Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 26 febbraio 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 26 febbraio 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 26 febbraio 2025.

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TOP

ENZO SALERA

Enzo Salera

Senza basco blu, senza giubbotto dell’Onu. Il sindaco di Cassino Enzo Salera si è infilato nel conflitto politico più lacerante degli ultimi anni in provincia di Frosinone: la rottura tra il presidente regionale Pd Francesco De Angelis e la consigliera regionale del Lazio Sara Battisti. Hanno condiviso una stagione politica, costituito un fronte difficilmente attaccabile, capace di arrivare ad eleggere non uno ma due Consiglieri regionali e controllare buona parte dei posti in cui sul territorio si prendono le decisioni. (Leggi qui: De Angelis – Battisti, Enzo Salera prova a ricostruire i dialogo).

A matrimoni felici corrispondono spesso drammatiche rotture quando arriva il momento di rompere le stoviglie. E da mesi i due fronti si stanno tirando appresso di tutto.

La mediazione Salera
Francesco De Angelis con Sara Battisti

Enzo Salera da ieri ha avviato un tentativo di mediazione, per riallacciare i fili del dialogo. Ed arrivare ad un equilibrio che consenta di riprendere il percorso verso il Congresso Provinciale, le elezioni Comunali di Ceccano e Frosinone, la definizione del prossimo Presidente della Provincia. Sfide che in questo momento sono finite nella palude del conflitto interno.

Il clima è favorevole: da una decina di giorni non volano né stracci ne porcellane. Nessuno ha fatto dichiarazioni né dal fronte di Rete Democratica né da Area Dem. Ma l’esito della missione è per nulla scontato.

Fallire è la possibilità più concreta, riuscire significherebbe cambiare ancora una volta l’orizzonte del centrosinistra in Ciociaria, con tutte le conseguenze elettoirali che questo potrà determinare.

Se ci riesce, non gli daranno né il baschi bli blu né il giubbotto dell’Onu. Gli assegneranno direttamente una scrivania al Palazzo di Vetro.

Mission Impossible.

FLOP

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli

I lavori pubblici dovevano essere la sua salvezza, il terreno sicuro sul quale starsene al riparo dalle beghe politiche e dalle polemiche tra Partiti con le quali ormai da due anni stanno tentando di logorarlo. Ha funzionato per mesi. Il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli è rimasto sostanzialmente all’asciutto, contrapponendo cantieri ed inaugurazioni a lacerazioni ed abbandoni nella sua maggioranza. Ora però proprio quella isola sicura rischia di essere la sua tomba politica.

Il caso Stadio del Nuoto

Due gli episodi che nel giro di poche ore ne hanno messo in discussione la stabilità. Ed il futuro amministrativo. Il primo è il caso dei lavori con cui efficientare lo Stadio del Nuoto sul piano energetico: riscaldare la struttura della piscina olimpica costa tantissimo e questo rende esosa la gestione. Il capogruppo FdI Franco Carfagna attraverso la sua interlocuzione con l’assessore regionale Elena Palazzo ottiene 1,2 milioni per affrontare il problema. Ma scopre che l’assessore comunale Angelo Retrosi li ha dirottati sull’efficientamento della scuola Coni perché il Comune non può dimostrare di essere proprietario dell’area in quanto ha occupato ma non espropriato i terreni.(Leggi qui: Lo Stadio del nuoto fa saltare la luna di miele tra Mastrangeli e Fdi)

Di quel trasferimento e di quelle motivazioni, Franco Carfagna ed FdI scoprono solo poco prima della riunione di giunta in cui votare l’assegnazione dei fondi. Obiettano: per fare tutto il resto non sono mai usciti problemi: solo ora scoprite che un bene come lo Stadio del Nuoto non ha le carte a posto? Il Partito non è andato in Giunta e minaccia di non andare in Aula. Dietro l’angolo c’è l’approvazione del Bilancio: se non passa si va tutti a casa.

Il Brt infinito

L’altro fronte. Si profila una battaglia legale tra la società Frosinone Mobilità e Servizi che gestisce i parcheggi a pagamento della città, e la Costruzioni Alfredo La Posta incaricata della realizzazione del Bus Rapid Transit (BRT) cioè il bus elettrico su corsia preferenziale con cui collegare tutti i punti strategici di Frosinone, rendendo meno necessarie le automobili. La controversia riguarda l’occupazione senza una chiara scadenza d’alcune aree di parcheggio da parte del cantiere del BRT.

