
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 14 febbraio 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 14 febbraio 2025.
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CLAUDIO PAGLIARA

Il dato crudo: è stato scelto quale direttore dell’IIC cioè l’Istituto Italiano di Cultura a New York. Il dato tiepido: è di Frosinone. Chi è Claudio Pagliara, anche al netto di una domanda che sa di retorica?
Mettiamola nuda: è un è un giornalista (tale dal 1980) e saggista italiano, responsabile dell’ufficio di corrispondenza della Rai per gli Stati Uniti con sede a New York. Ed è molto di più: è autore di libri profondi, di documentari esemplari ed è totem di un’attività professionale che supera ogni campanilismo d’accatto.
Ciociari sulla cresta
Lo supera sì, ma non troppo. Perché se un frusinate diventa meritevole per skill acclarate e carriera specchiata di incarichi che riescheggiano i respiro del mond allora “si fotta” quella parte di mondo che dice che in certe cose serve aplomb. Noi siamo nati campanilisti e tali vorremmo crepare, posto che ci sia gente come Pagliara a fare da esempio per i nostri difetti.

Nelle sue congratulazioni, il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli l’ha messa più chiara: “Claudio ha saputo affermarsi come una figura di rilievo nel panorama giornalistico e culturale internazionale”. Questo però con un concessivo di lusso. Eccolo: “Pur mantenendo sempre un legame fortissimo con Frosinone, città in cui è nato. Quanti, come me, hanno l’onore e il piacere di conoscerlo personalmente e non solo dal punto di vista professionale, hanno avuto modo di apprezzarne, inoltre, le grandi doti umane, la generosità e la disponibilità“.
Fieri e gonfi. Amen.
MATILDE CELENTANO

L’atto simbolico è stata la consegna delle chiavi: con quel gesto il Comune di Latina centra due bersagli. Il primo: si toglie dalle spalle due immobili come l’ex sede Bankitalia e l’ex Garage Ruspi; il secondo: traccia una dimensione futura per il capoluogo dando finalmente un’identità strategica alla città. (Leggi qui: Consegnate le chiavi: Ruspi e Banca d’Italia da oggi sono della Sapienza).
Un dato deve essere chiaro: la scelta fatta dalla sindaca Matilde Celentano non si limita a un semplice trasferimento di spazi, incarna invece un progetto ambizioso. È quello di trasformare Latina in un efficiente polo universitario, capace di attrarre giovani talenti, innescando così innovazione e nuove opportunità di sviluppo.
La scelta di… sapienza

Per questo la cerimonia di consegna simbolica delle chiavi degli immobili è stata molto più di un passaggio formale: ha segnato la speranza dell’avvio di un nuovo capitolo per la città. Ha testimoniato la volontà di creare un nuovo concetto urbano: dinamico e inclusivo, aperto agli studenti ma anche a tutta la comunità.
L’amministrazione guidata da Matilde Celentano ha dimostrato una visione ampia, concependo il progetto non solo come un investimento nell’istruzione ma anche come un’opportunità per rivitalizzare il tessuto urbano e valorizzare edifici storici da anni in disuso. L’ex Garage Ruspi e l’ex Banca d’Italia saranno trasformati in luoghi di studio, ricerca e socializzazione, capaci di favorire una crescita armoniosa tra università e città. La cogestione degli spazi tra Comune e Sapienza, con la previsione di sale multimediali, aule studio e spazi per eventi pubblici, offrirà alla cittadinanza una risorsa preziosa per iniziative culturali e scientifiche.

Il progetto infatti si inserisce in una più ampia strategia di sviluppo del polo universitario di Latina, che già oggi accoglie oltre 4.000 studenti, il 30% dei quali provenienti da altre regioni italiane. Con l’ampliamento delle strutture e dei servizi, l’obiettivo è quello di rendere Latina una destinazione sempre più attrattiva per le giovani generazioni. Nella visione complessiva, il nuovo campus in via Ezio e la riqualificazione degli edifici storici daranno ulteriore impulso a questa trasformazione, consolidando il legame tra università e città.
Visione convinta

Questo, sul piano amministrativo. Sul piano politico invece colpisce la determinazione. Infatti, Matilde Celentano ha dichiarato con forza che questa è «la migliore scelta che potessimo fare» e «la rifarei mille volte». Le sue parole esprimono una visione chiara ma soprattutto convinta, che condizionerà le scelte future per Latina: rendere la città sempre più accogliente per i giovani, con strutture moderne e servizi innovativi, non solo per migliorare la qualità della vita universitaria, ma anche per creare opportunità lavorative e di crescita per tutto il territorio.
In questo modo, Latina si candida a diventare un centro di eccellenza, dove istruzione e città crescono insieme, generando nuove possibilità per le generazioni future.
Per questo la consegna delle chiavi avvenuta ieri non è un punto di partenza ma il coronamento di un percorso avviato 34 anni fa con la nascita della facoltà di Economia a Latina. Ed è al tempo stesso un trampolino di lancio verso nuovi traguardi, costruiti su solide basi per un futuro in cui la città e l’università si rafforzano a vicenda, in un dialogo costante tra innovazione, cultura e territorio.
Il futuro non è lontano ed è giovane.
NAZARIO PAGANO

