Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 20 novembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 20 novembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 20 novembre 2024.

TOP

ROBERTA ANGELILLI

Roberta Angelilli (Foto © IchnusaPapers)

Non è mai facile per il medico dover dire al paziente che la sua prognosi è infausta. Si spiega così, molte volte, l’apparente distacco di fronte alla brutta notizia. Non è freddezza, non è cinismo. Nemmeno è il callo che con gli anni si forma sull’anima. È una forma di difesa. Roberta Angelilli, vice presidente della Giunta Regionale del Lazio nelle ore scorse è stata chirurgica ed analitica come il medico ma non è stata né fredda né distaccata.

Ha detto con chiarezza allarmante come stanno le cose in realtà sulla questione Stellantis e sul futuro dello stabilimento Cassino Plant. Ha riferito alla Commissione Sviluppo della Regione Lazio ogni passaggio del suo incontro con l’azienda presso il Ministero del Made in Italy. E c’è molto poco da stare allegri. (Leggi qui: Stellantis, secondo allarme rosso per Cassino).

Ha messo in chiaro che Stellantis conferma i suoi impegni e che non chiuderà stabilimenti. Con altrettanta chiarezza Roberta Angelilli ha fatto capire di non crederci. E che non usa la parola riconversione solo perché a Stellantis farebbe un piacere.

(Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Riconversione suona bene, non spaventa, ma significa che al posto di Stellantis nello stabilimento di Cassino ci potrebbero entrare altri e per fare altre cose. Esattamente come aveva fatto capire qualche mese fa il ministro Adolfo Urso. (Leggi qui: Stellantis, allarme rosso per Piedimonte: il ministero cerca già nuovi investitori).

Tutto spiegato, senza indorare la pillola: come deve fare il buon medico di fronte al paziente che deve assorbire subito il colpo ma con altrettanta rapidità deve decidere le cure da affrontare. Roberta Angelilli ha detto quali sono le cure. Non sono semplici, non sono leggere, non salveranno tutti.

Ma andava detto, in questo modo e non in altri. Chi vuole fingere di non avere sentito o capito va incontro alla sua sorte.

Il medico impietoso non fa la ferita infetta.

ENZO SALERA

A volere la rivoluzione urbanistica di Cassino, con la creazione di un’unica isola pedonale che avesse la Chiesa di Sant’Antonio e Piazza Diamare come epicentro ideale, era stato Enzo Salera. II sindaco di Cassino aveva perseguito quell’obiettivo con la tigna che lo contraddistingue. E con un mood di certezza assoluta che quel cantiere alla fine avrebbe partorito una nuova visione della Città Martire. E né i ricorsi, né i primissimi e fisiologici borbottii di una parte della cittadinanza “costretta” a rivoluzionare le proprie abitudini, specie al volante, avevano fatto tentennare Salera.

Quando poi alla tigna si somma anche una disponibilità economica monstre innescata dai fondi Pnrr nella mente di quelli come Enzo Salera non balena mai una visione, ma un progetto. Progetto che proprio nelle prossime settimane troverà quello che i Greci chiamavano il suo “akmè” di utilizzo.

Ed a traino ad esso, l’ottimizzazione di un qualcosa che sarebbe servito a dare a Cassino, finalmente, un Natale degno della seconda città della provincia di Frosinone. Città con una Università, con l’Abazia e con decine di Comuni afferenti al suo tessuto urbano, commerciale e lavorativo.

Un Natale degno della Città

La città infatti si sta approntando alla sua prima edizione dei Mercatini di Natale. Riflettiamo un attimo: Cassino non ha un Natale che sia degno di essa e sistematicamente organizzato da troppo tempo. Tanto di quel tempo che alcuni Comuni limitrofi o tangenti in areale pontino, splendidi ma decisamente più piccoli e meno epicentrici, hanno avuto il temo di ideare format natalizi riuscitissismi e meritori.

Adesso si prospetta “un mese di magia nel cuore della città. Si tratta di un evento destinato a trasformare il centro cittadino in un suggestivo villaggio natalizio. Dal 7 dicembre al 6 gennaio 2025, la città si prepara infatti ad accogliere una manifestazione che promette di diventare un punto di riferimento per l’intero territorio laziale.

Questo perché i “Mercatini di Cassino” si distingueranno “per la loro unicità: nel raggio di 100 chilometri, solamente le celebri Luminarie di Gaeta rappresentano un evento di portata paragonabile. Una peculiarità che renderà questa iniziativa ancora più significativa per il territorio”.

L’unicità che spettava alla città
Rendering di Piazza Diamare

E paradossalmente il Natale è “solo” cardine di una faccenda più grossa, grossa e sistemica: della tigna di Enzo Salera nel voler restituire alla Città di Cassino quella “misura d’uomo” di cui il periodo festivo che incombe sarà una sottolienatura. Un’iperbole bella e tra l’altro economicamente promettente.

Ma il senso dei sogni veri è che per realizzarli serve la forza di chi oltre il sogno del futuro vede le ambasce del presente. E le supera perché sa che quel che al momento vede solo lui ad un certo punto lo vedranno tutti.

Santa Enzo.

CARLO CALENDA

Carlo Calenda e Alessio D’Amato (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

“I dati di affluenza al voto provvisori di Emilia Romagna e Umbria confermano l’esigenza di stabilire un solo Election Day annuale nazionale per tutte le elezioni amministrative e per i referendum. È una proposta che porteremo in Parlamento nei prossimi giorni”. E il giudizio, anche al netto della doppia scoppola regionale, sul governo di Giorgia Meloni? Musica per le orecchie polemiche di Carlo Calenda, e fiele per l’Italia come la vede messa lui “grazie” all’operato dell’Esecutivo in carica. Premessa: il “plusvalore” del parere di Calenda deriva da fattori “indigeni” che, a ben vedere, possiede solo lui tra quanto fisiologicamente bocciano il team ed il timing Meloni.

