
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 19 aprile 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 19 aprile 2025.
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CARLO FUCCI

L’insediamento di Carlo Fucci alla guida della Procura della Repubblica di Cassino non è stato solo un passaggio di consegne istituzionale. È stato un segnale preciso, mandato da chi ha scelto di puntare su una figura che incarna rigore, indipendenza e coraggio civile. Basta guardare chi era presente alla cerimonia per capirlo: il Procuratore Generale di Roma Luigi Amato, il presidente aggiunto della Corte dei Conti Tommaso Miele, il prefetto di Isernia insieme ai prefetti di Frosinone e Caserta. Non è un parterre scontato, è un riconoscimento pubblico allo spessore del magistrato che da oggi assume la guida di uno dei territori più complessi del Lazio.
Fucci non è un magistrato “in punta di penna”. È uno che se serve prende la penna e la usa. Come fece nel 1999, quando convinse i colleghi a mettere i soldi di tasca propria per comprare una pagina pubblicitaria su Il Mattino e denunciare il collasso del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. “Sul punto di annegare” scrisse, senza troppi giri di parole. Una mole di lavoro insostenibile e un organico ridicolo. E disse chiaramente: “Non c’è da stupirsi se poi i criminali vengono scarcerati”. Nessun timore reverenziale, solo verità scomode. (Leggi qui: Chi è Fucci, il procuratore che prese la pagina sul Mattino).
Ideatore e innovatore

È con questo stile che Fucci ha costruito una carriera lunga e intensa: ideatore delle aule bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere, protagonista dell’inchiesta Spartacus sul clan dei Casalesi, voce critica sulla riforma della giustizia tributaria, uomo chiave nell’inchiesta sulla Tangentopoli di Caserta. Un segugio che sa seguire i soldi, tanto da finire in conflitto diretto con il pool milanese di Borrelli. Ma anche un magistrato che sa tenere la scena, come dimostrano le sue audizioni in Senato, dove ha spiegato cosa non funziona nella lotta alla mafia con esempi concreti, senza diplomazie inutili.
Come quando disse che bastava parlare con un ufficiale locale per bloccare un criminale noto come “cuoll’ e papera” entro poche ore, mentre con i funzionari delle DDA dislocate si rischiavano giorni persi. E fu lui a proporre di estendere gli accertamenti patrimoniali oltre il nucleo familiare, per rendere davvero efficace la lotta ai patrimoni mafiosi.
Per nulla facile

Non è un personaggio facile, Carlo Fucci. È stato Segretario e Vice Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. È stato criticato, attaccato, persino ridicolizzato per certe uscite provocatorie – come la colletta per il treppiede lanciato a Berlusconi – ma ha sempre saputo disinnescare con l’arma dell’ironia e della trasparenza.
La scelta del CSM – con 18 voti su 29 – non è solo un riconoscimento al suo passato, ma una scommessa sul futuro della giustizia a Cassino. Una procura che non potrà permettersi di rimanere in silenzio o di girarsi dall’altra parte. Con Fucci al comando, non lo farà. Perché lui non parla solo per atti. Parla, eccome. E quando parla, spesso, fa rumore. Ma è un rumore che serve.
Toga poco silenziosa.
MATTEO RENZI

Il segno “meno” sullo score complessivo della produzione industriale italiana ormai è una costante. Lo è da poco più di due anni, ma il dato tecnico è un altro. Dopo il Covid e dopo la crisi energetica innescata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia pare si sia creato un paravento gigante.
Una sorta di movente per il quale tutto ciò che attiene le grane dell’industria italiana debba essere sempre motivato con questi immensi step della storia occidentale. In parte è vero, ma andrebbe analizzato con maggior acume anche un aspetto inside. Ed è di quelli che non lasciano adito a grandi spiegazioni su come il mondi sia ammattito in un quadriennio.
O meglio, di certo c’è un legame tra quel che è accaduto ultimamente e quel che purtroppo sta accadendo nel mondo della produzione industriale, ma c’è altro. Cioè la capacità dei Governi nazionali di fronteggiare quelle avversità al punto da rimettere comunque a regime la grande produzione.
E qui appare il dato politico di fianco a quello tecnico. E quando in punto di politica bisogna invocare grandi sterzate tecniche Matteo Renzi, piaccia o meno, c’è più e meglio della maggior parte dei player partitici italiani. Ovvio che il leader di Italia Viva usi le sue skill per sottolineare come chi oggi sta a Palazzo Chigi abbia fallito, ma in sé è legittimo. Anche a contare che Renzi di castronerie non ne dice.
Liberare i miliardi di Industria 4.0