La società dei parcheggi ha presentato ricorso al Tribunale di Frosinone per riottenere il possesso delle aree, mentre la ditta di costruzioni ha chiamato in causa il Comune di Frosinone, committente dell’opera. Cioè: l’opera da fare è la tua, la strada è la tua, vedi un po’ tu cosa devio fare per realizzarla. Il giudice ha accolto la richiesta di integrazione del contraddittorio e fissato una nuova udienza.

Il Comune ha deciso di resistere in giudizio, ritenendo legittima l’occupazione delle aree per un’opera di pubblica utilità. La disputa potrebbe avere importanti conseguenze sulla realizzazione del progetto.

Percorso tortuoso
(Foto © Massimo Scaccia)

Dall’inizio della sua Consiliatura, Riccardo Mastrangeli ha perso 8 Consiglieri della sua maggioranza e le sue scelte sono finite al centro di forti polemiche politiche. A prescindere dalla loro validità e dalla loro pretestuosità: il sindaco è stato abile finora a tenersi fuori dall’aspetto politico della questione e ribattere che lui pensa a lavorare per la città.

Ma se anche il Gruppo consiliare più numeroso, l’alleato più fedele in questa prima metà di consiliatura, inizia a rimettere i ferri nella borsa, allora la questione si fa seria. Se poi si considera che il Brt rischia di vedere la luce a babbo morto a causa dei contenziosi, la questione si fa drammatica.

Pericolosamente in bilico.

EMANUELE POZZOLO

Emanuele Pozzolo (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Alla porta. Senza troppi clamori ché quelli suscitati dal suo comportamento sono stati già abbastanza. L’espulsione di Pozzolo da Fratelli d’Italia chiude un capitolo imbarazzante per il Partito guidato da Giorgia Meloni. Al tempo stesso apre una riflessione più ampia sulla responsabilità degli eletti e sull’etica nella politica italiana.

Il caso è noto. A mettere fuori da FdI il deputato è stato il colpo d’arma da fuoco esploso durante il veglione di Capodanno 2024. Ha suscitato un caso giudiziario che si è inevitabilmente intrecciato con le dinamiche politiche del suo Partito, mettendolo al centro di una polemica tanto inutile quanto fastidiosa per l’immagine. Che in questo paese è spesso più importante della sostanza.

La decisione di Fratelli d’Italia di espellere Emanuele Pozzolo dal Partito segna un passaggio significativo nella gestione interna. Se da un lato il Partito ha dimostrato di non voler aspettare la sentenza per prendere una decisione netta, dall’altro resta il problema di fondo. E cioè evitare che episodi simili possano ripetersi in futuro.

Un’espulsione inevitabile?
Roberto Caligiore (Foto © Stefano Strani)

Sotto certi aspetti è un caso che richiama quello di Ceccano: dove il sindaco FdI Roberto Caligiore (luogotenente dei carabinieri, elicotterista, con cinque medaglie al petto) è stato arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di avere preso tangenti sugli appalti comunali finanziati con fondi Ue. Il caso Caligiore come quello di Pozzolo impongono alla politica (non solo a FdI) di interrogarsi più a fondo sulle scelte di candidatura e sul valore dell’integrità, prima ancora che della fedina penale.

Su Roberto Caligiore si attenderà la conclusione del processo per deciderne il futuro politico, che al momento appare segnato. A tracciare la rotta c’è la scelta di allontanare Pozzolo: appare come una mossa quasi obbligata per FdI. Che da partito di Governo deve mantenere una certa coerenza con la propria narrativa sulla legalità e il rigore morale. Già messa in discussione dalla recente condanna ad 8 mesi inflitta dal Tribunale di Roma al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, per “Rivelazione di segreto d’ufficio”. La condanna è legata alla divulgazione di informazioni riservate riguardanti l’anarchico Alfredo Cospito

La sospensione iniziale di Pozzolo, annunciata dalla stessa premier Meloni, lasciava intendere un tentativo di prendere tempo, forse sperando in un esito meno impattante dal punto di vista mediatico. Tuttavia, il rinvio a giudizio e l’apertura del processo a suo carico hanno reso la sua permanenza politicamente insostenibile.

La questione dell’etica politica
Emanuele Pozzolo (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

Al di là degli aspetti giudiziari, l’intero episodio solleva un problema più ampio: quali criteri un Partito deve adottare per valutare la permanenza di un proprio esponente? L’espulsione prima della sentenza definitiva suggerisce che FdI abbia voluto adottare una linea di intransigenza, evitando che il caso Pozzolo danneggiasse ulteriormente l’immagine di FdI.

