I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 9 novembre 2024
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 9 novembre 2024.
TOP
CRISTOPHER FARONI
Rappresentare uno stanting di qualità è una cosa, già di per sé meritevole, metterla a regime in un sistema complesso come il territorio è faccenda molto diversa. E molto più meritoria. Se si tien conto quindi del fatto che il Gruppo Ini oggi conta dieci strutture sanitarie e riabilitative tra Lazio ed Abruzzo e che molto di queste sono diventate bouquet per ulteriori propaggini sociali benevole allora il quadro è chiaro.
Cristopher Faroni è il totem vivente ed attivo, assieme a Jessica Veronica Faroni che è manager sanitario, di un modo di concepire ed applicare la Sanità che l’Istituto Neurotraumatologico Italiano porta avanti da poco meno di 80 anni. Cioè da quando venne fondato da Delfo Faroni nel 1947, prima ancora della promulgazione della nostra Carta Costituzionale.
Quasi un segno, a voler contare il valore di norma dal rango massimo alla tutela della salute dei cittadini e di certo un balzo in avanti nella storia, a considerare anche il grip imprenditoriale dell’impresa. Impresa che nelle ore scorse ha portato Forbes – non il Corriere dei Piccoli – ad intervistare Cristopher Faroni sui traguardi raggiunti.
Corsi di laurea con Sapienza e Tor Vergata
Su quelli e sugli orizzonti ulteriori verso cui scrutare. Ad esempio in un contesto accademico e tenendo conto che, solo a citare uno spot editorialmente contiguo, Ini-Città Bianca a Veroli sta in una terra – la Ciociaria – che è “punto di raccordo fra tre regioni”. E che quindi riveste egregiamente il suo ruolo aggiuntivo di spot accademico distaccato di Tor Vergata e de La Sapienza con i corsi di laurea in Scienze Infermieristiche e Fisioterapia.
Un crogiolo di scienza ed al contempo un interscambio di sapere ed economia. Faroni ha spiegato a Forbes che “oggi un imprenditore del settore deve scegliere gli ambiti a cui dedicarsi, come abbiamo fatto noi con la riabilitazione, l’oncologia e la chirurgia ortopedica, ad esempio”. Ma dietro quelle parole c’è di più di una visione prospettica: c’è il grip di una mission che non è solo enunciata e che sta talmente dentro i territori da rappresentarne una parte fondamentale.
Mission che ha saputo resistere alle tempeste: “La solidità familiare ci ha sostenuto nel passato per sconfiggere chi ci ha attaccato e ci sosterrà in futuro per crescere ancora e supportare le nostre eccellenze”. Perché sì, l’eccellenza non è uno stato dell’arte, ma il frutto di una forgia che la fa emergere.
E in un certo senso Faroni jr di quella forgia è oggi il prodotto più riuscito.
Caduceo d’acciaio.
RICCARDO MAGI
L’abbiamo lasciata che solcava il Mar Adriatico per compiere il suo dovere d’acciaio, ma da qualche ora fisicamente di essa non si sa più nulla. Ovviamente in queste ore e nelle faccende italiane vige un dogma da cui è bene uscire con gradualità. E’ quello per cui la vittoria di Donald Trump e quello che la vittoria di Trump significherà per l’Italia hanno fagocitato praticamente ogni altra notizia. Tanto che ci è voluto un Maurizio Landini “barricadero” a svegliare le penne nostrane (specie destrorse) ed innescare l’ennesimo, inutile caso di fuffa dialettica, di quelli che a noi italiani piacciono tanto.
Sì, ma in tutto questo dov’è la “Libra”? Cioè, che fine ha fatto la nave simbolo del braccio di ferro sui migranti tra Governo Meloni, giudici italiani e legiferati Ue?
La domanda se l’è posta intelligentemente Riccardo Magi di +Europa, che peraltro aveva compiuto recentemente anche un sopralluogo presso i Cpr di Shengjn e Gjader. Il pattugliatore aveva compiuto la sua ultima traversata il 7 e con sole otto persone a bordo.
Istanza di accesso agli atti
Attenzione: Magi lo sa benissimo dove sia la nave militare italiana, ma ha fiutato intelligentemente un nuovo episodio che possa certificare quanto sia controversa la linea di Palazzo Chigi e la butta in retorica sorniona. Così: “Che fine ha fatto la nave Libra? Si è persa infatti ogni notizia della nave partita ieri da Lampedusa con 8 migranti a bordo e che sarebbe dovuta arrivare oggi in Albania”.
