
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 7 maggio 2025
*
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 7 maggio 2025.
*
TOP
ALIOSKA BACCARINI

Dopo decenni di sogni, rinvii e progetti rimasti sulla carta, il PalaCongressi di Fiuggi – nato da un’idea negli anni ’70 e realizzato solo nel 2022 – ha finalmente trovato il suo motore: nelle opre scorse la gestione è stata affidata all’Italian Exhibition Group, colosso fieristico nazionale con base a Rimini. E non è successo per caso.
Il sindaco Alioska Baccarini, in questo, ha fatto il lavoro sporco e quello raffinato. Ha messo insieme burocrazia e visione. Prima ha portato a compimento l’opera, superando intoppi tecnici, stop finanziari e il solito scetticismo che in Italia accompagna ogni grande progetto. Poi ha fatto la cosa che conta davvero: ha trovato un gestore all’altezza. Non uno qualsiasi, ma il primo player del Paese, lo stesso che fa girare 56 fiere e più di 100 eventi congressuali l’anno.
La svolta di Baccarini

Non si tratta solo di una buona notizia per la città. È una svolta per l’intero comprensorio. Con un canone annuo di 205mila euro (il minimo richiesti dal bando era di 200mila) – la proposta dell’IEG ha battuto la concorrenza e si è presa il timone del “Fiuggi Centro Congressi ed Eventi“.
Il progetto punta dritto al cuore del turismo congressuale, settore in piena espansione e capace di generare ricadute economiche concrete. E qui la politica c’entra eccome: perché senza visione, tenacia e capacità amministrativa, Fiuggi sarebbe rimasta al palo. Durante il consiglio comunale, Baccarini ha espresso soddisfazione, ma senza autocelebrazioni. Ha parlato di “passaggio storico” e “felice realtà” per la città, lasciando trasparire il sollievo di chi ha spinto per anni contro la gravità dell’inerzia.
Con questa operazione, Fiuggi entra nel circuito Meetings, Incentives, Conferences and Exhibitions. E ci entra grazie ad una gestione esperta, solida e già rodata su scala internazionale.
La rivoluzione in 6 anni

Il 2026 sarà l’anno del rodaggio, ma già nel 2027 si punta a 14 eventi tra convention e congressi. Cifre che, per Fiuggi, significano posti letto, ristoranti pieni, attività turistiche vive. Una boccata d’ossigeno per un distretto termale che troppo spesso ha vissuto di ricordi.
Alioska Baccarini, insomma, ha fatto centro ancora una volta. Quando si è insediato aveva una città al collasso: la municipalizzata Acqua e Terme di Fiuggi al fallimento in tribunale, le strutture sportive da Serie A di Capo i Prati abbandonate, il PalaCongressi alle prese con intoppi burocratici ed il rischio che si rivelasse l’ennesima cattedrale nel deserto, la piscina olimpionica per nulla valorizzata, il Centro Benessere che esisteva solo sulla carta.

Oggi l’imbottigliamento è nelle mani del fondo investimenti di Leonardo Maria Del Vecchio cioè uno dei maggiori finanzieri italiani, i campi da calcio sono stati gestiti dalle Giovanili del Frosinone Calcio e da settembre cercheranno di tornare nell’orbita della Serie A, la piscina è stata affidata ad Emanuele De Vita che nel frattempo è diventato il delegato provinciale del Coni, la Spa ora esiste e la cura una delle società dell’ex presidente di Federlazio Alessandro Casinelli che l’ha associata alle sue cliniche facendone un centro di cure e benessere.
E ora il PalaCongressi che chiude il cerchio. Portando in città un partner – IEG – che promette di portare a Fiuggi non solo eventi, ma una reputazione nuova. Quella di una città che, finalmente, si gioca la partita giusta.
La politica è l’arte del possibile.
CRISTIANO CUPELLI

