Top e Flop, i protagonisti di venerdì 18 aprile 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 18 aprile 2025

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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 18 aprile 2025.

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TOP

Giorgia Meloni all’arrivo negli Stati Uniti

GIORGIA MELONI

Andare a meta con Donald Trump, in casa di Donald Trump e nel momento esatto in cui Donald Trump dà tutte le carte del mazzo non era cosa semplice. E, per quanto si voglia considerare Giorgia Meloni una premier molto (troppo, a volte) legata alla mistica dello spot, stavolta il merito c’è.

Ed è un merito doppio, e con doppio significato. Il primo è il “merito” in purezza di essere riuscita a strappare al Presidente Usa-Maga la promessa di un viaggio a Roma. Il che quanto meno rende questo difficilissimo match “a due riprese”. Il secondo “merito” è quello dei temi che la premier italiana ha comunque affrontato.

I dazi, le armi e l’Ue
L’accoglienza all’atterraggio

Vero è che Donald Trump, pur essendosi sperticato in elogi pubblici nei confronti di Meloni, sul tema dei dazi non sembra disposto a fare passi indietro. Tuttavia il fatto stesso che Meloni sia riuscita a mettere sul tavolo della discussione il tema di un “approvvigionamento” di armi (settore dove il mercato è praticamente tutto Usa) offre buone speranza.

E un’altra cosa va riconosciuta alla premier di Roma: il fatto di non aver mollato la questione Ucraina nelle mani di un governante-tycoon che sul tema non ha più orecchie. Attenzione, il rischio era grosso e doppio. Non solo Meloni ha toccato un tema che tende ad irritare Trump, ma si è messa anche a rischio di una figura pubblica di caratura mondiale con il medesimo.

Non dimentichiamoci mai infatti che il Presidente Usa, sia pur dietro qualche piccola “provocazione”, non aveva esitato a fare a pezzi Volodymyr Zelensky nel bel mezzo di un incontro pubblico. E se c’è qualcuno che pensa che di fronte ad una premier donna ed “amica in sovranismo” lui avrebbe desistito dall’essere quell’orso che è sbaglia. E di grosso.

Il rischio vero con The Donald
Donald Trump (Foto: Saul Loeb / AFP / Ansa)

Giorgia Meloni cammina sul filo, in bilico tra Washington e Bruxelles. Nello Studio Ovale si muove con prudenza, decisa a non inciampare tra le spinte divergenti di Europa e Stati Uniti. Sui dazi, l’Europa non fa un passo indietro. Anzi, rilancia: vertice a Roma tra UE e USA, con Ursula von der Leyen al centro. Un invito strategico, più che simbolico.

I fatti dicono che la premier italiana non si è presentata con la clava a Washington ma nemmeno con il cappello in mano o pronta a baci indecenti. Si presenta con un’agenda da mediano: difende Zelensky (bersaglio fisso del tycoon), rilancia la linea europea, ma incassa anche applausi dall’uomo di Mar-a-Lago. Ricambia con attacchi al woke, bersaglio perfetto per la platea MAGA.

Nel cuore dello show trumpiano, Meloni aspetta il suo turno. Quando finalmente prende parola, lancia la proposta: “Vorrei invitare Trump in Italia. E, se possibile, organizzare un incontro anche con l’Europa”. Diplomatica, equilibrata. Poco dopo può dire: “Ringrazio il Presidente per aver accettato. Valuterà se incontrare anche l’Europa”. Non va oltre: Trump ha l’orticaria al solo sentir nominare Ursula von der Leyen.

Il premier mediano
Il colloquio Meloni / Trump (Foto: EPA/CHRIS KLEPONIS / POOL)

Eppure, Meloni non molla. Vuole fare da ponte. Tenta un’apertura sui dazi: “Sono sicura che un accordo si può trovare. Io sono qui per aiutare”. Ma gli americani restano fermi sulle loro posizioni. Sulle spese NATO, Trump incalza: “Non sono mai abbastanza”. Meloni prova a rassicurarlo: “L’Italia manterrà gli impegni. A giugno, al vertice dell’Aja, saremo al 2%. Siamo una nazione seria”. Un po’ di imbarazzo, ma il messaggio passa.

Poi, un momento chiave. A Trump chiedono se davvero considera Zelensky il colpevole della guerra. Meloni prende posizione senza giri di parole: “Sapete come la penso. C’è stata un’invasione. L’invasore è Putin. Ma ora conta lavorare per una pace giusta e duratura”.

Sui dazi non si avanza. Su Kiev, la distanza resta. Politicamente, però, Meloni trova terreno più facile. Al fianco di Trump c’è J.D. Vance, il falco dell’Ohio che a Monaco parlava di Europa decadente. La premier disinnesca diplomaticamente: “Se ci sono problemi tra le due sponde dell’Atlantico, ora è il momento di risolverli”.

