Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 22 ottobre 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 22 ottobre 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 22 ottobre 2025

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TOP

ANTONINO ZICHICHI

Antonino Zichichi (Foto: Daniele Scudieri © Imagoeconomica)

Sei anni per dire che il fatto non sussiste. Sei anni per smontare un castello di carta costruito con teoremi giudiziari, suggestioni mediatiche e paure infondate. Il tribunale di Teramo ha assolto tutti gli imputati nel processo sul presunto pericolo di inquinamento della falda del Gran Sasso. Gettando un’ombra sui laboratori di ricerca pensati dallo scienziato Antonino Zichichi e riconosciuti in modo unanime come un’eccellenza italiana nel mondo.

Dieci persone, tra cui alcuni dei nomi più autorevoli della ricerca scientifica italiana – dai vertici dell’INFN a quelli di Strada dei Parchi e Ruzzo Reti – sono rimaste sospese, inchiodate da accuse inconsistenti, senza che vi fosse un solo dato a confermare l’ipotesi di contaminazione.

Accusa surreale
Foto © Saverio De Giglio / Imagoeconomica

L’accusa era surreale: non un danno ambientale, ma un “pericolo” di danno. Cioè il nulla. Non c’era inquinamento, non c’erano soglie superate, non c’era nemmeno un evento. Eppure, per sette anni, quei laboratori d’eccellenza, simbolo della fisica mondiale, sono rimasti avvolti da un sospetto tanto insinuante quanto infondato. Perché la paura, si sa, fa più rumore della verità.

Quell’inchiesta è stata una ferita. Perché in Italia si può ancora finire sotto processo non per ciò che si è fatto, ma per ciò che si potrebbe – forse, magari – fare. È la cultura del sospetto che travolge il merito, delegittima la competenza, intacca la fiducia pubblica nei confronti delle istituzioni della conoscenza.

E mentre l’Europa finanzia la ricerca, l’Italia la mette sotto inchiesta, portando sul banco degli imputati un’eccellenza scientifica mondiale, solo per inseguire un’ipotesi senza prove. Il problema non è tanto questo: un Pubblico Ministero ha il dovere di indagare anche se i sospetti riguardano un’eccellenza scientifica. Il problema è che ci sono voluti sei anni per rendersi conto che le accuse non erano fondate. Sono quegli anni a lasciare il sapore amaro del danno ormai fatto. Alla reputazione. Alla scienza. Al Paese.

La scienza sotto processo.

EMANUELE DE VITA

Emanuele De Vita con Alioska Baccarini

C’è un modo silenzioso, ma potente, di cambiare il volto di un territorio: è quello fatto di piccoli gesti quotidiani, azioni concrete, visioni che non inseguono i riflettori ma li accendono dove prima c’era buio. È il metodo Emanuele De Vita, delegato provinciale del Coni per Frosinone, che da mesi sta trasformando lo sport in una vera e propria infrastruttura sociale.

Non solo campioni da premiare o palazzetti da riempire ma una rete di spazi accessibili, all’aperto, per permettere a chiunque – dai bambini agli anziani – di riscoprire il movimento come parte integrante della propria giornata. Il fitness urbano diffuso, i protocolli firmati con i Comuni per attrezzare micro-aree dedicate all’attività fisica: è una rivoluzione culturale sottotraccia ma potentissima.

Foto: Rawpixel

De Vita ha capito una cosa semplice: lo sport non si predica, si mostra. Per questo commenta, documenta, racconta ogni evento sportivo della provincia, anche il più piccolo dando così il senso della presenza del Coni. E lo fa con video emozionali, con parole che restituiscono dignità a ogni disciplina e visibilità a ogni atleta. Non c’è retorica ma passione e un’idea forte: lo sport è di tutti, lo sport è per tutti.

Il prossimo 5 novembre, a Fiuggi, la cerimonia di consegna delle Benemerenze Sportive del Coni Lazio sarà anche il riconoscimento simbolico di questo lavoro. Una festa, certo. Ma anche il segno che lo sport, se coltivato con cura e visione, può essere uno dei linguaggi più potenti per unire una comunità.

