Top e Flop, i protagonisti di venerdì 6 settembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 6 settembre 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 6 settembre 2024.

TOP

CLAUDIO FAZZONE

Claudio Fazzone (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Nel West i riottosi Pawnee erano la dannazione dei cavalleggeri. Assoldati come guide tendevano a fare di testa loro dopo pochi mesi. Ed erano guai e mazzate per le Giubbe Blu. Perciò si narra che il generale Phil Sheridan una volta consigliò di risolvere la faccenda dando ad ognuno dei loro sakeem i gradi onorari di sergente maggiore. La più parte non sgomitò più. E divenne un quinta colonna in seno al loro stesso “popolo ampio”.

In guerra ed in politica si lotta sempre per due cose: per l’affermazione della linea del Partito e per l’affermazione di sé in presenza di persone che di quella linea non ti vedono totem ideale.

Il “caso” Chiusaroli
Rossella Chiusaroli (Foto: Erica Del Vecchio © Teleuniverso)

Rossella Chiusaroli per esempio sta iniziando ad assaggiare il peso del “fardello” di una responsabilità che le è stata conferita dai quadri di rango azzurri. Formalmente da un Congresso che l’ha acclamata. In pratica dal Coordinatore regionale Claudio Fazzone.

Un’acclamazione che non ha trovato, a quanto pare, gradimento unanime. Chiariamola meglio per non essere tacciati di pruderies da congettura facile.

La responsabile provinciale del Partito che fa capo a Fazzone per il Lazio e ad Antonio Tajani per la Nazione è in gamba. Tuttavia c’è una parte del Partito che vede in lei una testimonial forse troppo entusiasta della linea di Fazzone, dimenticando completamente le altre sensibilità interne. Ad esempio quelle che riferiscono a Maurizio Gasparri o quelle che stanno con Renata Polverini o ancora Claudio Lotito. Poco c’entra che a Frosinone sia stata una condizione quasi necessaria. Per rifondare un Partito che era rimasto senza una spina dorsale da quando era finita la monarchia assoluta di Mario Abbruzzese. Da lì in poi per gestirlo è stata necessaria una triarchia.

Anche per questo entusiasmo quasi totale e queste dimenticanze quasi amnesiche hanno cominciato a bersagliare lei per colpire invece il suo superiore gerarchico.

L’equivoco ed il campanilismo d’area

Samuel Battaglini

La realtà è diversa. Come dimostra quanto sta per accadere: un vero capolavoro politico di scuola “democristiana” ma attualizzato su dinamiche ed esigenze degli eredi del Cav. Per spiegarla procediamo per step.

La sottigliezza su cui fonda l’equivoco sul gradimento non ecumenico della line di Fazzone sta tutta qua. Da un lato ci sarebbe una “fronda” trasversale e ombreggiata che lo accusa di aver “pontinizzato” gli azzurri ciociari e cassinati. Dall’altro c’è un Fazzone che, proprio in virtù di una realtà di collegio ridisegnata e trasversale, dai monti al mare, sta giocando di fino. E sta creando una realtà territoriale che cozza ancora con il ring atavico tra porto ed entroterra. Restavano da inertizzare i “ribelli”.

E come farà l’uomo che oggi manovra Forza Italia nel Lazio? Non escludendoli, non solo almeno, ma responsabilizzandoli con incarichi concettuali ma perfettamente settati sul format di un’amministrazione vera e propria. E nel contempo procedere con una massiccia campagna di tesseramento sui territori. L’ipotesi su cui Forza Italia sta lavorando è quella di allestire un format di consenso molto particolare su cui saranno cruciali i prossimi giorni. Questo nelle principali città amministrate dal centrosinistra. Mettendo dentro persone, in maniera proporzionale, coinvolgendo ogni sensibilità su azioni operative concrete e non solo sulle chiacchiere.

Così i ne tesserati non solo lavorano per il Partito, ma anche (e magari soprattutto) per i totem del Partito che volevano abbattere.

