Top e Flop, i protagonisti di venerdì 20 settembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 20 settembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 20 settembre 2024.

TOP

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

“Durante le audizioni non faremo sconti, neanche a Raffaele Fitto“. La leader Dem Elly Schlein lo ha detto al summit di Confinustria che Giorgia Meloni aveva saputo trasformare in una mezza passerella per l’Esecutivo. Un bilancio va fatto e settato soprattutto sulla posizione di Schlein nella costellazione attuale delle opposizioni al governo Meloni in cui Azione sembra ormai languire. E senza contare che è sempre stata opposizione a sé.

Preambolo: la segretaria del Pd è stata più brava che fortunata ma non del tutto a corto di buona sorte. Questo perché a fare sommatoria con i suoi successi elettorali in Ue ed alle amministrative di giugno – e a dare ad essa anche input – è stato un fattore. Quello del progressivo deterioramento della struttura di governo che Giorgia Meloni ha affidato a personaggi non sempre di calibro eccelso.

Non serve il caso Sangiuliano, per descrivere il gap tra la bravura di Meloni e la mediocrità delle sue “truppe”. Ma la segretaria Dem non si arrende e punta contro la “mortificazione” delle forze socialiste, liberali e verdi riunite in una nuova maggioranza Ursula. Tuttavia sbilanciata dal fatto che Fitto non aveva un pedigree così destrorso e poteva essere accolto senza tema di problemi etici.

Finalmente si infila nelle crepe

Un fattore non solo per timing, quello in ordine ai guai del destracento. Non serve perché prima di Sangiuliano ed in tempo per irrobustire l’immagine di Schlein c’erano stati Santanché, Delmastro e Lollobrigida. Detto questo va spiegato però che la segretaria del PD ha saputo trovare una linea di perfetto bilanciamento tra idealismo e praticità.

E che così facendo è diventata portatrice sana di un gradimento ecumenico all’interno di un Partito organizzato per parrocchie. Le sue ultime affermazioni, molte delle quali messe a format già ad inizio mese a Cernobbio e Reggio Emilia, danno la cifra di quanto oggi Schlein sia la sola leader di cui Meloni debbe preoccuparsi.

E seriamente: “A noi spetta il compito di lavorare insieme a un progetto per l’Italia. Su poche priorità, che stanno sulle dita di una mano”. E sono priorità che per la prima volta coincidono con quelle di una certa Italia, poco di nicchia e molto pop.

Un “progetto per l’Italia”
Elly Schlein a Cernobbio (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politica industriale, diritti sociali e civili. Cinque priorità che stanno su una mano su cui costruire una alleanza nella società, nel Paese e con altre forze politiche per mandare a casa il governo”.

Da questo punto di vista l’appello dell’inquilina numero uno del Nazareno pare molto più che il solito predicozzo moraleggiante di chi la morale se la tiene stretta come discrimine, non come metodo.

Non a capo, ma “a disposizione”
Daniela Santanché (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

“Serve una alleanza nella società, una proposta di respiro. Scriviamo insieme alle realtà civiche e sociali un progetto per l’Italia. Il Pd mette a disposizione la propria forza per un progetto più largo”.

E, a chiosa, “per lavorare a una proposta di governo che poggi sulla questione sociale e salariale dimenticate da questa destra. Per chiudere la stagione del governo più a destra della storia repubblicana. E con quel “più a destra” come deadline oltre la quale fermarsi Schlein ha compiuto un piccolo capolavoro dialettico.

Perché prima l’arma tattica era quella del pericolo “fascista”, oggi è quello di una Dc ritoccata al ribasso. Ed Elly lo ha capito e fatto sapere a tutti.

Segretaria, e leader.

FRANCESCO DE ANGELIS

Francesco De Angelis

Mai come in questo tempo di paure e di muri è importante costruire ponti e legami di amicizia e di fiducia. I gemellaggi sono i mattoni su cui i Comuni possono costruire questi ponti che parlano di pace, di democrazia, di conoscenza e di Europa”. Sarà un mistero riservato a pochi esegeti il vero significato del messaggio contenuto in questa frase del Presidente del Partito Democratico del Lazio, Francesco De Angelis.

Vecchia scuola: quando dice una cosa ne intende, allo stesso tempo, anche un’altra più nascosta. Con certezza si riferisce ai ponti di dialogo ad Est: perché la frase è stata scritta riferendosi allo scambio di viste con il sindaco Zenon Reszka ed una delegazione del Comune polacco di Blonie, gemellato con il Comune di Coreno Ausonio in provincia di Frosinone. Messaggio chiaro: a due passi c’è la folle guerra in Ucraina che minaccia di destabilizzare gli equilibri del mondo.

da sx: Simone Costanzo, Antonella Di Pucchio, Francesco De Angelis, Annalisa Paliotta ed il sindaco di Blonie

Poi c’è l’altro messaggio. Francesco De Angelis in queste ore è a Blonie. E non ci sta da solo. Con lui c’è il sindaco di Coreno Ausonio Simone Costanzo, il consigliere provinciale Antonella Di Pucchio ed il consigliere comunale di Pontecorvo Annalisa Paliotta. Sono le punte di lancia di AreaDem in provincia di Frosinone: il contesto politico nel quale De Angelis ed i suoi sono entrati in massa nei mesi scorsi.