Nazario Pagano non è un personaggio politico mainstream. Non lo trovi nella più parte dei servizi dei Tg e non ne sbirci spessissimo le dichiarazioni sulle colonne dei quotidiani. E’ una persona pacata che dice la verità, anche quando la verità è scomoda oppure fa a cazzotti con i proclami roboanti di un sistema complesso che ha affidato tutto alla grancassa e poco al documento discreto.
Tecnicamente Pagano è presidente della Commissione affari costituzionali alla Camera ed è di Forza Italia, Cioè di un partito che, nel mix di formazioni sovraniste che compongono la maggioranza, ha comunque conservato un lessico poco da barricata. Ed ha parlato su un tema molto importante, non tanto per il merito, quanto piuttosto per l’attenzione pubblicistica che ha riservato ad esso la premier Meloni.
“Non si è fatto nulla”

Leggiamo ed intuiamo. “E’ tutto da vedere, se ne sta solo parlando. Ma sostanzialmente non si è fatto nulla. Non c’è nulla di concreto: né proposte di legge; né tavoli paralleli politici o istituzionali”. Di cosa si parla? Esatto della possibile riforma della legge elettorale e del “probabile dibattito sotto traccia fra le forze politiche”, come lo ha definito AdnKronos.
Il dato è che esistono due forme di lessico, in questo governo: quella degli urlatori che alzano il volume ma non toccano l’equalizzatore e quelli come Pagano. Che non alzano la voce e che se c’è un impasse dicono che impasse c’è: semplicemente.
“Dobbiamo ancora aprire un confronto interno alla maggioranza per arrivare ad una proposta comune da proporre alle forze di opposizione. Chiaro che se ne debba discutere a fronte di una riforma costituzionale agli atti, che anche se ferma andrà avanti”. E’ evidente come il lessico di pagano sia non solo più acato, ma anche più ecumenico.
La questione delle donne

Dato il tema, l’idea di additare le opposizioni come soggetti da coinvolgere appare quasi rivoluzionaria, in questo contesto polarizzato e truce. E le formule? AdnKronos spiega che ce ne sono molte. Il “’regionellum’ che sposerebbe il sistema elettorale per le regioni a livello nazionale, di proporzionale con vincolo di coalizione”.
Cioè “di rispolveratura del vecchio Mattarellum”. Ma Pagano ha frenato. “Quale che sarà il sistema però è tutto da vedere. Così come, inserendo il tema delle preferenze, sarà complicato gestire la questione donne. C’è infatti il rischio che le elette siano poche”. E sul premierato di fatto che la Meloni invoca da mesi?
“Secondo l’opposizione è ipotizzabile. Ma non è ciò che vuole la maggioranza. Io penso che al momento resti in piedi la riforma costituzionale”. Anche se c’è un timing urgente sul tema corroborato da alcune istanze alla Corte europea dei diritti dell’uomo, quello che Pagano invoca è la calma di chi ragiona.
Il timing della riforma
“E’ chiaro che in ogni caso è consigliabile che una riforma della legge elettorale, che è una legge ordinaria, non sia votata nell’ultimo semestre. E’ consigliabile che venga votata entro un anno, anche perché si tratta di legge ordinaria. Io ipotizzo che entro il primo semestre di quest’anno cominceremo a discuterne”.
E sentire un rappresentante della maggioranza, di questa maggioranza, che parla coi toni pacati del progettista e non con quelli da rocker dell’influencer è un sollievo.
Senza fregola alcuna.
MASSIMO RUSPANDINI

«C’è amarezza ma è soprattutto umana per una vicissitudine di questo tipo che vede come protagonista una persona amica e nella quale in tanti avevamo riposto fiducia. A questo dolore si aggiunge la delusione di una comunità che vede quella persona e quel progetto messi in discussione. Attendiamo con fiducia il lavoro della magistratura. Fino a quel momento continueremo con il nostro silenzio: perché in certi momenti è la cosa più corretta, saggia ed opportuna»: Massimo Ruspandini lo dice in onda e lo ribadisce poi con maggiore convinzione dietro le quinte della trasmissione A Porte Aperte su Teleuniverso.
È il coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia ed è il deputato del territorio alla Camera: soprattutto è quello che fece un passo di lato rinunciando alla propria candidatura come sindaco per cedere il posto a Roberto Caligiore, luogotenente dei carabinieri, elicotterista, plurimedagliato. Ora Caligiore è ai domiciliari in attesa che si concluda l’inchiesta su tangenti che avrebbe preso per pilotare gli appalti finanziati con fondi europei.
L’imbarazzo è dovuto

