I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 7 dicembre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 7 dicembre 2024.
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GERMANO CAPERNA
Succede tutto in un attimo quando assisti a quel fenomeno. E inaspettatamente. Succede con tutti ma con una tempistica talmente random e fumosa perché legata anche alla nostra capacità percettiva del momento, che il più delle volte non se ne accorge nessuno.
Eppure quando un amministratore smette i panni di quel che è e fa vedere cosa è come persona accadono piccoli miracoli. Non sono fenomeni dirompenti, né quando il velo alzato scopre magari piccole meschinità, men che mai quando sotto a quel velo ci trovi la polpa bella dell’empatia che scavalca il ruolo e svela l’uomo.
Tuttavia e per chi sa cogliere quegli attimi accade una cosa molto semplice. Quasi banale. E gigante. Che arriva l’ondata di sollievo nel sapere magari che quell’amministratore sta dove sta e fa le cose che fa.
Un mondo di tante cittadelle
Germano Caperna è uno che ha viaggiato molto, prima di intraprendere la carriera politica che lo ha portato a giugno scorso a diventare sindaco di Veroli. E come tutti quelli che viaggiano ha potuto concepire e valutare in maniera tonda la straordinaria ricchezza del posto dove viviamo, spesso con clamorosi baratri di egoismo. Ricchezza di un pianeta che sembra uno sterminato campo di cittadelle fortificate.
Luoghi, continenti, aree e nazioni che si guatano, cercando ciascuna di seguire la via ontologia di una superiorità che non sta in piedi. Caperna aveva usato il concetto di diversità come ricchezza già in campagna elettorale, ma lì i toni sono esacerbati a tutto sembra ricadere colposamente nel format delle esigenze pubblicistiche legate alla ricerca del consenso.
E’ quando hai vinto che si vede se sei vincitore davvero, e a volte basta qualche considerazione sciolta. Come quelle che Caperna ha fatto in una sede conviviale poche ore fa. Si parlava di modelli educativi e didattici unificanti, modelli che spesso portano i giovani a conformarsi a schermi “adulti” non sempre validi.
La diversità che deve esserci
Schemi in cui sono sempre più spesso i “grandi” ad indicare la via decisamente banale dell’omogenizzazione confondendola con l’eguaglianza nei diritti. E Caperna non è stato d’accordo: “Ognuno di loro deve essere diverso dall’altro, perché è nel vivere una serena e proclamata diversità che poi ci si mette alla prova nel valutare quanto essa per noi costituisca ancora un tabù“.
E ancora, accalorandosi: “La diversità è il solo modo per arrivare all’eguaglianza. Io a scuola (Caperna insegna e da qualche anno lo fa in un istituto di detenzione, a Paliano) ho sempre spinto tutti a sentirsi fieri della loro diversità. Ed ancor più fieri di averla conservata ma mai al punto da farla diventare un discrimine”.
Germano Caperna è quello che consegna volumi della Costituzione ai 2006 del comune che guida. E l’articolo 3 della stessa recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ecco, Caperna ha capito che i cittadini sono quelli del mondo.
In piedi.
LORENZO FONTANA
Sarà perché appartiene ad un partito che per gran parte fa proprio del clamore un claim, sarà perché sempre quel partito là ha in vertice uno come Matteo Salvini che non sta zitto su nulla e che su ogni cosa ne dice una poco a fuoco. Sarà perché ancora quel dato partito ebbe la sua genesi nei ruggiti a volte sconclusionati istituzionalmente di Umberto Bossi.
Fatto sta che quando qualcuno si ritrova a parlare di Lorenzo Fontana alla fine gli tocca rimangiarsi praticamente tutto di quel che stava per dire. O che più di qualcuno aveva detto quando quel giovane giornalista leghista doc venne scelto come Presidente della Camera, il 14 ottobre del 2022.
Giro di boa e bilancio
Non furono pochi allora quelli che andarono frettolosamente a spulciare, googolare e ravanare nel curriculum politico del veronese del Carroccio che era approdato su uno dei Tre Scranni Massimi della Repubblica Italiana. E codesti tartufatori, imbevuti di pregiudizio di schema, sottolinearono cose come le posizioni di Fontana su famiglia, aborto e quant’altro.
Insomma, tutto lo starter pack del leghista potenziale trucido ed mal che vada inelegante. Ecco, il Governo Meloni si appresta al giro di boa del suo mandato e se c’è uno che tra coloro che furono causa o effetto di quella vittoria davvero ha spiazzato l’universo mondo quello è proprio Fontana. In bene.
