I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 5 novembre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 5 novembre 2024.
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FEDERICO SACCHETTI & co.
È l’istinto a bloccare, paralizzando e rendendo incapaci di agire davanti ad un problema. Non è essere codardi: sono le informazioni genetiche che stanno nel nostro profondo e grazie alle quali gli umani sono sopravvissuti. Si chiama “riprova sociale” ed è un concetto tra quelli chiave in Psicologia delle Masse: se non sappiamo cosa fare ci fermiamo ed aspettiamo che qualcuno prenda l’iniziativa e subito lo aiutiamo. Esempio scolastico: una signorina grida che la stanno molestando, all’inizio nessuno si muove, appena interviene il primo c’è la mobilitazione di massa e si rischia il linciaggio. Ma se nessuno si muove?
Per fortuna non è accaduto questo ieri mattina a Frosinone dove una ragazzina di 16 anni in preda ad una difficoltà ha cercato di ritrovare la serenità sedendosi in un punto pericolosissimo: alto, con unil vuoto davanti, le gambe a penzoloni. Il professor Federico Sacchetti era in Sala Professori all’istituto Maccari e quando lo hanno avvertito di quanto stava succedendo non ci ha pensato due volte. Ha raggiunto il posto ed avvicinato la ragazzina seduta pericolosamente sulla balaustra. Nel frattempo un’altra insegnante, la direttrice dell’Accademia di Belle Arti che a sua volta ha assistito, si è attivata ed ha avvertito il 118 e la polizia.
La ragazza aveva solo bisogno di parlare. E di avere qualcuno che la ascoltasse, rassicurandola. È normale a quell’età. Più facile nel passato, molto più complesso oggi che il mondo non sa più né parlare né ascoltare ma si concentra sullo scroll di uno schermo e poi cambia visuale.
Il prof ha ascoltato ed appena a distanza giusta ha afferrato la ragazzina portandola in una posizione sicura lasciandola sfogare e riprendere.
Ma se fosse rimasto seduto, se la collega non avesse telefonato, se tutti avessero continuato a fissare in alto ed indicare con il dito verso quelle gambe che penzolavano, ci sarebbe stata una ragazzina rimasta sola con le sue difficoltà ed il resto del mondo a pensare ai fatti propri. Magari con le immagini sul cellulare.
Grazie prof.
GIUSEPPE AMATO
Mettere assieme garantismo e bisogno che la Legge faccia giustizia sui morti che ci guardano è difficile. Lo è soprattutto se nel cercare questa crasi si è soggetti al forma di essere una delle parti che, a realizzare la compiutezza della Legge, concorrono. Parti di rango oltretutto, a contare che Giuseppe Amato è Procuratore generale d’Appello e che rappresenta quindi lo stato dell’arte nella parte accusante nella parte meritoria del dibattimento.
E soprattutto a contare che Amato ha intenzione di esercitare questo suo ruolo in un contesto in cui il cardine del garantismo è stato messo a dira prova. Dalla parte umana ed empatica della vicenda e dal fatto che essa è ancora irrisolta in punto di Diritto. Perché sì, la tragica vicenda dell’uccisione di Serena Mollicone sta in piedi da troppi anni per non aver instillato nell’animo dei cittadini un senso di impotenza nei confronti dell’orrore.
L’orrore senza colpevoli
Di quello e di tutte le volte che fa irruzione nelle nostre vite e le stronca, e con esse quelle di chi amò le vittime. Ecco perché la notizia per cui la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Roma impugnerà in Cassazione le assoluzioni sul processo di secondo grado per il delitto Mollicone è centrale. (Leggi qui: Quella benda che aiuta ad esercitare la Giustizia).
Ed ecco perché l’equilibro del Pg Amato si è rivelato cardinale nel dare l’annuncio della decisione procedurale. Perché Amato poteva cavalcare l’onda emotiva di uno dei crimini più efferati, nella loro mancata risoluzione giuridica, degli ultimi 50 anni. E invece non lo ha fatto, e si è limitato ad esporre genuine ragioni tecniche. Quelle per cui, a suo parere, le assoluzioni di Franco Mottola, della moglie Annamaria, del figlio Marco e dei Carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano sono da riconsiderare.
A luglio la Corte di Appello aveva statuito che nei loro confronti non c’erano elementi di prva tali da motivare una condanna, e quel che accadde alla 18 enne liceale di Arce il primo giugno 2001 resta ancora orrore senza un perché. E senza protagonisti. Serena venne trovata morta tre giorni più tardi, legata nel bosco Fonte Cupa nella vicina località Anitrella di Monte San Giovanni Campano.
Il teste mai convocato
Giuseppe Amato ha effettuato una visita agli uffici della Procura della Repubblica di Cassino ed ha spiegato: “Il nostro lavoro investigativo è stato fatto bene. Sia in primo che in secondo grado, e riteniamo per questo che ci siano motivi per ricorrere in Cassazione”. Quali son i motivi tecnici?
Lo spiega l’Ansa: “Tra questi, la mancata audizione di un testimone che non venne convocato per una questione procedurale. E poiché la Corte di Cassazione non entra nel merito della vicenda” ci sarà un poker di particolari che andranno sotto setaccio tecnico. La Corte con gli “Ermellini” infatti non si esprime nel merito, ma su come a quel merito ci sia sia arrivati in punto di Procedura.
Essa “non analizza i fatti storici come ricostruiti nei gradi precedenti ma l’oggetto del suo giudizio è la corretta applicazione delle norme”. Ecco perché Amato evidenzierà quattro punti “sui quali chiedere l’intervento della Suprema Corte in punto di procedura”.
Perché Giustizia e Vendetta non sono mai la stessa cosa, e la parte che deve raggiungere la prima sul fronte dell’accusa deve essere la prima a rimarcarlo.