Lo sport per tutti.

FLOP

BEPPE GRILLO

Beppe Grillo al Manzoni di Cassino

Beppe Grillo è tornato. O meglio: non se n’è mai andato. Ma adesso ha riaperto il portone principale, quello digitale, e ci ha messo sopra la vecchia insegna: movimento5stelle.it. Un dominio, un simbolo, una bandiera. E se pensavate che fosse solo una questione formale, vi sbagliavate. Perché in politica le forme sono sostanza. Soprattutto quando si parla di simboli.

La notizia è che quel sito, riportato in vita il 23 agosto, non è solo un museo dei ricordi. Dentro ci sono i verbali aggiornati, i bilanci, i documenti ufficiali del Movimento. Non un archivio, ma un organismo vivo e vegeto. Un’associazione attiva, operativa, titolare del marchio storico delle Cinque Stelle. Mentre Giuseppe Conte guida il Partito col suffisso “2050” sul sito movimento5stelle.eu, Grillo pubblica il passato che si fa presente, senza aspettare il permesso di nessuno.

Quanti 5 Stelle?
Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica

La domanda diventa inevitabile: chi è davvero il proprietario del simbolo? Chi può usarlo per presentare liste? Il fondatore, che l’ha sognato e registrato? O il leader votato dalla base, che oggi lo rappresenta politicamente? La contesa rischia di diventare il primo grande fronte di scontro interno, con riflessi concreti a partire dalle prossime Regionali.

Grillo non urla, ma agisce. E con un clic ha messo Conte davanti al paradosso: essere capo politico senza essere padrone del logo. In fondo, tutto torna alle origini. Perché questo movimento è nato sul web e lì, ancora una volta, si sta giocando il suo destino, dopo averlo deciso una prima volta con il parricidio politico del fondatore. Ma il tentativo avviato da Grillo per scardinare la sua creatura è l’ulteriore dimostrazione che ebbero ragione ad allontanarlo: chi nega il risultato di una votazione democratica non può stare nel gioco democratico.

Il piccolo Trump.

NICOLA OTTAVIANI

Nicola Ottaviani (Foto © Stefano Strani)

C’è un gesto che, nella politica locale, può pesare più di una mozione: una frase calibrata al millimetro, un riferimento apparentemente tenero al “noi” che cela un calcio sotto la cintura.

È quanto è accaduto a Frosinone, quando l’onorevole Nicola Ottaviani, segretario provinciale della Lega, ha lanciato un messaggio ai Fratelli d’Italia. La questione? Il caso ZES che esclude le province di Frosinone e Latina. Sul tavolo, un’istanza strategica. Che Ottaviani accusa Fratelli d’Italia di non avere sostenuto con la dovuta convinzione nella Commissione Bilancio del Senato. Un colpettino sui reni tanti per ricordare che FdI e Lega stanno nel centrodestra ma non sono gemellati.

Ricatti diplomatici
Nicola Ottaviani, Paolo Trancassini

La risposta di Trancassini però è rimbalzata su Frosinone, città della quale Ottaviani è stato sindaco e nella quale ha eletto il suo successore Riccardo Mastrangeli. Chi segue la politica locale sa che queste alchimie non sono secondarie. Il sindaco ha una maggioranza che si regge sull’alleanza centro‑destra, ma i segnali sono sempre più rumorosi: decisioni singolari, spazi più grandi del previsto, scelte che non sembrano condivise.

Ecco perché la mossa di Ottaviani rischia di essere un passo falso: ha alimentato un fronte di ricatti diplomatici. Un errore tattico: la liturgia politica locale lo racconta bene: quando due segretari si espongono, non è soprassalto, è segnale. Se il centro‑destra di Frosinone ha un futuro, sarà il risultato non di un assolo ma di uno spartito in tre parti — FdI, Lega, Forza Italia — che suonano insieme. Forza Italia si è già chiamata fuori, Fratelli d’Italia ha fatto capire che se questa è la musica potrebbe fare altrettanto.

Quando un “avviso” diventa un avvertimento.