I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 10 ottobre 2025.
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 10 ottobre 2025.
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CARLO FUCCI

Di solito, quando un Procuratore della Repubblica prende la parola, lo fa per illustrare un’inchiesta o difendere l’indipendenza della magistratura. Carlo Fucci, capo della Procura di Cassino, ha fatto qualcosa di diverso. Ha detto una verità scomoda e per questo potente: Cassino non è una periferia della giustizia ma un presidio attivo, un avamposto civile, un luogo in cui lo Stato deve esserci non solo sulla carta.
Le sue parole — pronunciate nella cornice simbolica della visita del ministro Matteo Piantedosi a Latina — non sono un’autodifesa ma un rilancio. Di metodo, prima ancora che di ruolo. Fucci non rivendica medaglie ma chiede attenzione istituzionale: lo fa da un distretto spesso lasciato a sé stesso, dove la cronaca nera è quotidiana ma le risorse (anche umane) non sempre seguono. (Leggi qui: Cassino non è periferia della Giustizia: Fucci rilancia il ruolo della Procura).
Doppia consapevolezza

Nel suo messaggio c’è una doppia consapevolezza: che il Sud del Lazio è un territorio conteso, fragile, esposto a pressioni esterne — non solo criminali, anche economiche — e che il presidio giudiziario deve essere parte della soluzione. Ma per esserlo davvero ha bisogno di strumenti.
Le inchieste sullo spaccio, le indagini su frodi e corruzione non sono solo “notizie”. Sono campanelli d’allarme per lo Stato centrale che non può permettersi zone grigie. Ecco allora che la proposta di Fucci — far visitare Cassino anche al ministro dell’Interno — non è solo un gesto simbolico. È una sfida: vieni a vedere, poi decidi se restare sordo.
Cassino oggi chiede riconoscimento, non elemosina. E lo fa con la voce ferma di chi ha scelto di non voltarsi dall’altra parte.
Cassino, centro della giustizia. Non più frontiera.
GERARDO ANTONAZZO

C’è chi parla di pace e chi la organizza. Il vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, monsignor Gerardo Antonazzo, ha scelto la seconda via: dal 23 al 27 ottobre guiderà una delegazione nella Palestina ferita, per portare aiuto concreto ai bambini malati, agli sfollati, agli orfani di una guerra che ha superato il punto di saturazione mediatica e umana. (Leggi qui: “Organizzare la speranza”: il vescovo Antonazzo in missione nella Palestina).
Un viaggio che è molto più di un pellegrinaggio o di un gesto caritatevole. È un atto politico nel senso più alto: rendere visibile il dolore, incarnare il Vangelo tra le bombe, ricordare che non si può essere cristiani anestetizzati davanti alle ingiustizie del mondo. Lo ha fatto in Ucraina, lo ha fatto tra le macerie della Turchia, lo fa oggi in Terra Santa. Coerenza rara.
Antonazzo non si limita a pregare per la pace: la attraversa, la cerca, la costruisce. Parla con i Patriarchi ma anche con gli ambasciatori. Parla alle parrocchie del Frusinate ma anche ai cuori smarriti del Mediterraneo.
Organizzare la speranza

E lo fa con quella frase di don Tonino Bello come bussola: “Organizzare la speranza”. Non con slogan, ma con gesti. Non con tweet, ma con offerte raccolte casa per casa. In un tempo in cui anche la Chiesa si rifugia spesso nella prudenza, Antonazzo sceglie di rischiare lo scontro pur di restare umano.
La sua missione non è una nota a margine dell’attualità. È una pagina di civiltà. E oggi, a scriverla, è un vescovo ciociaro con lo zaino in spalla e il cuore nel Levante.
Antonazzo, il Vangelo nella Storia.
FLOP
DANIELE NATALIA