Perché? Innanzitutto perché Calenda è uno dei pochi che, su molti dei settori chiamati in causa come parametri di valutazione, “ci capisce”. Attenzione: questo non significa che gli altri oppositori siano meno dotati del leader di Azione, semplicemente che il loro è un linguaggio generalmente più politico in purezza.

Il linguaggio empirico e l’obiettività
Foto: Dario Pignatelli © Imagoeconomica

Mentre quello di Calenda è sempre stato il linguaggio empirico del tecnico che, per piccola parte, ancora è. Senza contare poi che Azione, assieme ad Italia Viva, sta nel novero di quei partiti che anche in punto di dialettica politica a Meloni ed i suoi si sono sempre contrapposti non per partito preso, tanto che a volte hanno avuto convergenze di vedute con Palazzo Chigi.

Calenda spiega che “Meloni ha tenuto i conti in ordine e la barra (abbastanza) dritta sull’Ucraina. Stop. Per il resto non si è ancora capito quale sia la sua idea di Paese. Dice di voler riformare la Magistratura in nome del garantismo, ma ha inventato 48 nuovi reati.

E ancora: “L’implementazione del PNRR checché ne dica la Presidente del Consiglio è in grave ritardo. Sull’immigrazione ha investito tutto il capitale politico su due provvedimenti bluff: piano Mattei e Albania. Poi il leader di Azione elenca gli ambiti su cui la premier avrebbe fallito o tenuto l’asticella sulla soglia di sopravvivenza. Dove? “Su scuola, sanità, cultura, energia, demografia, ricerca, lavoro, politica industriale, concorrenza, sicurezza, infrastrutture e dissesto idrogeologico”.

Pil e occupazione? “Non ci siamo”
Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale

Ecco, lì per Calenda Meloni ed i suoi ministri sarebbero addirittura “all’anno zero”. La stoccata finale è stata per “le due riforme cardine annunciate – Premierato e Autonomia”. Quelle che per l’ex ministro, e la seconda parrebbe anche per una certa Consulta, “sono sbagliate nel merito e pasticciate nella stesura e la stessa Meloni sembra volerle mettere sotto il tappeto”.

“Lei cita come suoi successi i dati sul PIL e sull’occupazione ma basterebbe guardare la performance degli altri paesi OCSE per capire che si tratta di ciclo economico e non di ricette governative.

Poi la precisazione d’obbligo che con Calenda non manca mai, questo perché lui conosce bene il valore pubblicistico di questo discrimine. “A differenza delle altre opposizioni Azione cerca sempre di essere oggettiva e di valutare le questioni nel merito”.

Infine la chiosa: “E questa è la nostra valutazione. Ma ciò che davvero sta danneggiando l’Italia è il fatto che la Meloni continua a governare da capo fazione piuttosto che da Premier. Difficile dargli torto, specie su quest’ultimo focus prospettico.

Silloge povera, ma onesta.

FLOP

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni

Sono guai che gli appartengono, in genesi, solo in parte. E’ evidente infatti che i guai di Raffaele Fitto come sgradito e non ancora designato vicepresidente esecutivo Ue non sono figli di quel che Fitto è, ma di quel che Fitto è stato per lo scacchiera ambiguo di Giorgia Meloni. Che non ci riesce proprio, ad uscire dal Grande Equivoco di essere capa di Ecr e leader di Fdi ed al contempo ancella del Ppe e di Ursula von der Leyen.

La verità è che Meloni ci sperava, e tanto, che la Presidenza della Commissione cambiasse titolare. E che a traino di quel turnover, magari destrorso, lei avesse interlocutori più adatti per trattare le franchigie che servono all’Italia per non affondare ed a lei per non essere affondata. Le è andata male ed ha dovuto giocare su più tavoli.

Uno dei quali era ed è appunto quello di “ficcare” un suo uomo in posizione verticistica pur non avendo la coccarda del vincitore. Nasce tutto da qui, il caso che oggi segna un’altra tappa cruciale. Quello per cui i socialisti Ue ed il Pd sono apertamente schierati contro la vicepresidenza esecutiva all’ex forzista pugliese oggi uomo di Meloni.

Piazzare uno dei suoi: il target di Giorgia
Raffaele Fitto (Foto: Allain Rolland © EP)

Fitto è al contempo: uomo su cui ha scommesso Meloni, esponente dei Conservatori e riformisti.

Cioè il gruppo di Giorgia Meloni e capro espiatorio di quel che Meloni ha briscolato in questi mesi.

Posizione perciò difficilissima, la sua. Gli eurodeputati di S&D vogliono “impedire a Ursula Von Der Leyen di tenere aperta una strategia dei due forni. Ma è nel gruppo di centrodestra che si annidano le maggiori insidie”.

Che significa, e perché oggi Fitto è più in pericolo che mai nella misura in cui Giorgia Meloni sta cominciando a perdere colpi sul solo terreno che la vedeva skillata, cioè in Ue? Perché non ci sono più molti margini di manovra, dato che i Conservatori vedono in Fitto la libbra di carne offerta da Meloni a von der Leyen.

Ursula von der Layen ed Antonio Tajani (Foto EU Press Service)

I socialisti vedono Fitto come il “grimaldello” con cui Meloni ha ipotecato la sua, di libbra. Ed il Ppe vede in Fitto l’occasione d’oro per ribadire la centralità dei Popolari a discapito delle “tatticuzze” dei destrorsi e dei prog.

Quindi per l’euro-testimonial di Giorgia adesso son guai. E per Giorgia son guai doppi. Perché sono guai che da Giorgia provengono.

Giorgia che sono due.