
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 7 marzo 2025
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 7 marzo 2025.
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VINCENZO DE LUCA

Il dato chiave è che in Campania si è in…campagna: elettorale, ad essere precisi. E quella che si appresta ad entrare nella sua fase viva ed official sarà la campagna elettorale per la Regione forse più accesa e scriminante degli ultimi 15 anni. Lo sarà perché dovunque ci siano in ballo le aspirazioni di Vincenzo De Luca tutto si “cesarizza” ed ingigantisce. Tutto assume cioè quel tono che rimanda direttamente al ruolo centrale che De Luca ha nelle sorti politiche della “sua” regione.
A quello ed al carisma gigante di un personaggio che non è classificabile secondo gli schemi tradizionali dei partiti. E che giusto in virtù d questo format da satrapia illuminata ma autarchica è in guerra aperta con parte grossa del suo stesso partito, quella che fa capo alla segretaria Pd Elly Schlein.
Lo “scontro” con la Schlein

Leader del Nazareno che spinge per scongiurare un terzo mandato che potrebbe rimettere in arcione un personaggio che di lei non pensa decisamente cose solari. Va intesa da questo punto di vista e secondo un’ottica di scala l’ultima uscita del governatore campano in ordine alla situazione sanitaria.
“Quando leggete le statistiche sui giornali dovete ricordare che sono falsate. L’ultima statistica registra il fatto che la Campania è tra le sette-otto Regioni che hanno superato tutti i target nell’ospedaliera, nella prevenzione e nel territoriale”.
Poi l’immancabile stoccata al governo centrale, non tanto quello in carica, quanto piuttosto qualunque governo. Come a far capire che quelli di secondo livello sono sistemi complessi del tutto differenti su cui operare, e più complicati.
La Ferrari e la 500
“Quello che non si dice è che le Regioni lavorano con mezzi completamente diversi, è come mettere sulla stessa pista uno con la Ferrari e uno con la 500 Se arriviamo poi allo stesso traguardo in tempi più o meno simili, chi cammina con la 500 ha fatto un miracolo“. Sui dati De Luca è imbattibile, è sempre stato pignolo ed è alla guida della Regione da tanto di quel tempo che potrebbe enunciare una ad una le mattonelle dei corridoi.
“La Campania ha 15mila dipendenti in meno nella sanità rispetto alla media nazionale e ha ogni anno 200 milioni di euro in meno nel riparto del fondo sanitario nazionale, è l’ultima regione d’Italia nel riparto”. Perciò “quando leggiamo la statistica bisogna sapere che abbiamo fatto un miracolo, perché se altre Regioni dovessero lavorare nelle condizioni in cui siamo obbligati a lavorare noi, non arriverebbero neanche al traguardo”.
Format da baionetta

Il problema non è il merito delle sue argomentazioni – che sotto certi punti di vista è e resta discutibile – ma il fatto che lui le usi come una clava. La clava con cui Vincenzo De Luca sa opporre ai suoi avversari un concretismo che in essi spesso manca. Anche e soprattutto in quelli interni al Nazareno. Un concretismo che, unito ad un certo lessico tra aulico e “stradaiolo”, dà un mix esplosivo.
Un esempio? “Speriamo che ci sia l’eliminazione del numero chiuso a medicina perché ci hanno preso in giro, hanno fatto una mezza pippa, hanno spostato il test a 6 mesi, questo è tutto, ma continuiamo ad avere questo filtro idiota”.
Se è campagna elettorale è cominciata bene.
NICOLA OTTAVIANI

Si chiama “arte della cedevolezza” e nulla ha da condividere con l’arrendevolezza: anzi sta proprio sul fronte opposto. È un’antica arte giapponese, conosciuta meglio con il nome di Ju Jitsu, basata sulla difesa personale attraverso il combattimento corpo a corpo. Il suo principio è l’uso della forza dell’avversario a proprio vantaggio. È esattamente quello che nelle ore scorse ha fatto Nicola Ottaviani: due volte sindaco di Frosinone, padre putativo dell’attuale amministrazione Mastrangeli, deputato ascoltatissimo ai piani alti della Lega, Coordinatore del Partito in provincia di Frosinone.
Le armi dell’altro
Usando le armi politiche dell’avversario ha sventato l’assalto frontale all’amministrazione Mastrangeli, mosso da Fratelli d’Italia. Che ha il chiaro intento di arrivare al prossimo tavolo nazionale del Centrodestra con due numeri precisi in mano. Il primo: il totale degli elettori che hanno votato FdI a Frosinone ponendo il Partito al primo posto tra le preferenze popolari. Il secondo: il numero dei Consiglieri Comunali che stanno nel Gruppo del Partito, il più consistente in assoluto. A cosa serve? A rivendicare la candidatura a sindaco nel 2027 o prima se dovesse cadere l’attuale governo cittadino di Centrodestra.