Con molto mestiere

In sintesi: nessun passo decisivo sui dossier pesanti, ma Meloni gioca il suo ruolo con mestiere. Si muove sul filo, senza cadere. Per ora. Il senso è che dall’esame americano Giorgia Meloni è uscita vincente. Un po’ per quello che è riuscita ad ottenere e moltissimo per quello che ci dirà di essere riuscita ad ottenere. E alla fine il senso della politica, piaccia o meno, è proprio questo.

Ci sa fare.

VINCENZO IACOVISSI

Vincenzo Iacovissi

C’è un modo concreto e silenzioso di fare politica. Quello che non fa rumore, non cerca riflettori, ma costruisce. Il consigliere comunale di Frosinone Vincenzo Iacovissi, esponente del Partito Socialista e presidente della Commissione Area Vasta, porta acqua al mulino di questa politica. Paziente, costante, spesso osteggiato, ha continuato a lavorare per un progetto che oggi inizia a vedere la luce: la firma dell’Ufficio Europa.

Non si tratta solo di una formalità. L’Ufficio Europa rappresenta la prima vera applicazione pratica dell’idea di Area Vasta: un’unione strategica tra Frosinone e i dieci comuni limitrofi per gestire insieme servizi, abbattere costi e puntare a uno sviluppo più intelligente. La creazione dell’ufficio, che cercherà fondi europei per conto di tutti i comuni aderenti, segna un cambio di passo. Presentare progetti con una popolazione aggregata più ampia significa più forza, più peso, più possibilità di accedere ai finanziamenti.

Non era facile
Vincenzo Iacovissi (Foto © Massimo Scaccia)

Questa intuizione, oggi concreta, nasce in un contesto tutt’altro che facile. Il progetto Area Vasta è stato, sin dall’inizio, guardato con diffidenza da molte amministrazioni locali. Gelosie politiche, paure di perdere autonomia, scetticismo diffuso. Eppure Iacovissi ha tenuto il punto, convinto che la cooperazione tra enti sia non solo auspicabile, ma necessaria.

In tempi in cui la politica spesso si consuma tra slogan e dichiarazioni sterili, il lavoro di Iacovissi mette in campo metodo e visione. Ha saputo trasformare una commissione di opposizione in uno strumento di proposta concreta. Ha costruito, tessuto relazioni, trovato sintesi dove sembravano esserci solo ostacoli.

L’Ufficio Europa è solo un primo passo. Ma è anche il segnale che una Area Vasta non è più un’utopia da convegno: è una possibilità reale. La dimostrazione che fare opposizione non significa dire no a prescindere, ma elaborare alternative serie, lavorare ai margini del palcoscenico, attendere il momento giusto. Iacovissi non ha imposto, ha convinto. Non ha forzato, ha aspettato. In un tempo in cui la velocità sembra valore assoluto, ha scelto la via lunga della costruzione paziente. E oggi ne raccoglie i frutti.

Anche per questo il Partito Socialista lo candiderà a sindaco di Frosinone da contrapporre a Riccardo Mastrangeli.

Quando l’opposizione fa politica vera

DELFO FARONI

Delfo Faroni

Geniale. Acuto e visionario. Abilissimo nella sua scienza e nella capacità di tenere le buone relazioni. Rimanendo sempre umile: come se non avesse costruito intorno a se un impero. Il professor Delfo Galileo Faroni fu abilissimo nel trasformare le sue conoscenze mediche in impresa, realizzandoci intorno uno dei principale gruppi sanitari privati nel Lazio ed in Italia. Fu lui a fondare e far crescere l’Ini, l’Istituto Neurotraumatologico Italiano.

Ci ha lasciato in tarda età ma sempre troppo presto. Ora a ricordarlo è stata la giuria del premio nazionale Caravella Tricolore. Con il quale la comunità scientifica e istituzionale italiana ha reso omaggio a una figura che ha segnato la sanità del nostro Paese con concretezza, intelligenza e spirito innovativo. A ritirare il riconoscimento sono stati i figli Jessica e Cristopher, accompagnati dalle nipoti Giulia e Guia. Un momento toccante, ma soprattutto simbolico: il tributo a un uomo che ha fatto della medicina non solo una professione, ma una missione.

Competenza e innovazione

Faroni ha saputo trasformare un’intuizione in un sistema sanitario d’eccellenza, capace di coniugare competenze cliniche avanzate e innovazione tecnologica. La motivazione del premio parla chiaro: viene celebrato per l’“attività di ricerca e impegno nella sanità”, riconosciuto come “uno scienziato di primissimo livello”, con un impatto concreto nel progresso medico italiano. Mai dimenticare che si formò all’ombra di luminari come Lucherini e Pende, rispettivamente padri della reumatologia e dell’endocrinologia.

