
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 28 marzo 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 28 marzo 2025.
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AIMONE D’AOSTA

Le grane che la monarchia ha dato all’Italia le conosciamo bene, tanto bene al punto da sapere che sono state molto più che grane. La quiescenza verso il fascismo incipiente che lo fece diventare regime, quella verso il fascismo razzista che lo fece diventare abominio. Poi, alla fine, la fuga da Roma quando Roma aveva bisogno di essere presidiata da gente di carisma.
Un carisma che i Savoia Carignano non ebbero e che aveva portato l’Italia a scegliere la Repubblica e di darsi una Costituzione che prendeva in esame anche la questione degli ex sovrani e della loro discendenza.
Come pure conosciamo bene il fatto per cui dei Savoia esistono due rami, ed uno di quelli è incarnato oggi da Aimone d’Aosta: molto elegantemente, a giudicare il contenuto di un’intervista al principe-manager uscita sul Corsera e ripresa ieri da Il Fatto Quotidiano.
I gioielli “della corona”

Tra i temi quello del tesoro di Casa Savoia. Gioielli che si trovano in un forziere della Banca d’Italia e che a suo tempo erano stati rivendicati in possesso dall’esponente dell’alto ramo ex regale, quello che fa capo ad Emanuele Filiberto. Il 57enne Aimone invece ha dimostrato di conoscere meglio storia ed etica. E lo ha detto con parole che spiegano la più gigantesca delle verità: per essere nobile non devi avere i natali, ma dire e fare cose nobili.
Che i Savoia riprendano possesso dei gioielli reali “non ha senso, erano della Corona e di conseguenza la XIII disposizione della Costituzione, era chiarissima: tutto confiscato”. E ancora: “Il fatto stesso che Umberto II li abbia lasciati in disponibilità di Bankitalia dimostra che non li sentiva privata proprietà. Andrebbero esposti”.
Gioielli della Repubblica
Questa l’etica. Ed in punto di storia? “Tengo molto alla rivalutazione della figura di Umberto II. Aveva un carattere molto diverso dal padre, sarebbe stato un ottimo re e se il referendum fosse stato un paio di anni dopo l’avrebbe vinto. Partì in esilio. Disse: non si sparga sangue degli italiani, quando pure il referendum era molto contestato”.

E in effetti il “Re di Maggio” era da considerarsi forse il migliore di quella schiatta in tempi recenti, e come tutti i migliori incappò nel paradosso storico di non averlo potuto dimostrare quasi per niente.
“Gli va dato atto di aver pagato solo lui: ci fu subito un’amnistia per i fascisti e invece con la Costituzione si certificò che Umberto avrebbe dovuto restare in esilio. Dovremmo rileggere Umberto con più amor patrio”. Non ha torto, principe.
Regale.
ANGELO PIZZUTELLI

Ha deciso di metterci la faccia. E non è scontato in un mondo nel quale si predilige il cerchiobottismo, la politica dei due forni, stando un po’ di qua ma anche di là. Nulla di strano in un’Italia che ha sempre avuto la moglie americana e l’amante araba sin dai tempi di Andreotti e Kissinger. Proprio per questo colpisce la scelta di campo fatta in maniera netta e chiara da Angelo Pizzutelli
Il capogruppo (dimissionario) del Partito Democratico al Comune di Frosinone ha partecipato alla riunione per la costituzione del Comitato per i cinque referendum. Il che rappresenta un gesto politico chiaro: prendere posizione e ricordare alla sinistra dove deve collocarsi. Soprattutto in una provincia dove il Pd è ancora impantanato tra veti incrociati e lotte interne che hanno impedito finora la celebrazione del Congresso e lasciato il Partito senza una classe dirigente.
I referendum

La riunione si è tenuta presso la Sede della Cgil, padrona di casa dell’incontro, alla presenza di numerosi rappresentanti politici e sindacali. Oltre a Pizzutelli, per il Pd erano presenti anche l’ex Segretario provinciale Luca Fantini con i Giovani Democratici. E la loro presenza democratica non è stata isolata: erano presenti anche esponenti dei Verdi (rappresentati da Francesco Raffa), dei Comunisti (con Roberto Spaziani), oltre al Psi (con Mateo Zemblaku).
Il comitato è stato ufficialmente nominato: con Francesco Notarcola alla presidenza e una rappresentanza ampia che include esponenti di ogni Partito o Movimento favorevole ai referendum. La formazione di questo Comitato rappresenta un passo importante per ricompattare le forze progressiste locali, offrendo una piattaforma chiara di confronto e azione politica.
Il gesto di Pizzutelli va oltre la semplice presenza: è un segnale di responsabilità e di direzione per un Partito Democratico. Che, nel territorio frusinate, ha mostrato fin troppa incertezza. In un contesto di frammentazione e difficoltà, il capogruppo (dimissionario) del Pd ha indicato la strada, riaffermando il ruolo del Partito come forza di riferimento per la sinistra locale. Ora, la sfida sarà trasformare questa presa di posizione in un rilancio politico concreto.
Posizioni chiare.
ENZO SALERA