Oggi Riccardo Mastrangeli è un civico di indicazione leghista. E la Lega non potrà rivendicare le candidature in tutti i luoghi in cui ha un amministratore uscente: colpa dei pessimi risultati registrati alle recenti Regionali. Al punto che Giorgia Meloni ha imposto una ridefinizione delle candidature, sulla base dei pesi aggiornati.
A Frosinone FdI ha eletto 4 Consiglieri, ora se ne ritrova 6 e sta concludendo un ‘patto d’aula‘ che gli garantirebbe il voto del settimo. È proprio su quel terreno, lo spostamento del consigliere Christian Alviani dalla Lista Ottaviani a FdI, che Nicola Ottaviani è intervenuto: imponendo la revoca dell’assessore Valentina Sementilli (anche lei espressione della civica Ottaviani e passata con Alviani sotto le insegne FdI). (Leggi qui: A Frosinone vale la dottrina Rocca: via l’assessore Sementilli).
Il punto fermo

Quella revoca e la nomina di un altro assessore in quota Ottaviani segna un punto fermo nel confronto con Fratelli d’Italia. La scelta di Nicola Ottaviani non ha lasciato spazio a tentennamenti ed ha innescato una reazione tanto immediata quanto determinata. Ottaviani ha applicato rigidamente il principio secondo cui gli assessori devono godere della fiducia della lista e del gruppo che li ha espressi, allineandosi alla cosiddetta “dottrina Rocca” adottata in Regione Lazio. Che è una dottrina di marca FdI e per questo ora il Partito non potrà contestare.
Ribadendo su Frosinone il principio ribadito dal Governatore FdI in Regione Lazio secondo il quale la composizione della Giunta deve rispecchiare gli equilibri usciti dalle urne, senza adeguamenti legati agli spostamenti interni ai gruppi consiliari, Ottaviani ha legittimato la sua decisione usando un’arma politica di FdI. Perché se Fratelli d’Italia ha imposto tale regola alla Regione, non può contestarne l’applicazione al Comune di Frosinone.
E’ una contromossa che affonda sul nascere l’operazione Sementilli: spostandosi in FdI il suo Consigliere e passando a 6 persone in Aula, il Partito riteneva di poter reclamare un riallineamento e conservare l’incarico in Giunta per la nuova arrivata. Così non è stato.
Un segnale di forza

La revoca delle deleghe a Sementilli ha anche un forte valore politico all’interno del centrodestra. Ottaviani ha dimostrato di avere il controllo della situazione e di non temere il confronto con Fratelli d’Italia, nonostante sia il Partito dominante nello scenario politico cittadino e regionale. Con quell’approccio pragmatico e senza compromessi ha costretto FdI a una posizione difensiva, privandolo della possibilità di dettare l’agenda politica in città.
Un altro elemento che rafforza la posizione di Ottaviani è il tavolo regionale e provinciale del centrodestra, recentemente ricostituito. Questo organismo ha ribadito la necessità di mantenere l’unità alle elezioni comunali di Ceccano: dove alla fine sarà FdI ad esprimere il suo candidato. Ci sarà un tavolo anche su Frosinone. Ed assediare Frosinone autorizzerebbe Ottaviani a far saltare il tavolo su Ceccano. È probabile che il tavolo imponga a Forza Italia di rientrare stabilmente in maggioranza, rafforzando ulteriormente la posizione della Lega e di Ottaviani.
Le incognite e il bilancio di previsione

Sebbene Ottaviani abbia dimostrato grande capacità di manovra politica, restano alcune incognite sul futuro degli equilibri nella maggioranza. Il vero banco di prova sarà l’approvazione del Bilancio di previsione, un atto fondamentale per l’Amministrazione, dove potrebbero emergere nuovi malumori e tensioni interne.
In questo contesto, Ottaviani ha segnato un punto decisivo, imponendo la sua strategia con fermezza e determinazione. La sua capacità di gestire la crisi politica ha messo all’angolo Fratelli d’Italia, ribadendo il ruolo centrale della Lega negli equilibri amministrativi di Frosinone. Resta da vedere se questa vittoria tattica si trasformerà in una stabilizzazione duratura o se il centrodestra locale dovrà affrontare nuove turbolenze nei prossimi mesi.
Se non rischio non mi diverto.
FLOP
ELLY SCHLEIN

L’equilibrismo è un arte, soprattutto in politica. Che però rischia di sprofondare nell’evanescenza. Quando si cade da quel filo sottile in equilibrio tra tante piazze si finisce con il precipitare nel nulla delle proprie parole. È quello che sta accadendo in questi giorni al Partito Democratico di Elly Schlein.
L’esempio lampante di questo equilibrismo dalle conseguenze tragiche sta in due scelte che rischiano di compromettere lo stesso futuro del Segretario: il ripensamento sulla difesa dell’Ucraina e la resa incondizionata alle inchieste giudiziarie che hanno travolto il cosiddetto “modello Milano“. Se la prima decisione ha sollevato perplessità sul piano internazionale, la seconda segna un punto di rottura interno al Partito e alla sua amministrazione della metropoli lombarda.
Il salva Milano

