I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 4 dicembre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 4 dicembre 2024.
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ANTONIO POMPEO
L’Italia dei campanili nacque esattamente perché noi sconfiggemmo l’Alto Medio Evo prima e meglio di tutti. E creammo città talmente autonome che poi alla fine ognuna rivendicava un diritto di prelazione su ogni scatto in avanti della storia. Perché il suo campanile era più alto, la sua chiesa più nobile, la sua gente più bella, ricca, figa e meritevole. L’Italia dei campanili ha anche un’altra caratteristica: non è mai morta perché i suoi abitanti hanno affinato questo “diritto alla presunzione”.
Antonio Pompeo l’Italia dei campanili la vive ma non la tollera, non quando nel suo nome ci si deve mettere a baruffare per una cosa così importante come una stazione Tav. Perciò l’ha detta come meglio non si poteva dire, la sola cosa da dire sul tema.
Progetto ecumenico
“Il progetto riguarda la provincia di Frosinone nella sua interezza. Lasciamo stare diritti di primogenitura e campanilismi che alla fine danneggiano e depotenziano quello che invece può e deve rappresentare l’insostituibile e determinante valore aggiunto: l’unità”. Che tradotto vuol dire: caro Luca Di Stefano che sei il mio successore a Palazzo Iacobucci, spetta a te promuovere un dibattito ecumenico.
E che metta finalmente sulla stessa lunghezza d’onda il nord ed il sud della provincia. Perché si dia il caso che quella è la Provincia, cioè quella che oggi governi tu. “Siamo ad un bivio. Nessuno può darci certezze sul risultato finale, ma dobbiamo fare tutto il possibile per raggiungere l’obiettivo di realizzare una Stazione della Tav in provincia di Frosinone”.
Di Stefano capo cordata: di tutti
Quindi un progetto territoriale, non una coccarda di areale. “Si tratta dell’unica opera che davvero può far effettuare alla Ciociaria un salto di qualità nella direzione del rilancio e dello sviluppo. Il paragone con l’autostrada del Sole ci sta tutto”. Per comprendere la portata di questa eventualità serve però un unico registro, una “sola voce” con cui parlare.
E serve che “presidente della Provincia si faccia portavoce dell’intero territorio. Lo dico nel giorno della riunione del Comitato per lo sviluppo: Luca Di Stefano unifichi le diverse realtà. Si tratta dell’unica strada percorribile per cercare di ottenere un risultato che non sarebbe esagerato definire storico”.
E marca una chiave finale per Pompeo: quella di mettere a regimentazione “tutto quello che di buono è emerso negli incontri e nei convegni di questi giorni. Tenendo tutto insieme per valorizzare il progetto complessivo. Penso alla seduta del consiglio comunale di Frosinone, all’incontro di Ferentino, alla riunione della Consulta dei sindaci del cassinate, al vertice di Roccasecca”.
Fare massa di quanto si è detto finora
E secondo la sola “necessità di una interconnessione veloce tra le tratte ferroviarie. Un’infrastruttura che va pensata e ‘scaricata a terra’ nella logica e nello spirito di un’opera di bacino, con un compasso di 70-80 chilometri”. Tra l’altro con un claim finale da applauso: “Prendiamo il treno. Tutti insieme”.
Il tutto, nel giorno dell’audizione sul tema in Commissione Lavori Pubblici della Regione Lazio. Ed a poche ore di distanza dall’annuncio che Regione e Trenitalia confermano anche nel 2025 le fermate Tav di Orte, Frosinone e Cassino.
Capotreno.
AUGUSTO MINZOLINI
Dopo il “travaso” in Gazzetta Ufficiale la controversa riforma del Codice della strada, che era passata anche al Senato pochi giorni fa, è diventata ufficialmente legge dello Stato. E come tutte le leggi che ovviamente (e legittimamente) portano l’imprinting dell’area politica che le ha caldeggiate anche questa è diventata un coacervo di discussioni, polemiche e critiche.
Nulla di nuovo quindi, anche se questa riforma sembra seguire il solco ideologico del Governo Meloni che si leggi ne ha implementate ben 48 (non fatte ex novo, solo irrigidite nella loro polpa sanzionatori). Ad ogni modo, e con la mobilità frenetica delle festività natalizie ormai alle porte, vale la pena ricordare che si è trattato di un provvedimento fortemente voluto dalla Lega e dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
Perciò mediamente la legge è piaciuta tantissimo al destra centro, poco al centrosinistra e pochissimo ad alcune categorie specifiche. Ansa ricorda ad esempio che “al centro delle polemiche, la stretta sui monopattini, le nuove norme sugli autovelox e sulla definizione delle zone Ztl, e sui controlli per la guida sotto effetto di stupefacenti”.
Una legge che piace solo a chi l’ha fatta
Ma il dato è un altro. Ed è dato decisamente indicativo di quanto il format di Palazzo Chigi di incrementare le sanzioni, le pene ed i provvedimenti senza andare direttamente nel merito giurisprudenziale dei normati piaccia poco. Perfino a personaggi che non si possono definire “di sinistra” o “avversari” della parte politica che ha messo a terra la legge.