Il rischio di incidente diplomatico c’era. Evitato, un po’ per coincidenza ed un po’ per incidenza. Il sindaco di Cassino Enzo Salera ieri ha annunciato l’avvio dell’iter per la candidatura della sua città a Capitale italiana della cultura per il 2029. E dietro questa scelta si intravede una mossa strategica. Perché ha avuto l’accortezza di evitare il confronto diretto con le altre città della provincia di Frosinone (cioè Ferentino, Veroli, Anagni e Alatri) hanno deciso di presentare la loro candidatura per l’anno 2028.
Cassino ha scelto di sfilarsi dalla competizione diretta, evitando così potenziali tensioni e spaccature all’interno del territorio ciociaro. Approfitta della coincidenza con i 1500 anni dalla fondazione dell’abbazia di Montecassino. La decisione di puntare sul 2029 non è solo una questione di tempistica ma una dimostrazione di visione politica e capacità diplomatica.
Presentare la candidatura per un anno diverso permette infatti di evitare una frammentazione del consenso e di mantenere l’unità territoriale della provincia di Frosinone, evitando che la competizione tra città limitrofe si trasformi in un terreno di scontro politico e istituzionale.
Visione di prospettiva

Non è una scelta secondaria: Enzo salera deve decidere in fretta cosa vuole fare una volta terminato il mandato da sindaco. Se tornare nei ruoli della vita civile e concentrarsi sulla sua attività di commercialista oppure giocarsi la partita da Consigliere Regionale nella lista del Partito Democratico.
In questo caso, non poteva evitare di tenere contop della sovrapposizione che avrebbe compiuto tra le 4 Città Fortificate e la sua città con l’abazia. Ha colto cioè l’importanza di una strategia condivisa, che miri a valorizzare l’intero patrimonio culturale del territorio, senza creare fratture interne.
La candidatura di Cassino per il 2029 consente non solo di distanziarsi dalle altre città in termini di competizione, ma anche di costruire un percorso di collaborazione e sinergia. Cassino, con il suo immenso patrimonio storico legato all’Abbazia di Montecassino, ai tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale e alla sua rinascita postbellica, può così concentrare le proprie energie su un progetto culturale che esalti la sua identità senza entrare in conflitto con le altre realtà locali.
I passi vincenti

La mossa di Salera potrebbe rivelarsi vincente sotto diversi punti di vista. Da un lato, Cassino avrà un anno in più per perfezionare il dossier di candidatura, raccogliere adesioni e potenziare l’offerta culturale. C’è anche la candidatura dell’antico cenobio a patrimonio mondiale dell’umanità, al vaglio del Ministero della Cultura insieme ad altre sei abbazie italiane.
Questa scelta dimostra la capacità del sindaco di guardare oltre la competizione immediata, lavorando per un obiettivo a lungo termine che potrebbe portare a Cassino un riconoscimento di prestigio e un’importante ricaduta economica e turistica. La candidatura al 2029 non è solo una questione di calendario, ma una dichiarazione di intenti: Cassino si candida a capitale della Cultura non contro le altre città ciociare, ma insieme a loro, con la consapevolezza che solo un territorio unito può ambire a un futuro di successo.
Incastri prospettici.
FLOP
CARLO CALENDA

Proviamo a capire magari andando oltre la cortina di etica perché Carlo Calenda sia così a favore del riarmo europeo in un periodo in cui su un altro piano qualcuno sta trattando una difficoltosissima pace tra Mosca e Kiev. Semplicemente perché Calenda è un esperto di economia e sa benissimo che i sistemi produttivi europei hanno bisogno di sostituire il fallimentare automotive elettrico.
Ne abbiamo riprove anche in Ciociaria, dove l’ex Winchester potrebbe essere “riconvertita” non più allo smontaggio step by step dei proiettili, ma al loro assemblaggio. Il senso è che l’Ue di Ursula Von der leyen ha bisogno di nuovi sistemi produttivi per generare ricchezza, welfare ed occupazione, e quei sistemi saranno sistemi d’arma. Questo fa di Calenda una persona estremamente intelligente e con una visione prospettica rara, ma paradossalmente anche cinica.
Nuove fonti di produzione

Per lui “la difesa europea è la linea su cui si tracceranno gli schieramenti politici”. (Bisogna) “continuare il sostegno all’Ucraina, collaborare con i paesi volenterosi”
E tutto questo” per avviare la costruzione di un sistema di difesa europeo e raggiungere il 2% del Pil in spese di difesa entro il 2025”.
Tutti temi razionali ma che cozzano con un dato paradossale: come si fa ad ottenere la pace preparandosi fattivamente alla guerra? Mica siamo i romani di Traiano noi? “Su questi punti chiediamo una posizione netta ai partiti di maggioranza e opposizione”. E la mozione di Azione sul tema è chiara, ma cinica anch’essa.
“L’Europa continua a dipendere storicamente dagli Stati Uniti e dalla NATO per la propria sicurezza. Questa dipendenza, da tempo oggetto di dibattito, ha rivelato tutta la sua fragilità con l’invasione russa dell’Ucraina”.
L’esercito comune e il timing

Poi l’ammissione: “Nonostante l’Unione Europea nel complesso spenda più della Russia in ambito militare, manca una forza armata comune, integrata e autonoma, capace di rappresentare un deterrente credibile e di intervenire con rapidità di fronte a minacce esterne”.
Una forza armata comune con 224 sistemi d’arma diversi? E mentre tutto questo verrà omologato come ci comporterà nello scontro, fattivamente ancora in atto, tra Russia ed Ucraina? Poi la vera spiegazione, che va letta tra le righe.
“Questa mancanza strutturale ha portato l’Europa a essere marginalizzata a livello geopolitico”. Dove geopolitico sta anche per “economico”.
E con un Calenda che ha la situazione ben chiara, il che non è ancora chiaro se sia un’attenuante oppure un’aggravante.
Dilla tutta.