
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 29 giugno 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 29 giugno 2024.
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ROBERTO GUALTIERI

Sta viaggiando. Nei limiti del Caos che è chiamato a regimentare in pochi mesi Roberto Gualtieri sta viaggiando. Lo sta facendo malgrado alcuni segnali inequivocabili dalla Bruxelles dove recentemente ci si è accasato un altro ex inquilino del Campidoglio.
Cioè quell’Ignazio Marino che sul termovalorizzatore di Roma non è proprio definibile un sodale. E malgrado la possibilità concreta che ogni nuovo cantiere aperto nella Capitale in vista del Giubileo 2025 prenda il tono di uno spot e non di una concreta miglioria.
Ecco, Gualtieri questo sta riuscendo a fare passare bene. Al di là del “mattone” e della mistica cantieristica del “fare” il sindaco di Roma sta trasformando ogni spot in uno step. Cioè sta dando concretezza e presenza alle cose che dovrebbero migliorare Roma non solo per il Giubileo, ma anche per il futuro. Evidentemente le uste degli ex dem gli fanno bene, a Gualtieri. Che ha annunciato: “Un nuovo palazzetto dello sport a Roma: finalmente si comincia! Addio ecomostro, benvenuto nuovo centro sportivo!”.
Non solo mattone e non solo Giubileo

L’impianto è quello “nel cuore del Parco di Colli d’Oro, a Labaro”. Dove sono iniziati i lavori per “demolire la vecchia struttura abbandonata e far spazio a un moderno palazzetto dello sport. Sport per tutti! Basket, calcetto, volley e ginnastica saranno solo alcune delle discipline che si potranno praticare al suo interno”. Un po’ alla Robertino il Baffo ma efficace, non c’è che dire.
Gualtieri poi spiega che si tratta di “un investimento importante per le periferie e per lo sport di base. Non solo sport: il progetto comprende anche la realizzazione di spazi verdi attrezzati e la piantumazione di oltre 140 alberi, selezionati con cura da esperti botanici”. Sostenibilità, green e lena che non si è mai trasformata in frenesia operativa tanto per fare.
“Il palazzetto avrà pannelli solari e un vero e proprio ‘bosco’ sul tetto, per un’integrazione perfetta con il parco circostante. Un intervento di riqualificazione: questo nuovo centro sportivo non solo offrirà nuove opportunità per gli appassionati di sport, ma contribuirà anche a riqualificare un’area verde rimasta a lungo inaccessibile”.
Il sindaco, che è concretista, lo definisce “un sogno che diventa realtà: grazie ai 17,5 milioni del PNRR, questo progetto vedrà la luce entro giugno 2026″. Non solo Giubileo e grancasse annessi quindi, ma oltre. Un oltre che Gualtieri vuole segnare con la sua faccia. Anche a costo di ringraziare… Giuseppe Conte.
Giubilo da me.
PETER GOMEZ

Ha fatto benissimo a sottolinearlo. Ha fatto bene perché quello della “manleva negata” è un fenomeno sotto traccia che mina da tempo la libertà di stampa. Quella e la serenità di tanti operatori dell’informazione che partono credendo di avere un esercito dietro e sempre più spesso si ritrovano soli. Ecco perché Peter Gomez ha fatto benissimo a sollevare il recente caso dell’ex direttore de L’Espresso Lirio Abbate.
Ex uomo di punta cui L’Espresso di oggi ha negato la tutela economica e legale dopo una querela del ministro della Difesa Guido Crosetto per un pezzo sui finanziamenti alla campagna elettorale di Giorgia Meloni. Su Il Fatto Quotidiano si legge che “il nuovo editore Ammaturo sostiene di voler improntare il settimanale al giornalismo anglosassone”.
E Gomez rincara: “Ma quella tradizione giornalistica”, cioè quella del pungente e temerario format di giornalismo british, “prevede che per prima cosa si facciano le pulci al potere. Come si potrà farlo se l’editore non tutela i direttori?”. Ad Abbate (e non solo a lui, fidatevi) è stata negata assistenza legale e manleva.
Garbo e deontologia, non regola

Ma di cosa parliamo? Della garanzia che obbliga gli editori “a sollevare i giornalisti dalle conseguenze patrimoniali del loro lavoro. Una prassi che esiste da sempre ma che è appunto solo una prassi, non codificata nei contratti. E che quindi vale come “opzione benevola” ma non come regola.
Insomma, è roba che si applica per garbo e deontologia, non per norma scritta, e ci sono editori che di garbo e deontologia hanno un’idea tutta loro. Abbate quindi sarà costretto “a costituirsi con il suo avvocato personale nella causa civile intentata da Guido Crosetto”. E se il giudice dovesse “dare ragione al ministro della Difesa, il giornalista si troverebbe obbligato a pagare di tasca sua l’eventuale risarcimento”.
La Federazione nazionale della Stampa parla di “precedente pericoloso” e Gomez oggi rappresenta, con il “suo” Quotidiano, uno dei pochi addetti ai lavori che ha sollevato la spinosa questione. Perché noi scriviamo di tutti, ma nessuno o quasi scrive di noi.
Articolo 20 e mezzo.
FLOP
MONTARULI – LA RUSSA

