I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 19 ottobre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 19 ottobre 2024.
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LUIGI MARATTIN
A volte certe cose le devi mettere a silloge, altrimenti il rischio è che ogni loro elemento abbia un valore a se stante. E che quindi non ci sia mai una soluzione, ma solo l’enunciazione sterile e logorroica dei “no”, dei “però” o dei “mai”. Che è un po’ lo sport nazionale italiano, a ben vedere. Quando questo ad esempio non accade in politica ci si ritrova con tutta una serie di tesi che hanno ciascuna il suo bel valore.
E che inducono solo alla confutazione di comodo, cioè a quella che risente di polarizzazioni, schieramenti, istrionismo ideologico e tutta la fuffa che conosciamo bene al di qua delle Alpi.
Ora, proviamo ad aggiungere alla politica come categoria concettuale “alta” la sottodirectory dell’ambiente e quella dell’energia.
Ambiente ed energia: come conciliarli?
Due cose che per stare a braccetto hanno bisogno innanzitutto di raziocinio di approccio, poi di una buna dose di realpolitik supportata dall’austerità dei scienze e tecnica. E prendiamo ad esempio quello che sul tema ha detto Luigi Marattin. Il deputato ex Italia Viva ed accasato oggi nel Gruppo Misto ha fatto un giochetto dialettico elementare ma efficacissimo: quello dell’esclusione di ogni voce in ordine alla rotta energetica che dovrebbe scegliere il Paese per andare avanti e farlo senza sconquassare l’ambiente.
Leggiamo: “Il nucleare no, perché è pericoloso. Il fotovoltaico no, perché toglie i terreni all’agricoltura. L’eolico no, perché deturpa l’ambiente. Il petrolio, il gas e il carbone no, perché inquinano“. Capito qual è il problema di certe categorie di ambientalismo spinto e, diciamocelo, un po’ talebano? Non indicano la via da intraprendere, ma solo le vie da non seguire. E lì si fermano però, lasciando il problema, problema grosso, in sospeso.
“Per gli ambientalisti di casa nostra, l’energia elettrica va – presumibilmente – prodotta magicamente, o magari pedalando tutti insieme su delle bici collegate alle turbine”.
Solo una lunga lista di “no”
Marattin non ha paura di offrire la sua, di soluzione, ed al di là del merito (che pare decisamente equilibrato anch’esso) di certo uno step in più lo ha segnato. Almeno rispetto a certe linee manichee del green militante. “Per i liberal-democratici invece, la risposta invece è semplice: l’energia elettrica va prodotta col nucleare, con le rinnovabili e (nel breve periodo) applicando le tecnologie di cattura della CO2 alle – residuali – tecnologie inquinanti”.
Ergo, per Marattin “il modo meno inquinante di produrre energia elettrica é un mix tra nucleare e rinnovabili”. Per tutti quelli che criticano il modo Marattin il solo modo è… dire che Marattin ha sbagliato. Senza spiegare perché però…
Ironia devastante.
FLOP
FRANCESCO ROCCA
La crisi nella sua maggioranza? La gestirà. Le possibilità che possano condurre a qualcosa di più serio della fuffa vista fino ad oggi sono molto limitate. Perché nessuno dei 50 inquilini della Pisana ha la benché minima intenzione di tornare alle elezioni, perché il Partito Democratico è impegnato nella solita faida interna che lo appassiona più della battaglia contro gli avversari esterni. Per paradosso, i più grandi alleati del presidente Rocca sono i leader Dem Claudio Mancini e Daniele Leodori: fintanto che giocheranno a cane e gatto, può pontifcare sereno. In questa fase fase, la crisi in corso in Regione, per il Governatore Francesco Rocca è più un fastidio che un problema.
Proprio per questo non si comprende la sua visione su un tema strategico come l’energia e l’ambiente. I ventimila in piazza nelle ore scorse hanno reso visibile anche ai ciechi che nel Lazio le automobili non si possono fabbricare: la corrente costa uno sproposito. Al punto che il professor Raffaele Trequattrini, commissario del Consorzio Industriale del Lazio lavora da tempo alla costruzione di una Comunità energetica capace di essere un plus per chi volesse investire sull’area Stellantis. Con o senza Stellantis.
Una strategia energetica per il Lazio fatica a vedersi. E meno ancora si capisce nel momento in cui le fotografie mostrano il governatore Francesco Rocca in compagnia dell’ex sindaco ed ex sottosegretario Silvano Moffa (Alleanza Nazionale) e l’attuale sindaco di Colleferro Pierluigi Sanna (Pd). Perché non si comprende?
