Top e Flop, i protagonisti di mercoledì primo maggio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì primo maggio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 2 maggio 2024.

TOP

FRANCO DI MARE

Franco Di Mare su Che Tempo Che Fa

Si è beccato un “mesotelioma aggressivo, di alto grado”. E’ il cancro dei lavoratori che sono stati a contatto con l’amianto. Con quello e con l’uranio impoverito. Come quello con cui Franco Di Mare ebbe a che fare ad esempio nel 1992, quando da inviato Rai era nella Sarajevo bombardata e squassata. Statistiche che non hanno trovato suggello della Difesa spiegano che dal 2000 a oggi 563 soldati sono morti per tumore collegato ad esposizione da uranio impoverito. 8.740 sono quelli malati e tra di loro ci sono anche operatori civili che erano u quel teatro di guerra.

La chiave non è quella del nesso eziologico, quello causa-effetto che solo un procedimento giudiziario intentato potrà asseverare. No, la chiave sta nei presupposti per avviarla, quella verifica procedurale. Ed a Franco Di Mare pare proprio che quei presupposti siano stati negati dai vertici della “sua” Rai, non quella di oggi, ma tutte quelle che dopo l’insorgere della malattia lo avrebbero beotamente ignorato.

I lavoratori, il lavoro e il reset
Franco Di Mare (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconoimica)

Ecco che quindi il giorno, quello di oggi, dedicato ai lavoratori, ci ha rilasciato i sedimenti di una vicenda che ci rimanda ad un’idea di lavoro paleolitica e stantia. Nino Cartabellotta della Gimbe ha twittato in sintesi magistrale, tecnica ed emotiva. “Franco Di Mare ha inalato particelle di amianto quando era inviato di guerra. Ora ha un mesotelioma. Ma non ha avuto dalla Rai, dove ha lavorato una vita, lo stato di servizio. Ovvero la mappa dei luoghi dove è stato e per quanto tempo. Un abbraccio amico mio, la tua dignità è più grande dei diritti negati”.

La nota ufficiale della Rai di queste ore ricostruisce un ponte: “L’ad Roberto Sergio e il dg Giampaolo Rossi sono venuti a conoscenza solo ieri sera della drammatica vicenda di Franco Di Mare. Al quale esprimono tutta la propria vicinanza umana. Ed assicurano la loro disponibilità a fare tutto il possibile per consentire al giornalista di ricostruire quanto da lui richiesto”.

L’Inail declina le responsabilità sulle mancate prestazioni previdenziali a Franco Di Mare, sottolineando che si tratta di «persona non tutelata» secondo la normativa vigente. Il legale del giornalista, Ezio Bonanni, ribatte però che l’istituto verrà citato in giudizio e dovrà riconoscere la malattia professionale e l’infortunio, ma che prima ancora è la Rai «a dover risarcire il danno per non aver messo in atto tutte le misure di protezione necessarie».

Ma il dato resta a prescindere da chi ha omesso di tutelare un lavoratore: Franco Di Mare è stato solo fin quando non ha partecipato la sua vicenda ad un pubblico. E in Italia ci sono migliaia di lavoratori che non hanno lo shining di Di Mare per andare sul Nove a raccontare di ingiustizie, malattia, abbandono e paura.

Ecco perché il giornalista ha schiuso un mondo. Con il suo dolore. Che speriamo possa scomparire ed al contempo servire a qualcosa ed a qualcun altro.

Franco chi?

DANILO CAMPANARI / LAZZARO CESTRA

A destra Danilo Campanari con Lazzaro Cestra

Analisi e giudizio sono su funzione e ruolo, non certo sulla preminenza o meno della “ricetta amministrativa” in ordine alla quale si esprimeranno su di loro i cittadini di Veroli a giugno. Solo quelli e su tre proposte-madri. Tuttavia è un dato che Danilo Campanari e Lazzaro Cestra hanno saputo manovrare bene ed in acque procellose per arrivare a meta.

I due rappresentano rispettivamente l’ala Dem assai dei Dem locali e l’uomo di punta di un centrismo d’area a sé stante. Perciò potevano essere a pieno titolo i piedi nella porta della piattaforma civica con cui Germano Caperna corre per la carica di sindaco “contro” Cristiano Papetti e Patrizia Viglianti.

Non è stato così e per motivi legati grazie anche alle skill che i due hanno saputo sfoderare. Spieghiamola.

Il discorso di Danilo
Danilo Campanari

Danilo Campanari avrebbe potuto usare il suo carisma di ex primo cittadino iconico per sabotare quella crasi. Nel suo discorso introduttivo all’apertura del comitato elettorale di due delle liste che appoggeranno Caperna ha accennato a decisioni e digeribilità di altro esito. Tuttavia si è affrettato a precisare che in pochi giorni è con fermezza è passato alla modalità dell’unico e convinto target per cui si andrà a “lavorare assieme”. Senza preconcetti.