Della serie, “come buscarle e metterci una pezza peggiore del buco”. Non c’è nulla di dubitativo nella recente serie positiva inanellata dal Pd ai ballottaggi per le amministrative 2014 tra cui hanno fatto testo quelli in importanti capoluoghi italiani. Non c’è nel senso che, al netto di ogni lettura “tecnica” e pelosa, i dem le hanno suonate al destracentro in maniera non clamorosa, ma evidente.
Nessun tono roboante nel sottolineare quelle vittorie, quindi, ma neanche alcuno scossone “al ribasso” rispetto ad un risultato tondo. Il senso era e rimane quello, ma la settimana scarsa trascorsa da quegli esiti d’urna non sembra aver portato molto consiglio ad alcuni esponenti dello schieramento perdente.
Il carico da mille come al solito ce lo ha messo il Tg4, che da giorni punta più sull’astensionismo galoppante che sui numeri attivi che hanno comunque determinato il risultato. E in scia ci si sono messi anche Augusta Montaruli e lo stesso Ignazio La Russa. La prima è vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati.
Ignazio e il gioco “di fioretto”

E addirittura ha sovvertito l’esito con toni che, se non fossero così mesti, sarebbero comici. “Anche l’esito dei ballottaggi dimostra un centrodestra che acquisisce sempre più consenso. Dopo il dato delle elezioni europee, quello delle regionali in Piemonte, nei comuni capoluogo il centrodestra a trazione Fratelli d’Italia è nettamente avanti”. Un po’ come dire “io guardo alla mia bottega e basta”. E pure male, a voler essere pignoli.
E ancora: “Questo successo non fa che confermare che siamo sulla giusta strada e il dovere di perseverare sulle politiche di Giorgia Meloni e di tutta la coalizione”. Magari la strada operativa della Meloni è giusta, ma quella dialettica della Montaruli non proprio. E la Russa? Lui ha giocato di fino ma non troppo. “Al di là dei risultati del secondo turno delle elezioni amministrative, di chi ha vinto e di chi ha perso, emerge un dato che deve far riflettere”.
Quando qualcuno principia con il concetto “al di là dei risultati” vuol dire che sta parlando uno di quelli che le hanno buscate sul groppone. “Il doppio turno non è salvifico e anzi incrementa l’astensione. In qualche caso, si viene eletti con solo il 20% dei voti degli aventi diritto. A volte, viene addirittura eletto chi ha meno voti assoluti di quanti ne ha avuti l’avversario al primo turno. Inaccettabile”.
E quindi? “Occorre ripensare a una legge elettorale per le amministrative”. Cioè, dato che ho perso cambio la legge che mi ha fatto perdere invece dei criteri per vincere. La domanda sorge spontanea: ma tutte queste elucubrazioni sarebbero emerse se i ballottaggi avessero segnato una netta sconfitta del centrosinistra?
E dai, su…
ARIANNA MELONI

Decisamente non va, quelle parole sembravano un memento in negativo. “Viva il centrodestra unito: tutti compatti per Massimiliano. Vi ringrazio tutti, siamo persone che hanno scelto di fare politica senza cercare stelle sul petto”.
Sì, la mistica è sempre quella: del soldato, anzi, della soldatessa che esegue gli ordini e che trova la gloria nella sua capacità di eseguirli. Una cosa abbastanza piccina ed alla We Wehre Soldiers con Mel Gibson-Al Moore, a ben vedere, buona per sceneggiare la Valle di Ia Drang ma nulla più.
E ancora: “Il nostro è un percorso lungo che viene da lontano, siamo le persone che credono perché la politica è questo”, Passiamo sul refusetto da congiuntivo latitante, ma il senso è un altro. E’ quello per cui Arianna Meloni doveva essere il Nos della sorella Giorgia e di Fratelli d’Italia ma carbura poco.
“Credere e avere tanta determinazione per non lasciarsi mai sconfiggere. La politica è soprattutto donarsi per la nostra gente e per la nostra nazione”. E vai ancora di mistica con le stellette, alla 300 o alla Pietro Micca.
“Dietro Giorgia Meloni c’è un esercito di uomini e di donne che lavorano nell’ombra e in silenzio senza volere nulla in campo”.
La “maledizione di Arianna”

Ma allora perché ci sarebbe, come spiega Repubblica, la “maledizione di Arianna”? Cioè quel fenomeno che, al netto delle parola pronunciate nella perduta Civitavecchia, porta la Sorella d’Italia a tirare poco?
I media avversi spiegano che lei “non smuove le folle e, anzi, le sue apparizioni pubbliche finora non hanno portato molta fortuna, anzi solo sconfitte”. Oggi la sorella si è astenuta su Ursula von de Leyen e l’impressione è che è un po’ della sua debolezza sia anche quella di Arianna.
Quelli più equilibrati rilevano invece che forse Arianna Meloni è il simbolo di altro: della paura di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni di aprirsi al nuovo.
E di averne talmente tanta e talmente pervasiva da non capire che una sorella quello è: il simbolo vivente delle tue paure, del fatto che pensi di poterti fidare solo del tuo sangue. In famiglia è nobile, in politica è tafazziano.
Proprio non tira.