Il suo è stato un vero, piccolo capolavoro di analisi giornalistica, comunque la si pensi e qualunque sia la bussola ideologica del potenziale lettore. Cristiano Cupelli è docente ordinario di Diritto penale presso l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, è avvocato ed autore di articoli, saggi e libri sul Diritto, in ogni sua sfaccettatura e con particolare predilezione per il “magic moment” in cui la norma va in epifania e crasi con le contraddizioni di una società sempre più ammalata di sindromi epidermiche e facilone.
E su “Il Riformista” Cupelli nelle ore scorse ha confezionato un piccola, immensa gemma analitica. Su cosa? Sul rapporto tra appetibilità elettorale di un sistema complesso e produzione delle norme.
Messa meglio: sull’idea, del tutto balzana, che un Governo, allo scopo di apparire appetibile, si metta a fare leggi nuove come se non ci fosse un domani. O come se quel domani fosse solo domani d’urna e non di sobria solidità giurisprudenziale. E Cupelli lo ha fatto scrivendo cose come questa, scomode, ma taglienti come un rasoio.
Il domani d’urna

“Il dibattito sviluppatosi nelle ultime settimane, stimolato tanto dalla proposta di introdurre un’autonoma figura di reato di femminicidio quanto dall’approvazione del decreto-legge n. 48 del 2025, offre una formidabile occasione”.
E si tratta di un’occasione ghiotta ma scomoda “per interrogarsi se davvero il troppo (e male) punire rappresenti esclusivamente il frutto di spregiudicati calcoli elettorali e vada pertanto ricondotto alle sole responsabilità del decisore politico”.
Oppure, al limite, “se, sullo sfondo, si possano intravedere matrici ulteriori”. Il concetto claim è quello della “bulimia punitiva”. Di un fenomeno cioè per cui “da tempo viene denunciato il dilagare, apparentemente inarrestabile, di una coazione ad ampliare la sfera del penalmente rilevante”. “(Questo) attraverso la frenetica introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, mossa dall’obiettivo di inseguire continue emergenze e placare discutibili ansie securitarie”.
Nuovi reati ed aumenti di pena

E per Cupelli si tratta di un fenomeno che “si traduce in una produzione normativa schizofrenica, ancorata non a effettivi bisogni di tutela ma alla ricerca spasmodica di rendite politico-elettorali”.
Come, e con cosa? Con “nuovi reati e aumenti di pena quali strumenti di acquisizione del consenso”. Legiferati quindi “diretti a massimizzare l’impatto simbolico del loro annuncio”.
E volti a “sedare bisogni emotivi di sicurezza e offrire all’opinione pubblica – anche tramite una politica dell’informazione compiacente – la rassicurante sensazione di tenere tutto sotto controllo”.
Comunque la si pensi, non sembrano parole da scolpire nel bronzo della nostra coscienza collettiva?
Analisi impeccabile.
FLOP
UNA CERTA, IPOTETICA MILANO DEL CALCIO

Dopo le ultime vicende ed azioni giudiziarie non sembra esserci pace per una certa Milano calcistica, anche se al momento si parla di ipotesi di reato legate alla sola lettura della parte requirente in fase molto preliminare. Tuttavia, anche a voler essere doverosamente garantisti, resta un dato mainstream.
E non è il dato giuridico che è incerto ed al momento tutto da asseverare in punto di Diritto. No, ci mancherebbe, quello che butta giù tutti i tifosi onesti del calcio ed in particolare di Milan ed Inter è il dato etico. E quello appare decisamente incontrovertibile.
La spregiudicatezza del pallone

In molte parti delle tifoserie delle due squadre milanesi appaiono ombre che legano male con la concezione (sacra) di uno sport che non abbia (solo) fini utilitaristici e moralmente discutibili.
Certo, non servivano le ultime inchieste per certificare che il calcio ormai è un planetesimo spregiudicato e cafone, ma alcuni ultimi sviluppi sembrano rafforzare questa ipotesi, ed in salsa ambrosiano-meneghina.
Le ultime news ad esempio riguardano non solo “il business di parcheggi che ruotava attorno a San Siro. E non ci sono solo i tassi d’interesse a doppi zeri – a volte fino all’800 per cento – che i vertici ultrà di Inter e Milan, con alle spalle le cosche di ‘ndrangheta, pretendevano per i loro prestiti usurai”.
Con le ‘ndrine alle spalle?
Lo scenario (ipotetico) è dunque questo: ultratifosi che si appoggerebbero alle male organizzate. Anzi, alla mala che più di tutte ha colonizzato a ricca ed opulenta Lombardia: quella delle ‘ndrine e delle locali. “Nelle 198 pagine della nuova ordinanza della procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta Doppia curva, che lo scorso settembre ha azzerato i vertici delle tifoserie organizzate milanesi, e che ora ha portato a ulteriori sette arresti, ci sono elementi inediti”.