Ad oggi non risultano coinvolgimenti di altri amministratori. E su oltre cinquemila pagine di indagini il nome di Ruspandini nemmeno una volta appare. Ma l’imbarazzo c’è, è tanto ed è dovuto. La vera sofferenza di Ruspandini sta nel comprendere l’amarezza della sua città e doverla bilanciare con la sofferenza interiore per la circostanza che la ragione stia in una persona a lui vicina.
In attesa della conclusione delle indagini ha imposto a tutti un radicale rinnovamento ed un rigoroso riserbo, finora rotto soltanto dall’ex assessore all’Ambiente Riccardo Del Brocco per rivendicare i risultati raggiunti dall’amministrazione, non accettando una narrazione che in assenza di voci contrarie può far apparire distorto tutto il passato. Fino al pronunciamento finale, allineati e silenziosi.
Il sofferente silenzio dei saggi.
FLOP
CLEMENTE MASTELLA

Non c’è alcun tipo di preconcetto nell’analizzare quel che hanno da dire del centro i centristi più centrali di sempre. Neanche quello di una storia che, almeno in “quel format là”, li ha cassati. E relegati al meno centrale dei ruoli, cioè quello di essere comunque ed in diverse declinazioni sparring del centrosinistra. Nessuna chiave cardinale dunque ma neanche nessuna critica a prescindere.
Anche perché di uno come Clemente Mastella tutto si potrà dire meno che si certe cose non ne sappia, e molto più della media dei politici di prima linea attuali. Chiarito questo però ci sono altre cose che vanno dette.
Come stanno le cose a sinistra
Ed una di esse, quella che andrebbe sottolineata con la matita più spessa, è che oggi un centrosinistra che voglia battere davvero le destre non può prescindere dal Partito Democratico di Elly Schlein. Anche al netto delle sue frattura, dei suoi sbilanciamenti e delle sue (ataviche ed irrisolte) tare. Parlando con Il Riformista mastella ha invece proposto un format rischioso.
E partendo dal concetto per cui il federatore del centrosinistra non deve essere inside al Nazareno. “Deve essere chiaro che si può federare soltanto chi è all’esterno del Pd, visto che i dem hanno già un proprio leader che è appunto la Schlein”.
La formula eccentrica ad Elly

Mastella ha ragione nel momento in cui fa capire che la segretaria dem è divisiva perfino a casa sua e che la frattura sta proprio tra lei ed i centristi, ma il problema semmai è rendere Schlein più “centrista”, non cercare una formula eccentrica ad essa. Perché così facendo si spezzerebbe comunque un fronte consensuale che semplicemente terrebbe inalterate le percentuali attuali ma con diversa composizione.
Cioè: via un po’ di “mancini puri” e dentro un po’ di cattolici. Mastella però non demorde: “Tutti coloro che vogliono unirsi in un nuovo contenitore devono però essere pronti anche a fare dei passi di lato”. Poi l’ex ministro ha anche detto la sua su Comunità democratica, la corrente del Pd guidata da Graziano Delrio.
Delrio troppo “inside”

Che è in un certo modo la punta della lancia dello scenario che disegna lui, anche se con packaging inside al Nazareno. “Devono muoversi in uno spazio autonomo, altrimenti restano una corrente del Pd – più o meno partecipata – ma sempre e soltanto una corrente. Non ci si può limitare a una discussione interna e a un’accusa al potere esercitato da Elly Schlein”.
Insomma, serve una nuova Margherita ma con un’aiuola tutta sua. E Mastella pare candidarsi a giardiniere e/o botanico. “Finora io ho registrato solo una certa voglia di rivalsa da parte di quei cattolici in sofferenza”.
La Margherita bis
Questa insofferenza non li ha portati però a creare un soggetto che, pur restando alleato del Partito democratico, sia diverso da questo. “Non eserciteranno attrazione su nuovi elettori se restano nel Pd”. Vero, ma ove uscissero dal Pd ci sarebbero ben pochi elettori su cui esercitare attrazione.
Perciò forse la crasi è meglio della frattura. Ma tutto questo Mastella lo sa, solo che doveva dire cose che facessero “ammuina” nel già fin troppo “ammuinato” Nazareno di oggi.
Entropia tattica.