
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 22 gennaio 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 22 gennaio 2025.
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ARTURO PARISI

Dell’Ulivo lui è stato uno degli ideatori. Ed attenzione, quando di parla di Ulivo non si vira subito sull’imprinting facile del professor Romano Prodi. No, si parla del primo esperimento, il solo riuscito in punto d’urna elettorale, di mettere a crasi due mondi. Quello della sinistra post comunista e quello cattolico della Dc post Tangentopoli. Cioè di una formula che in Italia ancora oggi si propone, ipoteticamente, come il solo argine numerico con possibilità di successo al centro destra.
In particolare alle destre sovraniste e di ugola demagogica che oggi, piaccia o meno, sono al potere in Italia. Cosa significa questo? Che se uno come Arturo Parisi rileva le solite discrepanze operative nel Partito Democratico attuale bisogna quanto meno starlo a sentire. Con attenzione e non senza spirito critico, certo, ma tenendo sempre conto del fatto che Parisi è quel che è. Non un guru senescente ma di certo un “padre” che conosce bene i suoi figli.
Le due riunioni: a Milano ed Orvieto

Perciò, interpellato da AdnKronos sulle due riunioni catto-dem a Milano ed a Orvieto (Libertà Eguale) Parisi ha detto la sua. E converrebbe rifletterci, su quelle parole, molto ma molto attentamente. L’idea di Parisi è che “pur muovendosi ambedue senza incertezze nel perimetro del Pd si è trattato di riunioni del tutto diverse”.
Poi una chicca cartesiana che punta il dito su una certa approssimazione di analisi che ormai ammala la politica nostrana. “È stata la coincidenza temporale, in buona parte casuale, a favorire la narrazione della comune appartenenza ad una supposta area di ‘centro del centrosinistra’, se non addirittura a proporle come due varianti della componente cattolica”. Il rammarico dell’ulivista è stato sincero, e con un guizzo di piccola genialità maaligna.
Analisi sottile e frecciata a Schlein

“Peccato! Questa confusione ci ha infatti privato della considerazione del contributo portato distintamente dalle due diverse riunioni“. Di quello e delle differenze sostanziali tra di esse. Differenze che Parisi ha sottolineato in chiave comune.
“Comunque il loro svolgimento ha dimostrato ancora una volta che nel Pd è più facile discutere dei problemi (che dovrebbero essere) comuni fuori dal partito piuttosto che all’interno degli organi deputati dallo Statuto al confronto politico e alle conseguenti decisioni”.
“Promuovere il confronto”
Il dato è che per lui Elly Schlein pare non sia in grado di “promuovere il confronto tra le diverse posizioni all’interno del Partito”. E questo “è implicitamente il segno di un suo fallimento”. A meno che “non ritenga che le conte nelle primarie di Partito abbiano risolto alla radice ogni confronto tra i contenuti”.
Come a dire: mettiamo ordine in casa oppure illudiamoci di poter dormire comodi nella tenda in giardino. Ma poi arriverà il freddo.
Padre attento.
GIANCARLO RIGHINI – SONIA RICCI

«È tardi. È tardi già da tanto tempo»: Massimo Gargano è l’uomo che più di ogni altro ha gli anfibi sul terreno dei cambiamenti climatici che in Italia stanno distruggendo poco alla volta la nostra agricoltura e quindi la capacità di produrre cose da mettere sulla tavola e tra i denti. Che sia «tardi già da tanto tempo» per fare qualcosa lo ha detto a margine di un incontro nella sede della sua Associazione Nazionale delle Bonifiche Italiane. Nel quale dire che loro ci sono, la loro parte la stanno facendo ma serve una presa di coscienza collettiva.
Per verificare che tutti in Anbi stiano facendo la loro parte, Massimo Gargano sta passando in rassegna i suoi battaglioni. Nelle ore scorse è toccato al Lazio: i suoi direttori hanno relazionato sui progetti pronti nei cassetti, su quelli appena estratti e già cantierati, su quelli finanziati ed ultimati. Lo hanno fatto in presenza Della dell’assessore regionale al Bilancio e Agricoltura Giancarlo Righini, del Segretario generale dell’Autorità di Bacino dell’Appennino Centrale Marco Casini, dell’Amministratore Delegato di Acea Acqua Francesco Buresti.
La sfida nel Lazio

