Top e Flop, i protagonisti di sabato 13 luglio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 13 luglio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 13 luglio 2024.

TOP

LA CORTE D’ASSISE D’APPELLO

L’abbraccio tra il maresciallo Mottola ed i suoi difensori al termine del Processo d’Appello per l’omicidio di Serena a Roma

La Corte d’Assise d’Appello di Roma che ha assolto gli imputati dell’omicidio di Serena Mollicone ha il merito di avere riportato tutti con i piedi per terra. Esattamente come la Corte che ha valutato la possibilità di riaprire il processo ad Olindo e Rosa. O quella che ha detto no ad un nuovo giudizio per l’omicidio di Yara. E non perché sia evidente l’innocenza dei Mottola, la colpevolezza degli assassini di Erba o del muratore di Brembate.

Ma perché è stato ribadito ancora una volta il sacrosanto valore del processo. Che non è una riunione di condominio, non è una partita a calcetto, non è la discussione tra comari mentre si guarda la puntata di Capriccio e Passione. In tutti gli altri casi è possibile scegliere chi è colpevole sulla base della faccia, dell’espressione, se uno ci sta simpatico o ci ispira antipatia. Ma non nel primo caso: quello dei processi. Lì a scrivere il verdetto sono le prove. E gli indizi non bastano.

Per essere ancora più chiari. Un giudice come Rosario Priore, l’uomo che più di tutti si avvicinò a definire cosa accadde sui cieli di Ustica ebbe a dire che una cosa è la verità storica ma cosa diversa è la verità processuale. Raccontò che ci fu chi gli fece comprendere che il Dc9 venne giù a seguito dell’intervento di due Mirage alzatisi in volo da Solenzara e lo mise finanche in condizione di conoscere i nomi dei piloti. Ma una cosa è la verità storica e cosa diversa è la possibilità di dimostrarlo in un processo.

Le prove ci sono. Del contrario

Nel caso del processo per l’omicidio di Serena le cose stanno in maniera ancora diversa. Non mancano le prove della colpevolezza degli imputati. Ci sono le prove della loro innocenza. C’è un impianto accusatorio che ha piena dignità processuale e totale coerenza. Ma non ci sono le prove a dimostrarlo ed anzi ci sono le prove a dire il contrario.

Il processo a Roma lo ha detto con la stessa chiarezza del processo a Cassino e dei due processi a Carmine Belli, il primo ad essere accusato da quel delitto per venire poi riconosciuto innocente. (Leggi qui: Perché li hanno assolti: le fake sul caso di Serena).

Allora perché in tanti hanno avuto l’impressione che questa volta si fosse arrivati a risolvere il mistero e dare finalmente giustizia ad una ragazza assassinata a diciott’anni senza avere fatto nulla di male? Per il modo in cui è stata raccontata la storia. Tanti di quelli che l’hanno raccontata hanno voluto nascondere dettagli importanti nelle loro cronache: il fatto che sul corpo ci siano decine di impronte ma nessuna degli indagati e quasi tutte di ignoti, che solo un matto si sarebbe tenuto per così tanti anni in casa l’arma del delitto ed infatti non lo era.

All’inizio si disse che l’assassino era un parente (non a caso papà Guglielmo venne prelevato nel corso della veglia funebre per ordine della Procura e non d’iniziativa dei carabinieri), poi si guardò tra gli amici, quindi venne il povero Carmine Belli ed infine i Mottola. E sempre, tutti a puntare il dito contro l’assassino di turno. Per fortuna che ci sono i processi. (Leggi qui: Serena, la differenza tra un colpevole ed il colpevole).

Voglia di patibolo.

CHIARA FERRAGNI

Estate che arriva, vip spiazzante che trovi. Ed è spiazzante in maniera davvero grossa, se quel vip si chiama Chiara Ferragni e per spazzare decide di abbandonare i social per un (bel) po’. Salvo poi buscarsi gli improperi di un hotel spagnolo quando ci si tagga, ma questa è roba da ludibrio su chi è debole. Solo un anno fa quel tag avrebbe scatenato un inferno di like. Chiariamola, questa faccenda: la Ferragni che abbandona i suoi social è come una rana che abbandona l’acqua. Cioè l’elemento senza il quale, per loro natura biologica, gli anfibi non vivrebbero neanche da adulti.