Perciò “in attesa di saperlo, ho avanzato al ministero dell’Interno, al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Comando Generale della Capitaneria di Porto un’ istanza formale di accesso agli atti amministrativi”.
Magi vuole informazioni in ordine “alle operazioni S.A.R. o ai rintracci da cui è derivato il salvataggio e il trasferimento dei 16 migranti portati nell’hotspot di Shëngjin e nel CPR di Gjadër a metà ottobre e degli 8 migranti che stanno arrivando in Albania in queste ore”.
Capito il senso? Se ad essere stati salvati erano stati in 16 e ad essere giudicati “meritevoli” di essere slittati in Albania sono stati in 8 allora vuol dire che potrebbe arrivare un altro giudicato di rango nazionale.
Da 16 ad 8, hai visto mai…?
“Va chiarito con esattezza il numero di eventi S.A.R. o rintracci confluiti in ciascun trasbordo. La data, l’ora, la geolocalizzazione dell’avvenuto salvataggio e dell’avvistamento di ciascuna imbarcazione da cui sono stati tratti in salvo i migranti collocati a bordo del pattugliatore ‘Libra’ appartenente alla Marina Militare Italiana”.
Magi si riserva il suo “giudizio politico di tutta questa operazione” solo a chiosa della sua analisi postata su X. Saggiamente lo lascia netto ma caudale, così se qualche Tribunale dovesse intervenire la sua azione risulterà naturalmente evidenziata. Si tratta di “un fallimento totale, uno sperpero di risorse e un atteggiamento disumano del governo italiano”.
Ci cerca (forse) trova.
BARTOLO TAGLIETTI
C’è una cosa più forte di ogni altra all’interno delle Forza Armate, sotto qualsiasi divisa ed a qualunque latitudine. Si chiama ‘spirito di corpo‘ ed è fondamentale: rappresenta una legame di sangue tra chi indossa la stessa divisa, tanto più stretto quanto più si scende, fino a diventare vera e propria fratellanza quando si arriva a livello di plotone e squadra. Perché la tua vita è nelle mani del collega che esce di pattuglia con te e lui mette la sua vita nelle tue mani. Ci si copre la schiena, in ogni circostanza.
Ma c’è anche un altro concetto basilare: “il senso del dovere”, intimamente connesso alla “fedeltà allo Stato”. Entrambi particolarmente radicati nei Carabinieri: che non sono un Corpo ma un’Arma, con tutto ciò che ne consegue a livello di “spirito”: elevato all’ennesima potenza. Ma subordinato alla Fedeltà. E infatti, se nelle caserme di addestramento dei Carabinieri viene ricordato a caratteri cubitali che sono “Usi ad obbedir tacendo e tacendo morir”, sui loro fregi è inciso “Nei secoli fedele” ed il loro inno è “La Fedelissima”. Solo facendo queste premesse i può comprendere il travaglio interiore che deve avere affrontato Bartolo Taglietti, ufficiale dei carabinieri in comando alla Compagnia di Pontecorvo.
Il travaglio interiore
Perché quando era solo il tenente Taglietti e comandava il Nucleo Radiomobile di Scalea riceve un ‘invito‘ molto particolare. Di quelli che se sei Carabiniere ed hai consumato decine di suole delle scarpe sai affrontare: un colloquio da solo a solo con il figlio di un boss pentito. Che potrebbe farlo per tentare di incastrarti, oppure accopparti e lavare l’onta del pentimento in famiglia. Invece no. Il tenente Taglietti va e riceve una serie di confidenze che riaprono le indagini sull’omicidio del Sindaco Pescatore, Angelo Vassallo al quale ancora troppo poche piazze sono state dedicate. Ma c’è un problema di fondo: che spalanca la porta sull’abisso del travaglio interiore.
Perché quelle rivelazioni conducono ad un suo collega, un ufficiale superiore, uno che è cresciuto a pane e Carabinieri, ha scritto pagine operative superbe nella lotta alla criminalità. Sono dettagli che non colpiscono solo il colonnello Fabio Cagnazzo, comandante provinciale a Frosinone dal 2017 al 2020: centrano l’onore, il decoro, il prestigio di quella divisa.
Fedeli Nei Secoli
Nella migliore tradizione dell’Arma, Bartolo Taglietti decide di restare fino in fondo Fedele allo Stato: annota e riferisce al Procuratore della Repubblica. Ma resta leale allo spirito di Corpo: e con un appunto secretato avverte l’Arma. Come sia andata a finire lo ha detto l’arresto del colonnello Cagnazzo avvenuto l’altro giorno. Come finirà, toccherà ai tribunali scriverlo.