A guidare lo Stato Maggiore Anbi del Lazio c’erano la presidente Sonia Ricci ed il Direttore Generale Andrea Renna. Cosa stanno facendo? Il comune denominatore tra i vari progetti è una visione che la presidente Ricci ha voluto individuare: basta con la visione antica di un’acqua che scende dal cielo o dalle montagne e va al mare, il percorso può anche essere diverso. In che modo?
Nei vari progetti esposti è stata evidenziata la necessità del riuso delle acque depurate: il modello da prendere a riferimento è l’esperienza di Fregene, portato avanti da Anbi Lazio. Che le impiega per l’irrigazione invece di mandarle in mare. Altro elemento di modernità: basta con gli appalti infiniti, le opere si cominciano e si finiscono entro i termini. Come dimostrano i lavori di rinnovamento dell’impianto idrovoro di Ripasottile (Consorzio Etruria meridionale e Sabina), la rinaturalizzazione del lago di Canterno con un sistema di accumulo idroelettrico a pompaggio solare (Consorzio Lazio Sud-Est), l’ampliamento e la messa in sicurezza dell’invaso di accumulo lungo il fiume Fibreno (Consorzio Conca di Sora), gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico del bacino del torrente Mollarino e i lavori per la captazione delle sorgenti di Capo d’acqua a Castrocielo (Consorzio Valle del Liri).
Ma la sfida è anche per la modernità. Il Consorzio Lazio Sud-Ovest ha presentato un progetto innovativo e comandato a distanza sul riempimento dei canali irrigui necessari per le tante aziende agricole presenti sul territorio. Riempirlo con cosa? Con l’acqua depurata o quella in eccesso che viene giù durante i temporali tropicali sempre più frequenti anche da noi.
La risposta della competenza

Giancarlo Righini nelle settimane scorse ha firmato un atto che mai nessuno prima nel Lazio aveva né voluto né saputo mettere in campo. Quale? Il riconoscimento dell’interesse pubblico per gli impianti delle Bonifiche. È una decisione che dal lazio sta facendo scuola a livello nazionale: la Regione ha riconosciuto che quelle infrastrutture servono per garantire l’acqua alle coltivazioni ed agli allevamenti, per impedire allagamenti ed alluvioni; tanto per fare un esempio: se piove e si inceppano le idrovore Anbi l’aeroporto di Fiumicino deve chiudere perché finisce sott’acqua. Cosa cambia con quel riconoscimento voluto dall’assessore Righini?
Si stabilisce che quegli impianti sono strategici per la collettività e per questo vanno seguiti da apposite strutture amministrative dotate del potere e dei mezzi necessari. E infatti Righini ha creato una struttura apposita in Regione: che si occupi di quegli impianti che a loro volta garantiscono l’acqua per l’agricoltura ed evitano catastrofi. «Abbiamo potuto farlo perché nel Lazio ci sono competenze per affrontare i problemi della risorsa idrica. E c’è un’infrastruttura di linee idriche con più di 10mila metri di reti. È un patrimonio per tutti».
Ma ci sono anche i pirati: «La tutela della risorsa idrica è in cima alla lista delle priorità dell’amministrazione della regione Lazio. Individueremo anche gli oltre 80 mila pozzi illegali che impoveriscono la falda acquifera e ringrazio Anbi per la progettualità portata avanti».
Soldi ben spesi.
VINCENZO FORMISANO

Si, decisamente: il mondo è cambiato. Mettiamolo subito in chiaro: ora come allora i piccoli rischiano di essere schiacciati dalle zampe dei giganti. La differenza sta nel fatto di avere compreso che ci sono spazi ed ambiti nei quali non solo si sopravvive ma addirittura si è funzionali ai grandi e si può crescere insieme aiutando l’intero territorio a crescere. È la filosofia che per un anno la Banca Popolare del Cassinate ha portato a Roma. E ieri ha tracciato il bilancio di quei primi dodici mesi di attività nella Capitale.
Non solo e non tanto un bilancio economico: quello appassiona fino ad un certo punto il professor Vincenzo Formisano, presidente della Bpc ed artefice dello sbarco su Roma. Ad appassionarlo è il bilancio etico. Perché il primo lascia il segno sul conto ma è effimero, il secondo lascia il segno nella società ed è più duraturo.
Un anno a Roma
Il professore ha analizzato la situazione nelle ore scorse all’interno della Sala delle Colonne dell’Università Luiss Guido Carli insieme al rettore Paolo Boccardelli, al presidente dell’Associazione delle Banche Italiane Antonio Patuelli, al presidente di Assopopolari Vito Primiceri, al professor Mauro Comana.