Il decreto “Salva Milano” era un provvedimento legislativo con cui risolvere alcune criticità urbanistiche e amministrative della città di Milano. In particolare quelle legate alla gestione dell’edilizia e dello sviluppo urbano. Il decreto mirava a fornire un quadro normativo più chiaro per regolamentare gli interventi di rigenerazione urbana e l’assegnazione di fondi e risorse per i progetti infrastrutturali.
Il provvedimento è stato fortemente contestato e poi affossato dallo stesso Partito Democratico, con la segretaria Elly Schlein che ha deciso di ritirare il sostegno al testo, soprattutto in seguito alle inchieste della magistratura su presunti illeciti nella gestione urbanistica della città. I magistrati inquirenti ritengono che il Salva Milano sia stato dettato alla politica da alcuni indagati al fine di sottrarsi alle accuse e buttandola sull’equivoco che doveva essere chiarito per decreto. Nell’ordinanza però non c’è traccia di elementi indiziari che dimostrino il teorema dell’accusa. Che fino a quel momento, teorema resta.
Senza strategia

L’affossamento del decreto “Salva Milano” è la dimostrazione plastica di un Pd che, in una lotta intestina senza strategia, ha preferito sacrificare anni di amministrazione Sala piuttosto che difendere un modello di sviluppo. Che, pur con limiti e contraddizioni, ha garantito crescita economica e investimenti, facendo di Milano quella ittà che è ora.
La decisione di Schlein di cedere alla linea della procura e dei giustizialisti rappresenta un atto di auto-sabotaggio: la segretaria ha scelto di sconfessare il lavoro dei suoi stessi amministratori, lasciando Milano senza una chiara prospettiva per il futuro.
A colpire è la mancanza di una visione alternativa. Se è vero che il “modello Milano” ha mostrato crepe e necessità di revisione, la risposta non può essere la delegittimazione totale senza proporre un’alternativa credibile. L’amministrazione Sala ha cercato di coniugare sviluppo economico e sostenibilità sociale, ma ora il Pd sembra deciso a smantellare tutto senza proporre una nuova rotta.
Paralisi Dem

Il risultato? Una paralisi amministrativa che rischia di danneggiare la città e le fasce più deboli della popolazione. La destra milanese, dal canto suo, non ha saputo approfittare della situazione. Dopo anni di opposizione poco incisiva e candidati impalpabili, ora si riscopre improvvisamente giustizialista, con Lega e Fratelli d’Italia pronti a cavalcare l’ondata moralizzatrice senza tuttavia offrire un progetto politico serio per il governo della città. Se il “modello Sala” è fallito, nessuno sembra avere un piano alternativo per Milano.
Il vero problema, tuttavia, rimane l’atteggiamento del Pd: un Partito che si è arreso alla logica del sospetto, rinunciando a difendere il suo stesso operato amministrativo. In assenza di prove concrete di malaffare sistemico, il Pd avrebbe dovuto scegliere la strada della revisione politica e non della resa giudiziaria. Affidarsi alle procure per risolvere i problemi politici è una scorciatoia pericolosa, come dimostra la storia recente del nostro paese.
Resa ingiustificata.
ANSELMO PIZZUTELLI

Doveva essere il momento del trionfo, il culmine di mesi passati con il mal di pancia politico marcando le distanze tra lui ed il sindaco con il quale è stato eletto. Anselmo Pizzutelli è il primo firmatario della mozione andata in Aula mercoledì sera per revocare la pedonalizzazione di piazzale Kambo, l’area di fronte alla stazione ferroviaria. È un tema di forte confronto politico: sul quale il sindaco per la prima volta ha dato la sua disponibilità a valutare se esistono altre soluzioni.
Una disponibilità culminata nell’approvazione all’unanimità di una versione emendata della Mozione Pizzutelli. Commentata dal primo firmatario e dalle opposizioni con toni trionfali.

«Esprimiamo soddisfazione perché il Consiglio comunale si è espresso in modo netto e chiaro contro la completa pedonalizzazione di piazzale Kambo. Con questa mozione, votata anche dal primo cittadino, il sindaco si impegna di individuare i percorsi per modificare l’attuale progetto. Ci aspettiamo che il sindaco si attivi presto per riaprire al traffico piazzale Kambo sia per una maggiore fluidità del traffico che per la sicurezza. Perché è emerso in modo chiaro ed inconfutabile che l’area oggetto dell’accordo è quella ceduta dal demanio relativa ex edifici Stefer e che l’attuale piazzale Kambo e via Verdi non rientrano nell’accordo. L’eventuale mancanza di impegno da parte del sindaco a raggiungere questo obiettivo imporrà le dimissioni immediate».
Un granchio grosso
Le cose non stanno così. Perché il testo approvato anche dal sindaco è quello emendato. È stata cancellata la prima riga. Cioè quella che dice le cose per le quali Anselmo Pizzutelli ha celebrato il risultato. Il testo è chiaro: nessuna riapertura al traffico ma un generico impegno del sindaco a sentire i progettisti e le Ferrovie per verificare eventuali migliorie al piano. (Leggi qui: Clamoroso al Cibali: segnali di dialogo su Piazzale Kambo).
Nulla cambia. Le auto restano fuori dalla piazza. Via le trombette, via i coriandoli: c’è nulla da festeggiare. L’ora del trionfo è rimandata.
L’emendato.