Personaggi come Augusto Minzolini, ad esempio. Il giornalista ed ex parlamentare forzista non le ha mandate a dire. Ed in poche righe ha riassunto tutta la verve da “carico da mille” che con il Governo Meloni aveva già esordito con il provvedimento sui rave subito a valle della vittoria del 25 settembre 2022.
“Trovo aberrante e idiota l’aumento delle sanzioni previsto nel nuovo codice della strada”. Poi Minzolini spiega: “Portare a 800 euro multe se si va 10 km in più del limite o il divieto di sosta in alcuni casi ad 800 euro dimostra che questa classe politica, a cominciare dal governo , è fuori di senno”.
100 euro per un motorino posteggiato male?
E a chiosa secca e obiettivamente un po’ spiazzante: “Se poi si pensa che il divieto di sosta con il motorino arriva a 98 euro all’ora davvero siamo al manicomio”. Minzolini ha una sua lettura che tuttavia nn è solo sua, in una società che paga pegno ad una condizione salariale tra le peggiori d’Occidente.
“Non c’è nessuna relazione tra il livello delle multe e quelle dei salari. La demagogia idiota al potere”. E per quanto un fiero Salvini spieghi che “la riforma è frutto di un lungo confronto durato più di un anno (…) e con un obiettivo comune: ridurre le stragi sulle strade italiane“ il merito resta. Ed è merito che Minzolini ha centrato perfettamente.
In carreggiata.
FLOP
GIOVANNI DONZELLI
La storia è piena di “cadute” di gregari di lusso. Uomini (purtroppo soprattutto uomini, visto che il mondo verso la parità di genere ci arranca da secoli) che rappresentavano la longa manus del potere. E che poi quella mano se la sono ritrovata esposta alle lame degli stessi sistemi complessi di cui prima erano flabellieri e vice nocchieri al contempo.
Da Narciso, il potentissimo liberto dell’imperatore Claudio, fino a Murat con Napoleone, è tutto un fiorire di “secondi” caduti in disgrazia o inguaiatisi con le proprie mani. Ora, a fare una vigorosa tara a carisma, portata e gesta di costoro, la figura di Giovanni Donzelli sembra che si stia progressivamente accucciando proprio in questa casella.
Il brusio di fondo su Giovanni
L’analisi de Il Foglio sulla figura del responsabile organizzativo di Fratelli d’Italia e uomo afferente il cerchio “maggico” delle due sorelle Meloni è impietosa. Ed è analisi che parte proprio da Fratelli d’Italia. “Trattandosi di un partito ‘leninista’, dove non esistono voci fuori dal coro, soprattutto dopo che ha parlato la ‘capa’, il brusio di fondo va preso con le pinze”.
Quale brusio? Quello, protrattosi fino a questo mese di dicembre, per cui ad esempio Donzelli nelle elezioni regionali umbre non ci avrebbe capito granché, in quanto a strategia. E quelle umbre sono state le elezioni più cocenti, per i “Fratelli”, perché se in Emilia Romagna le speranze di vincere erano da sempre pochine, in Umbria ci si sperava, di tenere la stanza dei bottoni.
L’accordo con Bandecchi: doppio flop
Il quadro è d’altronde sotto gli occhi di tutti, ed è quadro composito ovviamente. “Una candidata di un partito (Donatella Tesei della Lega) in caduta libera”. Ed in quel contesto “anche FdI ha sbagliato visto che è il perno della coalizione. E in particolare si fa il nome di Giovanni Donzelli, capo dell’organizzazione, alter ego (molto sulla carta) di Arianna Meloni, e responsabile delle trattative sui territori, dalle liste alle alleanze”.
Insomma, oggi Donzelli è il capro espiatorio di un sistema complesso che ha toppato in punto di coralità ma che ha bisogno di una lettura colpevolista univoca e sottilmente condensabile in una sola persona. Abbastanza di vertice per portare il fardello ma non abbastanza da irritare le due “cape” e piazzare qualche libbra di colpa anche sulle loro spalle.
Tutto concordato con “Giorgia”?
Anche perché, insinua Il Foglio, “sapendo poi che anche Donzelli alla fine potrà sempre dire di aver concordato tutto ‘con Giorgia’”. Certo, il capolavoro al contrario ed oggettivo di Donzelli è stato l’accordo con Stefano Bandecchi, che a Fdi ha portato solo un upgrade di tamarraggine senza ripagare il pizzico sulla pancia con percentuali decorose. E che proprio un consigliere di Fdi voleva menare in un (poco) memorabile Consiglio comunale a Terni.
La chiosa è netta: le batoste umbre hanno aperto “la botola dei piccoli rancori e delle sottili gelosie e ‘questa sconfitta ridimensiona Donzelli’, ci sussurrano in un orecchio”. Anche se chi gli sta vicino spiega con tono blando che “purtroppo è così, che si vinca o si perda, è naturale che lui finisca in mezzo, fa parte del suo lavoro”.
Un lavoro che, all’improvviso, ha perso molti flabelli a favore di qualche pugnale dietro la schiena.
Astro offuscato.