Nel caso dell’influencer milanese finita nel mezzo di non pochi guai giudiziari e mainstream il problema è etologico, non biologico. E rimanda alla doppia vita di una star che ha saputo cogliere l’attimo per fare decantare il suo modo di chiudere quei guai. Come? Con le soluzioni-tampone, ma oggettive e tridimensionali, adottate dopo la notizia sulla chiusura dell’istruttoria sulle uova pasquali.

La libbra di carne per l’italiano medio
Chiara Ferragni e Fedez (Foto: Clemente Marmorino © Imagoeconomica)

Chiusura che è stata suggellata da una cospicuo versamento di 1,2 milioni di euro a ‘I bambini delle fate’. A quel punto e come ha spiegato Fanpage “l’influencer ha smesso di condividere la sua quotidianità con i followers”. Vero è che la Ferragni è come il rame, ed attira fulmini anche quando in cielo c’è mezzo sereno. Ne è riprova nettissima la “polemica scatenata dall’epilogo del caso delle uova di Pasqua”.

Quale? “Dopo il comunicato dell’Antitrust, la Ferragni ha infatti ricevuto una pioggia di insulti da chi sostiene che questa mossa sia un ‘patteggiamento, e non una donazione’. Insomma, piaccia o meno, agli italiani se gli offri la libbra di carne di una persona su cui prima riversavano invidia scateni il Kraken che è in loro. E quell’invidia da salamelecco sociologico si trasforma in furia cieca iconoclasta.

Perché noi non critichiamo i frivoli vip nostrani e non perché sono frivoli, ma perché frivoli così lo saremmo voluti diventare noi. E con tanti zeri sul conto che non guasta mai signora mia. Dopo lo stop social ed il volo a Palma De Maiorca, in Spagna, per l’addio al nubilato della cara amica Veronica Ferraro.

Pit stop dai social

La Ferragni si è dunque concessa un pit stop. La chiosa (momentanea, e saggia) alla sua vita social lei l’aveva messa annunciando un contributo economico volontario, che è una donazione e non, dunque, una sanzione. Per un minimo di 1,2 milioni di euro in favore dell’impresa sociale ‘I bambini delle fate’”.

E con l’impegno delle sue società “della separazione totale delle operazioni commerciali delle società dalle attività benefiche che comunque non smetteremo di fare”.

Insomma, la ragazza è sveglia e conosce i binari di riassetto. E questo non glielo può togliere nessuno.

Fuori dal suo elemento.

FLOP

I DISSIDENTI DI MASTRANGELI

Foto © Stefano Strani

Dissentire è legittimo. Talvolta è coraggioso. In altri casi è doveroso. Il dissenso è la prova provata della democrazia, del suo funzionamento. Per quanto possa essere fastidioso, il dissenso aiuta a dubitare e comunque fa crescere. C’è chi, in nome del dissenso, ha vissuto buona parte della propria esistenza dietro alle sbarre: come Nelson Mandela. O chi vive da decenni sepolta in casa, come Aung San Suu Ky. C’è chi ha pagato con la propria vita: come Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci, i fratelli Rosselli.

Ma c’è anche un dissenso che lascia perplessi. Non tanto per le forme. Ma per la sostanza di ciò da cui si dissente. Come nel caso dei malpancisti che hanno voltato le spalle al sindaco di Frosinone, Riccardo Mastrangeli. Sia chiaro: il loro dissentire è pienamente legittimo. Ma perplime il fatto che tutti loro, prima di candidarsi e diventare Consigliere Comunale nella maggioranza di centrodestra che governa il capoluogo ciociaro hanno sottoscritto un documento nel quale erano indicate le cose che loro, insieme al sindaco, sarebbero andati a fare in caso di elezione. E sono esattamente quelle che Riccardo Mastrangeli sta facendo, Ma dalle quali i malpancisti dissentono.

