Top e Flop, i protagonisti di sabato 18 gennaio 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 18 gennaio 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 18 gennaio 2025.

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TOP

GIOVANNI TOTI

Giovanni Toti (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il bello della natura umana è che, nella sua massima espressione di duttilità e potenza, essa può farci cambiare idea. Andare in deroga da convinzioni che credevamo essere ferree. Magari per partito preso, o per militanza in un sistema complesso di ricerca di consenso che avesse una determinata bussola. Oppure semplicemente per indole, un’indole che però non soggiace mai ai diktat delle convinzioni manichee.

C’è tutto il bello della civiltà occidentale nella mistica del dubbio. E perfino quando esso sembra insinuarsi nelle nostre menti a seguito di una qualche forma di “calcolo” bèh, anche quello è un bene.

Il caso di Giovanni Toti è esemplare e, si spera, di buon auspicio per questo appena iniziato 2025. Magari a ché certe prese di posizione non restino cementate in petto a chi le ha sposate solo per sostenere ragioni a volte insostenibili.

Ricetta ed assist di Renzi
Matteo Renzi (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

E stavolta bisogna dare atto allo “sparring” involontario di questa metamorfosi, quel Matteo Renzi che sui Cpr in Albania – oggettivamente un fallimento assoluto – da tempo sciorina una soluzione alternativa più cartesiana.

Quale? Questa: “L’opposizione deve fare proposte, non può solo criticare. E allora io voglio fare la mia parte, sulla vicenda del centro migranti in Albania. La Meloni spreca quasi un miliardo di euro per un progetto che non sta in piedi. Quel centro migranti non si farà mai. Ma ormai i soldi sono stati spesi. La mia proposta è semplice: mettiamo nel centro migranti i circa duemila detenuti albanesi che sono oggi nelle carceri italiane.

In questo modo i leader di Italia Viva mira a ridurre “il sovraffollamento. Abbassiamo i costi. E smettiamo di tenere i carabinieri e i poliziotti in Albania: servono in Italia, questi agenti, servono nelle nostre strade. Edi Rama ha confermato il contrario, nel suo summit con Giorgia Meloni ad Abu Dabhi, ma tant’è.

Ma non è tanto il Renzi-pensiero a fare cardine in questa sede, quanto piuttosto il Toti-pensiero. Questo: “A me quella di Renzi non sembra una idea malvagia: se nel centro in Albania non possiamo metterci i clandestini, mettiamoci almeno i detenuti di quella nazione che affollano le nostre carceri! Perché del sovraffollamento si parla solo quando si suicida qualcuno”.

Tre fattori per leggere il caso
Giorgia Meloni da Vespa con la calcolatrice ()Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Attenzione e riflettiamo su tre fattori. Il primo: Toti è o era uno degli esponenti più in endorsement con praticamente tutte le rotte del Governo Meloni.

Il secondo: Toti è stato protagonista di una vicenda giudiziaria complessa in cui è stato difeso ma non del tutto da parti congrue della maggioranza di Governo.

Il terzo: Toti è una persona intelligente, e se cambiare idea equivale anche a lanciare segnali a chi non gli è stato accanto in momenti cruciali ben venga anche quel mezzo “livore di ritorno”.

Perché più della loro causa, delle cose è importante l’effetto. E l’effetto che quei Cpr, così come sono organizzati oggi, sono uno sconcio a prescindere da ogni bandiera partitica o d’area.

O rinsavito oppure insoddisfatto.

ARMANDO CUSANI

Armando Cusani

Per nulla scaramantico: ha scelto la mattina di venerdì 17 come giorno del rientro in prima linea. L’aveva lasciata il 6 febbraio del 2018 dopo vent’anni da protagonista assoluto nella politica pontina. Che ha continuato a calcare anche negli anni successivi, giocando ruoli strategici in molte elezioni: ma sempre dalle salmerie e non dalla prima linea. Ora Armando Cusani torna sulla linea del fuoco: lì dove si affronta il corpo a corpo della politica.

L’ex presidente della Provincia di Latina e attuale sindaco di Sperlonga ieri ha ufficialmente annunciato il suo passaggio alla Lega di Matteo Salvini durante una conferenza stampa. Affollata. Piena di amministratori. Densa di significato. Perché il percorso politico di Armando Cusani è stato segnato da mille vicissitudini: più sei pervicace e più sono radicali gli interventi per tentare di toglierti dalla scena. Senza sconti: con il voto, i veleni, la terra bruciata all’interno del Partito, la via giudiziaria. Nonostante tutto Cusani dimostra ancora una volta una capacità non comune di resistere, superare, rilanciarsi. (Leggi qui: Cusani contro la scaramanzia: venerdì 17 sale sul Carroccio della Lega).

