Top e Flop, i protagonisti di venerdì 9 maggio 2025

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 9 maggio 2025.

*

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 9 maggio 2025.

*

TOP

PAPA LEONE XIV

Papa Leone XIV (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Lo stesso stupore che accompagnò la proclamazione di Giovanni Paolo II. La stessa incredulità di quando venne annunciato il nome di Karol Wojtyla. Di lui, sentito il nome, la folla in Piazza San Pietro ammutolì e pensò fosse stato eletto un cardinale africano: oggi invece, stessa reazione ed il primo Papa americano. C’è una costante tra i due nomi: né il pontefice polacco né questo a stelle e strisce sono outsider folgorati all’ultimo scrutinio, ma i candidati che hanno convinto quasi subito.

Dopo solo due giorni, Robert Francis Prevost ha raccolto gli 89 voti necessari per diventare Leone XIV. Il primo statunitense a sedere sul trono di Pietro. È la prova che la Chiesa sa ancora sorprendere. E stavolta lo fa con una scelta che è insieme religiosa, politica e strategica. Una risposta forte, e non scontata, ai disordini del mondo e alle inquietudini interne.

Senza etichette
Papa Leone XIV (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Dimenticate le etichette di “progressista” o “conservatore”: questo Papa è altro. È il Papa del governo, della ricucitura, della moderazione salda. Una figura scelta per riportare ordine dentro e autorevolezza fuori. Dopo anni di tensioni, di fughe da Roma, di fraintendimenti tra Vaticano e Chiese locali, Leone XIV arriva come un segnale chiaro: basta con la diaspora dottrinale, si torna a un centro solido.

Prevost è un ponte vivente tra mondi diversi. Nato a Chicago da famiglia di immigrati, ha vissuto a lungo in Perù. Ha esperienza pastorale e curiale, ma anche conoscenza diretta dei problemi reali di quella “Chiesa del Sud” a cui Francesco ha dato voce. Non è un Papa inventato a tavolino, ma il risultato di una scelta precisa: affidare la Chiesa a chi sa coniugare armonia e fermezza, spiritualità e visione.

Il suo messaggio inaugurale, centrato sulla pace, è una dichiarazione d’intenti. Non solo una speranza: una strategia. In un mondo sfigurato dai conflitti e in una Chiesa spesso divisa, Leone XIV incarna la risposta più disarmante e potente: l’unità. E non è un’unità di facciata, ma una ricerca autentica di coesione. Il fatto che sia stato eletto con tanta rapidità dimostra che i cardinali, stavolta, non volevano solo un simbolo, ma un leader.

Diverso da Francesco
Papa Francesco (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

Sotto la superficie della continuità con Francesco — ribadita con un «grazie» carico di rispetto — si intravede però una virata netta. A tornare centrale sarà la Segreteria di Stato, dopo un decennio di marginalizzazione. L’idea è chiara: rimettere ordine nel governo centrale della Chiesa, ricucire i rapporti con gli episcopati mondiali, e ridare fiducia a chi si era sentito escluso o trascurato.

Non sarà facile. La frattura con parte della Chiesa statunitense, per esempio, è stata profonda, e ha avuto anche ripercussioni economiche. Ma chi meglio di un americano anomalo, “il meno americano degli americani”, poteva affrontare questa sfida? Prevost parla la lingua della moderazione, ma non è debole. Ha visione, e ha scelto un nome — Leone XIV — che richiama una Chiesa capace di tenere insieme apertura e fermezza.

Il futuro resta tutto da scrivere. Ma l’elezione di Leone XIV ha già un significato chiaro: è finita l’epoca delle opposizioni sterili e si apre quella della sintesi. Non sarà un cammino facile. Ma forse, proprio per questo, era il momento giusto per un Papa così.

L’americano meno americano di tutti.

GIAN FRANCO SCHIETROMA

Gian Franco Schietroma (Foto Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Altro che sopravvissuto. Il Partito Socialista Italiano è vivo, organizzato e – soprattutto – schierato. Non con la nostalgia, ma con un presente attivo e un futuro tutto da giocare accanto al centrosinistra. Lo dimostra la decisione del Segretario regionale del Lazio, Gian Franco Schietroma, di anticipare il Congresso regionale, convocandolo per sabato prossimo a Frosinone. Non un atto burocratico, ma un segnale politico forte, che arriva in un momento in cui l’identità e la coerenza dei Partiti sono merce rara.