Avanti, più di tutti.

MARTINA OPPELLI

Martina Oppelli

Il documento che ha depositato qualche giorno fa presso l’ufficio Atti Introduttivi della Procura competente sarebbe stato preso in carico da un magistrato. Sono i miracoli celeri della Procedura che sente l’usta del mainstream e delle grandi questioni etiche irrisolte. Questioni come il diritto al fine vita, che in Italia sta nel novero delle faccende messe in rotta dalle toghe di massimo rango e lasciate in bonaccia dalla politica.

Già, perché nel 2019, non sei mesi fa, la Corte Costituzionale si era già pronunciata sul tema, invitando il Governo di allora a legiferare immediatamente ed in maniera organica sul fine vita. Esemplare fu la chiosa a quel dispositivo, in cui i giudici costituzionali bacchettavano la politica, un imbelle grumo a tasso decisionistico zero, alle cui latitanze la giustizia era costretta a sopperire.

Quando la legge anticipa la politica
Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale

Il senso è quello di sempre e da sempre ignorato: quando la politica non legifera e costringe la magistratura a fare sentenze che “preannunciano” l’urgenza di un legiferato lo Stato di Diritto muore. Era servito a qualcosa? No, perché c’era stato il Covid e soprattutto perché tutti gli altri Governi a seguire si erano solo aggrappati ai singoli giudicati per dare via via assenso, per lo più a livello regionale, come successo con Luca Zaia, ad esempio.

E sulla scorta (anche) di questo mesto dato la 49enne architetta triestina Martina Oppelli aveva denunciato la Asl di Trieste per il reato di tortura.

L’esposto alla Procura di Trieste
Marco Cappato con dj Fabo (Foto: Associazione Coscioni)

La donna è affetta da sclerosi multipla. E “per due volte si è vista respingere la sua richiesta di assistenza per il fine vita”.

Perciò aveva presentato un esposto alla Procura di Trieste per rifiuto di atti d’ufficio e tortura nei confronti dei medici dell’azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina. Portando dunque la vicenda anche nelle sedi penali. L’annuncio era arrivato durante un incontro convocato con l’associazione Luca Coscioni, e la notizia della presa in carico contro ignoti è di queste ore.

La 49enne è del tutto “dipendente da macchinari, farmaci e assistenza continua per le sue funzioni vitali”, ed aveva visto “nuovamente respinta la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito da parte di Asugi”.

Perciò ha deciso di agire, perché di chi agisca in sua vece e rappresentanza non ve n’è traccia. Non ancora e non a breve, perché l’Italia sarà anche progredita, ma non è civile.

Guerriera.

FLOP

FABIO TAGLIAFERRI

Fabio Tagliaferri

Chi ha le comodità e non le usa sta in peccato mortale”: saggezza contadina di un tempo. Che non farebbe male se la si ricordasse a Fabio Tagliaferri, a lungo vicesindaco di Frosinone, consigliere comunale ed amministratore di lunghissimo corso: entò in municipio praticamente con ancora indosso i calzoncini corti e la camicia azzurra dei boy scout.

Nelle ore scorse è stato cortesemente attenzionato dal senatore di Rignano Matteo Renzi. Vhe lo ha fatto per mettere in dubbio le competenze dell’ex assessore da qualche mese catapultato alla presidenza di ALeS, la società del Ministero della Cultura che gestisce i biglietti ed il personale che fa manutenzione per il Ministero della Cultura. Renzi lo ha tirato dentro la questione di mutande che sta scuotendo il Governo, proprio partendo dalle vicissitudini del Ministro della Cultura.

Con malizia tipicamente toscana, il leader di Italia Viva nelle ore scorse, all’evento del suo Partito organizzato nel Tempio di Adriano a Roma ha dichiarato “La vicenda dell’Ales prima o poi verrà fuori. È imbarazzante che mettano lì un consigliere comunale di Frosinone che con la cultura non ha niente a che fare, ma è nella cerchia magica della Meloni. E dicono che non è il governo dell’amichettismo, pensa se lo fosse“.

