Top e Flop, i protagonisti di sabato 21 giugno 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 21 giugno 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 21 giugno 2025.

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TOP

GUIDO CROSETTO

Sergio Mattarella con Guido Crosetto passa in rassegna il Reparto d’Onore

Guido Crosetto ha acceso il fiammifero. Con la dichiarazione che «la NATO non ha più ragione di esistere» ha riportato al centro della scena una questione che l’Europa preferisce spesso accantonare: quella del suo ruolo, reale e percepito, nello scacchiere mondiale. Parole forti, pronunciate non a margine, ma in un contesto istituzionale, ieri davanti a una platea attenta a Padova. Non una gaffe, non un’uscita a braccio, ma un messaggio politico ben confezionato e mirato.

Il ministro della Difesa, come è suo stile, non fa giri larghi. Dice che la NATO, così com’è, è un’architettura costruita su un mondo che non esiste più. Dice che oggi il baricentro non è più l’Atlantico, ma un mondo multipolare dove l’Occidente – da solo – conta sempre meno. E lo dice con una franchezza che suona stonata nell’ambiente ovattato della diplomazia, ma che riflette un disagio crescente: l’Alleanza, nata per difendere l’Europa dal blocco sovietico, non si è mai davvero ridefinita in modo credibile nel dopo-Guerra fredda.

Il cuore della questione
Foto: Serge Serebro / CC-by-sa

Crosetto punta dritto al cuore della questione: o la NATO cambia e si apre a un dialogo strategico con il Sud del mondo – in particolare l’Africa – o rischia di diventare un relitto bellico in un mondo che combatte guerre nuove con logiche vecchie.

Nel linguaggio della geopolitica, è come dire: o facciamo sistema con chi oggi produce instabilità e migrazioni (dal deserto del Sahel al Corno d’Africa) o resteremo ostaggio dei loro effetti. E in questo quadro, non è un caso che Crosetto abbia riservato parole poco lusinghiere anche all’ONU, ormai ridotta – secondo lui – a un peso piuma nel ring delle potenze globali. Una diagnosi dura, forse impietosa, ma condivisa da molti analisti che non siedono in poltrona blu a New York.

Il tempismo non è casuale. Alla vigilia del vertice NATO dell’Aia, l’Italia prende posizione. E lo fa mentre l’Europa è ancora sotto choc per l’incognita Trump, che ogni giorno cambia idea e posizione ma con certezza ha già riscritto ed in parte cancellato gli impegni USA verso l’Alleanza. Mentre tutti cercano rassicurazioni, Crosetto lancia il sasso nello stagno.

Giorgia si porta avanti
Giorgia Meloni

Intanto, a Roma, si firma il Piano Mattei. La premier Giorgia Meloni, con Ursula von der Leyen al suo fianco, mette nero su bianco 1,2 miliardi di euro in progetti per l’Africa: corridoi logistici, digitalizzazione, sviluppo agricolo. È la parte “costruttiva” del disegno. Quella che intende dare risposte al fenomeno migratorio agendo alla radice, dove i flussi nascono. E dove si gioca, sempre di più, la credibilità internazionale dell’Europa.

Dietro la provocazione di Crosetto c’è quindi una strategia: rivendicare un’Europa protagonista, ma consapevole dei suoi limiti. Un’Europa che non può più delegare la propria sicurezza – energetica, demografica, militare – agli Stati Uniti. Né illudersi che basti qualche miliardo e un summit per raddrizzare decenni di disattenzione verso il Mediterraneo allargato.

Il rischio, ovviamente, è che l’affondo del ministro venga letto come un indebolimento della posizione italiana nei consessi internazionali. Ma a ben vedere, il messaggio non è anti-NATO. È, semmai, una chiamata alla responsabilità. Se l’Alleanza vuole sopravvivere, deve evolversi. Se l’Italia vuole contare, deve smettere di camminare col freno a mano della subalternità atlantica. Crosetto ha messo la sveglia. Tocca ora a Bruxelles – e a Washington – decidere se continuare a dormire.