E si tratta di elementi “che potrebbero ulteriormente inguaiare la posizione della società dell’Inter.” Perché? Perché il gip Domenico Santoro scrive che “tra gli esponenti di spicco della Curva Nord (quella nerazzurra, ndr), in questo caso rappresentati da Bellocco Antonio, e la società interista” ci fosse un “rapporto intercorrente”.
Il tutto con informazioni random che svelano i retroscena di omicidi, come quello di Antonio Bellocco, ucciso dal capo ultrà interista, Andrea Beretta, che nel frattempo è diventato collaboratore di giustizia.
Omicidi e malavita

Cioè da colui che poi aveva a sua volta scoperchiato il calderone dietro ad un altro omicidio, quello dello storico leader del tifo nerazzurro, Vittorio Boiocchi. Va sì detto che Inter e Milan “hanno sempre negato qualsiasi rapporto con le cosche calabresi e solo due giorni fa”.
E che hanno deciso di “patteggiare di fronte alla giustizia sportiva, scegliendo di pagare rispettivamente una multa di 70 e 30 mila euro”.
Ma il dato è un altro: al di là delle singole responsabilità penali e della preliminarietà della loro asseverazione fascicolare e dibattimentale il calcio milanese in particolare è macchiato. E non va bene, anche a fare la tara alle iperboli di Roberto Saviano.
C’è del marcio sotto la Madunìna.
GIULIO ZEPPIERI

Di talento, il tennista pontino Giulio Zeppieri (è figlio del celebre avvocato Leone), ne ha da vendere. E anche ieri, sui campi rossi della SuperTennis Arena, se n’è vista qualche scintilla. Ma non è bastato. Il pontino classe 2001 ha detto addio agli Internazionali d’Italia nel turno decisivo delle qualificazioni, battuto in tre set dall’americano Nicolas Moreno de Alboran.
Una sconfitta che brucia, soprattutto perché arriva al termine di una partita in cui l’azzurro ha fatto e disfatto, a tratti padrone del gioco, a tratti del tutto fuori giri. È un flop di risultato, non di valore. E non è affatto un fallimento.
Il valore non manca
A Zeppieri non manca di valore, manca ancora di continuità. Ha servito più ace, ha tirato più vincenti, ma ha anche commesso 44 errori non forzati: troppi, soprattutto quando l’avversario – numero 149 del mondo – gioca pulito e senza sbavature. Il match, in fondo, è stato deciso lì: nei dettagli, nei momenti in cui Giulio poteva tenere il colpo e invece ha tremato.

E dire che il secondo set lo aveva dominato. Break subito, poi ancora, 4-0 e inerzia completamente ribaltata. Ma come troppo spesso gli capita, Zeppieri ha tolto il piede dall’acceleratore proprio quando serviva mordere. Il blackout è stato mentale prima ancora che fisico. Il terzo set, praticamente non pervenuto, ne è la fotografia impietosa: 6-1 per l’americano e fine del sogno.
Certo, le attenuanti non mancano. La maratona contro Kotov del giorno prima, i lunghi mesi di stop dopo l’operazione al polso sinistro, la rincorsa alla forma migliore. Ma nel tennis – soprattutto a questi livelli – tutto questo conta solo fino a un certo punto. In campo bisogna esserci con la testa, le gambe e il cuore. E nel set decisivo, “Zeppo” era rimasto solo col cuore, frustrato al punto da scaraventare a terra la racchetta.
Non è una bocciatura

Ma attenzione: bocciare Giulio sarebbe un errore. Anzi, sarebbe ingiusto. Il suo percorso è quello di un talento che ha già dimostrato di poter stare nel tennis che conta – basta tornare al Roland Garros dello scorso anno, quando fece sudare Casper Ruud, allora numero 4 del mondo. Lì Giulio fu brillante, coraggioso, sfrontato. Tutto quello che ieri, nel momento decisivo, non è riuscito ad essere.
Ora bisogna resettare. Testa bassa, lavorare, e ripartire. La stagione è ancora lunga, e i palcoscenici importanti sono dietro l’angolo. La sensazione è che, se il fisico tiene e la mente impara a non tradirlo, di Giulio Zeppieri sentiremo parlare a lungo. Perché il tennis, quello vero, ce l’ha nel braccio. Deve solo trovare il modo di tenerlo acceso nei momenti che contano.
il talento c’è, il risultato no