Tuttavia, questo atteggiamento non è sempre stato uniforme nella politica italiana, dove in molti casi i Partiti hanno atteso il completamento dell’iter giudiziario prima di prendere decisioni drastiche. La scelta su Pozzolo appare dunque più come una necessità politica che un atto di principio assoluto.

A questo punto l’uscita di scena di Pozzolo apre anche interrogativi sul suo futuro politico. All’interno di FdI qualcuno ipotizza addirittura un suo possibile avvicinamento a Italia Viva di Matteo Renzi, una suggestione che appare più come una provocazione che come un’opzione realistica. Ciò che appare certo, però, è che il deputato dovrà ridefinire il proprio percorso, sia in ambito giudiziario che politico.

Un colpo di opportunità politica.

FRANCO MARI

Franco Mari (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Nella sua veste “barricadera” di capogruppo di Avs nella commissione Lavoro della Camera Franco Mari ha fatto una cosa leggermente avventata. Cioè si è lanciato nel bel mezzo di una polemica che “fa curriculum” per la sua mission politica (sacrosanta e per certi versi nobile, dato il tema) ma che non fa ancora fede e testo nei documenti ufficiali.

E’ come la “Pre-cog” nel film Minority Report: si sanziona un crimine prima ancora che esso venga commesso solo perché il “reo” aveva tutte le caratteristiche per commetterlo. Ma su cosa si è lanciato Mari prima ancora che ci fosse bisogno di lanciarsi?

Modifiche unilaterali sulle pensioni

Le sue dichiarazioni sul fatto sono belluine. Eccole: “Il Governo spieghi immediatamente come sia potuta accadere una cosa così grave. La modifica unilaterale dei requisiti pensionistici operata dall’Inps è fuori dal mondo: è stata chiesta dal Governo?.

Foto © Imagoeconomica

E ancora, in pieno furor che, lo ribadiamo, sarebbe sacrosanto se solo avesse già una ragione officiale. “E perché tutto è stato fatto senza trasparenza? Qui siamo di fronte al paese reale non a quello raccontato dalle fiabe di Giorgia Meloni, sono in gioco diritti e vite di milioni di persone”.

Il ring è quello tra Inps e Cgil, con la seconda che sì, grida alla modifica unilaterale dei parametri temporali di accesso alle pensioni. Il sindacato che ha in Maurizio Landini il segretario generale e leader storico afferma infatti “che dal 2027 cambieranno i requisiti per le pensioni”.

E che tra due anni “serviranno tre mesi in più per accedere alla pensione, due dal 2029. Si tratterebbe di una modifica approntata dall’Inps, secondo la Cgil. Che in una nota in cui esprime “profonda preoccupazione” sottolineando che la modifica è stata “operata dall’Inps sui propri applicativi senza alcuna comunicazione ufficiale da parte dei Ministeri competenti e in totale assenza di trasparenza istituzionale.

Cigna rincara la dose
Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica

Ed il responsabile dell’Ufficio Politiche previdenziali della Cgil, Ezio Cigna, spiega alcune cose. Che ad esempio l’Inps avrebbe “aggiornato i criteri di calcolo delle pensioni, introducendo un aumento dei requisiti di accesso: dal 2027 per accedere alla pensione anticipata saranno necessari 43 anni e 1 mese di contributi. Mentre dal 2029 il requisito aumenterà ulteriormente a 43 anni e 3 mesi. Anche per la pensione di vecchiaia si registrano incrementi, con l’età minima che passerà a 67 anni e 3 mesi nel 2027 e a 67 anni e 5 mesi nel 2029.

Dove sta la verità e, soprattutto, dova sta il dato politico? La verità è ancora confusa, tanto che l’Inps ha smentito “seccamente” l’applicazione di nuovi requisiti pensionistici. Ed ha garantito come le certificazioni saranno redatte “in base alle tabelle attualmente pubblicate”.

Verità e dato politico

E il dato politico? E’ quello per cui se un sindacato può fare battaglia anche in base ad una cifra di supponenza, magari attendendo che le sue analisi diventino empiriche, un partito politico ed un suo esponente dovrebbero sempre attendere che il perimetro del ring sia ben definito.

E solo allora lanciare strali. Mari invece si è lanciato a carpiato in una piscina in cui non si sa ancora se ci sia o meno acqua.

Frettoloso.