Dopo aver incontrato il presidente Confindustria Emanuele Orsini, Renzi ha tirato giù una disamina impietosa dello stato dell’arte. Impietosa e confutabile molto poco, a dire il vero. “C’è una crisi della nostra industria a cui il Governo sembra non interessarsi. Allora noi abbiamo fatto gli incontri con i mondi produttivi ed abbiamo visto Confindustria”.
E ancora: “Abbiamo un elenco di richieste al Governo. La prima è quella di liberare i 5 miliardi, i 5 miliardi e mezzo di Industria 4.0, che ora si chiama Transizione 5.0 e che Urso non riesce a governare’”.
E non è finita: “Sono 25 mesi, più di due anni, che la produzione industriale è negativa, sta aumentando la pressione fiscale, aumenta il debito pubblico, non aumentano gli stipendi”.
Secondo Renzi (e non solo, a dire il vero) si tratta di “cose concrete da fare”. E “ci sono a zero euro, solo che la Meloni preferisce chiacchierare anziché governare”.
Ragioni antipatiche, ma ragioni.
FLOP
PIERGIANNI FIORLETTA

Il sindaco Piergianni Fiorletta aveva tutte le carte in mano per evitare la figuraccia. Antonio Pompeo – che non è un passante, ma un ex sindaco e presidente della Provincia – glielo aveva detto in più occasioni, carte alla mano: i conti della Tari così come elaborati dal Comune non reggono. Il TAR lo ha già scritto nero su bianco nella sentenza del 7 marzo contro il Comune di Sabaudia. Un caso identico. Ma Fiorletta ha preferito tirare dritto, rifiutando perfino l’apertura al dialogo lanciata da Pompeo. Ora la bomba è esplosa in pieno Consiglio comunale. (Leggi qui: La bomba Tari in Consiglio: per il Tar le tariffe sono sbagliate).
Il cuore della questione è semplice: i costi della Tari si possono imputare solo per l’anno solare di riferimento. Punto. Invece, a Ferentino, come altrove, si è continuato a infilare nella bolletta del 2024 anche i rincari retroattivi imposti dalla Regione per gli anni passati. Una prassi scorretta, che ora può costare cara.
Il TAR lo ha detto chiaramente: non si possono far pagare ai cittadini costi riferiti a un periodo in cui magari non vivevano neppure nel Comune. Il principio è basilare, ma Fiorletta – con la sua giunta – ha ignorato l’allarme. Ora i cittadini rischiano di pagare il prezzo di una gestione distratta, forse presuntuosa, sicuramente poco accorta.
Un errore politico e amministrativo

Il danno non è solo tecnico. È politico. Perché quando l’opposizione ti tende la mano e ti propone di collaborare su un tema sensibile come la fiscalità locale, e tu rispondi con un muro, il problema non è solo nel merito. È nel metodo.
Fiorletta ha sbandierato in aula un avanzo record da 2,5 milioni come fosse un trofeo. Ma come ha ricordato Pompeo, quell’avanzo è figlio anche di un’impennata nelle multe (+450mila euro) e di un aumento delle entrate da tasse, mentre sul fronte dei finanziamenti esterni il Comune ha raccolto le briciole: appena 100.000 euro per un ente da 22.000 abitanti. Dov’è la visione? Dove l’ambizione amministrativa?
Il rischio ora è serio. Se qualcuno farà ricorso – ed è solo questione di tempo – Ferentino potrebbe dover restituire parte della Tari ai cittadini. Come sta già accadendo in altri Comuni. Altro che avanzo da investire sul sociale o sul commercio, come racconta il sindaco. L’intero impianto del bilancio traballa, e a poco valgono le dichiarazioni di autoelogio.
Una maggioranza in affanno