Le risposte non date
Foto © Stefano Strani

Perché Fabio Tagliaferri è in peccato mortale: quali comodità non ha usato? Una serie di risposte comode comodissime. Che poteva fornire a Renzi e chi come lui lo attacca. Non lo ha fatto e allora per comodità qui le elenchiamo.

Risposta 1? Matteo Renzi è espertissimo in materia di incarichi. Come dimostra il caso della comandante dei vigili di Firenze Antonella Manzione che volle a tutti i costi per dirigere il Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi di Palazzo Chigi, ma venne bloccata alla Corte dei conti per mancanza di requisiti.

Risposta 2. Spigate a Renzi che ad ALeS stampiamo biglietti e tagliamo l’erba nei parchi intorno ai musei, quelli laureati in Storia dell’Arte invece stanno dentro ai musei e li dirigono. Non sempre con efficacia come dimostrano le sue nomine.

Risposta 3. Sconsigliate al senatore Renzi di utilizzare l’espressione amichettismo: nel vocabolario politico di questo Paese, il termine cerchio magico è stato introdotto quando è arrivato lui a Palazzo Chigi.

Troppo Boy e ancora Scout.

GIANNI CUPERLO

Gianni Cuperlo © Imagoeconomica / Carlo Lannutti

Quando sei una personalità importante all’interno di una delle anime maggioritarie del Pd (o cardinali, fate voi) hai degli obblighi. Ed uno di quelli è non arroccato nel fortino della “tua” corrente, piuttosto fare muro nel perimetro della tua “fortezza”. E quella dem è un po’ come le fortezze longobarde del nord-est citate dal compianto Paolo Delogu: ha più cinte concentriche. A volte eccentriche, assai.

E tante porte per evitare che un rifugio diventi una trappola. Ecco, Gianni Cuperlo forse sta cadendo un po’ troppo nel loop della trappola auto invocata e trovata. Lo sta facendo in ordine ad un caso nel quale già si registrano, su altra parte, le untuosità ipnotiche di Matteo Renzi. Che essendo un furbacchione non solo cerca una crasi con il Pd di Elly Schlein.

Il disegno del senatore di Rignano

Ma vuole anche – contemporaneamente – mettere all’angolo quella parte dem che, di origini più “rosse”, può dare fastidio al suo progetto centrista da Paolo di Tarso laico. Cuperlo è sempre stato un avversario storico di Renzi ed è caduto nel tranello con tutti e due i piedi. Nel 2013 si candidò contro di lui al Nazareno e perse.

Oggi non ha visto l’esca che gli ha lanciato il figliuol prodigo di Rignano ed ingoia camola, amo, piombo, sughero e mezzo metro di filo. Così: “Matteo Renzi è andato alla festa del Pd di Pesaro dove ha detto: ‘Non fate a Elly quello che avete fatto a me’. Per parte mia ho una sola certezza ed è che Elly non farà mai quello che lui ha fatto a noi.

Più tattica e meno impeto
Elly Schlein (foto © Glauco Dattini)

Ed è una frase bellissima, figa e soprattutto veritiera. Però da Cuperlo ci si sarebbe aspettata una vis tattica più di spessore. Perché se lui già da ora si pone come respingente di Renzi e non fa in modo che lo diventi qualcun altro, comunque andassero le cose, porterà le stimmate di coloro che hanno rifiutato “a prescindere”.

Coloro che, come gli ex Articolo 1 di Pierluigi Bersani, in quella partita del cuore là ci hanno visto solo la danza di un cobra. Mentre invece Cuperlo sa che c’è “una bella fetta di esponenti della maggioranza, legati proprio ad Elly Schlein, ai quali piacerebbe tanto conservare qualche veto.

Ecco, l’ultimo segretario della Fgci doveva mandare avanti loro.

Abuso di ragioni.