Top e Flop, i protagonisti di sabato 5 luglio 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 5 luglio 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 5 luglio 2025.

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TOP

MANCINI e LEODORI

Claudio Mancini e Daniele Leodori

La politica è un campo di battaglia permanente, una corsa ad ostacoli fatta di veti, ripicche e frammentazioni. Nel mentre però ci sono rari momenti, quasi epocali, in cui la politica costruisce una sintesi. Sono fasi che conducono ai periodi con i risultati migliori: vedi la stagione dell’intesa De Angelis – Scalia che portò all’elezione di un assessore regionale, un parlamentare europeo, un sindaco di capoluogo. Il recente riavvicinamento tra Daniele Leodori e Claudio Mancini è uno di questi momenti. (Leggi qui: Pax Democratica: il patto Leodori -Mancini cambia volto al Pd del Lazio).

Non è stata una stretta di mano cerimoniale, né un armistizio di facciata. È stata una scelta di responsabilità, che ha radici profonde e proiezioni strategiche. Le due colonne del Pd laziale – Leodori per AreaDem, Mancini per Rete Democratica – hanno capito che l’eterna dialettica interna, per quanto legittima, stava diventando un ostacolo più che una risorsa.

Basta un riequilibrio
Roberto Gualtieri (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

È bastato un riequilibrio nella Giunta capitolina, ma non qualunque: un gesto politico pensato e mediato con intelligenza. Il ritorno di AreaDem al tavolo romano non è solo un segnale interno. È un passaggio che segna l’inizio di una nuova fase: coesione anziché frammentazione, strategia condivisa anziché derby infinito.

Gualtieri ci ha messo il metodo. Ma la sintesi l’hanno trovata loro, Leodori e Mancini, i protagonisti di stagioni anche durissime. È il segno che il Pd del Lazio non vuole più essere il Partito dei distinguo, ma il Partito delle scelte.

Ora quella sintesi si riflette a cascata: nei Congressi provinciali ordinati, nei territori più sereni, in una prospettiva regionale più stabile. La rielezione di Gualtieri non è più un rischio, ma un obiettivo credibile. Perché se due pezzi così ingombranti hanno deciso di marciare assieme, significa che anche dentro il Pd è cambiato il vento.

E per una volta, è un vento che non spacca. Unisce.

L’arte della sintesi che cambia il Pd del Lazio

ENZO SALERA

Enzo Salera (Foto © Roberto Vettese)

Il primo compito di un sindaco è quello di gestore la sua comunità. Se poi all’ordinario si aggiunge la capacità di immaginare e la concretezza di una visione solida allora c’è prospettiva. Enzo Salera è un sindaco dotato di visione. Una che tiene insieme spazi, persone e memoria civile.

Cassino, per decenni simbolo della ferita inferta dalla guerra, oggi diventa laboratorio di un’idea che si muove su tre assi portanti: sicurezza urbana, decoro pubblico, inclusione sociale. Nessuno di questi è un maquillage. Nessuno risponde a logiche elettorali da breve respiro. Tutto, invece, indica una prospettiva: fare della città un luogo in cui la modernità non sia sinonimo di disuguaglianza, ma di qualità della vita. (Leggi qui: Cassino, la città che ricuce le ferite: più verde, più sicurezza, più giustizia).

Visioni cassinati
Piazza Restagno

La rigenerazione di piazza Restagno – come prima di piazza Labriola e piazza Diamare – dice che Salera conosce il valore dello spazio pubblico: un investimento concreto in bellezza e vivibilità. Ma è quando gli immobili confiscati ai clan diventano presidi sociali – una casa per disabili, un centro contro la povertà estrema – che la politica smette di essere narrativa e diventa azione.

E infine la sicurezza, con l’impegno ad aumentare il corpo di Polizia Locale: non per militarizzare, ma per rendere lo Stato presente nei quartieri, dove la paura spesso cresce nel silenzio.

Salera non rincorre le emergenze. Le previene. Non si accontenta del “fare”. Progetta il “durare”. In un tempo in cui molti amministratori navigano a vista, lui ha scelto di guardare lontano. E ha fatto della sua città una prova che, sì, un’altra politica è possibile.

l sindaco con il pensiero lungo

FLOP

CARLO CALENDA

Carlo Calenda (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Ci risiamo, la storia si ripete e sta cominciando a diventare stucchevole. Presenti quegli amici che in sede di discussione sembra che sappiano sempre quando e come mettere la parola giusta? Fare quello e poi inquadrare un tema secondo una prospettiva lucida come poche altre? Ecco, Carlo Calenda questo è: una persona amichevole ed autorevole ma che poi, finito il sermone, sembra avere difficoltà ad omologarsi ai suoi contenuti.