Perfino Angelica Schietroma, solitamente vicina alla maggioranza, ha sollevato critiche forti: mancanza di programmazione, distanza dai bisogni reali della città, scarsa efficacia su commercio e turismo. Il malcontento cresce anche tra chi finora aveva dato fiducia a Fiorletta. La sua reazione? Minimizzare, banalizzare, ribaltare tutto su una generica “lotta all’evasione”. Ma qui non si parla di retorica. Si parla di soldi dei cittadini.
L’amministrazione Fiorletta ha perso l’occasione di dimostrare buon senso, competenza e capacità di ascolto. Ha preferito l’autoreferenzialità alla verifica dei conti. Il risultato? Una grana potenzialmente milionaria per le casse comunali, e una crepa profonda nella credibilità politica. Ora non basteranno i comunicati ottimisti a coprire l’odore di bruciato. Perché la Tari non è un tecnicismo da ufficio ragioneria: è una tassa che i cittadini sentono, pagano, e giudicano. E stavolta, il giudizio rischia di essere pesante.
Uomo avvisato…
LUIGI D’ERAMO

La delicata vicenda del tavolo tecnico voluto dal Governo sulla commercializzazione di nuovi alimenti derivati da “colture cellulari di animali vertebrati” (in altri termini, la carne coltivata) continua a tenere banco. E lo sta facendo in queste ore pre- pasquali soprattutto attraverso la figura di Luigi D’Eramo. Il Sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste ha dovuto far fronte ad una serie di polemiche e ad una interrogazione ufficiale su quel tavolo.
Perché? Perché pare ed a detta di molti che i membri della commissione scientifica scelti per la bisogna non siano proprio “imparziali imparziali”. Ma procediamo per gradi, con D’Eramo che ha voluto replicare alle “accuse”.
Accuse al mittente
A suo dire quel tavolo interministeriale era stato istituito dal Ministero della Salute con il concerto del Ministero dell’Agricoltura “con finalità di approfondimento scientifico e regolatorio”. In buona sostanza il Sottosegretario respinge al mittente le accuse di scarsa imparzialità rivolte agli scienziati chiamati a dare indicazioni su un tema molto urticante.
“Gli esperti sono stati individuati congiuntamente dai due dicasteri sulla base di titoli accademici, autorevolezza scientifica e assenza di interessi economici diretti”. E sarebbero quindi “scienziati di indiscutibile competenza, cui certo non può essere imputata l’appartenenza partitica o il pregiudizio ideologico senza incorrere in una palese violazione della nostra costituzione che tutela la libertà di insegnamento, oltre che la libera manifestazione del pensiero”.
Il caso scoperto dalla Mautino

Il problema è che c’è chi non la pensa affatto così. La giornalista scientifica Beatrice Mautino ad esempio aveva presentato il caso “della manifestazione organizzata da Coldiretti davanti alla sede dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) a Parma”. Perché? Perché Coldiretti aveva chiesto che la carne coltivata fosse trattata come farmaco anziché come novel food.
E lo aveva fatto, con ovvie finalità strategiche, impugnando un testo (inizialmente pubblicato sul sito del Ministero della Salute e poi rimosso) prodotto da un tavolo tecnico del Ministero della Salute.
La richiesta di Coldiretti

E gli autori del parere “risultavano però tutti legati alla Fondazione Aletheia, un think tank vicino a Coldiretti che condivide lo stesso indirizzo della sede nazionale dell’associazione e il cui direttore guida anche il centro studi Divulga, affiliato a Coldiretti”.
A rilevare il paradosso ci avevano pensato Manfred Schullian e Benedetto Della Vedova, che avevano presentato alla Camera un’interrogazione parlamentare riguardo ai criteri di nomina del team scientifico-tecnico. Ed oggi Luigi D’Eramo ha una grossa, grossissima gatta pasquale da pelare.
I gregario di Lollo.