
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 2 aprile 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 2 aprile 2025.
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FRANCESCA MANNOCCHI

Avere un minimo di ruolo pubblico impone di scendere in campo quando le cose non vanno, affinché la propria notorietà faccia da cassa di risonanza per tutti. Francesca Mannocchi è una reporter freelance famosa, i suoi servizi ci hanno portato in Ucraina ed in molti dei Paesi del mondo nei quali si combatte e si muore. I suoi reportage su La7 sono definitivi ed ogni volta è come un pugno allo stomaco. Avrebbe potuto infischiarsene e pagare di tasca propria, invece ha raccontato le storture e le inefficienze di un sistema sanitario che nel Lazio ancora stenta ad allinearsi sugli standard.
La giornalista è affetta da sclerosi multipla e per contrastarla è costretta a fare esami privatamente nel Lazio. Un’attesa di giorni per mettersi in contatto con il centralino regionale. E alla fine, quando il Recup ha risposto, l’appuntamento è stato possibile fissarlo solo a Frosinone ed a mesi di distanza.
La denuncia social

Ha preso la tastiera. Ed ha raccontato. Lo ha fatto sulla sua pagina social. «Ogni sei mesi devo fare la mia terapia di Ocrelizumab per la Sclerosi Multipla. E ogni sei mesi devo ripetere una lunga serie di analisi e la risonanza magnetica». Si è mossa in tempo anche questa volta. Ha chiamato il Centro di Prenotazione del Lazio per avere un appuntamento, la cui spesa dovrebbe essere coperta dallo Stato. «Per giorni il messaggio pre-registrato mi dice che le linee sono intasate e dunque suggerisce di richiamare in un altro momento».
Nelle ore scorse qualcuno finalmente risponde. «La prima risonanza magnetica disponibile è a luglio 2025 a Frosinone a 90 chilometri da casa mia. Per le due strutture dove di solito faccio le risonanze non c’è proprio disponibilità e non si sa per quanto». La risposta cambia chiamando invece la clinica dove fece la prima risonanza, chiedendo costi e disponibilità per fare gli esami privatamente: «Costa 680 euro e c’è posto dopodomani, mi hanno risposto – ha raccontato Mannocchi – con la cortesia che si riserva a chi paga. E quindi ho preso appuntamento. Perché ne ho bisogno, perché è urgente, perché ho la fortuna di potermelo permettere» ha scritto ancora la giornalista.
Poi la denuncia, pubblica: per quelli che i 680 euro non se li possono permettere. «È così che si demoliscono le democrazie» mettendo nero su bianco l’ Art. 32 della Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Così muoiono le democrazie

Un colpo allo stomaco, come ognuno dei suoi reportage. Quella denuncia ha innescato una serie di accese reazioni, con l’opposizione in Regione Lazio che torna a cavalcare il tema della Sanità ed accusa il centrodestra al Governo di avere messo tutto in mano ai privati.
Ma in serata, a costringere il governatore Francesco Rocca a scendere in campo è il post di Francesca Mannocchi. Prova a declassificare tutto ad un «errore di comunicazione che ha determinato questo intollerabile inconveniente». Assicura che «è stato immediatamente corretto». Rocca si dice «Sinceramente dispiaciuto per quanto accaduto a Francesca Mannocchi, così come lo sono ogni volta che accade ad un nostro cittadino un problema simile».
Spiega che il tema delle liste d’attesa non è solo al centro della sua agenda: è una priorità assoluta. «Abbiamo raggiunto un livello di rispetto dei tempi che si avvicina al 96%, ma è proprio su quel 4% residuo che si concentra il mio impegno più profondo. Perché in quel 4% ci sono storie, persone, sofferenze. Non avrò pace finché la sanità pubblica del Lazio non garantirà a tutti, davvero a tutti, il diritto di essere curati senza sentirsi lasciati indietro».
Mannaggia a quel 4% Preside’.
SONIA RICCI

Mesi di proteste, polemiche, confronti. Marce dei trattori e contestazioni. Alla fine un punto di sintesi è stato trovato tra i coltivatori della provincia di Frosinone ed il Consorzio di Bonifica Valle del Liri di Cassino. Colpa dei canoni irrigui, cioè degli importi da pagare per avere l’acqua con cui irrigare i campi.
Una questione complessa. Che affonda le sue radici nella necessità di procedere alla fusione dei tre Consorzi di bonifica della provincia di Frosinone. E di rendere uguale per tutti una tariffa che prima era differente. Una questione alla quale la presidente Sonia Ricci ed il Direttore Generale del Lazio Andrea Renna hanno cercato una soluzione che venisse incontro a tutti.
Il nuovo regolamento

Il Consorzio ha messo a punto un nuovo Regolamento Irriguo nel quale si mettono in chiaro diritti e doveri dell’una e dell’altra parte. Si parte dal presupposto che nel 2025 non ci saranno aumenti dei Canoni e che c’è la possibilità di rateizzare i pagamenti. Il mantenimento dei vecchi canoni era stata una richiesta avanzata dalle Organizzazioni Agricole di categoria .
Per le coltivazioni agricole si pagheranno 0,11 centesimi a metro cubo con un consumo medio di 4mila metri cubi per ettaro; per le colture extragricole si pagheranno 300 euro per superfici irrigate fino a 1.000 metri. Inoltre è stata introdotta un’agevolazione per gli impianti a goccia: prevede una riduzione del 30% del la quota variabile del ruolo irriguo.
Sarà possibile rateizzare l’importo 2024 per chi deve pagare oltre 1.000 euro: in numero di tre rate bimestrali da pagare il 31 luglio, il 30 settembre ed il 30 novembre; all’atto della domanda bisognerà versare il 40%.
Lavoro di squadra

