I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 7 ottobre 2025.
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 7 ottobre 2025.
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LORENZO PALMISANI

Alcune storie che spiegano un progetto meglio di mille analisi tattiche,. Quella di Lorenzo Palmisani, 20 anni, portiere del Frosinone Calcio e ora convocato nella Nazionale Under 21, sta scritta su quel libro. È la storia di un ragazzo di Alatri che, nel giro di pochi mesi, è passato dal fare il terzo portiere in Serie B a difendere la porta di una squadra che viaggia a ritmo da promozione e, insieme, quella del futuro azzurro.
La chiamata di Palmisani non è solo una premiazione individuale ma il simbolo di una strategia collettiva: quella del Frosinone che non compra giovani, li costruisce.
Perché dietro a ogni parata c’è un’idea, quella del club che ha scelto la via della sostenibilità sportiva: crescere in casa i propri talenti e restituirli al calcio nazionale migliori, più maturi, più veri.
La parabola di Lorenzo
A 20 anni, Palmisani ha già una parabola che somiglia ad un romanzo di formazione:
la gavetta in C con l’Olbia e la Lucchese, il fallimento del club toscano, il ritorno a casa da terzo portiere. E poi, il colpo di scena: l’infortunio di Sherri, la fiducia di mister Alvini e quella risposta che fa la differenza tra una promessa e un professionista. Perché Palmisani non ha solo parato, ha convinto.
Il Frosinone di oggi – 14 punti in 7 partite, secondo miglior attacco del torneo – è il risultato di una visione: investire sul futuro, anche quando non ha ancora un nome scritto sulla maglia. Grosso, Ndow, Dixon, Bracaglia, Cichella, Barcella: non figurine, ma simboli di una cantera che funziona. Una rarità nel calcio italiano, troppo spesso prigioniero del “subito” e incapace di guardare oltre il prossimo turno.
Palmisani è la risposta a tutto questo. Ha la calma del veterano e la freschezza di chi sa che ogni domenica può essere la prima. E nella sua convocazione c’è l’essenza di questo nuovo Frosinone: un club che non si accontenta di sopravvivere, ma costruisce identità.
Palmisani racconta di un calcio che torna a essere artigianale, radicato, fatto di persone e non di procuratori. E se ogni tanto l’Italia del pallone dimentica che il talento può nascere anche ad Alatri, allora basta guardare tra i pali del Frosinone per ricordarselo. Nel suo guantone c’è un pezzo del futuro del calcio italiano. E, finalmente, un po’ di orgoglio ciociaro anche in azzurro.
Il volto pulito del nuovo calcio.
CLAUDIO DURIGON

Con un risultato vicino alle percentuali nazionali, poco sotto il 10%, la Lega di Matteo Salvini incassa un risultato che la “blinda” dopo gli esiti non proprio lusinghieri del voto marchiagiano. C’è un uomo dietro questo gradimento che non affonda l’immagine di Matteo Salvini, forse un po’ troppo impegnato con un lessico sloganistico che non fa più così bene alle sorti del Carroccio.
E’ Claudio Durigon, vicesegretario in poker di persone della Lega e delegato per tutta l’area meridionale del Partito di Salvini. Lui è quello che fa, anziché proclamare, e si vede.
Un pontino per ogni latitudine

Durigon è pontino e di origini venete, il che significa, a contare questo risultato, che le sue skill non conoscono latitudini. Concreto, empirico e capace di “tradurre” il lessico un po’ troppo pindarico del Capitano in elementi funzionali, Durigon ha condotto una campagna elettorale quasi feroce. Dopo il risultato marchigiano Salvini aveva riposto ogni speranza concreta nella capacità del suo vice più affidabile di calamitare consensi. E Durigon ha battuto il terreno palmo a palmo, finalizzando un lavoro che aveva avviato da mesi evitando che lo strapotere di Fratelli d’Italia slavinasse, che Forza Italia andasse a mistica con la vittoria del “suo” Roberto Occhiuto. Poi che la Lega affondasse nel magma di un Partito di “nobiltà governaiva terziaria”.
Il risultato raggiunto dall’ex sotto segretario è ancora più importante se si considera che in Toscana, Campania e Puglia destracentro e Lega in particolare avranno ben poche chances.
E così la sua politica mordace e segugia, da profondo conoscitore delle dinamiche elettorali, ha messo al sicuro un partito ed un segretario che sono forti ormai solo in date circostanze ed in determinati contesti geopolitici nazionali. Ed ha blindato vertice e credibilità di un sistema complesso che prima di lui a Sud ormai accusava colpo.
Salvini ringrazia.
ROBERTO OCCHIUTO