Mai una parola fuori posto o un’opposizione a lamentarsi, mai un’esternazione anche solo di moderato e sottile viraggio politico, ideologico, partigiano o afferente i temi claim della Lega salviniana o di tutte le altre leghe. E, in questo universo polarizzato, estremo e messo a giogaia dai social compulsivi, mai un post che fosse equivoco o innesco di polemiche.
Nessun fiato ai microfoni dei media se non per dare sugo alla sua mission istituzionale.
Ricordi e presenze istituzionali
Qualche esempio? E’ roba vecchia perché Fontana non sta sui social come la più parte dei mezzi matti che rappresentano lo scenario politico italiano medio. Un post per ricordare, un mese fa, Bobo Maroni. Oppure post in cui la sua presenza come Numero uno di Montecitorio era a traino di commemorazioni varie. Eppure Fontana è stato militante sin da giovanissimo della Lega Nord, quella che “ce l’aveva duro”.
Ed è stato vicecoordinatore federale del Movimento Giovani Padani e vicesegretario provinciale della Lega Nord di Verona, cioè della Lega più leghista di tutte e negli anni in cui la Lega era quella Lega là, quella che oggi storce il naso di fronte all’ecumenismo facilone di Salvini.
Con questo battage Fontana poteva diventare un tipo urticante assai. Un po’ la copia “young” e su Camera diversa di Ignazio La Russsa, che da Palazzo Madama le sue belle uscite fuori binario istituzionale non se le è fatte mancare. E invece ha dato una lezione maiuscola. A tutti.
Istituzionalissimo.
RICCARDO MASTRANGELI
Il 9 dicembre prossimo è la deadline. Da quella data sarà impossibile raggiungere l’ingresso principale della stazione di Frosinone in auto, a causa dell’avvio dei lavori di ristrutturazione di piazzale Kambo. Inizialmente, solo una parte dell’area sarà chiusa al traffico. Dall’8 gennaio il divieto sarà totale per consentire lo svolgimento delle opere.
La circolazione resterà possibile in altri punti: l’accesso da piazzale Kambo lato Comando dei Carabinieri, l’ingresso da via Verdi vicino alle fermate degli autobus e l’ampio parcheggio situato su via Pierluigi Da Palestrina, proprio dietro la Stazione.
E’ stato il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli a spiegare come i lavori rappresentino un progetto atteso da generazioni.
La differenza tra politico e statista
Riccardo Mastrangeli prosegue nella sua strada: continua a non guardare al termine della sua Consiliatura ma alla Frosinone che lascerà alla prossima generazione. È per questo che molti dei suoi contemporanei non lo comprendono. Siamo abituati all’effimero, alle notizie che nascono al mattino e muoiono al pomeriggio, alla fast fashion ed ai vestiti quasi usa e getta: in un mondo così è difficile sintonizzarsi su una persona che guarda lontano.
Grazie a un accordo tra il Comune, Ferrovie dello Stato e il Ministero dei Beni Culturali, sarà possibile ristrutturare le due storiche palazzine che si affacciano sulla piazza, in passato proprietà del demanio. Per quanto riguarda Il futuro della discussa Piazzetta della Sacra Famiglia, il sindaco è stato estremamente chiaro. Anche nei confronti di chi invece sta facendo attività politica in senso diametralmente opposto: “Una volta chiusa la piazza, la strada perderà la sua utilità. Insistere sull’apertura della piazzetta è un dibattito ormai superato. Perché? Anche riaprendola, non sarebbe collegata a nulla dato che dall’altro lato ci sarà il cantiere in piena attività. Diventerà parte integrante della nuova piazza che desideriamo da anni“.
Le prime operazioni riguarderanno la demolizione dell’edificio che ospita il bar, la biglietteria e i bagni pubblici. Durante i lavori, questi servizi saranno comunque garantiti grazie a container appositamente predisposti.
Acciaio e vetro
La nuova stazione sarà caratterizzata da un design moderno, con strutture in acciaio e vetro, e includerà una passerella pedonale sopraelevata che attraverserà i binari, collegandosi direttamente al nuovo parcheggio retrostante, destinato a diventare probabilmente l’accesso principale. L’intervento, che prevede un investimento di oltre 20 milioni di euro, durerà circa tre anni e promette di trasformare completamente l’aspetto e la funzionalità della stazione di Frosinone. E possibilmente anche il contestuale definitivo rilancio del capoluogo.
Forse non a caso Ennio Flaiano disse: “Ogni stazione è il punto psicologico più vicino alla propria casa”.