Crosetto scuote la NATO.

ANTONIO CARDILLO

Antonio Cardillo

In politica c’è chi cavalca le polemiche e chi invece lavora per disinnescarle. Antonio Cardillo ha scelto – ancora una volta – la seconda via. In un contesto in cui sarebbe stato facile alimentare sospetti, accendere micce e godersi il potere del “divide et impera”, il dirigente provinciale di Fratelli d’Italia ha preferito il profilo del mediatore, dell’equilibrista, del costruttore.

L’arrivo nel Circolo di Cassino dell’avvocato Arturo Buongiovanni – figura di spessore, con solide radici nel mondo cattolico e un recente passato da candidato sindaco del centrodestra – ha inevitabilmente generato un sussulto. L’ingresso è avvenuto senza passaggi formali attraverso il Circolo locale, ma con un tesseramento diretto. Qualcuno ha storto il naso. Altri hanno interpretato il gesto come un colpo di mano. Cardillo, invece, ha scelto il senso delle proporzioni: ha ridimensionato i timori, messo in chiaro i meriti e riaffermato un principio semplice quanto solido – in un Partito, contano i voti, non i fantasmi. (Leggi qui: Frosinone major, Cassino cessat: Buongiovanni in FdI tra i malumori).

Il garbo e l’efficacia
Arturo Buongiovanni e Antonio Cardillo

E lo ha fatto con il garbo di chi conosce la dinamica dei rapporti interni ma non ha interesse a farli saltare in aria. Anzi. «Gli equilibri si costruiscono sul consenso», ha detto, «non sulle dietrologie». È una presa di posizione netta, ma non urlata. E soprattutto è una dichiarazione di fiducia nei confronti di una squadra che può solo arricchirsi con una figura come quella di Buongiovanni, che Cardillo ha riconosciuto come risorsa più che come minaccia. (Leggi qui: «Buongiovanni? Nessuna scalata, solo una stretta di mano»).

Il dato politico è chiaro: nel momento in cui avrebbe potuto capitalizzare la tensione, Cardillo ha scelto di raffreddarla. Non ha nascosto le sensibilità diverse, né ha minimizzato la portata dell’ingresso. Ma ha rifiutato di trasformare la novità in un pretesto per la resa dei conti. Invece ha costruito una narrazione che tiene insieme: il valore del nuovo ingresso, il rispetto per il percorso già fatto, la fiducia nel progetto comune. Senza battute, senza colpi bassi.

Il risultato? Un equilibrio che resta a tre punte che – almeno per ora – regge. E regge proprio grazie a questa postura da “pontiere”. Una parola fuori moda, ma utile. Perché la politica locale è spesso fatta di microfratture che diventano voragini. A Cassino, invece, Fratelli d’Italia sta provando a fare il contrario: chiudere i buchi, ricucire, radicarsi.

Indole da federatore silenzioso

FLOP

ANDREA GRILLO

Andrea Grillo

C’è una lunga distanza, quasi un abisso, tra un adolescente che si inginocchia davanti all’eucaristia e un professore che, penna in mano, gli intima: “Hai capito tutto male”. Carlo Acutis, beato amatissimo da migliaia di giovani in tutto il mondo, viene duramente criticato da Andrea Grillo, teologo di lungo corso, docente al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo.

Grillo non contesta la santità di Carlo – “una luce c’è”, ammette – ma smonta senza mezzi termini l’impianto spirituale che ha caratterizzato la vita di quel ragazzo morto a 15 anni, folgorato da un amore quasi mistico per l’eucaristia. Accusa chi lo ha accompagnato, ispirato, raccontato. I “cattivi maestri”. Che lo hanno introdotto ad una “teologia vecchia, pesante, ossessiva”, ad una “maleducazione eucaristica”. Colpevoli, dice, di avergli insegnato una fede “unilaterale”, troppo devota ai miracoli, troppo poco moderna. Come se la fede, per essere accettabile, debba rispondere a criteri accademici e passare prima per il vaglio dell’intelligenza teologica.