Schietroma ha le idee chiare: serve un impulso nuovo, serve presenza nei territori, serve chiarezza. E così, appena dopo il Congresso, nasceranno cinque nuove federazioni in provincia di Roma: Tiburtina-Aniene, Prenestina-Valle del Sacco, Castelli Romani, area Litoranea, Civitavecchia. Non un’operazione di maquillage, ma una riorganizzazione concreta per radicare il partito e renderlo uno strumento vivo di rappresentanza locale.

Il messaggio del Garofano

Il messaggio è chiaro: il PSI non è un’appendice di qualche lista civica, né un soprammobile della memoria. È un soggetto politico autonomo, che rivendica la propria storia ma soprattutto il proprio ruolo oggi. E lo fa scegliendo – senza ambiguità – di stare dentro al campo progressista. “Abbiamo sempre fatto parte di alleanze alternative alla destra”, ha ricordato Schietroma. Ed è una frase che, nel mare magnum delle alleanze trasversali e degli inciuci locali, suona come una boccata d’aria.

Il Psi sostiene a testa alta amministrazioni come quelle di Cassino ed alleanze elettorali come quella di Ceccano. Ma dice no alle ammucchiate indistinte come quelle viste a Frosinone, Sora, Veroli e Ferentino. Perché l’identità conta e il rischio di disorientare gli elettori è reale. Se non si sceglie da che parte stare, si finisce per lasciare campo libero alla destra.

C’è anche una battaglia istituzionale in campo: quella per il ritorno all’elezione diretta dei presidenti delle Province e dei consigli provinciali. Una riforma sacrosanta, che restituirebbe voce ai cittadini su scelte oggi delegate a tavoli chiusi. E che un partito come il PSI – storicamente attento alla dimensione democratica e istituzionale – non può non rilanciare.

In un tempo in cui tanti partiti si limitano a esistere solo in TV o sui social, il PSI prova a rimettere i piedi per terra. Torna nei territori, difende una collocazione chiara, lavora alla costruzione di un centrosinistra coerente e credibile. Non è poco. Anzi, è politica.

Il PSI è vivo e combatte con il centrosinistra

ARTURO CAVALIERE

Arturo Cavaliere (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Altro che libri e lezioni frontali: i medici si formano in corsia, dove ogni caso è reale e ogni decisione conta. È su questo principio che il Direttore Generale della Asl di Frosinone, Arturo Cavaliere, ha costruito una soluzione brillante e concreta ad uno dei problemi più annosi della sanità ciociara: la carenza cronica di personale medico negli ospedali.

Ecco l’idea: chiamare in rinforzo gli specializzandi di Tor Vergata. Giovani, motivati, preparati. Non più solo spettatori, ma protagonisti – affiancati da tutor esperti – nelle corsie degli ospedali della provincia. La mossa, formalizzata da una convenzione siglata oggi con il Magnifico Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata, Nathan Levialdi Ghiron, è una boccata d’ossigeno per il sistema sanitario locale, messo a dura prova da anni di tagli, pensionamenti e concorsi deserti.

Metodo sperimentato

È il metodo usato in quasi tutti i Paesi europei. In Francia ad esempio: lo specializzando visita il paziente, traccia la situazione clinica, il medico esperto la valuta. Risparmiando così tempo e formando l’allievo, facendogli notare cosa altro avrebbe dovuto valutare.

Ma non finisce qui. Alla partnership con Tor Vergata si aggiunge anche una convenzione con l’Università di Tirana “Nostra Signora del Buon Consiglio”, che porterà in Ciociaria studenti del corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia. Una vera alleanza internazionale in camice bianco.

Le aree cliniche coinvolte sono ben nove: Ortopedia, Pediatria, Cardiologia, Medicina d’Urgenza, Ginecologia, Neurologia, Diagnostica per Immagini, Urologia e Chirurgia Vascolare. In pratica, si rafforzano quasi tutti i fronti più critici. E i teatri di questo esperimento virtuoso saranno i tre presidi ospedalieri della provincia: lo Spaziani di Frosinone, il Santa Scolastica di Cassino e il SS Trinità di Sora.

