
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 4 giugno 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 4 giugno 2024.
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ALESSANDRO BARBANO

Possiede una dote rarissima: ha una penna raffinata che sa usare come pochi ed al tempo stesso è dotato di una rara capacità organizzativa e di visione. Alessandro Barbano ha tutto per essere uno straordinario direttore di giornale: il mestiere e l’abilità. È come quei numeri 10 di una volta nel calcio: piedi buoni e capacità di far girare la squadra. Ma è un essere umano ed un limite doveva pur averlo.
Quel limite è emerso in tutta la sua ingombrante dimensione dopo un mese di direzione de Il Messaggero, quotidiano del quale era stato Capo della Cronaca di Roma e vice direttore, prima di lasciare il gruppo Caltagirone per poi tornarvi e chiudere il cerchio.
Il limite sta nel fatto che puoi essere il più abile capitano di lungo corso, un impareggiabile Piero Calamai al timone dell’orgoglio della marineria italiana quale fu l’Andrea Doria. Ma sei sempre il comandante e non devi dimenticare che l’armatore è un altro. Tu puoi scegliere la rotta migliore per percorrere la tratta nel minore tempo e la migliore soddisfazione per i viaggiatori: ma a dove si parte e dove si attracca lo decide chi possiede la flotta.

Alessandro Barbano e Francesco Caltagirone probabilmente non si erano bene intesi su questo punto. Il direttore ha una visione europeista e trasversale, non appartiene ad un convento e non ha santuari da riverire. Non si piega e non vuole che lo facciano i suoi giornalisti: per questo aveva disposto che le interviste si facessero de visu e non mandando le domande per attendere le risposte. Il beneficio è una risposta più spontanea, il limite è il rovescio della medaglia e cioè che la risposta talvolta non è ben ponderata e questo innesca malumori.
Avere imposto questo format anche alla Presidente del Consiglio ed avere scritto cose che hanno mostrato nudo il re gli sono stati fatali. Ieri il direttore aveva scritto “Fare l’Europa non vuol dire contrapporsi agli altri o chiudersi nei confini” citando il governatore di Bankitalia Fabio Panetta. “Fare davvero l’Europa significa individuare la giusta misura del rapporto tra valori e prezzo dei diritti. (…) Se queste sono le coordinate della sfida è lecito chiedersi in che misura possono farne parte e giocarla insieme quei soggetti politici che chiedono più Europa e quelli che, come Giorgia Meloni, vogliono cambiarla”.
Troppo, per uno come Caltagirone. Che invece ha una visione leggermente meno aperta. E come nel suo diritto ha cambiato direttore ritenendo che Barbano non incarnasse a pieno la sua linea editoriale.
Ci sta. Ma da questa storia è uno solo ad uscirne da gigante. Ed è Alessandro Barbano. Che scrivendo quello che pensava ha ricordato cosa sia la libertà in una redazione e che può essere esercitata. A costo di essere pronti a pagarne il prezzo.
Con la G maiuscola.
LUCA BORGOMEO

Understatement, agire senza apparire: è così Luca Borgomeo. Mai sopra le righe, nessuna parola di troppo: a costo di apparire timido. Invece ti studia. E poi piazza il colpo. C’è lui dietro a due delle principali operazioni industriali portate a termine negli ultimi mesi nel Basso Lazio: la joint venture con il colosso Itelyum nella Plasta Rei di Cisterna di Latina, l’ingresso del fondo Lmdv Capital di Del Vecchio in Acqua di Fiuggi.
Perché Luca Borgomeo capisce dannatamente di finanza, riesce a fiutare dove c’è un investimento capace di moltiplicare il capitale a condizione di fare e realizzare. Ma soprattutto ha una dote ormai rarissima in Italia: non lo fa nel settore della finanza, non gioca tra titoli e quotazioni, non scommette su rialzi, ribassi e tonfi. Lui è tra i pochissimi che ancora scommettono sulla produzione, sulla manifattura italiana, sul prodotto.

E sul territorio. Nelle vene di Luca Borgomeo scorre sangue della provincia di Frosinone per parte di madre. Per parte di padre c’è un analogo attaccamento alla terra di Ciociaria: il presidente Francesco è quello che ha salvato Marazzi ed Ideal Standard convertendole in Saxa Gres ed in Grestone. Questa operazione potrebbe essere quella che consentirà il definitivo ritorno della Fiuggi in uno scenario mondiale, inserendosi in un progetto di alta gamma ed altissima qualità attraverso anche le connessioni con gli investimenti di Del Vecchio nel food. (Leggi qui: L’Acqua di Fiuggi a Leonardo Maria del Vecchio).
Buon sangue…
ANDREA DELMASTRO