Ma Carlo era ed è un testimone
Carlo Acutis

Il punto, però, è un altro. Ed è enorme. Quello che Grillo non sembra cogliere – e con lui una parte non irrilevante del cattolicesimo colto – è che Carlo Acutis non è un oggetto da dissezionare né un errore catechistico da correggere. È stato – e resta – un testimone. Uno che ha parlato a suo modo, con i linguaggi e le intuizioni del suo tempo: il web, i blog, le mostre, la comunicazione visuale. Ma che ha saputo dire Dio a chi Dio lo aveva perso. E soprattutto: ha smosso migliaia di ragazzi convincendoli ad alzare gli occhi dal telefono e guardare verso un altare. Non è poco.

Che la sua devozione fosse “tradizionale” – Rosario quotidiano, adorazione, fascino per i miracoli eucaristici – è vero. Ma da quando in qua la Tradizione è diventata un difetto? In un’epoca in cui i giovani faticano a dare un nome al dolore, alla bellezza, alla speranza, Carlo offriva parole semplici, magari poco “sofisticate”, ma comprensibili. Metteva Dio al primo posto. E lo faceva con un entusiasmo che oggi è merce rara.

Il rischio vero non è che Carlo Acutis diventi un modello “sbilanciato”. Il rischio è che una parte della teologia – troppo preoccupata di rimanere all’altezza di sé stessa – perda il contatto con la carne viva della fede. Con quella “mistica dei piedi impolverati” di cui parlava spesso Papa Francesco. Con la fame di assoluto che nessuna lezione di liturgia può saziare.

Un attacco utile
La basilica di Assisi

Quello di Grillo è un attacco duro, a tratti sferzante, e forse anche utile: la Chiesa è anche dibattito, anche confronto, anche critica. Ma serve misura. Serve tenerezza. Soprattutto serve comprensione per un ragazzo che non si è limitato a credere, ma ha cercato di contagiare. Che ha fatto della messa “la sua autostrada per il cielo”, senza preoccuparsi troppo se le sue parole erano teologicamente raffinate o meno.

In fondo, se Carlo Acutis ha sbagliato qualcosa, l’ha fatto credendo. E se questo è un errore, allora forse abbiamo davvero un problema. Ma non è Carlo.

Scherza coi fanti ma lascia stare i santi.

DANIELE NATALIA

Daniele Natalia

Il Consiglio di Stato ha annullato il contratto tra il Comune di Anagni e il Consorzio Valcomino per il servizio di trasporto scolastico, dichiarando l’affidamento “illegittimo” e disponendo l’immediato affidamento alla ditta “Fratarcangeli-Cocco” di Boville Ernica, titolare dell’offerta migliore.

La sentenza, destinata a far scalpore, accoglie il ricorso dell’avvocato Aldo Ceci per conto della Fratarcangeli-Cocco e stabilisce che l’appalto andava assegnato a quest’ultima, in quanto in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge. Il contratto firmato con Valcomino il 10 novembre 2022 è stato dichiarato inefficace e si dispone la nomina di un commissario per l’esecuzione della sentenza. Non solo. Il Consiglio di Stato ha inoltre ordinato la trasmissione della sentenza alla Corte dei Conti per le valutazioni del caso.

Il richiamo alle regole
Foto: Carlo Carino / Imagoeconomica

La sentenza del Consiglio di Stato sul caso del trasporto scolastico ad Anagni non è solo una bocciatura amministrativa: è un richiamo netto alle regole. Il Comune e il Consorzio Valcomino sono stati sanzionati per un affidamento dichiarato non lineare. È bastata la lettura della documentazione per far emergere un errore che oggi costa caro.

Non è solo una questione tecnica: è la dimostrazione che la trasparenza negli appalti pubblici non è facoltativa. È dovere.

Signori si cambia.