabbrica FCA grida vendetta: da 135mila auto all’anno a meno di 20mila. Da lì, Calenda lancia una proposta di mobilitazione nazionale. Sindacati, opposizioni, territori: tutti insieme per fermare questa deriva. E soprattutto indica una soluzione: è il costo dell’energia e l’eccessiva fiscalità a mettere in fuga dall’Italia le industrie. È lì – evidenzia – che si deve agire se si vuole avviare un piano di risanamento.

Perché qui non si tratta solo di Stellantis. Si tratta dell’idea stessa di Italia che vogliamo. Un Paese che produce, o un Paese che consuma quello che altri producono? Calenda ha scelto da che parte stare. Ora tocca agli altri.

Smobilitazione in atto.

ENRICO COPPOTELLI

Enrico Coppotelli e Daniela Fumarola

I sindacati spesso arrancano tra nostalgia e tatticismi. Il Segretario Generale Cisl del Lazio Enrico Coppotelli ha scelto una strada diversa: quella della visione. Non slogan, ma piani. Non proclami, ma proposte. E così, mentre altri rincorrono la cronaca, lui ha rimesso in moto la Cisl Lazio, trasformandola da corpo intermedio in apnea a protagonista lucida del dibattito su lavoro, sviluppo e coesione sociale. (Leggi qui: Coppotelli chiama, il Lazio risponde: la Cisl è compatta ed alza il tiro).

Il Consiglio generale andato in scena ieri lo ha confermato: oltre 400 tra delegati, dirigenti, rappresentanti territoriali riuniti non per autocelebrarsi, ma per tracciare una rotta. Coppotelli ha parlato di manifattura, di logistica, di sanità, di Tav e di energia. Ma soprattutto, ha parlato con l’autorevolezza di chi ha costruito un’agenda credibile e autonoma, radicata nei territori ma capace di guardare lontano.

Pronti al balzo
(Foto © Pexels)

Il Piano per uno sviluppo “generativo e partecipativo” – presentato un anno fa e ora pronto a fare un salto di qualità – non è solo un documento. È una nuova grammatica sindacale che rimette al centro persone, competenze e lavoro buono. È la dimostrazione che la rappresentanza può ancora essere laboratorio di futuro.

Ecco il vero merito di Coppotelli: aver riportato luce in una casa che sembrava aver spento la sua, e aver ridato spessore politico e sociale a un sindacato che oggi, nel Lazio, è tornato a contare.

La rigenerazione silenziosa della Cisl.

ARTURO CAVALIERE

Arturo Cavaliere (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

C’è un momento in cui la toppa non basta più. Nemmeno se è cucita con oltre 4 milioni di euro. È il caso dell’Asl di Frosinone, che per fronteggiare la carenza di personale e abbattere comunque la lunga fila di arretrati esplosa dai tempi del Covid ha deciso di stanziare una somma monstre per coprire i turni con ore extra. È la mossa di chi sa che il motore perde colpi, ma non può fermare la macchina. (Leggi qui: Carenza di personale, l’Asl mette sul piatto più di 4 milioni di straordinari).

Attenzione, però: non siamo davanti a un’emergenza organizzativa. Quella è già superata. Qui si è entrati nella fase due: la desertificazione. Cominciano a mancare fisicamente gli uomini, le donne, i professionisti della sanità. Medici, infermieri, tecnici. Non si trovano più. Non si riescono a trattenere. E se ci sono, fuggono verso altre Asl, o verso l’estero, o verso il privato, dove gli stipendi sono più simili ma lo stress è meno oppressivo.

Il mare in un secchio

Il dato è crudo: milioni di euro per incentivare chi già lavora oltre il limite, per tappare i buchi lasciati da chi non c’è. È come svuotare il mare con un secchio. Servono concorsi, serve programmazione, servono soprattutto contratti attrattivi. Perché non si può pensare che un medico si metta in treno da Roma al mattino per arrivare a Cassino dopo due ore e poi la sera a fine turno faccia lo stesso percorso a ritroso. Va individuata una pianificazione dei tempi e degli incentivi che tenga conto di un mondo che è differente da quello di Roma dove si prendono le decisioni: a Sora non si arriva in scooter.