Investire in formazione

Cavaliere lo ha detto con chiarezza: “Investire in formazione significa investire nel futuro della sanità”. E in tempi in cui molti manager della sanità pubblica si limitano a tamponare, qui si guarda avanti, si costruisce, si scommette sui giovani.

Il tirocinio non sarà solo un’opportunità per gli specializzandi. Sarà anche un’occasione per i pazienti, che potranno contare su team più ampi, più motivati, più presenti. E per la stessa Asl, che potrà accorciare i tempi d’attesa, evitare il collasso dei reparti, e magari, chissà, convincere qualche giovane medico a restare anche dopo la specializzazione.

Una soluzione win-win, come si dice oggi: utile alla formazione dei medici e salvifica per gli ospedali. E che – diciamolo – restituisce anche un po’ di fiducia a una sanità di provincia spesso dimenticata. Per una volta, la cronaca sanitaria non parla solo di emergenze, ma di soluzioni. E la firma è quella del Cavaliere. Arturo, questa volta.

La mossa del Cavaliere.

FLOP

ILARY BLASI

Ilary Blasi (Foto Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Altro che finale con il botto. Il reality “The Couple”, condotto da Ilary Blasi su Canale 5, non solo ha floppato, ma è riuscito nell’impresa rara di sparire dal palinsesto prima ancora di arrivare all’ultima puntata. Una chiusura anticipata, silenziosa, quasi chirurgica. Non si spegne solo un programma: si chiude un capitolo, forse un’intera stagione televisiva fatta di format improbabili e conduzioni stanche.

Nato come “esperimento sulle dinamiche di coppia” (già qui c’era da temere il peggio), “The Couple” si è rivelato un disastro annunciato. Gli ascolti, mai decollati, hanno toccato il fondo domenica 4 maggio con meno di un milione di spettatori e uno share da dimenticare: 7,7%. Una percentuale che, per la prima serata di Canale 5, suona come una sentenza.

E Mediaset ha deciso di prenderne atto senza troppi giri di parole: stop al programma, addio alla finale dell’11 maggio, e arrivederci – forse – a Ilary. In un comunicato stringato ma educato, si ringrazia la conduttrice per “l’impegno e la professionalità”, ma il messaggio è chiaro: avanti il prossimo. Ilary Blasi, dal canto suo, ha scelto il silenzio. Nessuna story, nessun post, nessuna replica. E per una che ha fatto dei social un’estensione del set, è un segnale forte. Forse è il momento della riflessione. O forse, semplicemente, non c’era niente da dire.

Il vero premio

Eppure, in questo naufragio c’è stato un lampo di umanità. Il montepremi – un milione di euro – non andrà a una coppia televisiva ma a una vera causa: sarà devoluto all’Istituto Gaslini di Genova per un nuovo reparto di terapia intensiva pediatrica e neonatale. Un gesto che, per una volta, dà senso a un reality che di senso non ne aveva. “Un’opportunità eccezionale”, ha detto il dottor Moscatelli. E su questo, almeno, siamo tutti d’accordo.

Resta però il punto: cosa non ha funzionato? Tutto, verrebbe da dire. Un format senza struttura, ospiti senza carisma, coppie dimenticabili, una narrazione già vista mille volte e mai coinvolgente. Un miscuglio confuso di gioco e sentimenti, in un’epoca in cui il pubblico sa riconoscere il vuoto a prima vista.

E soprattutto, un’idea di televisione che forse ha fatto il suo tempo. Quella dei reality in stile “isole dei sentimentie “fidanzati sotto vetro”, che non riesce più a intrattenere, né a indignare. Solo a stancare.

The Couple” è stato un super flop, certo. Ma potrebbe anche essere un segnale utile. Forse è ora che la TV generalista cominci a pensare a nuovi linguaggi, nuovi ritmi, nuove idee. E che chi la guida – o la conduce – torni a chiedersi: cosa vogliono davvero vedere le persone? La risposta, questa volta, è stata chiara: non questo.

Addio al reality (e forse a un’idea di televisione).