Eppure lo sapevano

In discussione non c’è come il sindaco lo stia realizzando. Ma proprio il fatto che lo stia facendo. Cioè la Metropolitana leggera Brt, il collegamento della Stazione – De Matthaeis, le Zone 30 orari. Nel documento firmato prima delle elezioni si legge che «Il progetto, già finanziato, va a inserirsi in una visione più ampia della città. È già attivo in alcune capitali del nord Europa e in alcuni Paesi dell’America Latina da oltre 10 anni».

Dissentire da ciò che si è letto e firmato rende il tutto incomprensibile. Perché a leggerlo è chiaro che l’abbiano letto: c’è sotto la firma. Se non hanno capito cosa firmavano è doppiamente grave: per non avere compreso cosa firmavano e per essersi candidati a sostenere un progetto nel quale non credevano.

Incomprensioni incomoprensibili.

EUGENIO PATANE’

Estate che arriva, stangata che trovi. Ma chi glielo ha fatto fare ad Eugenio Patanè di avallare l’aumento della tariffa minima per i taxi di Roma “per eliminare le lunghe code”? Davvero funziona così, come se per eliminare la fame uno portasse il latte a cinque euro al chilo? Il dato arriva da Roma Today ed è un dato preoccupante, soprattutto a contare che Roma Capitale si appresta a vivere due faccende grosse.

La prima è quella dei giganteschi flussi turistici estivi. La seconda è quella dei titanici flussi legati al Giubileo 2025 che è in dirittura di arrivo. E quale sarebbe la soluzione vidimata anche dall’assessore alla mobilità capitolina? Eccola: Corsa minima a 9 euro per eliminare le lunghe code. Aumenti da e per gli aeroporti romani. Il nuovo tariffario dei taxi di Roma è pronto ad entrare ufficialmente in vigore”.

Il nuovo tariffario: salato
Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica

E sarà un tariffario salatissimo, a contare la disastrosa situazione dei trasporti pubblici cittadini e soprattutto che lo scatto del minimo è di 6 euro. In agenda c’è anche un bando per 1.000 nuove licenze che il Campidoglio metterà a gara. I particolari economici sono un po’ da sturbo comunque. Leggiamo che “la corsa breve costerà 9 euro e sostituirà la quota minima di partenza da 3 euro. Una decisione che, secondo quanto sostenuto dallo stesso Patanè in una passata audizione in commissione mobilità, dovrebbe cancellare le lunghe code di utenti in attesa di un’auto bianca”.

Della serie “ti faccio desistere a suon di prezzi capestro, così ti spingo o verso Uber, o sulla Metro 3 che è ancora in corso oppure verso i nasoni per non morire disidratato”. Come viene spiegata la cosa in logica a metà tra Cartesio e Bacco? Così: “Per i tassisti le corse brevi sono poco convenienti. E, spesso, non vengono prese in carica. È anche per questo che, ad esempio fuori dalla stazione Termini, si creano quelle lunghe code di cittadini e turisti in attesa di un’auto bianca.

Aumenti anche per Fiumicino e Ciampino
Foto: Alessandro Paris / Imagoeconomica

Aumenti previsti anche per le corse verso Fiumicino e Ciampino. Si andrà “da 50 a 55 euro le prime, da 31 a 40 euro le seconde. Aumenta la corsa dal centro di Roma al porto di Civitavecchia, da 120 a 130 euro. Verso il rincaro anche le corse a tassametro, con un sistema che prevede per gli utenti costi più alti tanto più è lunga la corsa”.

E dulcis in fundo “rincaro per le quote fisse per le corse nei giorni feriali dalle 6 alle 22. Da 3 a 3,5 euro per le diurne, da 7 a 7,5 euro per le notturne”. Magari l’assessore Patanè poteva pensarla meglio, una soluzione che salvasse capra e cavoli.

Così a maledire il cielo di Roma saranno solo cittadini e turisti. Altro che Giubileo.

Roma (S)Capoccia.