Alcuni dei traguardi attribuiti alla sua visione bastano da soli a definire lo spessore del suo contributo: l’introduzione in Italia della risonanza magnetica, l’uso pionieristico del litotritore per il trattamento della calcolosi renale, l’impegno costante nel portare nei centri INI le tecnologie più avanzate. Ma dietro le innovazioni c’era una visione più profonda: quella di una sanità umana, competente e accessibile, capace di parlare con autorevolezza sia al pubblico che al privato.

L’uomo delle sfide
Delfo Galileo Faroni (Foto © Teleuniverso)

Il gruppo INI, sotto la sua guida, è diventato molto più di una rete di strutture sanitarie: è diventato un modello, un riferimento per la sanità privata accreditata in Italia. Non a caso, oggi quel gruppo continua a rappresentare un’eccellenza nazionale, guidato dai figli animati dagli stessi valori che Faroni ha instillato fin dalle origini.

Il premio Caravella Tricolore non è solo un riconoscimento alla memoria: è un segnale forte, che riafferma l’importanza di un approccio integrato alla medicina, dove competenza tecnica, visione imprenditoriale e responsabilità civile si incontrano. Ed è proprio questo che il professor Faroni ha lasciato in eredità: un esempio che continua a parlare al presente e al futuro della sanità italiana.

FLOP

MONICA SETTA

Monica Setta (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Grande è la confusone sotto il cielo che guarda a Monica Setta. La storica giornalista Rai si è resa protagonista in queste ore di una serie di affermazioni che sembrano testimoniare un dato. Cioè quello per cui la satira dà fastidio a tutti ma c’è qualcuno che, conoscendo benissimo l’intangibilità della satira stessa la cui mission risiede nella sua natura dissacrate, si aggrappa ad altro per criticare. E denunciare, da quanto si apprende.

Ma chi e per cosa? Ai microfoni del Corriere della Sera la Setta ha annunciato di voler adire vie legali in relazione all’imitazione proposta dalla comica Giulia Vecchio nella nuova edizione di “Gialappashow”. Ma noi non eravano la patria di Quintiliano che a sua volta disse che “Satura tota nostra est”? Cioè che la satira è uno dei tratti del genio italico che non abbiamo “rubato” ai Greci?

Questione complicata
Monica Setta (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Più che complessa, la questione appare complicata, ed a renderla tale pare sia stata la sola Setta. Che da un lato evidentemente non ha gradito l’imitazione in sé, dall’altro sta cercando di mettere una “mezza pezza” alla sua decisione di chiamare gli avvocati per non far capire che non ha gradito. Come? Così.

La conduttrice di “Storie di donne al bivio”, ha sì “assicurato di non essersela presa per l’emulazione, ma allo stesso tempo ha evidenziato di aver chiesto ai propri legali di scrivere a Tv8”. Con quale motivazione dunque, se l’imitazione in sé non l’ha toccata? “Per evitare la deriva social e tutelare il marchio Rai di ‘Storie di donne al bivio’”.

Non abbiamo capito bene, poi però la Setta ed il Corsera ci sono venuti incontro: “l’indicizzazione online alla ricerca di Monica Setta porta direttamente alla parodia e non a lei, generando così ‘confusione in chi legge’”.

“Deriva social”

Quindi la presunta “colpa” del format satirico sarebbe stata quella di aver avuto tanto successo che in ottica Seo la Setta farlocca appare prima e meglio posizionata della Setta original? E questo rappresenterebbe un potenziale profilo penale? Il 595 CP a questo punto è escluso, tant’è che la stessa presunta parte lesa ha precisato di non aver mai messo in discussione la satira.

Poi però tira in ballo un ulteriore profilo, attribuendolo però alla rilevazione da parte di persone che le avrebbero scritto in mood solidale. “Ormai lo sport nazionale è fare la mia imitazione e mi fa anche piacere perché è un omaggio al successo di ‘Storie di donne al bivio’. Non ho mai pensato di bloccare la Gialappa, anche se le centinaia di messaggi che mi arrivano parlano di bodyshaming. La satira fa il suo mestiere, dà fastidio e mi sta bene”.

Bodyshaming nella satira è come il grano Senatore Cappelli nella pasta buona di Cicciano, ma la Setta ha preferito insinuare piuttosto che ammettere che la sua imitazione l’ha fatta incazzare. E sì, la satira a quello serve.

Non abbiamo capito mica.