Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 12 giugno 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 12 giugno 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 12 giugno 2024.

TOP

QUELLI DEL TRIS

Il sindaco Nadia Bucci

In due cose la parola Tris è roba ostica: nell’ippica e nell’amministrazione dei piccoli centri. Arrivare ad essere confermati sindaco/a per la terza volta consecutiva, non era affatto cosa scontata. Tutt’altro. Perché dopo un po’ l’ospite puzza, la voglia di cambiamento e di novità è sempre in agguato, anche se tutto va bene.

Domenica scorsa invece Augusto Agostini ha centrato il quarto mandato consecutivo come sindaco di Acuto, battendo addirittura un ex parlamentare nazionale. Il tris lo hanno centrato ad occhi chiusi i sindaci Adriano Lampazzi (Giuliano di Roma), Enrico Pittiglio (San Donato Valcomino), Pierino Serafini Liberati (Fontechiari) che sono stati rieletti senza nemmeno avere una lista avversaria. Quasi per acclamazione, se il Testo Unico lo prevedesse. Tris più combattuto ma non meno importante per Nadia Bucci (San Vittore del Lazio), Mario Piselli (Gallinaro), Adamo Pantano (Posta Fibreno), Sergio Messore (Sant’Ambrogio del Garigliano), Domenico Alfieri (Paliano).

Un caso a parte quello di Rocco Pantanella (Roccadarce) che ha già fatto il tris, per un anno è stato presidente d’Aula ed ora ricomincia. O quello di Fabio Violi (Sant’Elia Fiumerapido) sindaco per due mandati, poi c’è stato un intermezzo ed ora lo hanno richiamato in municipio.

La fisiologia dei tempi lunghi
Adriano Lampazzi

Partivano da una posizione di falso vantaggio. Spieghiamola. In particolare per realtà piccole e dinamiche, in ordine alla maturazione ed alle logiche di consenso, agiscono forze che tendono ad annullarsi. Da un lato chi governa è in vantaggio perché può esibire quel che già ha intessuto e fatto, dall’altro è in svantaggio perché esibisce anche l’usura inevitabile di due lustri di guida.

Il senso è che a volte i risultati ottenuti non sono abbastanza vigorosi da compensare il semplice fatto che dopo anni si perde grip. E soprattutto si perdono elettori. Non è un problema di responsabilità dirette, è solo la fisiologia di un processo di logorio da cui nessuno è immune.

Ecco perché il mandato-ter è un piccolo capolavoro. Ed è ascrivibile proprio ai candidati sindaco prima ancora che alla sua squadra, un mix di amministratori collaudati e new entry di calibro assoluto. Perché sarà anche vero che nel voto locale se la giocano cose come il grip sulle famiglie-influencer, le utility spicce e i numeri in purezza, ma tutto questo non andrebbe a massa di risultato se chi guida la cordata perde lo shining. Cioè quella capacità di apparire autorevole ed affidabile anche quando queste skill sono state messe alla prova del tempo. Ce l’hai solo se poi, oltre che ad apparire, sei bravo ad essere, quelle cose. E delle circostanze che si generano in un paese.

Non ha perso carisma
Enrico Pittiglio (Foto: Erica Del Vecchio © Teleuniverso)

C’è una costante nei rieletti. Quel carisma di dieci anni fa non lo hanno perso, hanno gestito la campagna elettorale con pacatezza e con assoluta padronanza di tempi e modi, specie negli eventi pubblici. Sono andati a sintesi stretta quando i tempi lo ingiungevano ma senza mai derogare da un claim.

Quello per cui, anche al netto di cose sicuramente migliorabili, la scelta dei concittadini non poteva che ricadere prioritariemente su di loro. Non lo hanno detto con spavalderia, ma lo hanno fatto capire con toni bassi, lasciando che fosse l’elettore a “dedurre” che magari loro meritavano ancora la Fascia Tricolore.

A prescindere dal totale, ognuno dei voti con cui hanno vinto questa volta è il frutto di un’architettura di consenso più matura ed efficace. Efficace al punto da fargli “azzeccare la Tris”. E da fargli dire, subito dopo la rielezione, “andiamo a lavorare va’…”.

Migliorano col tempo.

BARBARA DI ROLLO e DANILO GROSSI

Barbara Di Rollo ed Enzo Salera

I numeri di Cassino sono monstre. E sono adeguati al lavoro compiuto da un sindaco che ha realizzato opere come mai nessun altro prima di lui dal Dopoguerra ad oggi. La vittoria di Enzo Salera è tutta di Enzo Salera. (Leggi qui: Cassino, chi entra e chi no. Salera: “Ho sentito Gianrico sul palco”).