Lazzaro Cestra, uomo di ampio credito locale ed elettorale, ha sì sottolineato la sua posizione centrista, ma senza mai dimenticare i punti di convergenza tra la sua lista e quella che fa capo a Francesca Cerquozzi. Quella ed un percorso amministrativo comune che costituisce al contempo pregresso e viatico buono. Una sorta di “approdo fisiologico” dunque ad una soluzione collegiale, convinta e che punta ad essere convincente.

Entrambi potevano non starci ed incrementare una galassia di proposte che è già composita.

E invece hanno scelto quell’altro tipo di diversità. Quella che, almeno negli intenti, arricchisce senza spaccare.

Io penso positivo.

FLOP

GIAN MARCO CENTINAIO

Gian Marco Centinaio (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Siamo alle solite, e le solite stavolta sono andate in spartito lessicale di Gian Marco Centinaio. L’esponente leghista è responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo del Carroccio ed ha pensato bene di ribadire il solito mood italiano. E’ quello per cui, specie a destra, il rapporto con la magistratura e con il potere giudiziario in genere viene visto come un conflitto e mai come un’interazione costituzionale. A prescindere.

Qual è stato stavolta il terreno di scontro? Partiamo dalle parole di Centinaio e scivoliamo sul contesto dopo averle centellinate bene. “Il Consiglio di Stato ha qualche problema con le misure, sia delle coste italiane che delle proprie competenze. Esiste una legge dello Stato che proroga al 31 dicembre 2024 le concessioni balneari.

“… e non boicottare la legge”

E ancora: “Dato che il potere legislativo spetta al Parlamento, la magistratura deve far rispettare quella legge, non boicottarla”. Il sugo sta tutto qua: per Centinaio una legge fatta dal Parlamento è in toccabile anche quando i suoi presupposti normativi sono passibili di verifica. Ma a cosa ci si riferisce? Ad una sentenza dopo il ricorso dei proprietari di uno stabilimento di Rapallo. Giudicato che statuisce come le spiagge siano “una risorsa sicuramente scarsa e la scadenza delle concessioni balneari al 31 dicembre 2023 deve essere rispettata”.

Perciò “vanno disapplicate le proroghe alla fine del 2024”. Che significa? Che la linea affannosa del governo passata alle Camere per non scontentare i titolari storici di concessioni in barba alle disposizioni Ue che regolamentano il settore è sbagliata. Semplicemente sbagliata. E quindi “dando applicazione alla sentenza della Corte di Giustizia Ue si deve dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale”.

La sentenza fa scuola perché di massimo rango amministrativo e stabilisce che “la disposizione introdotta dalla l. n. 14 del 2023 dovrebbe e deve essere essa stessa disapplicata”. E Centinaio? Invoca una cosa bella ma affatto intoccabile per difendere una linea politica ed una messe elettorale alla vigilia del voto Ue.

Solita solfa.

CARLO CALENDA

C’è una differenza sostanziale tra funzionalismo e trasformismo, ma a volte è così sfumata che coglierla è difficile. È diventa roba ancor più ostica se si generano due circostanze.

La prima: quella legata alle opportunity tipiche del contesto elettorale. La seconda: quella a traino di una certa propensione dei protagonisti al bipolarismo programmatico.

È tutta roba soft, sia chiaro, mezza fuffa che specie nel caso di Carlo Calenda non fa paradigma negativo in assoluto.

Però un po’ fa riflettere. Sul clima generale della politica italiana e su chi nel subirne i meccanismi va in deroga da se stesso più di quanto non sia consentito. Dopo aver tanto a versato lo scenario infatti Calenda si candiderà alle elezioni Europee. Così. “Dopo aver consultato il Direttivo del partito, i o ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni”.

Questo “per dare ancora più forza alla squadra di straordinaria qualità che abbiamo messo in campo da settimane (…) Siamo europei e lo dimostreremo l’8 e il 9 giugno” aggiunge.

“Opporsi al progetto di Meloni”
Giorgia Meloni

E dove sta il tarlo, oltre che nel fatto che quelle dei leader sono tutte candidature “pezzotte”? Lo spiega sempre Calenda: “Nei mesi scorsi ho più volte sollecitato pubblicamente tutti i leader politici a firmare un accordo per non candidarsi alle Europee”. Ecco, lui non ci voleva stare. “Schlein e Tajani hanno già scelto la strada della candidatura diretta. Ma la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario”.

Vero ma debole, della serie se lei trana allora cambia tutto, perciò lei è forteforte. Tra ammissione e modalità gambero dunque. e a chiosa: “Dobbiamo opporci con tutti i mezzi al progetto di ‘una piccola Italia in una piccola Europa’ di Giorgia Meloni. È necessario rispondere a questa sfida antieuropea mettendosi direttamente in gioco”.

Sì, ma era proprio necessario smentirsi così clamorosamente per farlo?

Duttile, magari troppo.