Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 29 ottobre 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 29 ottobre 2025.

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 29 ottobre 2025.

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TOP

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli

Riccardo Mastrangeli non inaugura solo una piazza. Con il taglio del nastro a piazza Salvo D’Acquisto, il sindaco di Frosinone compie un gesto che va ben oltre il rituale cerimoniale: restituisce un pezzo di città ai suoi cittadini, rigenerato, moderno e carico di memoria.

La politica di Frosinone è in una delle sue peggiori stagioni di veleni e polemiche: Mastrangeli continua nella sua strategia dell’essere sordo agli strepiti del Palazzo. E segna un punto concreto. Piazza Salvo D’Acquisto è tornata a vivere dopo un’importante opera di riqualificazione da 1,2 milioni di euro, finanziata con fondi PNRR e guidata da una visione che tiene insieme estetica, funzionalità e memoria storica. Non una semplice “apertura” ma la restituzione di uno spazio urbano in grado di dialogare con il passato e di parlare al futuro.

C’è il verde, ci sono le colonnine per la ricarica elettrica, il wi-fi, la videosorveglianza, le panchine, gli spazi per la mobilità dolce. Ma soprattutto c’è un messaggio: la città si costruisce passo dopo passo, piazza dopo piazza, progetto dopo progetto. E Frosinone, sotto la guida di Mastrangeli, lo sta facendo. Che poi una parte del suo programma, come quella sul BRT e le ciclabili, sia discussa è discutibile è altra faccenda.

La scelta identitaria

La scelta di collocare al centro della piazza la statua del vicerigadiere Salvo D’Acquisto, scolpita da Vincenzo Bianchi, non è solo simbolica: è identitaria. Parla di valori, di coraggio, di una memoria civile che va coltivata come un bene comune.

Mastrangeli ha fatto della rigenerazione urbana uno dei pilastri della sua azione amministrativa: e nonostante il costante assedio politico nel quale vive da due anni i nastri li sta tagliando.

Piaccia o non, ha appena aggiunto un altro tassello alla sua idea di città.

Una piazza alla volta.

FLOP

VITTORIO SGARBI

Vittorio Sgarbi (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Chi l’avrebbe mai detto: Vittorio Sgarbi, l’uomo che ha fatto della polemica un’arte e dell’arte una tempesta, finisce in tribunale non per un’invettiva ma per una questione familiare. Un colpo di teatro, come solo lui sa fare: arriva puntuale, entra in Aula e regala alla giudice il suo nuovo libro. Titolo: Il cielo più vicino. Sottotitolo implicito:non sono così confuso da non saper scrivere”. La lucidità, insomma, tutta da dimostrare – ma anche da difendere con stile.

Siamo nella nona sezione civile del Tribunale di Roma ma sembra il set di un film in cui gli affetti si mescolano ai codici e le battute a effetto rimbalzano tra toghe e rancori. Sgarbi da un lato con la compagna storica Sabrina Colle. Dall’altro la figlia Evelina: chiede che il padre venga affiancato da un amministratore di sostegno, perché teme per la sua salute. Lui risponde con amarezza: “questione economica”. Non si perdona il gesto, ma si sente ferito. “Voglio solo il suo bene”, dice lei. “Vergognati”, le urlano sostenitori dell’altro fronte. E la scena diventa un piccolo teatro dell’assurdo in cui si gioca tutto: patrimonio, dignità, affetti.

La realtà più tragica dell’opera
(Foto: AG. IchnusaPapers)

Ma la realtà, a volte, è più tragica dell’opera. Il corpo fragile di Sgarbi, che continua a mostrarsi in tv e a scrivere libri, è al centro di un’inchiesta domestica. È un uomo che non vuole arrendersi all’idea di diventare “amministrato”. Lui che ha sempre amministrato tutto: i dibattiti, gli insulti, i musei, le città, perfino l’arte ed i Comuni. Ufficialmente è ancora il sindaco di Arpino, nei fatti è molto che non lo vedono.

Ma ora quel filtro si è rotto. E nel caos apparente, tra dediche ironiche, firme contestate e abbracci mancati, emerge la domanda più vera: chi decide il momento in cui un padre non è più sé stesso? Forse nemmeno un giudice può rispondere davvero. Di certo, stavolta, l’unico capolavoro che conta non è su una tela, ma in equilibrio tra cuore e diritto.

Genio e tormento.

VINCENZO VOCE

Vincenzo Voce

Il solito discorso su un format becero da cui non riusciamo quasi più ad abdicare. Solito perché ormai quel format sembra essere diventato materia per contese social o visualizzazioni morbose sugli stessi. E basta. Una faccenda del genere, la più diseducativa in assoluto che la politica di ogni livello possa offrire, ce l’aveva data il sindaco di Terni. Cioè quello Stefano Bandecchi, peraltro in lizza anche per le Regionali in Campania, che non sa più ormai se menare, sputare o offendere chiunque gli si pari contro.

E il sindaco di Crotone Vincenzo Voce, è incappato nello stesso morbo, anche se con una differenza sostanziale che emenda parzialmente il suo inqualificabile gesto.

La riunione finita malissimo

Ma cosa è accaduto? Partiamo dalla fine: Voce ha rassegnato e motivato le sue dimissioni da primo cittadino dopo una denuncia. A sottoscriverla, 24 ore prima di ieri, un consigliere: Ernesto Ioppoli. L’amministratore ha fatto sapere che nel corso di un summit tardo serale a cui era presente anche Voce, quest’ultimo lo avrebbe brutalmente “aggredito con calci e pugni”. “Motivo del contendere, la realizzazione delle case popolari nel quartiere Tufolo–Farina che l’amministrazione comunale della città pitagorica intende portare avanti, nonostante la contrarietà dei residenti” (fonte, AdnKronos).

Ioppoli è consigliere di maggioranza ma è anche residente nel quartiere della discordia. Gli animi si sarebbero scaldati verbalmente e il sindaco pare abbia deciso di passare alle vie di fatto. Ieri pomeriggio Voce ha fatto la sola cosa decorosa da farsi in casi del genere. Ed ha spiegato perché: “Non è mia intenzione alimentare polemiche dopo quanto accaduto ieri sera né cercare giustificazioni di sorta”.

Il non più sindaco ha espresso “pubblicamente le mie più sincere scuse al consigliere Ioppoli e alla città”.

Scuse e dmissioni immediate

Poi è andato oltre: “Ma quando solo le parole non bastano occorre il gesto”.

“Ritengo doveroso compiere un passo indietro per senso di responsabilità istituzionale. Le istituzioni devono essere sempre esempio di equilibrio e rispetto, valori che oggi intendo riaffermare presentando le mie dimissioni”.

Che sono state la cosa migliore e più riuscita delle sue ultime ore, ma che comunque non tolgono nulla alla gravità del suo gesto. Perché il linguaggio della violenza in ogni sua declinazione deve essere bandito dall’amministrazione della Cosa Pubblica: ad ogni livello.

Meglio di Bandecchi, peggio del consentito.