Il diritto del Diritto.
GIUSEPPE SANTALUCIA
Ci risiamo, e ci risiamo in loop peraltro. L’inizio del mese di novembre porta a traino con sé una questione che, in Italia, è irrisolta da anni, lustri, decenni. Più o meno da quando, nel 1994 e dopo il ciclone Tangentopoli, Silvio Berlusconi scese in campo e si portò a strascico tutte le sue ubbie anti-magistratura.
Da allora è stato tutto un susseguirsi di episodi in cui le toghe facevano (non sempre e non tutti benissimo) il loro lavoro. E buona parte della politica spiegava (non sempre e non benissimo) che quelle erano toghe rosse che attentavano scientemente all’azione dei governi.
Le toghe che sabotano dolosamente
Attenzione ché la parola cardinale sta tutta là, in quello “scientemente”, in un format per il quale non è neanche da considerarsi l’errore o il semplice incedere della Procedura di verifica. Ma nel quale avrebbero sempre avuto piena e sola cittadinanza le intenzioni dolose di giudici “rossi” di sabotare l’eunomia destrorsa.
E già la scorsa estate il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, era intervenuto in questo scontro, esacerbato dall’arrivo di Giorgia Meloni al governo ed in trittico con Matteo Salvini ed Antonio Tajani. Lo aveva fatto spiegando che “il nostro impianto costituzionale ha accompagnato la Repubblica dal ’48 in poi. Ed ha dato ottima prova di sé per quanto attiene all’assetto della giurisdizione e all’equilibrio con gli altri poteri dello Stato”.
“Ricordo agli innovatori di oggi che grazie a questo impianto costituzionale la magistratura ha saputo svolgere in pieno il suo compito in momenti tragici nella storia della Repubblica”. Momenti come l’emergenza terrorismo e la mafia. E lo ha fatto “con questo assetto, tenendo alto il livello della tutela delle garanzie individuali”.
I Cpr ed il grande equivoco
Insomma, tutta la ragione sta ai magistrati e tutto i torto alla politica che li mette al palo? No, però è evidente che da un punto di vista concettuale e largo chi esagera è la politica, anzi, una certa politica.
Un giudicato ritiene che il trasferimento nei Cpr albanesi di migranti sia improponibile in punto di Diritto? Apriti cielo. Neanche a dirlo, con la partenza in queste ore della nave Libra per il Cpr di Gjader proprio mentre la Corte dei Conti valuta i costi. E Santalucia ha voluto sciogliere anche un altro grande equivoco, forse quello più importante di tutti.
Così: “C’è un fraintendimento di fondo. Il ruolo della giurisdizione in una democrazia non è quello di collaborare con l’attuazione del programma di governo, ma di tutelare diritti e garanzie delle persone“. Capito?
Toga di ferro.
FLOP
STEFANO ESPOSITO
Il senatore del Pd Stefano Esposito già deputato ed assessore capitolino in giunta Marini certe regole auree le dovrebbe conoscere bene. E conoscerle al punto da poter distinguere alcuni cardini della vita istituzionale italiana senza cadere nel partigianesimo facile facile di bottega. O di indirizzo ideologico d’area.
Il problema è presto spiegato. Partiamo da un preambolo oggettivo, cioè da una cosa che per i politici sempre più spesso diventa un trappolone ex post. Cioè? Un post social, come questo di Esposito, appunto. “Ennesimo giustiziato dalla furia giustizialista di un Pm che si ritiene Dio in terra, che critica la legge che stabilisce che un indagato è un presunto innocente e non un presunto colpevole. Tanto a lui cosa interessa come finisce il processo nessuno gli chiederà conto”.
La vicenda Tallini e il fuoco alle polveri
Il pezzo a cui il parlamentare ha fatto riferimento è quello di Ermes Antonucci de Il Foglio: “Gratteri colpisce ancora: assolto definitivamente Domenico Tallini, arrestato nel novembre 2020, quando era presidente del Consiglio regionale della Calabria, con l’accusa di aver favorito un clan mafioso in cambio di voti. ‘E’ stato come se mi fossero passati addosso dieci carri armati’, racconta Tallini al Foglio”.
“L’ordinanza di custodia cautelare mi venne notificata a casa alle 4.15 del mattino da otto carabinieri. Nemmeno in Bolivia al peggior avversario politico accadono queste cose”.
Dunque, facciamo il punto: c’è una persona su cui gravano sospetti, c’è uno Stato di Diritto che prevede che la magistratura faccia delle verifiche. Poi c’è l’onore della prova a carico della magistratura stessa e c’è un format giuridico che prevede un processo non accusatorio, ma inquisitorio. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti a ché si capisca, una volta per tutte, che quando la Procura non trova elementi a carico di un indagato non è che sbaglia. O perde, o ha esagerato.
Non è sconfitta, ma esito di verifica
Semplicemente e fatte salve le garanzie del cittadino anche in fase fascicolare o in ordine alle misure di cautela, esiste un obbligo da parte della magistratura, per la quale l’esercizio dell’azione penale in Italia è obbligatorio di verificare. Se poi all’esito di quelle verifiche dovesse risultare (buon per lui) che l’indagato è estraneo ad ogni forma di configurazione penale tanto meglio.
Ma non significa che la Procura – nel caso di specie Nicola Gratteri – abbia sbagliato. Non significa che la parte politica coinvolta o interessata a propalare una tesi debba gridare al fallimento sulle spalle di un innocente.
E non dovrebbe significare che un parlamentare equilibrato come Esposito vada a scrivere che esistono vittime di un certo tipo di giustizialismo. Non è giustizialismo, è lo Stato di Diritto così come lo abbiamo studiato, approvato e messo in Costituzione noi.
No, proprio non ci siamo capiti.