Tutto confermato, e tuttavia le proporzioni della vittoria non sono solo figlie di pronostici prevedibili, ma di una tattica elettorale moderata ed efficace. Roberto Occhiuto ha sbancato il voto Regionale n Calabria e si è confermato presidente di una Regione che viaggia da sempre a trazione destrorsa.
Con oltre 15 punti di vantaggio sul “campione” del campo largo, l’ex presidente Inps e pentastellato Pasquale Tridico, il governatore uscente e dimissionario si è confermato uomo forte della regione e di Forza Italia. Con la complicità (in questo caso pressoché ininfluente) di un’affluenza in calo al 43,13% rispetto alle ultima elezioni, Occhiuto ha stravinto, ed oggi è un simbolo.
Giusto in tempo per il Def

Di Cosa? Della possibilità empirica che ancora per qualche settimana (almeno fino al voto in Campania, Toscana e Puglia) il destracentro di Giorgia Meloni possa crogiolarsi al sole di una spallata mancata. Oggi l’esecutivo in carica incassa, grazie allo shining di Occhiuto, un risultato che lo blinda almeno fino alla produzione del Def, il Documento di Economia e Finanza che precede le grandi manovre per la Legge di Bilancio.
Già nel tardo pomeriggio di ieri le proiezioni avevano dato conferma ad un distacco netto quanto insindacabile tra Occhiuto e Tridico. Il primo era già su uno score del 58%, poi attestatosi ad un pacioso 61, con il secondo che si era attestato ben sotto il 41%. Ed Opinio Italia aveva già dato la stura ai risultati di comparto partitico. Questo con una forbice del 58,5-62,5% contro 36-40%.
Il primo Partito è Fratelli d’Italia, seguito da Pd, Forza Italia, M5s e Lega, Campo Largo ristretto dunque, ed Occhiuto sulla vetta di una notorietà che per ora non è solo tattica, ma strategica.
La soddisfazione personale

Ed il governatore uscente, poi dimissionario poi rientrante in lizza si è anche tolto una soddisfazione personale. Con queste parole, appena appreso del risultato che lo rimetteva nella stanza dei bottoni della “Cittadella”: “E’ stato sconfitto chi voleva batterci per via giudiziaria”. Occhiuto infatti si era dimesso a luglio dopo aver appreso la notizia di essere indagato per corruzione.
Poi era sceso di nuovo in campo ed oggi Giorgia Meloni ed Antonio Tajani sono in vena di fargli un monumento. Il secondo in particolare: “Il successo del presidente Occhiuto, il successo di Forza Italia. Quindi per me è un grande successo. Si conferma il centrodestra come forza che raccoglie tanti consensi. È chiaro che questo è un voto per la Calabria, però evidentemente nulla di esterno ha influito sul voto dei calabresi“.
Totem transitorio, ma totem.
FLOP
SCHLEIN – CONTE

Che il centrosinistra in Calabria non avrebbe vinto, lo sapevano tutti. Che avrebbe perso così, con quasi venti punti di distacco, no. È la differenza tra la sconfitta prevista e quella che lascia un segno.
Nemmeno Pasquale Tridico, l’ex presidente dell’Inps, il “padre” del Reddito di Cittadinanza, l’uomo da 120mila preferenze alle Europee, è riuscito a evitare il tracollo.
Non è bastata l’alleanza Pd–Cinque Stelle, che sulla carta doveva essere la chiave del riscatto e che invece, nella pratica, continua a sembrare un matrimonio di necessità più che di convinzione.
Il problema, però, è più profondo. La sinistra non ha perso per colpa di un candidato o di una campagna elettorale lampo, ma perché non parla più ai territori.
Tra i comizi sui diritti globali e le realtà locali — fabbriche chiuse, giovani emigrati, servizi assenti — si è aperto un fossato che nessun “campo largo” riesce a colmare. (Leggi qui: Il Pd parla di Gaza, gli elettori delle Marche e della Calabria parlano di lavoro).
Il tentativo di minimizzare

Dal Pd minimizzano: “Solo due regioni, tre milioni di abitanti”, dice il responsabile organizzativo Taruffi. Ma la geografia, in politica, pesa: perché il voto locale è la base su cui si costruisce la credibilità nazionale. E in Calabria, quella base è crollata. Tridico si ferma al 7%, il Movimento al 6, i Democratici sfiorano il 20%. La somma non fa una coalizione. Perché gli elettori non votano le addizioni, votano le visioni.
E la destra, con Roberto Occhiuto, ha avuto una cosa che alla sinistra manca: radicamento.
Nelle chat dei dem calabresi si accusa tutto e tutti: i 5S per l’imposizione del candidato, i vertici per aver ignorato il territorio. Nel Movimento si dà la colpa al “marchio Pd”. Un gioco di specchi rotti: ciascuno riflette l’altro, nessuno si riconosce.
Quelli che non parlano più ai loro elettori