Non sta scritto da nessuna parte che la mistica ed il pregresso debbano essere per forza discrimine a valutare iniziative opportune. Non sta scritto per nessuno, neanche per Andrea delle Vedove Delmastro che in quanto a mistica e pregresso oggi non è secondo a nessuno. Il vice titolare della Giustizia con delega al Dap è sotto indagine per il caso Donzelli-Cospito-parlamentari dem e sotto “botta” per il caso Pozzolo. Insomma, oggi Delmastro non è certo il migliore dei bigliettini da visita, né per Fratelli d’Italia né per il Governo di cui FdI è ruota motrice grossa.
Tuttavia è pur sempre un Sottosegretario alla Giustizia chiamato ad occuparsi di affari relativi al mondo carcerario. E, piaccia i meno, l’universo carcerario italiano non è solo polarizzato dalle pessime condizioni della popolazione “inside”. No, quello è un mondo su cui gravano anche precise istanze di sicurezza e di organizzazione della Polizia Penitenziaria.
Nasce il Gio della Polizia Penitenziaria

Ecco perché il battesimo voluto da Delmastro di “un reparto di rapida reazione operativa, specializzato nella protezione e tutela della sicurezza delle strutture penitenziarie e delle persone in caso di rivolta in carcere”, è da lodare come principio. Si tratta del Gruppo di intervento operativo (Gio) della Polizia Penitenziaria, naturale evoluzione del preesistente Gom. Esso, si apprende sarà “debitamente equipaggiato e in grado di intervenire entro un’ora dalla richiesta”.
E’ un “gruppo specializzato” ed è stato presentato nel corso di una conferenza stampa al ministero della Giustizia. Presenti erano lo stesso Delmastro delle Vedove e Giovanni Russo, capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Poi Lina Di Domenico, vicecapo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e Linda De Maio, primo dirigente di polizia penitenziaria, nonché direttore del Gio.
Cosa è chiamato a fare il gruppo

La formazione del Gio “corona un percorso di cui sono orgoglioso, di rafforzamento della polizia penitenziaria e della sicurezza nei nostri istituti”. Poi il mezzo spiegone pubblicistico d’ordinanza, che sul caso di specie ha un tono un po’ “questurino” ma obiettivamente condivisibile. “In un anno e mezzo c’è stata l’assunzione di oltre 7mila allievi agenti, poi la dotazione di scudi e caschi antisommossa, giubbotti antiproiettile e body cam”.
Ed a chiosa un “corpo medico di polizia penitenziaria e un nuovo modello di unità cinofile per intercettare eventuali tentativi di far entrare stupefacenti o cellulari o sostanze vietate negli istituti”. Sa tutto in iperbole di violenza repressa, è vero, e il “brand” di Delmastro nel mainstream quello è.
Tuttavia discernere una cosa scomoda ma utile da una cosa che sa del cascame discutibile di chi la promuove è sempre un atto di giustizia. Magari difficile ma doveroso.
Scelta scomoda ma necessaria.
FLOP
MATTEO RENZI

Gioca di sponda con cose condivisibili in parte, ma ovvie e vecchie. E soprattutto con cose che non lasciano immune neanche lui da “profili accusatori” utilizzati ad arte per sfangare qualche voto in più alle Europee di sabato e domenica prossimi. Matteo Renzi è così e così lo devi prendere: tanto bravo a disegnare scenari di buon senso quanto bravissimo a lanciare boomerang che sembrano rasoi di ritorno.
Come il suo ultimo all’indirizzo di Giuseppe Conte, sostanziato in un fraseggio social con cui gli stessi utenti hanno ricordato a “Renzie” cose. Cose come i comparaggi con la Russia di Putin quando con la Russia di Putin stare in comparaggio era mood diffuso, quasi trendly, e quasi per tutti i partiti.
L’attacco a Conte sulla Russia

Nell’attaccare Conte Renzi ha scritto sornione: “Giuseppe Conte parla spesso di influenze straniere. Qui gli rilancio la sfida: facciamo un dibattito sulle influenze straniere di cui parli tanto, caro Conte”. Poi quella che voleva essere una scoppola da knock-out che invece è diventata briscola di ritorno. “E vediamo se finalmente ci racconti perché hai fatto entrare i soldati russi in Italia nel pieno della pandemia”.
Al di là della ovvia oppugnabilità del fatto, alcuni utenti social hanno dato sostanza alla stessa con argomentazioni difficilmente collocabili nel novero di quelle spanciate in modalità replica becera. Qualche esempio? “Conte era capo del governo in un esecutivo nel quale c’era anche Matteo Renzi e tutti i transfughi di Italia Viva. I russi sono sempre stati scortati e hanno visitato unicamente le strutture che erano state indicate. Le allusioni di Matteo Renzi sono gravi”.
Mezzo zittito dagli utenti
E magari un filino fuori squadra se non nell’ottica di un colpo di coda elettorale. O ancora, a cura di un altro utente Twitter più “colorito” ma non meno quadrato nelle sue riflessioni. Che meritano un suggello di doverosa veridicità e che non sposiamo nel merito, ma che come format generico funzionano. “Disse quello che, violando un embargo, vendette armamenti alla Russia. (Che) diceva che di Putin ci si poteva fidare, chiedeva di togliere le sanzioni, era in un Cda di azienda operante solo in Russia e non andò mai al Copasir a dire questa cosa“.
Non era meglio tacere su un terreno nel quale spiccano le impronte dei piedi un po’ di tutti?
Canzoni stonate.