Non per competenza. E meno ancora per incompetenza. Ma solo per geografia. Il sindaco di Anagni Daniele Natalia rappresenta un territorio nel bene e nel male. Ed in meno di ventiquattrore l’attenzione dell’intera provincia è stata calamitata sulla sua città per due eventi. Tutt’altro che piacevoli.
Due notizie, due facce della stessa città. Anagni oggi trattiene il fiato. Lo fa per la frenata improvvisa di Novo Nordisk, che congela la produzione del farmaco anti-obesità Wegovy, mette in stand-by 2,5 miliardi di investimenti e gela centinaia di famiglie tra stabilizzazioni mancate e speranze sospese. Non è un tracollo, dicono. Ma nemmeno una passeggiata: l’ex Catalent era la vetrina europea del gruppo danese. Oggi, invece, è un’icona industriale in attesa di giudizio. (Leggi qui: Novo Nordisk cambia rotta: Wegovy si ferma, Anagni trattiene il respiro)
Ma il respiro si fa ancora più corto quando, poco lontano, due adolescenti danno vita ad una zuffa da bettola. Che non finisce lì: ma approda su Tik Tok e diventa virale. Non solo la zuffa tra due poco più che bambine ma gli amici intorno che le aizzano e filmano e, forse, un adulto che condivide sui social. Anagni, come tante altre città di provincia, rischia di restare schiacciata tra globalizzazione e disservizi locali.
Un mondo che cambia

Da una parte, una multinazionale che cambia i suoi piani senza preavviso, scommettendo su brevetti americani e logiche finanziarie che saltano ogni frontiera. Dall’altra, una adolescenza che finisce sotto i riflettori ma per carenze e responsabilità soprattutto degli adulti.
Nel mezzo, c’è una comunità che fatica a capire se sia considerata ancora una priorità. Le istituzioni corrono ai ripari, ma sempre dopo il danno: il punto non è l’immediatezza delle risposte. È la credibilità del sistema.
Anagni oggi è il simbolo di un’Italia che non si lamenta ma si difende. Con le unghie, col lavoro. E che chiede solo una cosa: essere ascoltata prima che sia troppo tardi.
Tra il respiro trattenuto e l’orgoglio ferito.
MARTA FASCINA

Non ha mai brillato per presenzialismo parlamentare, né per attivismo in senso legiferativo puro. Nessuno potrebbe contestare il dato empirico per cui Marta Fascina non è mai riuscita ad andare oltre l’habitus di “donna del capo” fin quando il Capo era in vita.
La compagna terminale di Silvio Berlusconi è stata e resta, insomma, una figura evanescente nelle dinamiche di un Paese che affida ai suoi parlamentati (sempre meno) le sorti di un sistema complesso che una volta poteva contare su intelligenze e dedizioni superiori.
Tuttavia in queste ore Fascina ha deciso di ritagliarsi un “ruolo” che ha due pecche.
Due pecche evidenti

La prima: è del tutto inadeguata alla portata (e portanza figurata) dell’impegno del centro destra alle Regionali in Campania. La seconda: lo ha deciso senza il beneplacito della famiglia Berlusconi, che sarà anche (virtualmente) disimpegnata dalla politica attiva, ma che ha lanciato segnali precisi su quel tipo di disimpegno.
E non è un disimpegno totale: perché l’Arcore Team – Piersilvio e Marina Berlusconi – ha già dimostrato di volere e poter mettere le mani in pasta, quando la pasta è roba loro (vedere il caso extraprofitti sulle banche che ha piegato perfino la ferrea Giorgia Meloni). E’ apparso quanto meno irrituale quindi il siparietto che ieri, in occasione del voto per la procedibilità sul caso Al Masri a carico dei soggetti coinvolti, c’è stato tra la Fascina e Edmondo Cirielli.
Cirielli io ti investo

“Carneade, chi era costui?”. Si tratta, come noto, del Sottosegretario agli Esteri in quota Fratelli d’Italia e uomo forte della premier che correrà per il centrodestra alle Regionali in Campania.
E proprio in ordine alla candidatura di Cirielli Fascina, come ha scritto AdnKronos, ha decso di “benedire” l’uomo di Meloni, come se ei fosse abilitata a dare placet regali ex post o amoveatur. Un po’ troppo per una personalità così evanescente.
I due si sono incontrati nel corso della discussione alla Camera del caso Almasri, in attesa del voto. E AdnKronos spiega che il bilaterale non official sarebbe avvenuto “in un angolo dell’emiciclo, Cirielli e Fascina si sono stretti la mano e poi si sono soffermati in un lungo faccia a faccia.

All’esponente di FdI, nei giorni scorsi, erano stati rinfacciati “i contenuti di alcune vecchie chat critiche nei confronti di Silvio Berlusconi. Per questo, una iniziale freddezza di FI all’annuncio della sua candidatura. Adesso, il via libera da Fascina come viatico alla campagna elettorale”.
Ma via libera di chi? Vogliamo tornare seri?
Il Cav come movente.