Da quel confronto è emerso quanto il mondo sia cambiato: per la Finanza e per le Banche. Ognuno adesso ha il suo ruolo ed il suo ambito, se rispettano gli spazi piccole e grandi banche possono lavorare insieme con ampie prospettive di crescita per loro e per i territori dai quali raccolgono il risparmio ed esercitano il credito.
Ma dietro l’angolo ci sono sfide importanti. Tanto da imporre alle banche di oggi un ripensamento del loro assetto nel domani. C’è l’intelligenza artificiale, ci sono le innovazioni tecnologiche ed i cambi di norme. “Bisogna essere pronti a ripensare il proprio attuale modello di business” è emerso dal confronto. Tenendo presente un aspetto: anche con i cambiamenti le banche continueranno ad essere il principale motore della crescita nei territori.
Al di là delle parole c’è poi la sostanza. Che è quella di una banca di territorio, con tutti i numeri in regola per competere, che decide di affrontare la sfida della Capitale. Dove ha individuato un segmento sul quale poter competere. Seguendo i propri correntisti, i propri investitori, i propri conterranei che ogni giorno a Roma lavorano, studiano, producono, investono. Sembrava una visione retorica. I numeri ieri hanno detto che è realtà. E che le formiche sono cresciute senza mettere le ali.
I capitali nella Capitale.
FLOP
ROBERTO CALDEROLI-ALBERTO BALBONI

Sono di fatto la “strana coppia” delle ultime ore: il primo per la “batosta” referendaria che ha evitato, il secondo perché ha voluto provare a trasformare quella “batosta” in un pennello fiorito di snellezza parlamentare invece che un totem di sollievo per il suo partito. A cosa? Alla legittimità costituzionale del referendum abrogativo sull’autonomia differenziata ad opera dei giudici della Corte Costituzionale di cui mentore e sponsor storico è il leghista Roberto Calderoli.
Creatura che “zoppica”
Partiamo proprio dal primo: è indubbia la sua tenacia e sono indubbie le sue qualità politiche, notoriamente “mastine”. C’è un fatto però, e Calderoli dovrebbe avviare sul medesimo una seria riflessione. La sua “creatura”, pur avendo vinto un match istituzionale di fonte avversa ed avviandosi verso la definizione normata dei Lep, zoppica (e Meloni sotto sotto gongola, così non toccherà a lei fare campagna elettorale su una cosa che “non sente”).
Sono anni ormai che, sia pur con diversi format, il concetto erariale, autarchico e bullo dell’autonomia differenziata fa capolino nelle discussioni, istituzionali, giuridiche e politiche italiane. E contando una militanza concettuale così lunga e complessa appare evidente che quel che Calderoli vuole di passi avanti ne ha fatti abbastanza, ma non certo in scioltezza. Per adesso ha solo scontentato i promoter avversi, tra cui la Cgil.
I rilievi ed il merito

Ma perché il referendum che proponeva l’abrogazione è stato fatto oggetto di rilievi da bocciatura? Lo spiega la Consulta. “La Corte costituzionale ha deciso in camera di consiglio il giudizio sull’ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo denominata ‘Legge 26 giugno 2024, n. 86”.
Cioè quella su “disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione: abrogazione totale’. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario sulla legge n. 86 del 2024, come risultante dalla sua sentenza n. 192 del 2024″.
Questo perché “la Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore”. E non fa una grinza.
“Adesso possiamo correre”

Insomma, dopo tanto tempo c’è ancora il fumo della svolta politica di rango ma non la polpa della sua spalmabilità sul tessuto sociale del Paese. Anche se per Calderoli appare come una vittoria grande è la confusione sotto il cielo. Eppure Alberto Balboni, senatore di Fdi e presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, non pare pensarla così. E ci ha messo una toppa maiuscola.
“Il referendum sull’autonomia bocciato? Mi pare di capire che la legge resta valida, vanno fatti dunque quei correttivi chieste dalla Corte in precedenza, va applicata la sentenza dei giudici per i 7 punti indicati, quindi integrare dove la corte richiede di farlo”. Anzi, per Balboni sarebbe andata meglio così.
Cosa è andato storto
Perché “l’iter, si accorcia, ora il Parlamento può intervenire, recependo i rilievi precedenti, sulla parziale illegittimità della legge, ora è chiaro il percorso”. E’ tutto giusto formalmente, ma è come dire che un regalo alla tua leader adesso è una via fiorita di democrazia rappresentativa. La fumosità rilevata dalla Consulta sta in un fatto cardinale.
“Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione. Il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale”.
Come a dire, a Calderoli, “devi ancora patire un po’”. Ed a Balboni, “cantatela meno, non solo perché la tua leader non sarà costretta a fare i conti con una legge divisiva della maggioranza”.
Livido e cerotto.