
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 29 marzo 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 29 marzo 2025.
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MATTEO RENZI

Il distinguo lo doveva cogliere, ma ormai Vittorio Feltri nelle sue analisi ci mette tanto di quel magnetismo geriatrico che spesso ignora i dati cartesiani. Perciò la guida storica de Il Giornale spesso resetta certe realtà in favore di altre. Che sono più “acchiappone”, più a fuoco sul mainstream un po’ becero ma di certo non sempre ragionevolissime.
Come con il caso della stroncatura, un po’ forzata invero, dell’ultimo libro di Matteo Renzi. Che potrà anche essere uno che se le canta benissimo ma che oggi le suon poco, ma di certo non è quello che Feltri ha “descritto” dopo aver letto “L’Influencer”.
La lettera “politica”
E l’ex premier ha scritto una lettera a Feltri che è un capolavoro. Non nel senso che abbia ragione su tutti i fronti, ma nel senso che va a colpire questo nuovo Feltri opinionista, malgrado il suo meglio che ormai fu sui suoi atavici punti deboli nel nome di ragioni evidenziate ad arte. Così.
“Invidia? No, è bravissima”

“… Lo confesso, quando ho letto la sua recensione al mio libro ‘L’Influencer’ dedicato a Giorgia Meloni sono stato contento perché essere recensito da lei è comunque un onore, nonostante la stroncatura del libro”.
E ancora: (…) “Riguardo al mio libro ho l’impressione che lei non lo abbia letto e si sia fermato al primo capitolo. Non c’è alcuna invidia verso la comunicazione di Giorgia Meloni. Scrivo nel testo edito da Piemme e confermo qui che Giorgia Meloni è bravissima a comunicare”. Renzi è un furbo di tre cotte ed incalza: “Altro che invidia, ammirazione. Ma se uno si toglie gli occhiali dell’ideologia e legge il libro trova insanabili contraddizioni nel racconto della premier”.
E giù di stoccata: “Dice di aver costruito nel 2011 un Partito contro Berlusconi, ma l’ha fatto con i soldi di Berlusconi e alleandosi con Berlusconi. Senza il quale non sarebbe mai entrata in Parlamento né nel 2006, né nel 2008, né nel 2013”. Poi, di taglio: “Era con Putin ed è passata con Zelensky. Era contro l’euro ed è diventata europeista a giorni alterni. Era contro Ursula e ha votato per Ursula”.
Tutte le contraddizioni

Ed a parziale chiosa di quella che Renzi è riuscito a far passare non come una piccata difesa ma come un ristabilimento della verità: “Era contro il JobsAct, Industria 4.0, lo Sblocca Italia, le trivelle, i termovalorizzatori, il Tap”.
“Era contro tutte le misure del mio governo. Adesso ha cambiato idea praticamente su tutto”. Il “Ka-boom” finale era nell’aria. “E non parlo qui di ciò che diceva sull’Arabia Saudita o sull’India”.
“Ma chi avrà la pazienza di leggere il libro non troverà a differenza di quello che lei scrive, direttore, nemmeno un insulto: solo fatti, documenti, citazioni puntuali”. Solo che Feltri ha abboccato comunque.
Direttore-cavedano.
PIETRO PACITTI

In silenzio. E senza grancasse. Pietro Pacitti i riflettori li accenderà il giorno del Congresso provinciale: il traguardo che si è dato. Il Coordinatore provinciale di Noi Moderati ha appena concluso la campagna di tesseramento per portare nuova linfa alla gamba moderata del centrodestra, quella che sta con Maurizio Lupi.
L’obiettivo è chiaro: consolidare la presenza della formazione politica in provincia di Frosinone, ampliando la base degli iscritti e coinvolgendo un numero crescente di amministratori locali. Un impegno concreto che nelle ultime settimane ha già portato oltre trecento nuove adesioni. Tante o poche? Nel dubbio controllare i dati di adesione al Partito Democratico nel 2023.

Proprio l’adesione di nuovi tesserati e il coinvolgimento di amministratori locali dimostrano che il messaggio di Noi Moderati sta facendo breccia: c’è ancora una classe politica che non si ritiene rappresentata in modo adeguato. Troppo a destra Fratelli d’Italia, troppo estrema la Lega, troppo blanda Forza Italia. Anche in una provincia tradizionalmente complessa come quella di Frosinone.
“Stiamo lavorando per costruire una presenza politica stabile e radicata – ha dichiarato Pacitti – puntando su dialogo e proposte concrete per il territorio”. L’obiettivo è duplice: rafforzare l’identità politica di Noi Moderati e creare un legame diretto tra il Partito e le realtà locali”.
Un metodo che, visti i numeri in crescita, sembra già dare ragione a Pacitti.
La forza dei voti.
FLOP
BENEDETTO VIGNA

Lui è Ad di Ferrari dal 2021, da un tempo sufficiente cioè per aver visto le sue indubbie skill pasturare nella broda cupa del periodo storico forse peggiore di sempre per l’automotive. Benedetto Vigna è alla guida di Ferrari infatti dal periodo esatto in cui il Covid iniziò a palesare con esattezza i suoi affetti catastrofici sull’economia e da quello che ha preceduto le grandi crisi geopolitiche di questi anni.
Senza contare che Vigna è diventato nocchiero del Cavallino di Maranello nel momento esatto in cui la Green Economy iniziava a ridurre i margini di produttività praticamente di tutti.
Il ciclone dazi di Trump

Certo, Ferrari è un marchio di nicchia ed il cuore del suo core sta nel termico di lusso, perciò ha sempre avuto e conservato mercati. Mercati come quello Usa. Dove adesso però e dopo che Donald Trump ha annunciato i dazi del 25% sulle auto non prodotte negli Usa si iniziano a profilare grane. Grane random e non ancora sistemiche, ma per sempre grane, e se le grane ce le ha la Ferrari che ha clientele mediamente insensibili ai rialzi di prezzo figuriamoci gli altri.
Il dato è che Maranello sta aumentando i prezzi per le vetture destinate al mercato americano. E questo ”sulla base delle informazioni preliminari attualmente disponibili relative all’introduzione di dazi sulle importazioni di auto di provenienza Ue negli Usa”.
Perciò la casa di Maranello ha comunicato “che aggiornerà la propria politica commerciale”. Così: “Nel riaffermare il proprio impegno per garantire la massima attenzione e tutela dei clienti e con l’obiettivo di garantire loro certezza” ci saranno nuove condizioni commerciali.
Politica commerciale aggiornata

Che “rimarranno invariate per gli ordini di tutti i modelli importati prima del 2 aprile 2025 e per gli ordini delle seguenti tre famiglie – Ferrari 296, SF90 e Roma – a prescindere dalla data di importazione”.
Mentre “per i restanti modelli, le nuove condizioni doganali si rifletteranno parzialmente sul prezzo, fino ad un massimo del 10 per cento di aumento, in coordinamento con la nostra rete di distribuzione”.
Ferrari poi “conferma che gli obiettivi finanziari per l’anno 2025 restano invariati, con un potenziale rischio di diluizione di 50 punti base sui margini percentuali di redditività (margini percentuali Ebit ed Ebitda)”.
Ma il dato resta: pur essendo quella di Ferrari una mossa commercialmente impeccabile e parzialmente blindata dal target finale di clientela, la “policy” di Vigna è la prova provata di un affanno che ormai tocca tutto il mondo dell’auto.
Termometro in negativo.