La foto della confusione
A prescindere da come la si pensi sull’argomento: Sanna è stato il principale artefice della chiusura del termovalorizzatore pubblico di Colleferro. Cioè un impianto che prendeva l’immondizia e ne ricavava energia elettrica. Sul punto, Sanna è stato un gigante: ha ottenuto quella chiusura nonostante la Regione Lazio di Zingaretti e Lombardi (ai tempi del Campo largo Pd – M5S) aveva già speso i soldi per comprare le caldaie con cui fare il revamping. Cioè? L’ammodernamento dell’impianto. Pierluigi Sanna mise la fascia tricolore e si piazzò davanti ai cancelli: impedì fisicamente che i nuovi macchinari entrassero nell’impianto. Non perché fossero più inquinanti: semplicemente perché aveva detto basta.
Colleferro venne chiuso sulla base della convinzione politica che il Lazio non avesse bisogno di termovalorizzatori. E infatti l’amministrazione Zingaretti – Lombardi varò una norma in cui si vietava la costruzione di nuovi impianti del genere sul territorio. Poi cancellata: altrimenti la Capitale d’Italia avrebbe continuato ad essere un immondezzaio a cielo aperto anche negli anni del Giubileo. Oggi si sta dotando di un termovalorizzatore.
Nei fatti, Zingaretti – Lombardi chiusero un impianto funzionante che era strategico per la gestione dei rifiuti. Non solo: l’attuale sindaco ha chiuso anche la discarica quando era ancora capiente causando ancora di più l’emergenza, con la conseguenza che oggi i rifiuti vanno a Viterbo e le bollette per i cittadini si moltiplicano ogni anno. Ci sta, chi governa mette in campo le scelte strategiche della maggioranza di cittadini che li ha eletti. E la maggioranza che elesse Zingaretti (soprattutto quella che elesse Lombardi) diceva che in pochi anni i rifiuti sarebbero scomparsi da soli.
Ma ora c’è un’altra maggioranza. Diversa da quella di prima. Che ha eletto un centrodestra guidato da Francesco Rocca. Che solo qualche giorno fa in Consiglio Regionale ha attaccato il Pd per aver chiuso il termovalorizzatore di Colleferro. Ed ora lo stesso Rocca si fa fotografare sorridente con gli autori di quella chiusura. Legittimo, ci sta. ma così non si capisce.
Incomprensibile.
GIOVANNI FERRERO
In punto di timing la a vicenda sta per approdare in Parlamento. In punto di merito la vicenda non è delle più edificanti, almeno così come è arrivata ai media. Ed ai media quella vicenda ce l’ha fatta arrivare Marco Grimaldi, capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera.
Che essendo, appunto, un parlamentare ha fatto approdare quanto starebbe accadendo con la Ferrero nell’aula di Montecitorio. Ma cosa sta accadendo “in casa” di Giovanni Ferrero, patron miliardario dell’azienda nota a livello mondiale per la Nutella?
Era stato lo stesso Grimaldi a mettere nero su bianco i tratti salienti della vicenda. “L’ovetto Kinder compie 50 anni, ma qualcuno non festeggia. Ennesima esternalizzazione per ridurre il costo del lavoro, ennesimo appalto al ribasso che permette a una multinazionale di disinteressarsi delle condizioni di chi confeziona i suoi prodotti”.
Cinque euro l’ora per fare gli ovetti
Sarebbe accaduto quindi che la Proteco Srl “lavora in appalto per Ferrero ad Alba. Le sue 200 addette confezionano gli ovetti Kinder, i Mon Chéri, i cioccolatini Raffaello”. Tutte delizie ben note e che rimandano non solo all’opulenza dolciaria di un’azienda leader, ma anche ad un certo modello imprenditoriale. Che pareva scevro da scelte discutibili.
Grimaldi non la pensa così e lo storico finora accertato parrebbe dargli ragione. “Il paradosso? Una scatola di cioccolatini costa più di un’ora del loro lavoro, perché la paga è di 5 euro netti l’ora. C’è chi lavora con part-time involontari e quella scatola non riesce nemmeno a regalarla ai suoi figli”. E ancora: “Chiedo formalmente un’informativa urgente alla Ministra del Lavoro e delle politiche sociali Calderone”.
Ferrero è di fatto l’uomo più ricco d’Italia ed ha un patrimonio personale stimato in “44 miliardi di dollari secondo Forbes”. Ecco: sembra proprio che una parte minimal di quel patrimonio possa essere “figlia” di criteri di utilizzo dei lavoratori poco “sodali”. Lavoratori e lavoratrici “che in appalto che ne incassano 5 all’ora, meno del costo di una scatola dei cioccolatini che producono nello stabilimento di Castagnito”.
Proteste davanti allo stabilimento
Ecco perché, dopo le proteste pubbliche dei dipendenti Proteco, i sindacalisti dell’Unione Sindacale di Base hanno sollevato un polverone mediatico il cui merito è in agenda parlamentare in questi giorni.
Polverone che, se solo dovesse palesare quel po’ di “ciccia” che pare proprio avere al di là della veste mediatica e politica avversa, metterebbe il signor Ferrero in una condizione decisamente poco piacevole per lui e poco edificante per quel che dice si essere. La veste di un “riccone” che non guarda ai bisogni di chi ricco per parte lo rende.
La sorpresa nell’ovetto. Amara.