Il lavoro di ricucitura
Mario Abbruzzese

Non era un caso la presenza sul palco del vice presidente nazionale della Lega Claudio Durigon, del responsabile Organizzazione del Lazio Mario Abbruzzese, del coordinatore regionale Davide Bordoni. I primi due in particolare sono stati gli artefici del ritorno di Cusani sulla linea del fuoco: l’ex presidente del Consiglio Regionale del Lazio Mario Abbruzzese ci ha lavorato per mesi. Spiegando a Cusani che la Politica ha ancora bisogno della sua capacità di vedere le cose e governarle; spiegando alla Lega che ha bisogno dell’esperienza e del talento di quello che a Latina fu rivoluzionario presidente della Provincia in parallelo con Francesco Scalia a Frosinone.

L’adesione di Cusani al Partito di Salvini, già anticipata da indiscrezioni, rappresenta un tassello significativo per il rafforzamento della Lega nel Lazio, regione cruciale per le dinamiche politiche nazionali.

Le tematiche affrontate durante l’evento spaziano dalle infrastrutture strategiche, come la Latina-Valmontone e la Roma-Latina, fino a progetti di sviluppo socio-economico, dimostrando una volontà di proiettare l’azione politica verso sfide future. Cusani, forte di un bagaglio amministrativo consolidato, si presenta come un “valore aggiunto” per il Partito, enfatizzando il suo impegno per la sanità territoriale, il sociale e il coinvolgimento delle nuove generazioni nella politica.

La forza della solidità
Armando Cusani

Al di là delle lodi ricevute, è impossibile ignorare le controversie che hanno segnato la sua carriera. Tuttavia, proprio questa capacità di superare gli ostacoli e ritagliarsi un nuovo ruolo testimonia una resilienza che lo tiene saldamente ancorato alla scena politica. Il passaggio alla Lega non è solo una mossa strategica per la sua carriera, ma anche un segnale chiaro di come le dinamiche politiche locali stiano cambiando, con la Lega che ambisce a consolidare una presenza strutturata anche nel Lazio.

Cusani incarna perfettamente il prototipo del politico capace di rialzarsi, trasformando battute d’arresto in nuove opportunità. La sua storia continua a polarizzare, tra ammirazione e critiche, ma il messaggio è chiaro: nella politica italiana, chi è capace trova sempre una strada per rimanere in gioco. E non nelle retrovie.

Bentornato, resiliente.

FLOP

MARCO RIZZO

Il format con cui Marco Rizzo apre questo primo mese del 2025 è rimasto spiazzante così come lo era stato già per tutta la seconda metà del 2024. Il comunista forse più comunista di tutti dopo che i comunisti erano scomparsi non sembra voler rinunciare alla sua mistica primeva di appartenenza, però l’ha anche ibridata.

Tanto ed in maniera talmente efficace e per certi versi “sghemba” da diventare uno tra gli ospiti preferiti dell’untuoso Tg4 di Mediaset. Cioè il telegiornale più smaccatamente in endorsement con i desiderata del Governo guidato da Giorgia Meloni, che comunista – comunista magari non lo è mai stata.

Il sintomo: Gianni Alemanno
Gianni Alemanno. Foto © Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

In questo strano contesto Rizzo fa cose spiazzanti: si allea con Gianni Alemanno, fresco di ritorno procedurale a Rebibbia, un altro di cui riesce difficile credere che abbia la foto di Gramsci sul comodino, nel movimento “Indipendenza”. Cazzia il Partito Democratico come se non ci fosse un domani.

E, su Stellantis, fa analisi anche giuste concettualmente, ma che risentono di questo suo nuovo battage maculato da “cameragno”. Cioè un po’ “camerata” (in senso iperbolico per carità), un po’ compagno (in senso postumo, e di questo ne siamo certi).

Sul tema chiave con cui si è aperto l’anno Rizzo ha detto: “Purtroppo l’indicazione della Fiat è sempre stata di socializzare le perdite e privatizzare i profitti”. Ed è vero, verissimo, inoppugnabile, diremmo. Ma è banale, nel senso che non aggiunge nulla in termini di prospettiva utile di analisi.

“Espropriamo e nazionalizziamo”

Il coordinatore di DSP aggiunge poi: “Fiat-Stellantis l’abbiamo pagata 3 volte, serve l’articolo 42-43 Costituzione: esproprio e nazionalizzazione. Qui un po’ si pencola: va bene contrastare il turbo capitalismo ed il liberismo 2.0, ma nazionalizzare non è come hanno fatto a Parigi, che in Peugeot che ha messo il dito ma non tutta la mano.

(Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

“Il tema della Fiat e di Stellantis è il tema dell’industria dell’auto nel nostro paese”. E la soluzione di Rizzo è un “esproprio e nazionalizzazione per industrie e monopoli di interesse generale, salvo indennizzo, ma l’indennizzo non ci sarebbe perché l’abbiamo pagata appunto tre volte”.

E in chiosa provocatoria: “Ogni governo dovrebbe avere questo coraggio; questo ce l’avrà?”. E Rizzo, ce l’avrà il coraggio di ammettere che ha detto una c…..a?

Allarmi siam compagni.