Il viaggio a Blonie con loro significa che Francesco De Angelis non intende né ‘colonizzare’ ne fagocitare il gruppo che c’era in precedenza. Al contrario: sta a ribadire che non ci sono gerarchie già costruite, non ci sono ruoli già assegnati, non c’è l’intenzione di una conta muscolare per prendere il controllo di AreaDem.

Andare in missione con loro è stato il modo migliore per dirlo. Senza dire una parola. Con la prospettiva, a brevissimo giro e forse già all’imminente Congresso provinciale, di ritrovarsi tutti insieme.

Le parole che non ti ho detto.

FLOP

IGNAZIO ZULLO

Ignazio Zullo (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

L’eco della sua proposta e del format istituzionale che aveva dato ad essa non si è ancora spenta, e decisamente non va bene. Giusto ieri alcuni medici del Ruggi di Salerno l’avrebbero invocata come panacea assoluta. “Finché si scherza si scherza”, diceva qualcuno, ma mai oltre il limite diaccio dopo cui uno scherzo diventa una cappellata. Maiuscola, a contare quel che avrebbe in mente il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavoro e Sanità.

Partiamo da un preambolo: il diritto alla salute è costituzionalmente sancito ed è ecumenico, per norma di massimo rango e per regola etica che semmai si mangia pure il massimo rango giurisprudenziale. Perciò quando si parla di aggressioni agli operatori della sanità e di misure da proporre per prevenirle e sanzionarle bisogna andarci con i piedi di piombo, e per due motivi.

Due ottimi motivi per andarci cauti
Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale

Primo: in un paese civile le cure mediche non si negano neanche ad un serial killer macellaio. Secondo. In Italia le cure mediche sono Norma Suprema, e non si cambia se non previo intervento della Corte Costituzionale. A che serve quindi proporre cose che palesemente rischiano di finire sub iudice della Consulta se non per fare la borbonica “ammuina” e staccare qualche soft skill sovranista?

Leggiamo: “I casi di aggressioni nei confronti degli operatori sanitari in tutta Italia hanno ormai superato il livello di guardia. Dalla relazione 2023 dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio sanitarie (Onseps), inviata alle Camere nel marzo scorso, sono emersi 16 mila episodi di aggressione”. Giusto mentre Meloni parlava di automotive con il gotha di Viale dell’Astronomia? Ma dai…

I sanitari aggrediti sono stati 18mila
(Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

E “con 18 mila operatori coinvolti. È allora necessario intervenire, anche con azioni legislative che possono avere un effetto di deterrenza”. Lo scopo di Zullo è quindi presentare un Disegno di legge “per introdurre una sorta di Daspo in sanità per chi si rende autore di di aggressioni al personale sanitario“. Oppure “di reati contro il patrimonio sanitario”. Dai media si apprende che quel Ddl sarebbe composto da un solo articolo “e senza oneri per lo Stato”.

E cosa andrebbe a prevedere per gli aggressori? “La sospensione per tre anni della gratuità di accesso alle cure programmate e di elezione”. Ma siamo fuori dal mondo o cosa? Zullo insiste: “Una sorta di Daspo – con tutte le differenze del caso – declinata nell’ambito sanitario”. Questo “per lanciare un messaggio forte e chiaro sulla gravità di talune manifestazioni violente in ambito sanitario e costituire un fattore di deterrenza”.

Tanto per ripassarci lo Stato di Diritto

Nessuno si sognerebbe mai di dare torto ad un sanitario picchiato nello svolgimento delle proprie mansioni. E nessuno si dovrebbe tirare indietro nel momento di individuare soluzioni legiferative che mettano fine ad un problema che è uno sconcio. Lo è perché la violenza non è mai, mai e poi mai accettata, nei Paesi civili, come metodo di reazione ad una presunta inefficienza comportamentale.

Perché è sempre presunta e perché anche quando fosse certa va sanzionata con gli strumenti del Diritto. Tuttavia resta un fatto: il “Daspo sanitario” proposto da Ignazio Zullo è la cosa più draconiana ed antidemocratica degli ultimi 20 anni. Anche solo in forma di proposta. E può attecchire non come legiferato effettivo, ma come legge invocata.

Sarà il nome, boh?