Ma in quelle pagine resterà la lealtà verso lo Stato di una divisa, a costo di mettere in dubbio una parte della sua stessa Arma.
Nei secoli fedelissimo.
FLOP
DANIELA SANTANCHE’
Il caso Egitto “paese sicuro” ha scoperchiato un vaso di Pandora. E lo ha fatto esattamente – e con toni giustamente parossistici – proprio in rapporto alla piattaforma dei legami turistici con il Paese delle Piramidi. Spieghiamola meglio inserendo tutto nella cornice del Forum Internazionale del Turismo di Firenze. l’Egitto sta nella nicchia di quelle nazioni che sono state al centro della “contesa” tra Governo e Magistratura in ordine alla questione dei rimpatri dall’Albania.
Inutile sottolinearlo, ma parliamo di un focus dibattimentale politico di proporzioni gigantesche. Il dato di fondo è: è giusto che una democrazia occidentale compiuta e cardinale all’interno di Ue e G7 debba agganciare turisticamente paesi che con i diritti umani hanno poco o pochissimo a che vedere?
Regeni ci ha insegnato qualcosa?
E’ giusto scegliere sempre Mammona, il profitto, e mettere pezze a colori ogni volta che stringiamo la mano a governanti e governi equivoci? E’ stato giusto inserire in Dl di stabilità legale l’Egitto che ci ha ammazzato Giulio Regeni? Ecco, con il Qatar il problema è pressappoco eguale. Il paese arabo, anche dopo la vetrina dei recenti Mondiali, non ha fatto nulla per avviare un percorso serio di maturazione sui diritti umani.
Soprattutto in ordine alle violazioni sul tema subite dai lavoratori migranti. Né in rapporto all’esigenza di proteggere questi ultimi dallo sfruttamento lavorativo. Ci sono rapporti seri e documentati di Amnesty International che mettono nero su bianco una “chiara battuta d’arresto nel percorso di miglioramento delle condizioni dei diritti dei lavoratori”.
E che dicono che “per le centinaia di migliaia di coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani l’accesso alla giustizia è difficilmente raggiungibile”. Steve Cockburn, responsabile del programma Giustizia economica e sociale di Amnesty International, è stato netto. “Il continuo fallimento del Qatar nel far rispettare adeguatamente o potenziare le riforme lavorative pre-Coppa del mondo mette in grave pericolo qualsiasi possibile futuro per i lavoratori”.
Il Qatar del dopo Mondiale? Uguale
Ecco, questo è il Paese che Daniela Santanché invece sta additando come Nuova Frontiera della modalità “Bengodi” da un punto di vista turistico. Della serie che ci frega se il caddy al campo da golf è sfruttato se poi nel campo da golf ci troviamo il Martini Dry?. Santanché è così, lei esprime “soddisfazione” anche quando riesce a turarsi una calza smagliata con una pennellata di smalto.
“Esprimo soddisfazione per la sigla del protocollo d’intesa con l’Autorità del Turismo del Qatar, un Paese che si sta affermando sempre più come uno degli attori chiave nel panorama globale del turismo.”
Attore chiave certocertissimo, ma anche player di alcune aberrazioni che ci avrebbero dovuto far riflettere. “Il Golfo rappresenta per noi un’area strategica di primaria importanza, non solo per le sue potenzialità di sviluppo economico e turistico, ma anche per le opportunità di cooperazione che offre. L’Italia riconosce il valore di costruire partenariati forti con questa regione”.
Sì, ma senza dimenticare che una partnership è figlia anche di una comune visione etica, o quanto meno di un accorso per trovarne una che sia la più convergente possibile.
Credere, obbedire, fatturare
Alla Santanché interessa invece la “crescente attenzione verso il turismo di alta qualità e sostenibile, che è anche una delle nostre priorità”.
“Crediamo che questa collaborazione possa aprire nuove opportunità per il nostro settore turistico, favorendo scambi reciproci e la promozione delle eccellenze italiane in una delle aree più dinamiche del mondo.”
Santanchè lo ha detto in ordine ad un protocollo d’intesa Italia-Qatar, e fa bene perché la sua missione istituzionale è quella. Ma il sospetto è che per andare a meta la ministra abbia contato solo i soldi sul piatto, e non il sudore sotto allo stesso. Perché, come ha detto la ministra “il turismo non è né di destra né di sinistra”. Verissimo: neanche l’etica.
Sempre sul pezzo.