L’intesa è stata possibile grazie alla disponibilità dell’assessore all’Agricoltura e Bilancio Giancarlo Righini ed al lavoro di cucitura portato avanti dal consigliere regionale Daniele Maura.
«Con questi provvedimenti – ha spiegato Sonia Ricci – abbiamo voluto dimostrare attenzione alle richieste dei Consorziati e ratificato dalla Consulta dei Sindaci. I pagamenti erano già stati procrastinati a fine marzo 2025 senza interessi ed ulteriori oneri».
Non facciamo più acqua.
TOMMASO FOTI

Da quando è stato nominato ministro al posto di Raffaele Fitto ha smesso di essere un talebano “by format”. E gliene va dato atto. Tommaso Foti era stato sempre considerato come un degli “esecutor” più accesi del lessico bullo del sovranismo alla carbonara che fa un po’ “brand” per Giorgia ed Arianna Meloni. Ed invece non è così.
Non a registrare le sule ultime dichiarazioni in ordine alle rotte maestre del Partito che ha sede in Via della Scrofa. Sul caso di Marine Lepen ad esempio e pungolato da una notoriamente pungente Tiziana Panella su “Tagadà” a La7 Foti ha spiegato cose calme.
Le Pen? Niente merito
Cose per cui lui “non entra nel merito” della sentenza che ha condannato la leader sovranista francese. E soprattutto non entra nel merito di quello che, in punto di Diritto transalpino ed in ordine a pene accessorie, i giudici d’oltralpe hanno stabilito sulla donna che d fatto è sponda sovrana del lessico pop anche delle destre italiote.
Per Foti bisogna riflettere su un certo modo di arrivare a rusultati, ma non certo blaterare su come certe toghe forse a quei risultati ci siano arrivati. Il che, in un clima di perenne contrapposizione tra giudici e politici dalle parti nostre, è da considerarsi un risultato monstre.
L’attacco “soft”

E poi: Foti ha anche detto che l’opposizione italiana “puo’ continuare a polemizzare, ma potrebbe anche sottoporre qualche utile proposta che potremmo recepire. E’ più utile all’Italia remare tutti nella stessa direzione”. Ed alla maggioranze di cui lui stesso è parte organica ed attiva? “Attenzione a lasciare passare il messaggio che tutto è fermo o irrimediabilmente in ritardo. Perché poi rischia di radicarsi una narrazione falsa”.
Insomma, il ministro per gli affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione auspica “un clima diverso” sul piano nazionale di ripresa e resilienza che sta portando avanti il governo.
Un piano “messo a punto durante il governo Draghi che l’ex capogruppo di Fdi alla Camera ha ‘ereditato’ dall’attuale vicepresidente esecutivo della Commissione Europea Raffaele Fitto”. E sul quale non vuole incappare in scivoloni dialettici che lo marchino.
Saggio.
FLOP
ELLY SCHLEIN

Ingiungere a Carlo Calenda su che parte stare sa di buono, ma nel caso di Elly Schlein sa anche un po’ di “farlocco”. Perché? Perché da leader e segretaria dem da una vita (politica) è le stessa nella condizione difficilissima di dover decidrre con chi stare, specie all’interno del suo partito. Perfciò le sue ultime affwrmazioni in ordine alla recente “svolta a destra” del segretario di Azione sanno molto, ma molto di didascalico.
Affermazioni come questa a Tagadà su La7: “Penso che Carlo Calenda debba decidere da che parte stare. Non si può stare con un piede in due scarpe. Decida da che parte stare, non si può stare un po’ di qua e un po’ là”. C’è in piedi una proposta di una coalizione di volonterosi con Forza Italia, Moderati e una parte del Pd lanciata dal leader di Azione.
Il solito Pd
E c’è in piedi – ma non troppo – il solito Partito Democratico che bascula tra la linea massimalista della segretraria e quelle funzionalista dei “Grandi Capi” che Schlein se la sono ritrovata leader ma non con il voto degli iscritti che controllavano. Un Nazareno che oltretutto registra le solite fratture tra correnti, che molto definiscono totem di dialettica ma che tutti intendono come prova provata di “caciara”.
Tuttavia Schlein bara e continua a dire che “la linea del Pd è una ed è chiara: noi torneremo al governo vincendo le elezioni con una coalizione progressista, senza larghe intese o accordi di Palazzo“. Quindi attacca Carlo Calenda che , ultimamente, ha “aperto” a Fdi ed a Giorgia Meloni in tema di rotte Ue e di Movimento Cinquestelle. Calenda che risponde.
La replica di Calenda

“Cara Schlein, noi stiamo al centro dove ci hanno messo gli elettori. Non andiamo dietro ai populisti filo putiniani e non ci asteniamo quando si tratta di Ucraina, riarmo europeo e difesa. Il resto è fuffa”.
Ad di là della “fuffa” che Calenda imputa alla segretaria, ma nessuno ha detto alla medesime che prendere decisioni nette è prerogativa del suo ruolo?
Attendista.