Ma in questo caso la sua straordinaria vittoria personale non è sola. Ce ne sono state anche altre due, nello stesso giorno. Quella della presidente d’Aula Barbara Di Rollo e quella dell’assessore Danilo Grossi.

La prima ha chiuso il cerchio sfiorando i mille voti: tanti da darle il pieno diritto di essere nuovamente presidente del Consiglio Comunale. A darle quel risultato galattico è stata l’autorevolezza con cui ha saputo calarsi nel ruolo nei cunque anni precedenti. Ma questo è un dettaglio. Barbara di Rollo ha saputo dimostrare che in una coalizione si può dissentire pur restando leali. Per un anno tra lei ed il sindaco ci sono state scintille su moltissimi aspetti politici. Ma mai su quelli amministrativi: dove, anzi, mai lei ha fatto mancare il suo voto alla maggioranza. Mai. Nemmeno una volta. Neanche nei giorni in cui se si fossero incrociati lei ed il sindaco si sarebbero azzuffati.

È questa coerenza e questa capacità di dissentire restando leali ad averle dato quella massa imponente di consenso. Popolare. Spontaneo. Genuino.

Danilo Grossi (Foto: Erica Del Vecchio / Teleuniverso)

L’assessore Danilo Grossi non era candidato ma dietro le quinte è lui ad avere dettato i tempi di una campagna elettorale sobria ma autorevole, soft ma costante, in alcuni casi urlata ma assolutamente mai arrogante. Nemmeno con una piazza ed un corso trasformati finalmente in salotto che avrebbero autorizzato chiunque a girare su quelle strade con una ruota da pavone in bella evidenza. Invece Salera non lo ha fatto.

Grossi ha dettato i tempi e le strategie. Così come c’è la sua mano anche nel modo di apparire della Segretaria nazionale Pd Elly Schlein che lo ha voluto nella sua squadra, per rappresentare quel mondo che altrimenti mai sarebbe entrato nel Pd. Danilo Grossi ha avuto ragione ed a dirlo sono i numeri: quelli delle Comunali di Cassino quelli delle Europee del Pd.

Le vittorie parallele.

FLOP

ARTURO BUONGIOVANNI

Per tutti i versi è incolpevole come le palme giovani sotto la sferza di un uragano forza 5, tuttavia qualcosa della candidatura e non della campagna elettorale di Arturo Buongiovanni probabilmente andava ponderato in maniera differente. E cioè il fatto che l’uomo scelto dal centrodestra cassinate dovesse incrociare le lame contro Enzo Salera – cioè il Kraken – e tutta la potenza di fuoco aggiuntiva del Pnrr. Troppo per una palma giovane.

E alla fine si è visto. Buongiovanni non ha voluto mai rinunciare ad un certo spirito “Pop” che lo ha messo nella terra di mezzo in cui abitano i leader civici. Uomini e donne cioè su cui grava la condanna di piacere talmente tanto a tutti che alla fine, ove inesperti, non piacciono a nessuno o quasi. L’avvocato, lo abbiamo ripetuto più volte, è persona degnissima, di immense qualità etiche e con una sensibilità innata per alcuni temi sociali.

Molte proposte irricevibili

Però quei temi ha avuto modo – legittimamente – di declinarli secondo letture specifiche che difficilmente sono esca per il manistream elettorale. Chiericante quanto basta e “corretto” forse più del dovuto, ha inanellato una serie di proposte senza né capo né coda. Tanto che alla fine perfino i suoi candidati hanno dovuto fare retromarcia rispetto alla linea generale. Un esempio su tutti? Uno dei claim di Buongiovanni era quello di riportare i poli scolastici cassinati al centro per rimpolpare l’economia cittadina.

Anna Rita Terenzio

Ecco, Anna Rita Terenzio, non certo l’ultima in quanto ad esperienza politica, ha dovuto “limare” quella proposta ormai irricevibile. E lo ha fatto spiegando che servono trasporti pubblici migliori e corse maggiorate per trasportare gli studenti in centro, non retromarce urbanistiche per rimettere in centro aule, banchi e macchinine under 18 parcheggiate ovunque.

La buona fede di Arturo Buongiovanni non è mai stata in discussione, ma i numeri ottenuti ed il modo che lui ha applicato per ottenerli parlano un’altra lingua. Quella di un agonismo sincero ma basato su strategie evanescenti. E soprattutto di un destra-centro che per (larga) parte aveva intuito da tempo che sarebbe stato un massacro. Ed ha indicato l’agnello da sgozzare. Al resto ci hanno pensato le zanne del Kraken.

Colpa sua, mezzo dolo di qualcuno.