Il difetto di guardare lontano.
FLOP
MARCO LISEI
Ieri sui social ha esordito così: “Due buone notizie: il giudice Iolanda Apostolico, che aveva disapplicato il decreto Cutro, si è dimesso. In Senato abbiamo approvato il Decreto Flussi 2, che sostiene il centro in Albania per il rimpatrio degli immigrati irregolari, rafforza le misure per un’immigrazione“. Come preambolo è importante.
Perché in politica l’imprecisione dolosa è peccato mortale, solo che con il tempo e grazie ad azioni di “sdoganamento” di rango massimo, quello sembra essere diventato un mood accettato nel comune sentire.
Ovvio come, alla maturazione di questo pericoloso stato di cose, nel tempo abbiano concorso anche altri fattori. Fattori che scavalcano anche il clima “alla volemose bene” che spesso traspare da rappresentanti di rango massimo delle istituzioni.
Alla base di tutti c’è anche ad esempio l’avvento massivo dei social, la cui utenza media tende a sorbirsi più quel che fa ad essa comodo, piuttosto che esercitare un sano e sacrosanto diritto-dovere di critica. Solo che per esercitarlo la precondizione è sempre quella, ed è precondizione mediamente assente.
Legge, statistiche e realtà
Quella per cui la libertà di parola non è nulla senza la facoltà di intelletto. Dal canto suo Marco Lisei qualche “aggravante concettuale” se la merita. Questo perché il senatore bolognese di Fratelli d’Italia è anche avvocato, cioè uno che con la legge e le sue regole dovrebbe avere dimestichezza. La sua affermazione sembra comunque inattaccabile.
“Più del 40% dei reati a sfondo sessuale (stupro, violenza, abusi) sono commessi da immigrati irregolari, che rappresentano il 10% della popolazione”. E per certi versi anche la sua blanda chiosa versus eventuali detrattori. “Questo è un dato di fatto, anche se a qualcuno i numeri e le statistiche possono non piacere”.
In (gran) parte è vero, ma Lisei si riferisce a reati censiti e non a quelli su cui poi le denunce arretrano perché il mostro ce l’hai in casa. O perché le denunce spesso non sono su fatti in flagranza ma su orrori verbalizzati ex post, quando si è trovato il coraggio di scardinare certi sistemi familiari o “amicali”.
I reati “di categoria”
Ma il problema è un altro. Prendere i profili penali “di orrenda elezione” di una categoria e farli assurgere a prova provata del fatto che quella categoria è da bandire secondo mood politico è sbagliato. Lo è perché poi ci sono scenari statistici sulla situazione criminale del Paese ad esempio sulle quali la popolazione extracomunitaria ha incidenza pari a zero.
Scenari ad esempio come quelli legati ai crimini dei colletti bianchi o ai reati associativi di mafia (questa storia delle mafie nigeriane sovrapponibili alle nostre male è un claim improponibile, se si è senzienti). E c’è un dato aggiuntivo, che viene ben spiegato dal XX Rapporto Antigone, che si occupa solo della popolazione carceraria però.
“Sui numeri dei reati a carico dei soli stranieri detenuti, si osserva che a fronte di 18.894 detenuti stranieri, vi sono 36.537 reati, per una media di 1,9 reati per detenuto”. Il che darebbe ragione a Lisei, ma proseguiamo.
“Anche per gli stranieri, la categoria più ricorrente è quella dei reati contro il patrimonio (9.635, il 28,2% del totale totale rispetto al 71,8% di italiani), seguita dai reati contro la persona (8.130, il 31% del totale rispetto al 69% di italiani) e dai reati per violazione del testo unico sugli stupefacenti (5.988, il 29% del totale, rispetto al 71% di italiani)”.
La cartina tornasole del TU sull’Immigrazione
“Come è prevedibile, l’unica categoria di reati per cui la presenza di stranieri è maggiore di quella degli italiani è quella legata alle violazioni del Testo Unico Immigrazione, in cui la percentuale di reati a carico di stranieri detenuti è del 92%”.
Che significa? Che i reati vanno o contestualizzati alle caratteristiche della categoria che preferenzialmente li commette oppure considerati come il frutto di aberrazioni che ammalano tutte le società. E sui reati sessuali, purtroppo, gli italiani non sono affatto secondi agli “stranieri”.
Perché la bestialità, purtroppo, non ha colore. Solo che c’è chi vuole appiopparglielo, per forza. E per giustificare cose vacue ed inutilmente dispendiose come i cpr albanesi.
Impreciso.