Occorre una visione più creativa. Arturo Cavaliere questa visione l’ha avuta: catapultando sulle prime linee di Frosinone gli specializzandi di Tor Vergata, convenzionando i medici formati nelle università albanesi sotto la supervisione dei professori italiani. Ora occorre quel salto di qualità che però compete alla politica: Regionale e Nazionale. Chi va in prima linea, chi deve andare in quella periferia che è il centro del problema, deve avere un buon motivo di vita per farlo.

Intanto si affronta l’emergenza. I soldi ci sono e Cavaliere li mette a disposizione. Certo il paradosso è servito: ci sono le strutture, ci sono le risorse straordinarie, ma non ci sono più le persone. A furia di rincorrere le emergenze, la sanità pubblica ha perso il respiro. E ora rischia il collasso per asfissia. Ma è colpa che viene da lontano. Molto lontano.

Uomini straordinari

FLOP

I PRO PAL DEL FRONTE DELLA GIOVENTU’

Le macerie di Gaza

Considerazione di principio: durante la Seconda Guerra Mondiale la più parte dei popoli arabi era filo nazista perché il target dei nazisti erano gli odiati ebrei. Considerazione due: il più nazista tra i nazisti che la storia ricordi fu il Muftì di Gerusalemme.

Ultima considerazione: il Fronte della Gioventù è un’organizzazione di chiara ispirazione post fascista e post missina. Caso mai vi fossero ancora dubbi lo dimostrano i famigerati video facenti parte dell’inchiesta illo tempo di Fanpage.

Ed ora veniamo a fatti. Fatti esplicati meglio di tutti da questa nota a corredo dello sconcio avvenuto ieri presso l’Università Ca’ Foscari a Venezia.

La “scusa” del pacifismo
Emanuele Fiano (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

“In questo clima di repressione è necessario opporsi a chi, come Emanuele Fiano, prima tramite slogan sulle testate giornalistiche, e ora anche muovendosi dentro l’Università, avanza- con la scusa del pacifismo- affermazioni cerchiobottiste. A scrivere sui social son i Pro-Pal di destra che ieri hanno impedito ad Emanuele Fiano di parlare ad un evento accademico.

E c’è di più: (Affermazioni) che criticano il diritto ad autodeterminarsi del popolo palestinese e attaccano il movimento per Palestina, tacciandolo di antisemitismo e opponendosi all’arma principale che i lavoratori e gli studenti hanno contro un paese genocida: il blocco economico e il boicottaggio, delle merci e accademico”.

Fiano un ex deputato del Partito Democratico, oggi presidente di un soggetto politico di cui, forse tra i pochi, ci eravamo già occupati: Sinistra per Israele – Due Popoli due Stati. Ebbene, a lui, che è un ebreo di sinistra e che ha avuto un padre incappato nelle Leggi Razziali, è stato impedito di parlare all’evento universitario veneziano.

Un padre deportato dai fascisti
Foto © IchnusaPapers

“Sono scioccato da quanto accaduto. Impedire a una persona di parlare è fascismo. L’ultima volta che hanno espulso un Fiano da un luogo di studio è stato nel ’38, con mio padre. Noi eravamo lì a parlare di pace tra due popoli, di ingiustizie, di dolori, di violenza e di pace. Chi non vuol sentire parlare di queste cose la pace non la vuole”.

Il papà di Fiano, Nedo, sopravvisse ai campi di sterminio ed oggi suo figlio sta provando a mettere in piedi un sistema complesso pacato, che sia “portavoce dell’esigenza di pace e del diritto dei palestinesi ad avere il proprio Stato, contrastando le politiche del governo Netanyahu”.

Non è servito e il presidio del Fronte della Gioventù di Venezia ha scandito il suo slogan: “Fuori i sionisti dalle università”.

La perla finale di La Russa
Ignazio La Russa (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Alla fine il dibattito è saltato. Anche quel po’ di buon senso finale, quando un Ignazio La Russa equilibrista all’ennesima potenza ha dichiarato sul caso. “A Emanuele Fiano a cui esprimo solidarietà e con cui ho sempre avuto un simpatico rapporto personale, mi permetto di segnalare una cosa”.

Cosa? “Che almeno in questo caso citare il fascismo come principio guida per i pro-Pal è un po’ azzardato. Forse riservare al fascismo le indubbie colpe storiche verso gli ebrei italiani e chiamare invece col loro nome le idee che ispirano oggi i proPal sarebbe più onesto e opportuno”.

Sì, ma quei Pro-Pal erano del Fronte della Gioventù.

Ducetti.