Il guaio della politica italiana e, nello specifico di questa propensione alla logorrea del leader di Azione, è che la stessa è fatta di tempi lunghi.

Scenari complessi
Elly Schlein (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Di quelli, di scenari sovrapposti e, come un sistema operativo da pc, di sotto directory multiple. Il risultato? Arrivati ad un certo punto, non ci si capisce quasi mai un tubo. In tutto questo ci sono poi i grandi fenomeni massificanti.

Come quello per cui Elly Schlein non solo sta costruendo un Campo largo sbilanciato a sinistra ma senza escludere la coltivazione di “cespugli isolati” riformisti, ma sta erigendo una “tenda”. Cioè un non luogo dove mettere a crasi anche forze progressiste e massimalismo post berligueriano. Una formula difficile, ma attualmente la sola formula in grado di insidiare, almeno potenzialmente, il destracentro.

Come nelle Marche ad esempio, dove si voterà per le Regionali. E cosa ti va a fare Calenda? Invece di aderire al progetto ed eventualmente riservare qualche legittima pelosità ex post, si sfila del tutto. Insomma, il leader di Azione si è tirato fuori ed ha “deciso di non presentarsi per nulla alle elezioni delle Marche”. Cioè della sola regione “contendibile tra i due schieramenti nel voto d’autunno e che probabilmente ne determinerà il segno”.

“Io non ci sto”
Matteo Ricci

Il dato è crudo e lo riporta Libero con aria tra il sornione ed il trionfalistico. “Azione non sceglierà tra l’attuale governatore di centro- destra Acquaroli e lo sfidante del centro- sinistra Matteo Ricci. In questa logica, che appartiene solo alle cervellotiche strategie di Calenda, i media orientati a destra ci vedono qualcosa di più della semplice impasse di un leader in folle. “È il segno che la strategia della Premier di evitare che tutta l’opposizione si ricomponga in un unico schieramento sta dando qualche frutto”.

Giorgia Meloni

Ovviamente Meloni punta ad altro, alle Politiche, ma il fatto che Calenda abbia dato anche solo indirettamente adito a certe letture dà la cifra dell’attuale bussola di un referente di partito che proprio non ce la fa, a pizzicarsi la pancia e puntare stabilmente sul campo lago. Con grave detrimento per lui, per il suo partito e per la logica dell’alternanza di un Paese che rischia una “Giorgiacrazia”.

Non tanto per i meriti (non del tutto assenti ma non così cristallini) di Giorgia, quanto piuttosto per i demeriti di chi le si oppone.

Sor Tentenna.

MANUEL CARUSO

Manuel Caruso

C’è qualcosa di profondamente stonato in ciò che sta accadendo a Ferentino. Manuel Caruso – ex candidato alle Primarie per il Movimento 5 Stelle, oggi politicamente rappresentato in consiglio da Gianni Bernardini – da un lato promuove entusiasta sui suoi canali social il calendario degli eventi estivi patrocinati dal Comune, dall’altro affonda a colpi di post contro una delle iniziative clou del programma: la premiazione del ministro Antonio Tajani.

Sia chiaro: la critica politica è sacrosanta, anche aspra se necessario. Ma non si può stare con un piede dentro e uno fuori, facendo promozione istituzionale al mattino e opposizione ideologica la sera. Soprattutto quando si attacca un evento – la premiazione promossa dall’associazione Don Morosini – che porta il patrocinio dello stesso Comune al quale Caruso si è legato candidandosi e sostenendo pubblicamente la maggioranza.

C’è un ulteriore dettaglio che rende il tutto ancora più grottesco: Tajani è cittadino onorario di Ferentino, proprio per decisione di questa amministrazione. Criticare oggi una premiazione simbolica è, di fatto, mettere in discussione l’intero impianto di quella scelta. Ma allora perché continuare a sostenere quella stessa maggioranza? Perché rivendicare spazio nel dibattito cittadino se poi si attacca ciò che si è contribuito a costruire?

La politica ha bisogno di coerenza, non di giochi di ruolo. E Ferentino merita di meglio di una polemica a corrente alternata.

L’incoerenza in scena sotto le stelle